Appunti di viaggio è una sorta di album dove abbiamo collezionato, pur alla rinfusa, alcune tracce significative del nostro cammino: ritagli di giornali, lettere, estratti da depliant e volantini dei nostri spettacoli, progetti ecc. Ciascuna tessera, ordinata cronologicamente, racconta una specifica realtà che, se non sempre riesce a spiegare i fatti, può tradurli e rappresentarli metaforicamente.  Ognuna, assieme alle altre, costituisce la tessera di mosaico ancora più grande in cui si profila una sorta di autobiografia di gruppo. Rileggerla ogni tanto ci aiuta a riflettere per capire quali cose sono state importanti e quali no; ciò che è contato e la piega che hanno preso certi incontri, che rapporto hanno assunto non solo rispetto al caso ma anche alle scelte fondamentali che poi abbiamo fatto. E ci stimola,– cosa quanto mai incoraggiante, dopo più di vent’anni di attività – a voler fare altre esperienze.



APPUNTI DI VIAGGIO

Diari di Parigi 25/27 maggio 2007

 

UNA NOTTE A PARIGI

di Nino Montanari

 

Fa molto freddo a Parigi domenica notte, 27 maggio 2007. O comunque un freddo fuori dell’ordinario, pur considerando che anche il giorno precedente, sabato mattina 26 maggio, a poche ore dal nostro arrivo, il tepore primaverile stentava a farsi sentire. Sarà forse stato anche l’effetto del condizionamento psicologico che ci faceva vedere la gente di Saint Maur non pronta a comprendere appieno quella nostra presenza lì, nei due mercati, anche se Jacques e George, i nostri due accompagnatori, avevano fatto di tutto per coccolarci e vezzeggiarci con un senso dell’amicizia e un calore umano davvero straordinari. Altra figura essenziale: il silenzioso e discreto autista Pierriquez.  Ci avevano guidato da un punto all’altro innalzando un cartello con scritto “Uva Grisa – Rimini”. E noi, anche se poco sollecitati dalla situazione,  avevamo risposto in modo sufficientemente caloroso nel coinvolgere alcune procaci pescivendole e gente di passaggio, con canti e danze. E nel primo pomeriggio, anche la rappresentanza istituzionale aveva fatto la sua parte, accompagnandoci a visitare il museo di Saint Maur.

Ma solo nel pomeriggio avanzato di quello stesso sabato 26, era accaduto di  essere presi tutti da un entusiasmo incontenibile, come da tempo non accadeva. Parigi con la sua atmosfera magica, fatta di cultura e allegria, dei suoi tesori artistici e architettonici, ci aveva sollecitati ad esibirci sotto la torre Eiffel con canti e danze nello stile proprio dell’Uva Grisa. Una giornata indimenticabile quella: un mondo variegato, fatto di gente di varie nazionalità, grazie al nostro intervento improvvisato, aveva dispiegato la massima comunicativa, quasi ci trovassimo a Bellaria in una delle manifestazioni della borgata che danza.

Si arriva, dunque, come da programma, alla giornata clou di domenica 27 maggio, già “caricati” da questa esperienza, con la nostra esibizione mattiniera ancora al mercato, il pranzo con i due Sindaci delle città gemellate e la cerimonia del 40°. Nonostante la pioggia, che in parte compromette l’esito della festa, si tratta comunque di un evento tanto semplice quanto significativo nel nome dell’amicizia e della cultura fra i due paesi. E l’Uva Grisa è comunque all’altezza pur in quella precaria situazione.

Ma, poco dopo, è il desiderio di tornare a Parigi anche in quella domenica, a dominare i nostri pensieri. Verso sera, come Jacques e George ci avevano promesso. Nessuno di noi vuole rinunciarci, nonostante quella pioggia davvero inopportuna caduta nel pomeriggio e un certo grado di stanchezza fisica. E di questo si convince anche Iulco, che pure lamenta forti dolori ad un piede che trascina a fatica. Dopo la cena nel ristorante marocchino di Saint Maur, via tutti, dunque, alla volta della Parigi notturna, romantica e peccaminosa al tempo stesso del nostro immaginario.

Montmartre. Si, tutti a Montmartre. Partendo da Place dell’Opera e percorrendo a piedi il tragitto che ci separa dalla collina degli artisti e dei poeti maledetti. Tutti entusiasti di vivere un’esperienza da ricordare, da non pensare più di tanto di coprirci in modo adeguato, per far fronte alle possibili intemperie.

Invece il freddo si fa sentire già lungo la strada, e soprattutto una volta arrivati al culmine della scalinata. Mario Venturelli, dopo la visita alla cattedrale du Sacre Coeur e aver biascicato quattro preghiere in pura lingua viserbese, si rifugia nella macchina dell’amico Jacques, comunque appagato di aver visto tutta Parigi dall’alto, illuminata come un luna park. Noi invece, uomini e donne forti e coraggiosi, vogliamo vivere fino in fondo le emozioni di questo storico salotto, un po’ Sanmarinizzato a dire il vero. Il più romantico e serio è, senza dubbio, Gualtiero, che si inoltra in solitudine negli stretti vicoli del borgo, seguito, per un breve tratto, da Nino. Ma il momento più emozionante arriva quando Gianni, Giuseppe e Angela si fanno letteralmente sedurre dai pittori locali che – spergiurano - , con pochi tratti di matita, riescono a cogliere, la personalità  più autentica di qualsiasi passante. Questo succede anche con i nostri tre amici. Loro non ne sono del tutto convinti, ma è sicuramente colpa nostra, dei nostri ammiccamenti poco seri che inducono i Nostri ad avere qualche perplessità sull’esito dell’opera: chi coglie nel ritratto di Gianni una vaga somiglianza con Piero Focaccia; chi, in quello di Giuseppe, lo sguardo fiero e la capigliatura elegante di un piccolo Lord; chi, in quello di Angela, particolarmente nelle guance paffute e negli occhi spiritati, una perfetta sintesi fra la santità di Maria Goretti e il fascino orientale stile Madama Butterfly, è chiaramente ( diciamolo oggi con tutta sincerità) invidioso. Ritratti così ben riusciti non riescono tutte le volte, e noi non osiamo sottoporci alla prova di quegli artisti, semplicemente perché temiamo il confronto.

Dopo appena un’ora di permanenza pensiamo che la nostra notte parigina sia ormai irrimediabilmente compromessa dal freddo che diventa, di minuto in minuto, sempre più intenso: raffiche di vento gelido ci spingono a rifugiarci in un bar ristorante della piazzetta. E fra una chiacchiera e una risata si arriva alle 23, 30, e ormai non c’è più tempo per andare in un altro locale dove magari si fa musica: è  l’ora di tornare alla stazione della metro, ingresso Place Opera, da cui, all’una, partirà l’ultima corsa.

Pazienza. Abbiamo comunque trascorso una serata in un luogo mitico.

Jacques insiste: vuole essere lui a trasferirci con la sua auto, quattro per volta, all’ingresso della metro.

Partono Nino, Mario, Aldo e Grazia. Durante il tragitto Nino si trova casualmente ad osservare Aldo e nota che, con quell’impermeabile bianco e lo sguardo indagatore assume stranamente le sembianze di un commissario Maigret, e anche  la Grazia, sempre così protettiva con tutti, ha l’aria rassicurante della sua efficiente moglie-segretaria. Ma è solo il pensiero di un attimo.

Jacques scarica tutti e quattro alla Place dell’Opera, di fronte all’ingresso della metro.

La notte parigina sta per concludersi - , pensa Nino. Mai pensiero fu più errato. Mario ha urgente bisogno di orinare, e allora, accompagnato dal commissario Maigret e segretaria va alla ricerca di un pisciatoio. Nino, per essere di riferimento al gruppo successivo rimane da solo sul piazzale di fronte all’ingresso a battere…i piedi dal gran freddo, toccandosi frequentemente altre parti del corpo nell’illusione di trovare un po’ di calore. Gesto che alcuni passanti notano, motivo per cui rallentano il passo, evidentemente  ingenerando in loro pensieri equivoci.

Tornano poco dopo i nostri Tre, ma del secondo gruppo, dopo un quarto d’ora,  neppure l’ombra.

Quando arrivano il secondo e il terzo gruppo sono già le ore 0,35 e l’ultima corsa per Saint Maur sarà alle ore 0,42 ( e non all’una come ci avevano assicurato ).Il quarto gruppo non si fa vedere. Che fare? Non c’è tempo da perdere. Decisione immediata: compriamo intanto i biglietti anche per quelli che devono ancora arrivare. Mentre la Grazia si precipita allo sportello  ( che sta per chiudere ) a comprare i biglietti, ognuno da una qualche tasca estrae un cellulare per contattare gli scomparsi. Ci prova la Giorgia ma la precede Giuseppe che da un imprecisato punto della città si affanna a spiegare “ Siamo qui, ..siamo là.., Sai, davanti a me, all’ingresso del metro di Place dell’Opera c’è un manifesto con una ragazza che pubblicizza un tipo di reggiseno, ..e poi più in basso, sulla sinistra, c’è  una specie di sgocciolatoio per gettare le cicche delle sigarette “.

“ Ma che ca…dici, qui da noi non c’è niente di tutto questo, ma solo una scalinata e una coppia che si sta baciando..” risponde innervosita la Giorgia. Intervengono poi, in modo sempre più frenetico, l’Angela, la Lucia  e la Grazia: “dobbiamo assolutamente partire, sennò rischiamo di restare a piedi anche noi. Gli altri si organizzeranno con un taxi”. Ci contiamo:Grazia,Mario, Nino,Aldo, Domenico, Lucia, Iulco, Ermanna, Angela, Giorgia, Roberto, Pierluigi, siamo giusto in 12, giusto come i 12 apostoli, ma senza la protezione di un Cristo. Via allora come dei razzi a infilare i biglietti nella macchinetta che permette l’accesso alle fermate nel metro.Tutti entriamo ma nessuno sa dove dirigersi. Una voce di donna ( l’Angela?) urla.” Alla linea A, dobbiamo andare alla linea A”. Ci infiliamo di corsa verso la A, e correndo ci inoltriamo lungo il primo corridoio che si intravede. Fatti poche decine di metri, una seconda voce di donna ( la Lucia?) urla: ” Torniamo tutti indietro. Dobbiamo andare da quell’altra parte” E tutti noi, come bravi soldatini, pronti a fare il dietro front, e a  riprendere la corsa in senso inverso. Pochi secondi dopo, interviene, con un urlo ancora più acuto, una terza voce di donna  ( la Giorgia?): “ Abbiamo sbagliato ancora, .stiamo andando verso la linea M, ..torniamo subito indietro, ..forse laggiù, dietro quell’uomo ( un drogato?) steso in terra. Lì c’è una porta. Proviamo a schiacciare il pulsante”. Via di corsa lungo il secondo o terzo corridoio, giù per la prima o seconda scalinata. Tutti dietro a quella voce. Poi un’altra voce di donna con un altro comando.( la Grazia?). Nel metro ormai deserto, oltre alle nostre voci, risuona soltanto il rumore delle nostre scarpe tanto da sembrare un reggimento all’assalto del nemico, e da coprire ogni altro rumore del nostro corpo ( ma questa è solo una malignità).  Domenico è l’unica persona davvero seria ( che, per di più parla francese, come le quattro donne della brigata) pronta ad assumere un atteggiamento responsabile, e cerca in tutti i modi di dare una mano alle quattro disgraziate, giacchè gli altri uomini (?) sono assolutamente inefficienti e si fanno semplicemente trascinare dagli eventi. Il più irresponsabile è sicuramente Nino che, senza alcun motivo, si mette a sghignazzare e lo fa correndo da un punto all’altro come se quei corridoi fossero diventati improvvisamente gli spazi di un manicomio per matti all’ultimo stadio. E non ha nessuna pietà neppure del povero Iulco che trascina a fatica la sua gamba malata. E non prova pena neppure per l’Ermanna che dal giorno prima lamenta un forte male all’orecchio. E quel che è peggio, è che, ad un certo punto, sempre di corsa, anche Pierluigi, senza alcun ritegno, si mette a ridere fragorosamente. E’davvero consolante, allora, la faccia di Aldo, che sempre più è somigliante a quella di un inedito commissario Maigret.

Mancano trenta secondi. Ecco la porta che ci può salvare. Scavalchiamo il drogato, dito puntato sul pulsante, la porta si apre. Tutti dentro l’ascensore. Meno 8,.. 7, 6, .. Eccoci scaricati nel punto giusto che ci porterà davanti al binario per Saint Maur. Corriamo ancora, ancora pochi metri, ..eccolo lì il binario, ..nessun equivoco, lassù in alto l’insegna luminosa lo attesta. Ci fermiamo davvero contenti e ci felicitiamo mentre diciamo “ Ecco la linea per Saint Maur!...Ci voleva così poco a capirlo!”. Poi arriva quel ragazzo cinese ( però ha la faccia troppo tonda per un cinese),  che con due parole in francese riesce a spegnere il nostro appena ritrovato sorriso: il treno è già partito da un minuto, e per andare a Saint Maur non rimane che aspettare il treno per Vencennes, e poi, di lì, prendere l’autobus per Saint Maur. Allora Nino e Pierluigi si mettono a ridere ancora più forte ( ma cos’avranno mai da ridere tanto, quei due?). Poi Pierluigi commenta” Ma a me avevano sempre detto che a Parigi basta prendere il metro per arrivare nel più remoto punto della città” E’ a questo punto che tutti ridono. Ridiamo, da sembrare tutti dei matti, e anche Iulco pur con il male al piede che non cessa e il Commissario Maigret ridono.

All’una arriva la locomotiva per Vencennes. Siamo i soli passeggeri. Mentre ancora ridiamo, Roberto e Domenico suggeriscono (evidenziando qualche sospetto sulla nostra serietà) di controllare in alto, sul quadro luminoso, le varie fermate per non rischiare di finire in chissà quale paese dell’entroterra parigino. Nei pochi minuti di trasporto abbiamo il tempo di pensare che questa è la terra di Jacques Tati, il grande attore e regista cinematografico che ha inventato la figura di Monsieur Hulot: in uno dei suoi ultimi film “ Monsieur Hulot nel caos del traffico “ Tati descriveva le gesta di Hulot, completamente sperduto, un sopravvissuto d’altri tempi in un mondo che non è suo. Ma è solo un pensiero dell’una e mezza di notte.

Vencennes ha un castello tutto illuminato: è bello, grande, davvero suggestivo, ma è già l’una  e trenta. Chiediamo informazioni all’unico passante che intravediamo di quella cittadina. Ci incamminiamo facendo un casino terribile che solo degli “italiennes”possono fare a quell’ora della notte. I cugini francesi forse ci vogliono più bene di quanto immaginiamo se anche i due poliziotti a cui ci rivolgiamo ( che si trovavano in un bar lungo la via principale) sono estremamente gentili (soprattutto la poliziotta) nonostante le nostre facce poco raccomandabili,  e ci indicano il percorso da fare verso la fermata dell’autobus. Arriviamo. Sorpresa: anche l’ultimo autobus è già partito, e inutilmente Roberto ne rincorre uno appena intravisto, perché sta andando al deposito. E’ l’una e quaranta. Non rimane che chiamare dei taxi per poter dormire qualche ora prima di chiudere in bellezza la nostra permanenza a Saint Maur. Non prima tuttavia, di fare una piccola pisciatina nel vicino parco. ( Ah, les italiennes !). Verso le due arrivano i tre taxi necessari, e poco oltre le 2 siamo all’hotel Etape dove ci attende l’altra parte dell’Uva Grisa, con l’aria vagamente perplessa ( o ironica).

Poi tutti a nanna. I meno seri dormono poco, perché continuano a ridere anche nel dormiveglia. Ma poco vale. L’indomani mattina, lunedì 28 maggio, ci viene a salutare all’hotel Etape l’amico Jacques che non potrà essere presente alla cerimonia prevista alle 12 perché ha la madre ammalata. Alle ore 11 ci aspetta il ricevimento ufficiale in una sala del Municipio, con tutte le rappresentanze istituzionali presenti ( meno i due Sindaci, l’uno ultraottantenne, l’altro già partito per Rimini per impegni inderogabili) e noi siamo tutti pronti a dare la massima prova di serietà umana e  professionale.

E’ il momento dell’Amicizia con la A maiuscola e della commozione, da ritenersi assolutamente sincere, e non solo di circostanza, da ambo le parti. Si pranza con moderazione e soprattutto si fa musica, con gentili e graditissimi omaggi canori ciascuno nella lingua dell’altro ( Domenico per l’Italia canta benissimo una antica canzone francese). Poi si balla. Alla fine si canta “Bella ciao”, richiesta da un membro del comitato gemellaggi. E così si celebra più di un gemellaggio istituzionale. Forse, a suo modo, anche l’Uva Grisa ha dato il suo piccolo contributo alla costruzione di un’Unione Europea non solo formale, ma incentrata su una conoscenza valoriale ed emotiva che più di altre può cementare l’amicizia e il rispetto reciproci. Poi ci salutiamo abbracciandoci.

Alle ore 14, 30 si parte verso l’aereoporto di Orly. Come ci aveva ricevuto assieme a Jacques, ci accompagna George. Alla guida dell’autobus ancora il nostro amico Pierriquez. Nuovi saluti e abbracci. Viva l’Italia! Viva la Francia! Viva l’indimenticabile notte parigina!

 

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