Il 1953-58: il logoramento del centrismo e la maturazione di nuovi equilibri politici.

Gli anni dal ‘53 al ‘58 sono considerati di transizione; nel corso di questa seconda legislatura, infati, il progressivo logoramento del’esperienza centrista e alcuni importanti cambiamenti all’interno dei maggiori partiti costituirono il preludio ai nuovi equilibri politici, che si affermeranno nella fase succesiva.

Un calo di consenso nei confronti della coalizione centrista era emerso già tra il ‘51 e il ‘52, quando in occasione delle elezioni amministrative, la DC aveva perso ben 4 milioni di voti, mentre erano cresciute le sinistre, il partito socialista in particolare, e l’estrema destra monarchica e neofascista.

Per garantire continuità e stabilità al governo centrista, la DC e i suoi alleati proposero allora una nuova legge elettorale, che prevedeva la attribuzione del 65% dei seggi della Camera al partito o ai partiti "apparentati" che avessero ottenuto la metà più uno del totale dei voti validi. Dopo aspri contrasti e vivaci polemiche (le sinistre parlarono di "legge truffa"), il Parlamento aprovò la proposta. Le elezioni si svolsero il 7 giugno del ‘53; i partiti della coalizione centrista ottennero il 49,85% e non poterono pertanto usufruire del premio di maggioranza.

Il netto calo della DC e dei partiti di centro segnò l’inizio di un lungo periodo di instabilità politica. Dopo un tentativo subito fallito dello stesso De Gasperi, si formò un governo monocolore democristiano, presieduto da Pella, che rimase in carica fino al gennaio del ‘54; seguì un esecutivo presieduto da Scelba e composto da DC, PSDI e PLI.

Nel frattempo, l’insuccesso alle elezioni del ‘53 aveva indebolito la posizione di De Gasperi al’interno della DC, rafforzando la corrente di "Iniziativa democratica", formata in gran parte da giovani dirigenti, fra cui Rumor, Moro, Taviani e Fanfani; quest’ultimo, nel luglio del ‘54 vene eletto segretario del partito. Pochi giorni dopo, il 19 agosto ‘54, De Gasperi morì. Il nuovo segretario cercò di assicurare alla DC un più ampio e solido peso politico , potenziandone la struttura organizzativa e collocando uomini di fede democristiana alla guida dei settori chiave dell’apparato delo Stato, degli Enti pubblici e delle aziende a partecipazione statale come l’IRI e l’ENI, della radio, della nascente televisione e di vari organi di informazione.

Il 29 aprile ‘55 venne eletto presidente della Repubblica Gronchi, esponente della sinistra democristiana; la sua elezione, avvenuta con i voti del PSI e del PCI e in contrasto con quanto indicato dalla segreteria del partito, metteva ulteriormente in risalto la fragilità della formula centrista e sembrava dar ragione alla opposizione interna ala DC, che sosteneva la necessità di "un’apertura a sinistra", ossia di un avvicinamento al PSI. Ad una collaborazione con la DC si mostrava d’altra parte favorevole anche il segretario del PSI Nenni, che era contemporaneamente impegnato a promuovere l’autonomia del suo partito da quella comunista.

I rapporti fra i due partiti della sinistra si aviarono verso la rottura nel corso del ‘56, in seguito alle vicende accadute in Unione Sovietica e nell’Est europeo. Nel febbraio di quell’anno, il segretario del PCUS Kruscev denunciò i crimini compiuti da Stalin nell’opera di repressione del dissenso. Mentre Togliatti assunse un atteggiamento piuttosto cauto, ammetendo gli errori di Stalin, ma confermando la validità del modello sovietico, anche se nell’ambito di una "via nazionale al socialismo", Nenni espresse parole di netta condanna dell’esperienza comunista. Alla fien di giugno, a Poznan, in Polonia, una rivolta operaia venne soffocata con una dura azione repressiva, che provocò 38 morti e 270 feriti. Tra ottobre e novembre in Ungheria, una sommossa popolare anticomunista venne duramente repressa con l’intervento delle truppe sovietiche. Il PCI, dopo alcuni contrasti interni, risolti con l’allontanamento dei dissidenti, riaffermò il suo legame con l’Unione Sovietica, approvandone l’intervento in Ungheria; il PSI invece lo definì "incompatibile con il diritto dei popoli all’indipendenza".

Mentre il PSI prendeva gradualmente le distanze dal PCI, andava esaurendosi l’esperienza centrista. Caduto il governo Scelba nel giugno del ‘55, si formò un esecutivo ancora formato da DC-PSDI-PLI e presieduto dal democristiano Segni; questi restò in carica fino alla primavera del ‘56, quando, dopo una lunga e complicata crisi, si costituì un governo monocolore DC, con l’appoggio esterno della destra monarchica e neofascista, guidato da Zoli, il cui scopo fondamentale era quello di arrivare alle nuove elezioni politiche fissate per il maggio del 1958.

 

L’età del centro-sinistra tra riforme e conflitti.

L’apertura a sinistra.

Il logoramento della formula centrista venne confermato dalle elezioni del ‘58 (vedi DATI: tabella sulle elezioni alla Camera nel 1958), che non diedero alle forze di governo una più solida maggioranza parlamentare. Nel contempo, all’interno della DC guidata dall’allievo di Dossetti Fanfani, veniva acquisendo maggior forza la cosiddetta "sinistra", che si batteva per una più equa distribuzione del reddito, per la realizzazione di riforme sociali, per una più efficace programmazione della vita economica. Per realizzare tali obiettivi, la DC - sotto la guida prima di Fanfani e poi di Moro - si orientava verso un’alleanza con il PSI, indispensabile per acquisire il consenso della classe operaia.

La "apertura a sinistra" a lungo aversata dalle gerarchie ecclesiastiche - in primo luogo dal pontefice Pio XII - e da larga parte della borghesia industriale, divenne possibile anche in conseguenza dei nuovi orientamenti politico-sociali assunti dalla Chiesa con il Concilio Vaticano II ( Chiesa Conciliare vedi Dizionario): Nella politica italiana, su cui la Chiesa esercitava una profonda influenza, questi orientamenti favorirono i contatti dei democristiani con il PSI.

L’avvicinamento tra DC e PSI venne poi agevolato dalla distensione nei rapporti tra est e ovest, che rese possibile in Italia il dialogo tra due forze in precedenza schierate su fronti contrapposti anche sul piano della politica internazionale.

Influirono infine i fatti di Ungheria del 1956, che produssero una profonda frattura tra i due partiti della sinistra italiana.

Togliatti, sollecitato da più parti - anche da intellettuali comunisti, che avrebbero poi lasciato il partito - a condannare l’intervento sovietico, si rifiutò di farlo e anzi lo giustificò, descrivendo la rivolta ungherese come una controrivoluzione organizzata dall’occidente. Nenni e i socialisti, invece, si associarono, nella condanna, alla Dc e ai partiti di centro, realizzando così una prima significativa convergenza su un terreno decisivo come la politica estera. Dopo un lungo periodo di opacità politica, vissuto nel cono d’ombra del più forte PCI, il PSI trovava con Nenni lo spazio per una politica autonoma di alleanze verso il centro, basate sui temi della collocazione atlantica in politica estera e delle riforme economico-sociali. Il PCI, che pure in quegli anni sostenne con convinzione il processo di destalinizzazione avviato da Kruscev, rimase isolato.

Instabilità e riforme

Solo nei primi anni ‘60, tuttavia, i fautori della politica di apertura a sinistra ebbero ragione della tenace resistenza opposta da chi temeva equilibri politici troppo spostati a sinistra e l’avvio di riforme lesive di consolidati interessi economici.

Il più vistoso tentativo di cercare a destra, anziché a sinistra, le alleanze necessarie alla DC venne messo in atto da Tambroni, che nel ‘60, incaricato dal presidente della repubblica Gronchi di formare il governo, ottenne in Parlamento la fiducia da uno schieramento comprendente i neofascisti del MSI. Con questa maggioranza, Tambroni governò per alcuni mesi, sinché non fu costreto a dimettersi in seguito alle vivaci proteste della sinistra e di tutti gli antifascisti.

Seguirono duri scontri fra manifestanti e forze dell’ordine nel luglio 1960. Il primo governo aperto a sinistra, il cosiddetto centro sinistra programatico, fu presieduto da Fanfani e appoggiato dall’esterno dai socialisti; questo governo riuscì a realizzare le uniche vere riforme della stagione del centro-sinistra: la nazionalizzazione dell’energia eletrica e la riforma della scuola media inferiore (con la creazione della scuola media unica e l’elevamento dell’obbligo scolastico a 14 anni). La diretta partecipazione dei socialisti all’esecutivo - il cosiddetto centro sinistra organico - si ebbe solo dopo le elezioni politiche del ‘63, nell’ambito di un governo diretto da Moro, di cui Nenni fu vicepresidente (vedi DATI: risultati elezioni Camera 1963).

ELEZIONI CAMERA 1958

DC

42,4

PCI

22,7

PSI

14,2

MONARCHICI

4,8

MSI

4,8

PSDI

4,5

PLI

3,5

PRI

1,4

ALTRI

1,7