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KBLF REVIEW

a cura di Michele Lotta

Robi Zonca  So Good
Tube Jam Records

   Robi Zonca appartiene a quella categoria di artisti che non si muove all'interno di un rigido clichè. La sua musica è fatta dalla continua ricerca di suoni che attingono alla memoria di vari generi, elaborati in un sound che finisce per divenire personale.
I tre album in studio che ha fin qui prodotto (i primi due presenti in archivio) sono tutti capitoli a se stanti e definiscono una chiara volontà di cambiamento (leggi anche crescita artistica).
Personalmente, apprezzo moltissimo queste qualità e le interpreto come la voglia di esternare, con singolare maturità, tutto ciò che Zonca ha assunto nel proprio DNA di musicista nel corso degli ultimi trent'anni.
Nel 2006 Robi opera una svolta alla carriera grazie ad una fortunata tournée negli States che lo accolgono con interesse. La sua musica viene trasmessa da diverse radio e fioccano le collaborazioni importanti. Molto fertile risulta essere la partnership con il crooner di New Orleans Luther Kent (video in home page); assieme conducono un fortunato tour in Italia la cui testimonianza è fedelmente registrata nel CD live "Magic Box" (2006).
"So Good" è il nuovo lavoro di un Robi Zonca infaticabile che, a conferma di quanto detto, propone solo due covers e ben nove originals (due dei quali, "Feel Like Dancing" e "The New Black Man", scritti con Antonello "Jantoman" Aguzzi di Elio e le Storie Tese).
Il rock blues convenzionale della title track apre il disco seguito da "Feel Like Dancing", un bel funky jazz con "aperture" alla Steely Dan, band che pare abbia particolarmente inciso sulla formazione del Zonca compositore. Anche la successiva "How Long" si muove infatti sulla linea segnata dal grandissimo sound westcoastiano di W. Beker e D. Fagen. "Give Me Strenght" è una cover del brano di Clapton con Robi nella duplice veste di chitarrista e bassista. Ancora un rock blues dal titolo "The New Black Man" prelude all'intensa ballad "Save My Soul" con la voce di Sabrina Kabua che si integra alla perfezione con quella del leader. "Just For You" è uno dei motivi più orecchiabili dell'intero disco, quello che potrebbe diventare un hit single. Con "Tell Me Way" si torna a tempo di r'n'b: bella l'interpretazione di Robi Zonca che, oltre ad essere strumentista di ottime qualità, è dotato di una voce che raramente possiedono i cantanti italiani che si confrontano con la musica americana. La sempreverde "Don't Let The Sun Catch You Crying" è qui riproposta con la splendida voce di Luther Kent che restituisce la magia che tuttora emana una delle canzoni più belle di sempre. La tromba di Fabrizio Bosso da l'impronta alla ripresa di "Feel Like Dancing R.", arrangiata a tutto jazz, che prelude alla conclusiva "I Know", ballad acustica cantata con la coralità tipica della West Coast dei settanta.
"So Good", realizzato tra Milano ed i Metropolis Studios di Londra, è un grande disco, forse il più maturo fin qui prodotto dall'artista bergamasco.

 

Robi Zonca  voce, chitarra, basso
Jantoman
hammond
Paolo Legramandi  basso
Stefano Galli 
chitarra, lap steel
Paolo Filippi 
chitarra
Marco Sacchitella 
batteria
Teo Marchese 
batteria

www.robizonca.it


 
Rudy Rotta  Blue Inside
ZYX music

   Rudy Rotta è artista noto per la sua lunga militanza nel mondo della musica e per le sue tante, illustri, collaborazioni. Oggi è, senza dubbio, uno tra i pochi artisti italiani conosciuti ed apprezzati anche all'estero, e non solo in Europa. Menzionare le stars con cui ha lavorato e gli eventi ai quali Rotta ha preso parte sarebbe un elenco troppo lungo da sviluppare in questa sede; rivolgo pertanto un invito ai più interessati affinchè ne approfondiscano la conoscenza visitando il suo bel sito.
Chitarrista eccellente, Rotta ha ottenuto la consacrazione al suo talento grazie alla Fender Europe che gli ha dedicato un modello "signature" della Stratocaster, un riconoscimento che possono vantare solo i più grandi strumentisti al mondo.
Particolarmente intensa è stata l'avventura vissuta da Rotta al fianco del grande organista londinese Brian Auger con il quale ha realizzato ben cinque tour e registrato "Capured Live" nel 2003 (disco pubblicato due anni dopo).
Il suo stile, da sempre "aggressivo", lo colloca in quella sottile linea di confine che divide la musica nera d'ispirazione "classica" da un rock più articolato con il quale esprime il meglio di se stesso.
"Blue Inside" è il tredicesimo album di una discografia il cui esordio (un vinile dal titolo "Real Live") risale al 1988, anche se all'epoca aveva già mosso i primi passi tra la Svizzera (paese d'adozione) e Verona.
Tutti i brani del CD sono composizioni di Rudy Rotta, molti di questi realizzati con l'ausilio dell'artista texana Elizabeth Lee e della chitarrista di New York Daborah Kooperman (di casa in Italia).
S'inizia con "Lady", canzone d'amore con un intro gospel registrato in chiesa della bravissima Robin Brown da Atlanta che prelude ad un attacco degno dei migliori John Hiatt e Tom Petty. "I Benn Up I Been Low" è un rock cadenzato che riporta, anche questo, ai grandi rockers americani. "Got A Hold On Me" è una ballad che l'arpeggio del piano, accompagnato dalla chitarra acustica, rende particolarmente suggestiva. "Had A Friend" è uno slow molto classico guidato dallo splendido suono dell'Hammond a cura di Michele Papadia; davvero ispirato il solo di chitarra che Rotta sfodera nell'occasione. Con "Gimme Some" è tempo di funky con l'ottima ritmica costituita, oltre che dalla chitarra del leader, da basso e batteria suonati rispettivamente da Pier Mingotti ed Adriano Molinari. Si rimane sul tempo con "Rock Me" per passare quindi a "You're Gone", ripresa dal vivo ed introdotta dal suono "tremulo" della chitarra elettrica: uno strumentale "largo" che esalta i solisti mettendo in mostra tutte le qualità di Rudy Rotta che non sono solo frutto di una tecnica indiscutibile ma, soprattutto, di una sensibilità notevole! Esaltanti i duetti proposti sia con il piano elettrico che con l'hammond. Ancora un live, "Bab, Bad, Feeling", accompagna l'ascoltatore verso l'epilogo con lo shuffle "She'd Hurt Too" e la reprise strumentale di "Lady", singolo di lancio dell'intero disco.
Tutti i brani registrati in studio sono stati ripresi (come da migliore tradizione) in diretta.

 


         www.rudyrotta.com

Rudy Rotta  voce e chitarra
Michele Papadia 
piano e hammond
Fabio Russo  piano e hammond (8,9,10,11)
Marco Polidori 
hammond (5), basso (8,9,10,11)
Pier Mingotti 
basso
Adriano Molinari 
batteria
Carmine Bloisi 
batteria (5,8,9,10,11)
Flavio Piscopo 
percussioni
Emanuela Cortesi
e Gigi Fazio  cori


 
Warm Gun  Blues Virus
buffalo bounce

   Nella copiosa discografia Blues italiana, i Warm Gun si sono ricavati una collocazione ben definita. Già dal disco d'esordio "Invisible Man" (recensione in archivio) erano chiari gli orientamenti artistici di Max Pieri (basso, voce e percussioni varie) e Fred Ghidelli (chitarra e pedal steel): una musica scarna e tutta ritmo con uno spirito che ricorda le jug band degli anni venti del secolo scorso (ed aggiungerei, con le nobili modalità dei buskers).
Il Blues è qui ridefinito nella sua naturale dinamica, restaurato dalle tante scorie che si sono sovrapposte con il passare dei decenni a causa dei progressivi "adeguamenti" atti a renderlo gradevole anche a palati meno sensibili. 
"Blues Virus" costituisce la conferma di un linguaggio diretto e, al tempo stesso, l'evoluzione di un progetto solido che si tiene lontano dal perseguire la facile ricerca di ammiccanti compromessi pur possedendo una naturale raffinatezza.
Tra le tracce del disco si nota (seppure con la discrezione propria dei grandi musicisti) la presenza di tre illustri ospiti partenopei: Mario Insenga, storico batterista, profondo conoscitore di Blues ed instancabile leader dei Blue Stuff; Lino Muoio, che nella medesima band suona diversi strumenti a plettro (qui nelle vesti di mandolinista); e Edo Notarloberti, violinista di estrazione neoclassica che dimostra di trovarsi a proprio agio anche con il sound dei Warm Gun.
Sono profondamente convinto che "Blues Virus" sia un disco da ascoltare a mente libera, godendo dei contenuti  senza condizionamento alcuno. Tuttavia, il ruolo di recensore mi spinge a segnalarvi i brani che più mi hanno colpito e, credetemi, si tratta di una selezione tutt'altro che agevole...
Il brano d'apertura "Body Hole" ha tutto il sapore del southern rock con chitarra slide e basso che si intrecciano guidati dal ritmo del tamburello; la titol track "Blues Virus" è uno strumentale jazzy a tutto swing condotto dalla chitarra di Fred Ghidelli e ben sostenuto dal walking di Max Pieri e dal puntuale drumming di Mario Insenga; "Infected" ricorda le atmosfere dei grandi songwriters americani, è una ballad "siderale" che il suono  lontano e riverberato della lap steel guitar rende magica; la conclusiva "Red Bubble Blues" è l'unico brano dell'intero CD in cui fa la sua comparsa la chitarra acustica per un blues alla "Rollin' and Tumblin' " eseguito alla Warm Gun.
Sette su dieci sono composizioni di Fred e Max, solo due le covers proposte nel disco: una strumentale e swingante versione dell'immortale "Summertime" di Gershwin ed il classico del Blues "Goin' Down Slow" firmato da James Odeon ed entrato nel repertorio di tutti i grandi della musica nera. C'è spazio anche per il traditional degli anni venti "Nobody's Fault But Mine" portato al successo da Blind Willie Johnson ed alla conoscenza dei più dai Led Zeppelin nei settanta.
"Blues Virus" è una delle piacevoli sorprese del 2010 appena iniziato e già si pone come punto di riferimento per i lavori che vedranno la luce durante il suo corso.
Dimenticavo... Se i Warm Gun dovessero capitarvi a tiro, non perdeteli! Dal vivo riescono ad essere coinvolgenti come pochi.

 

Freddy Ghidelli
acoustic, electric and pedal steel guitar
Max Pieri
bass, stomp box and vocals
 

www.myspace.com/warmgunbluesband



Daniele Tenca  Blues For The Working Class

  Daniele Tenca è un musicista milanese fortemente impegnato nel sociale; suona chitarra, armonica ed organo, ma è anche cantante e songwriter, ed ha scelto il linguaggio del Blues per questo suo secondo progetto discografico. A tal fine, si è avvalso della collaborazione di musicisti di prim'ordine come: Pablo Leoni, Luca Tonani e Heggy Vezzano, da parecchi anni "la band" dell'armonicista americano Andy J. Forest (anch'egli presente nel disco come guest star).
Già dal titolo del CD, e dopo un primo ascolto, risulta evidente come la forza di Blues For The Working Class stia soprattutto nelle tematiche che restituiscono magnificamente al Blues quell'assonanza di contenuti che l'hanno reso, nel corso di un secolo, il linguaggio universale per eccellenza.
Se nel Mississippi degli anni venti si narravano storie legate alla dura realtà rurale e nella Chicago dei 40/50 le liriche furono ispirate dalla "moderna" emarginazione metropolitana; nel 2010 Daniele Tenca canta i suoi Blues prendendo spunto da problematiche più che mai attuali quali: il lavoro nero, la precarietà, le morti bianche, le discriminazioni sociali, che - in barba al progresso culturale ed economico - non sono affatto migliori (di certo altrettanto subdole e coercitive...) di quelle di un'epoca, mai prossima al tramonto, che lega storie e luoghi lontani solo in apparenza.
Per coerenza stilistica, Tenca ha scritto i testi in inglese proponendone le traduzioni (a beneficio di tutti!) all'interno della copertina.
Delle undici tracce di Blues For The Working Class solo due sono le covers: una versione molto raffinata di Eyes On The Prize, traditional recentemente rispolverato da Bruce Springsteen nel suo omaggio a Pete Seeger, ed una singolare versione di Factory (dal repertorio dello stesso Boss del rock'n'roll a stelle e strisce) letteralmente ricostruita su un drive alla Muddy Waters.
Il CD si apre con lo shuffle in stile Chicago di Cold Comfort, il cui ritornello recita: "La mia anima è sempre più fredda, amico. E' difficile trovare ragioni per combattere perchè tutto ciò che mi porta il mio lavoro è magra consolazione". Un linguaggio diretto, privo di metafore, una sorta di messaggio rivolto alla pigra indifferenza di molti di noi che ci spinge a meditare. 
I brani che vorrei segnalare sono: l'acustica The Plant; il Texas blues di My Works; il rock 49 People, che fa riferimento alle recenti rivendicazioni sindacali per la disperata difesa dei posti di lavoro; la ballad Floers At The Gate, che prende spunto dalla tragedia della Thyssen: "Io esisto facendo doppio turno tutte le notti, tu vivi sorseggiando il nostro sangue come fosse vino..."; lo shuffle Spare Parts, nella quale si denuncia la formula "lavoratore = pezzo di ricambio"; e la conclusiva This Workin' Day Will Be Fine, con l'armonica di Andy J. Forest.
Blues For The Working Class è un grande disco per suoni e contenuti ed un chiaro esempio dell'attualità del Blues quale messaggio sociale. Registrato presso gli studi Officine Meccaniche di Milano, vedrà la luce nella prima quindicina di gennaio 2010, prodotto dallo stesso Daniele Tenca in favore dell'ANMIL (Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi sul Lavoro).

 

 

Daniele Tenca
vocals, guitars, harmonica, back. vocals, Farfisa organ
Pablo Leoni
drums, percussion
Luca Tonani
bass
Heggy Vezzano
guitars
 
www.danieletenca.com


 
Dave Moretti blues revue  Bluesjob

  "The Joint Is Jumping" recita il titolo di una canzone degli anni trenta di Fats Waller, un'espressone idiomatica riferita al divertimento ed al ballo che ben rappresenta lo spirito più autentico del West Coast Blues. E non potrebbe che essere siffatta la colonna sonora di un'area geografica da sempre idealizzata nell'immaginario collettivo come un paradiso per divi hollywoodiani. 
Artisti come: Hollywood Fats, Little Charlie and The Nightcats, Rod Piazza, William Clarke (solo per citarne alcuni), hanno ripercorso le strade segnate da grandi musicisti texani come: T-Bone Walker, Percy Mayfield, Lowell Fulson, Charles Brown, che - a loro volta - hanno esportato in riva al Pacifico (sdoganandolo per il pubblico bianco), un crossover che miscela elementi di Blues, Jazz e R&B, dando origine al cosiddetto jump & jive, diffuso in tutta l'America nera dal grande Louis Jordan.
A questa corrente del Blues fa riferimento la revue del giovane ma già svezzato armonicista torinese Dave Moretti che, in fatto di musica, ha idee ben chiare. Il suo stile armonicistico, con quel suono così riverberato, mutuato da Little Walter Jacobs e George "Harmonica" Smith, risulta abbastanza singolare nel panorama nazionale. La presenza sul disco di sei brani originali su dieci palesa inoltre le doti di Dave quale autore.
La scelta delle covers è pertinente e la loro rilettura decisamente gradevole: il doo wop di "Baby You're Rich" rende omaggio alla stella sempre splendente di Percy Mayfield; l'arcinota "Hallelujah I Love Her So" e la strumentale "Rockhouse" costituiscono un atto d'amore nei confronti di Ray Charles (uno degli idoli di Moretti), e "Up The Line" di Little Walter attesta la "presenza" (peraltro latente nell'intero CD) del re indiscusso della blues harp.
Tra le composizioni originali  vorrei segnalare "One Way Ticket", un errenbì caratterizzato della cromatica e dalla voce di Moretti, ben impostata su registri funky; lo slow "Love On The Phone", con il solo di chitarra di Andrea Preto (uno degli ospiti nel disco); la swingante "Beauty Queen" e "No Man's Land", quest'ultima un dixie in acustico con tanto di banjo e contrabbasso, suonati rispettivamente da Andy Penington e Simone Bellavia.
Assolutamente da menzionare il chitarrista della Blues Revue, Damir Nefat, e la frizzante ritmica guidata da Emanuele Pavone al basso e Alessio Sanfilippo alla batteria.
In conclusione, ritengo "Bluesjob" un lavoro allegro e "rigenerante" che, nella sua omogeneità, esalta l'essenza ludica del Blues senza mai scadere nel banale.

 

 

Dave Moretti   harmonica and vocals
Damir Nefat   guitars
Emanuele Pavone  
bass
Alessio Sanfilippo   drums
 

www.myspace.com/davemorettibluesrevue

  
 
Dirty Lorenz & Eddie Wilson  Lost In The Blues

   Dirty Lorenz è un chitarrista di Verona che, nonostante i soli venticinque anni d'età, ha già esperienza da vendere. Nel corso di un intero anno trascorso in Inghilterra è entrato in contatto con l'ambiente dei pubs frequentato da tanti artisti che portano avanti, alternandosi dai primi anni sessanta, la forte tradizione del british blues che ha "contaminato" l'intera Europa dell'ultimo mezzo secolo.
Lorenzo si è distinto, in quel contesto così... affollato, per classe e maturità ed ha
stretto rapporti di lavoro con diversi musicisti. Particolarmente intenso si è rivelato quello con il cantante ed armonicista Eddie Wilson e la sua band assieme ai quali ha realizzato "Lost In The Blues", il lavoro del quale ci occupiamo, ma non prima di aver sottolineato che il nome di Dirty Lorenz è ben conosciuto anche negli ambienti del Blues italico per via delle tante manifestazioni cui a preso parte.
Una rapida scorsa ai titoli del disco evidenzia l'ampia partecipazione di Eddie Wilson in veste compositiva: la metà dei brani porta la sua firma. Nel disco sono anche proposte tre cover famosissime: "Rollin' And Tumblin'" di Muddy, in una gradevole versione elettrica; "Crossroad" di R. Johnson, con un arrangiamento rock-blues adatto alle escursioni chitarristiche di Lorenz; e, proprio in fondo al CD, "Need Your Love So Bad" di Little Willie John, un motivo che ha fatto la fortuna di innumerevoli cantanti e solisti e qui riproposto con un mood alla B.B. King.
Il blues "Liza's Eyes Blues", che apre il disco, è dinoccolato quanto divertente anche se mette in evidenza lo stile, per così dire, naif di Wilson all'armonica; "Don't Leave Me, Baby" è un duro rock blues nella più classica tradizione del genere; certamente più divertente e personale risulta essere il jazzy nella successiva "Hit The Road". La bella voce di Stephanie Wison guida le note di uno swing anni trenta che si chiama "Miss Celie's Blues" seguito da "Jigsaw Puzzle Blues", un brano del chitarrista
Danny Kirwan già Fleetwood Mac band. Lo shuffle si affaccia con "How Many More Nights", sostenuto dalla poderosa chitarra di Lorenzo che si esalta in "I Need All Yor Lovin'", un blues con un ostinato che ricorda "Rock Me Baby" ma che sfocia in un rock che caratterizza, del resto, gran parte di questo album.
Mi sento di consigliare "Lost In The Blues"
particolarmente agli amanti delle sonorità dure e, più in generale, a chiunque, ed in qualunque momento, abbia voglia di scatenarsi alzando il volume dell'impianto di casa.

 

 

Dirty Lorenz    electric and acoustic guitar
Eddie Wilson   vocals, harp
Paul Driskell   bass, keyboard
Curtis Ross   drums
Larry Mancini   bass (track 1)
Stephanie Wilson   vocals (track 5)
Massimo "Max Pizzano   drums (track 1)


www.
myspace.com/dirtylorenz


 
 

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This web space is dedicated to all blues band and blues musicians that want a review about his own CD.

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