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Il Ducatone nella relazione del cav.

Starone del 28 Agosto1905

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Premessa

Per circa mezzo secolo, il problema dell’acqua tormentò gli amministratori della città di Maddaloni, che si adoperarono in vario modo per la soluzione del problema. Ce lo testimonia la relazione del cav. Giuseppe Starone, inviato dal Re, in qualità di consigliere delegato di Prefettura, nella relazione del 28 Ag. 1905 al Consiglio Comunale , dopo lo scioglimento dello stesso avvenuto il 19 Ag. 1905.

Nella sua relazione , il cavalier Starone ricorda che fin dal 1868 vi era stata una lunga serie di studi, progetti, trattative e di spese (si parla addirittura di 200.000 lire circa) per tentare di risolvere tale annoso e grave problema che, invece, col passar del tempo, andava assumendo proporzioni sempre più urgenti ed intollerabili.

Infatti il cav. Starone parla di " popolazione sitibonda", afferma "che la misera gente, che abita nella parte superiore della città spasima di sete", tanto che egli immediatamente "fa accantonare un fondo di lire 20.000", invitando gli amministratori presenti a ripetere lo stanziamento negli anni a venire. Infine, si accinge in modo puntiglioso allo studio del problema,  indagando minuziosamente e quasi pedantemente sulle origini del Ducatone.


Il Ducatone

Nel 1627 Cesare Carmignano, nell’attuazione del progetto di condurre l’acqua ai mulini di Napoli, ebbe bisogno di fare un alveo nei territori di Maddaloni, Arienzo e Cancello e pensò di servirsi di un antico formale già esistente a Maddaloni. Essendosi il Duca opposto, in quanto ciò avrebbe prodotto danno alla fontana e ai suoi giardini, alimentati da quell’antico formale, il Carmignano propose un accordo vantaggioso per entrambi. Il Duca avrebbe concesso al Carmignano ciò che gli veniva richiesto, e quest’ultimo "in compenso promise di dare al Duca, ed unire tanta acqua, che potesse macinare un molino di tomoli 60 tra notte, e giorno, a Legge, che non si toccasse l’acqua, che allora aveva il Duca, e che correva in Maddaloni. E si convenne, che le acque di sorgenza, che erano nel territorio di Maddaloni, non si unissero con quelle, che dovevano venire per lo molino, ma restassero a beneficio del Duca."

Una volta ultimato il grande canale, il Carmignano fu obbligato a farvi incidere un foro detto appunto Ducatone (in quanto aveva la forma di un ducato), attraverso cui entrava in Maddaloni una quantità d’acqua che comprendeva quelle sottratte, la quale serviva non solo ad alimentare la fontana antica del mercato , ma anche all’uso privato del Duca di Maddaloni. Nacque successivamente una controversia tra il Principe Colobrano – Carafa ed il comune , in quanto il principe pretendeva il pagamento dell'acqua che alimentava la fontana di Maddaloni . Il 23 giugno del 1845 fu emessa un’ordinanza con cui si stabilì che il Comune "fosse mantenuto nel possesso delle acque animatrici della fontana". Tuttavia le controversie continuarono fino a quando il re Ferdinando II emanò il 26 Gennaio del 1847 tale sentenza: l’acqua del Ducatone senza ombra di dubbio era totalmente di proprietà del Principe di Colobrano. Quest’ultimo avrebbe dato al Comune tanta acqua del Ducatone quanta sarebbe bastata ad animare la fontana, "in tutti i giorni dell’anno a principiare da un’ora dopo fatto giorno fino ad un’ora di notte italiana".

In compenso, il Comune avrebbe corrisposto al patrimonio Colobrano "l’annua somma di ducati 50 nel mese di marzo di ciascun anno"

Nel frattempo si era sviluppato il procedimento per l’espropriazione dei beni del Prinicipe di Colobrano, Duca d’Alveto, Don Marzio Gaetano Carafa. Infatti il tribunale con sentenza 23 luglio 1832 aveva aggiudicato l’acqua del Ducatone ai creditori richiedenti.

Col passare del tempo, tuttavia l’acqua del Carmignano cominciò ad abbassarsi  proprio nel punto di passaggio del Ducatone. Ciò provocò non solo una sensibile diminuzione degli utili da parte del Comune (da £ 1200 annue circa si passò a £ 600), ma anche l’impossibilità di riempire il Cisternone o Conservone del Deposito Allievi Guardia di Finanza, "senza ricorrere al mezzo della parata". Ciò consisteva nell’uso di una tavola messa controcorrente al di sotto del foro del Ducatone, allo scopo di far alzare il pelo dell’acqua. La situazione andò sempre più peggiorando in quanto il Sindaco di Napoli, nel mese di giugno del 1905, aveva scritto al Ministero delle Finanze che non intendeva più concedere il permesso dell’uso della parata. Questo provvedimento preoccupava enormemente il Cavaliere Starone poichè il Cisternone non avrebbe più potuto avere acqua e le conseguenze sarebbero state veramente terribili per Maddaloni. Ed era proprio questa malaugurata eventualità che il delegato di Prefettura Cavaliere Starone stava tentando in tutti i modi di evitare.

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