Ischemia ed Infarto del Miocardio

Si definisce ischemia miocardica quella situazione in cui il circolo non è più adeguato alle esigenze metaboliche del miocardio. Ischemia miocardica si può avere sia per riduzione del flusso coronarico che per aumento delle esigenze metaboliche.

Elettrofisiologia del miocardio ischemico

Con lo svilupparsi dell'ischemia miocardica la cellula miocardica va incontro a perdita progressiva di fosfati ad alta energia con conseguente sviluppo di acidosi endo ed extracellulare. La carenza energetica a carico dei sistemi di pompa di membrana porta all'accumulo di ioni potassio nello spazio extracellulare con conseguente riduzione del gradiente intra/extra cellulare di tale ione; tale alterazione si associa a variazioni elettrofisiologiche caratteristiche:
-riduzione del potenziale diastolico di membrana dovuto alla diminuzione del gradiente transmembrana del potassio
-diminuzione della pendenza della fase 0 (Vmax) e del potenziale della fase 0 come conseguenza della diminuzione del numero di canali del sodio che vengono attivati a causa del ridotto potenziale diastolico transmembrana.
-diminuzione della durata del potenziale di azione dovuta a diminuzione della durata della fase di plateau (ridotta liberazione di calcio) ed ad una più rapida fase 3 del potenziale di azione (aumento delle correnti rettificanti del potassio). Nonostante la riduzione della durata del potenziale di azione il
periodo refrattario del miocardio ischemico risulta prolungato (refrattarietà post ripolarizzazione) a causa di un aumento del tempo necessario ai canali del sodio per ritornare dallo stato inattivato a quello di riposo.

Ischemia subendocardica e transmurale

Sebbene in condizioni normali il flusso ematico risulti essere equilibrato nella distribuzione tra endocardio ed epicardio, in caso di riduzione del flusso coronarico l'endocardio va incontro ad ischemia molto prima delle corrispondenti zone epicardiche che diventano ischemiche solo per una importante compromissione del flusso coronarico.
Pertanto in base al grado di compromissione del flusso coronarico avremo dapprima una ischemia subendocardica e successivamente una ischemia transmurale; a ciascuna di queste situazioni corrisponde un particolare equivalente elettrocardiografico generato da movimenti di cariche elettriche tra zone normali e zone ischemiche o tra zone con diverso grado di ischemia.
In presenza di una ischemia subendocardica il potenziale di azione delle cellule di tale strato appare modificato


(Figura 24)
per una ridotta capacità di depolarizzazione, risultando quindi più negativo del corrispondente strato subepicardico sia durante la fase 2 che durante la fase 3 del potenziale d'azione. Durante la fase 2 si viene pertanto a creare una differenza di potenziale tra gli strati endocardici ed epicardici non presente in condizioni normali e generante una corrente di ripolarizzazione diretta dall'
endocardio all'epicardio rappresentata negativamente dall'elettrocardiografo come sottoslivellamento del tratto ST. Durante la fase 3 il completamento della fase di ripolarizzazione ventricolare avviene dall'endocardio all'epicardio, cioò in senso opposto a quanto avviene nel cuore normale generando quindi una onda T negativa.
Globalmente pertanto un elettrodo posto in corrispondenza della superficie corporea ed esplorante l'angolo solido avente come base la zona di ischemia subendocardica vedrà una corrente di ripolarizzazione in avvicinamento e pertanto la registrerà negativamente


(Figura 25 A)
sul tracciato elettrocardiografico di superficie come un sottoslivellamento del tratto ST e/o una inversione dell'onda T nelle derivazioni esploranti direttamente la zona ischemica.
In presenza di una ischemia transmurale, per il realizzarsi di una più ampia zona di ischemia subepicardica rispetto alla corrispondente subendocardica, porta alla formazione di uno strato ischemico di forma tronco conica con la base maggiore corrispondente all'epicardio e la base minore corrispondente all'endocardio;


(Figura 25 B)
le correnti di ripolarizzazione che si determinano dal miocardio ischemico a quello normale si troveranno in questo caso dirette in allontanamento dall'elettrodo esplorante epicardico e pertanto verranno rappresentate positivamente dall'elettrocardiografo come sopraslivellamento del tratto ST: e questa la tipica onda di lesione caratteristica dell'ischemia transmurale.

L'Infarto del Miocardio

I segni elettrocardiografici che si riscontrano generalmente nel decorso di un infarto del miocardio sono le onde Q, le alterazioni del tratto ST e della T.
Onde Q di necrosi
L' onda Q rappresenta il segno caratteristico della necrosi miocardica stabilizzata ed e espressione del silenzio elettrico della parete direttamente sottostante l'elettrodo esplorante che registra soltanto l'attivazione in sfuggila della parete opposta a quella infartuale


(figura 26).
L'onda Q di necrosi deve rispondere a dei criteri morfologici ben codificati, in particolare la durata deve essere maggiore o uguale a 0,04 msec, mentre l'ampiezza deve essere almeno un terzo della ampiezza totale del QRS; il rigoroso rispetto di tali criteri è utile per la diagnosi differenziale con le onde Q fisiologiche che si riscontrano nell'elettrocardiogramma normale come espressione della attivazione sellale (primo vettore).
In assenza di onde Q ben identificabili una scarsa progressione della onda R nelle precordiali o una inversione della progressione della R nelle stesse derivazioni può essere espressione di pregressa necrosi miocardica anteriore situazione in cui si possono porre dei problemi di diagnosi differenziale con la ipertrofia ventricolare sinistra e con la marcata deviazione assiale sinistra con deviazione antioraria.
Un aspetto "speculare" della onda Q, costituito da alte onde R, viene di solito registrato nelle derivazioni diametralmente opposte a quelle registranti la Q di necrosi.
Alterazioni del tratto ST
Le alterazioni del tratto ST si possono riscontrare sia nella fase acuta che in quella cronica dell' infarto miocardico.
L'onda di lesione caratterizzala da sopraslivellamento del tratto ST è espressione di ischemia transmurale, mentre il sottoslivellamenlo del tratto ST è espressione di ischemia subendocardica. Infarti caratterizzati da necrosi ad esclusiva localizzazione subendocardica possono presentare con unico segno elettrocardiografico il sottoslivellamento del tratto ST.
Un persistente sopraslivellamento del tratto ST soprattutto in corso di un IMA anteriore e espressione di una evoluzione aneurismatica.
Un aspetto reciproco dell'onda di lesione può essere osservato nelle derivazioni diametralmente opposte a quelle registranti un sopraslivellamento classico del tratto ST; la presenza di onde reciproche non sembra essere soltanto un fenomeno semplicemente speculare dato che si associa ad infarti generalmente pi¨ estesi ed ad evoluzione peggiore; tale soltoslivellamento del tratto ST potrebbe essere non soltanto un fenomeno di specularità di una ischemia transmurale, ma il segno di una ischemia subendocardica che causa un sottoslivellamento autonomo ed a distanza dalla primitiva lesione coronarica che causa l'ischemia transmurale nella zona di miocardio diametralmente opposta.
Alterazioni dell'onda T
Le alterazioni dell'onda T pur non essendo un indicatore specifico di infarto miocardico si ritrovano spessissimo nel suo decorso; alcuni infarti a localizzazione esclusivamente intramurale possono presentarsi con l'unico segno elettrocardiografico di inversione dell'onda T.

Evoluzione temporale delle alterazioni elettrocardiografiche associate ad infarto del miocardio

Le alterazioni elettrocardiografiche associate ad un infarto acuto del miocardio, pur potendosi discostare per variazioni temporali e/o aspetto morfologico, hanno una evoluzione temporale caratteristica, potendosi infatti identificare i seguenti stadi:


(Figura 27)
-A) Stadio O (iperacuto): si tratta di una fase molto precoce e caratterizzata dall'unico reperto di onde T elevate ed appuntite; la diagnosi differenziale va effettuata con la iperpotassiemia e l'ipertono vagale; tale fase, dura circa 1-2 ore, e pertanto spesso non si riesce a documentare in quanto corrisponde alla fase preospedaliera dell'IMA.
-B) Stadio 1 (acuto): alle alterazioni isolate dell'onda T tipiche della fase 0 si associa l'onda di lesione tipica dell'ischemia transmurale (sopraslivellamento del tratto ST). Il tratto ST sopraslivellato si stacca dal QRS in maniera indistinta; il sopraslivellamento è massimo a 1-3 ore dopo di che progressivamente si riduce. La diagnosi differenziale in tale fase va effettuata con la pericardite acuta e con l'ipertono vagale. In tale fase già iniziano ad abbozzarsi le onde Q.
-C) Stadio 2 (subacuto): si caratterizza per la progressiva negativizzazione delle onde T, la progressiva formazione delle onde Q con tratto ST che rimane ancora sopraslivellato; la persistenza del sopraslivellamento del tratto ST è estremamente variabile potendo durare alcuni giorni o rimanere invariata per settimane, mesi o anni. Generalmente un rapido ritorno alla linea isoelettrica si associa ad una minore incremento del CK.
-D) Stadio 3 (cronico): si caratterizza per il ritorno del tratto ST alla isoelettrica e per la progressiva positivizzazione dell'onda T. Permane la Q di necrosi.
L'evoluzione elettrocardiografica è più veloce nell'infarto inferiore, mentre è più lenta nell'infarto anteriore soprattutto se compaiono alterazioni discinetiche della zona infartuale.

Localizzazione dell'area infartuale e relazione con la coronaria interessata.

Una attenta analisi dell'elettrocardiogramma permette di ottenere importanti indicazioni sulla sede dell'area ischemica e sul grado di compromissione coronarica che la determina. Schematicamente possiamo identificare i seguenti tipi di infarto del miocardio.
Infarto Miocardico Anteriore
Si caratterizza per la presenza delle alterazioni elettrocardiografiche dell'infarto (nella tipica successione) nelle precordiali da VI a V4. L'infarto anteriore si realizza per una occlusione del ramo discendente anteriore della coronaria sinistra. Tanto più prossimale è la sede della occlusione tanto maggiore sarà la estensione elettrocardiografica del sopraslivellamento del tratto ST e la conseguente compromissione emodinamica. La presenza di immagini reciproche in derivazioni inferiori è indicativa di occlusione prossimale.
Una occlusione molto prossimale (prima del primo ramo perforante settale) si associa a estensione laterale del sopraslivellamento delI'ST (fino a V5-V6 e D1-aVL) e caratteristicamente a turbe della conduzione intraventricolare (blocco di branca o fascicolare)

(Figura 28);
una occlusione oltre il primo ramo perforante settale non si associa a turbe della conduzione intraventricolare e presenta solitamente una ridotta incidenza di compromissione emodinamica.



(Figura 29)
Una occlusione distale della arteria interventricolare anteriore (oltre il grande ramo diagonale) si associa ad un sopraslivellamento dell'ST e successivamente onde Q in un territorio strettamente localizzato tra VI e V3 con minimo interessamento emodinamico e bassissima incidenza di shock cardiogeno



Figura 30).

L'occlusione localizzata del primo ramo diagonale si associa a sopraslivellamento isolato dell'ST in DI ed aVL e V2 con reciproche in D3 ed aVF



(Figura 31).

Infarto Miocardico Inferiore
Le alterazioni elettrocardiografiche tipiche dell'infarto sono localizzate in derivazioni inferiori (D2-D3-aVF).



(Figura 32)
L'infarto inferiore solitamente è generato dalla occlusione a livello della coronaria destra; una occlusione molto prossimale è solitamente associata ad interessamento infartuale del ventricolo destro i cui segni elettrocardiografici sono evidenti a livello delle precordiali destre V3R e V4R ottenibili posizionando gli elettrodi in maniera simmetrica alle corrispondenti V3 e V4.
Nel 20% dei casi l'occlusione è a livello del ramo circonflesso della coronaria sinistra e tale eventualità è generalmente associata a sopraslivellamento del tratto ST in V5-V6



(Figura 33).

Infarto Miocardico Laterale
Il sopraslivellamento del tratto ST e la successiva Q sono localizzati alle derivazioni D1-aVL e V5-V6; l'occlusione coronarica è generalmente localizzata a livello del ramo circonflesso della coronaria sinistra. L'infarto laterale può associarsi ad una estensione posteriore.



(Figura 34)

Infarto Miocardico Posteriore
Una localizzazione strettamente posteriore delle alterazioni infartuali si associa generalmente ad una occlusione distale del ramo circonflesso della coronaria sinistra. Elettrocardiograficamente si caratterizza per i segni dell'infarto in derivazioni posteriori (V7-V8-V9). Le derivazioni anteriori (V1-V4) evidenziano delle immagini reciproche costituite da onda R alta (reciproca della Q),



(Figura 35)
ST sottoslivellato (reciproco del sopraslivellamento) ed onda T alta e simmetrica (reciproca della T negativa).

Infarto Miocardico: aspetti elettrocardiografici particolari

Evoluzione elettrocardiografica dell'infarto miocardico in era fibrinolitica

la terapia fibrinolitica ripristinando parzialmente o totalmente il flusso coronarico della zona ischemica ha alterato favorevolmente sia l'evoluzione clinica che quella elettrocardiografica dell'infarto del miocardio. Una fibrinolisi efficace praticata nelle primissime ore dall'insorgenza dei sintomi può essere in grado di modificare completamente l'evoluzione clinico-strumentale dell'infarto acuto del miocardio potendo persino far regredire in maniera completa il pattern elettrocardiografico dell'infarto miocardico acuto.



(Figura 36)
In assenza di una completa regressione elettrocardiografica possiamo comunque notare come l'evoluzione delle varie fasi sia estremamente rapida e come sia frequente il riscontro di infarto "senza Q" nei pazienti fibrinolisati.
L'aritmia che più frequentemente si ritrova in associazione alla riperfusione è il ritmo idioventricolare accelerato; il bigeminismo extrasistolico ventricolare fisso e la tachicardia ventricolare essendo frequenti anche nella evoluzione dell'infarto non fibrinolisato hanno un basso valore predittivo di riperfusione.
La contemporanea presenza di una completa normalizzazione dell'elettrocardiogramma, improvvisa scomparsa dei sintomi e di un ritmo idioventricolare costituiscono un quadro indicativo di avvenuta riperfusione.
Infarto miocardico e blocchi di branca
La presenza di un blocco di branca sia destro



(Figura 37)
che sinistro


(Figura 38)
possono alterare il QRS e la ripolarizzazione ventricolare confondendo la diagnosi di infarto miocardico acuto. La diagnosi risulta particolarmente ardua soprattutto in presenza di un blocco di branca sinistro in cui è comunque possibile notare come nella zona infartuale la ripolarizzazione presenti un aspetto concordante con il QRS.
Dispersione della ripolarizzazione ventricolare associata all'ischemia acuta come espressione di substrato aritmogeno
La ischemia acuta è stata documentata poter essere alla base di aritmie ventricolari maligne tra cui la pi¨ temibile è la Fibrillazione Ventricolare, che se non rianimata, si associa ad arresto di circolo e conseguentemente a morte cardiaca improvvisa.
La FV può essere indotta in ogni ventricolo ad opera di un frigger : nel cuore normale i comuni trigger (extrasistoli ventricolari) non sono in grado di arrivare alla soglia di fibrillazione ventricolare che può essere raggiunta solo mediante stimoli molto intensi come il pacing rapidissimo o la corrente alternata. Nella ischemia acuta si può avere lo sviluppo della Fibrillazione ventricolare per il realizzarsi di un abbassamento della soglia di fibrillazione tale per cui anche un trigger "parafisiologico" (solitamente una extrasistole ventricolare) riesce nell'innesco.
I dati sperimentali ottenuti con occlusione acuta di una arteria coronarica hanno dimostrato come il verificarsi di una ischemia porta le cellule direttamente interessate a perdere potassio con aumento di tale ione (insieme ad H+ ed a C02) nello spazio extracellulare. A ciò consegue una diminuita negatività del potenziale transmembrana a riposo ed un suo ridotto valore del Potenziale di picco della fase 0 (Vmax) oltre ad una ridotta durata totale del potenziale di azione.
Si viene pertanto a realizzare ad opera della ischemia un aumento della "Dispersione della Ripolarizzazione Ventricolare" tra miocardio sano e miocardio
ischemico;



(Figura 39)
la dispersione della ripolarizzazione ventricolare finisce per costituire una finestra di vulnerabilità che diventa tanto più ampia quanto più estesa è la zona ischemica; in tali condizioni un impulso ventricolare estremamente precoce (extrasistole ventricolare) potrà pertanto cadere nella finestra di vulnerabilità (fenomeno R/T), trovando il normale tessuto ventricolare in fase di refrattarietà mentre la zona ischemica sarà capace di condurre l'impulso (in maniera rallentata); è questo il momento di innesco di una aritmia da rientro caotico (rientro in fase 2) che si manterrà grazie al permanere di zone con diversa conducibiltà e refrattarietà ed il risultato è la fibrillazione ventricolare.
La dispersione della ripolarizzazione ventricolare può essere valutata all'elettrocardiogramma di superficie: valori inferiori a 60 millisecondi appaiono associarsi a basso rischio aritmico mentre valori al disopra di 80 millisecondi identificano una sottopopolazione ad elevato rischio di TV e FV.
La dispersione della ripolarizzazione ventricolare è stata anche correlata con la pervietà coronarica, ed in particolare nei pazienti efficacemente
fibrinolisati è stata riscontrata una ridotta dispersione della ripolarizzazione ventricolare.

 

  Giuseppe Bagliani
Elettrocardiologia alle "soglie" del 2000