Leggiamo insieme

 

 

IN TANTI ANNI DI CAMMINO HO IMPARATO

CHE C'E' UN'UNICA RELIGIONE:

QUELLA DELL'AMORE,

 

C'E' UN UNICO LINGUAGGIO:

QUELLO DEL CUORE,

 

C'E' UNA SOLA RAZZA: L'UMANITA',

E CHE C'E' UN UNICO DIO PRESENTE OVUNQUE.

Facundo Cabral

 

SI DICE CHE UNA VOLTA UN SIGNORE SOGNO' CHE GLI ANGELI AVEVANO

APERTO UN NEGOZIO IN CUI

SI TROVAVA TUTTO CIO' CHE UNO DESIDERASSE.

 

IL SIGNORE SI AVVICINO' E UN ANGELO GLI CHIESE:

<< CHE COSA VUOI? PUOI AVERE TUTTO >>.

 

EGLI CHIESE DI POTERE AVERE TUTTA LA PACE

PER TUTTO IL MONDO,

TUTTO L'AMORE DELL'UNIVERSO,

TUTTA LA GIUSTIZIA POSSIBILE.

 

E RESTO' IN ATTESA.

L'ANGELO RICHIAMO' IL SIGNORE E GLI DISSE:

 

<< GUARDI SIGNORE, CHE NOI VENDIAMO SOLO I SEMI >>.

 

don Oreste Benzi

 

 

IDA INES FORMIS

IN CAMMINO VERSO LA CITTÀ IDEALE

Stavo andando a fare la spesa quando sul marciapiede opposto a quello su cui stavo camminando

mi si è presentata una scenetta che mi sarebbe piaciuto tanto immortalare in una foto ma,

purtroppo, non vado mai in giro con la macchina fotografica.

Due bimbe, una bionda e una nerissima della Nigeria, avanzavano cantando verso di me. Dietro

a loro un passeggino con il fratellino della bimba nigeriana veniva spinto da un bimbo biondo.

Forse quel bimbo era un po’ troppo giovane per spingere il passeggino senza far correre rischi

al piccolo nigeriano ma, niente paura, dietro al gruppetto avanzava il loro angelo custode,

la signora italiana a cui le mamme affidano questi bimbi quando loro sono al lavoro.

Da un po’ di tempo si parla in continuazione di guerre, terrorismo, attentati... Tutte le volte che

sento o leggo queste minacce a me viene spontaneo ricordare quella scenetta e penso: "Chissà

perché i grandi della terra non scelgono di essere angeli custodi. Chissà perché non sanno

mettere una mano sulla spalla di un contendente e l’altra sulla spalla del rivale per cercare

insieme la pace e camminare insieme cantando verso la città ideale, la città dove c’è posto

per tutti".

Zygmunt Bauman, sociologo dell’università di Leeds, nella sua relazione Protagonisti o

spettatori nella cultura dei media? pubblicata come preparazione al convegno nazionale

Parabole mediatiche- fare cultura nel tempo della comunicazione tenutosi a Roma dal 7 al

9 novembre 2002, così scrive:

".....Conservando la sua eterna funzione di dare vita e nutrimento vitale al sé morale, la

responsabilità verso l’Altro - responsabilità pienamente incondizionata che ora include anche

il dovere della previsione e della precauzione - diventa ai nostri giorni l’elemento brutale

della condizione umana.

Possiamo riconoscere o non riconoscere, assumerci o non assumerci di buon grado la

responsabilità degli uni verso gli altri, ma questa responsabilità già ce l’abbiamo e non è

possibile scrollarcela di dosso. Il 5% dell’intera popolazione del pianeta, che produce il 40%

dell’inquinamento totale e consuma più della metà delle risorse, sarebbe disposto a ricorrere

al ricatto militare e finanziario pur di difendere con le unghie e con i denti il diritto di continuare

ad agire in questo modo.

Anzi nell’immediato futuro potrebbe usare la sua superiorità per costringere le vittime a pagare i

costi della propria persecuzione (sotto il Nazismo gli ebrei non erano forse obbligati a pagare il

biglietto del treno per Auschwitz?). Eppure la responsabilità è proprio la loro, e non solo in senso

astrattamente etico, filosofico o metafisico, ma nel significato più semplice, terreno, terra terra,

causale (ontologico, se si preferisce) del termine.

La nostra responsabilità si estende oramai all’umanità nel suo complesso. La questione della

coesistenza (della sopravvivenza vicendevolmente garantita) si è estesa ben oltre il problema

del buon vicinato e della pacifica convivenza con chi vive al di là dei confini nazionali, così

come è stato per gran parte della storia umana. Coinvolge ormai l’intera popolazione umana

della Terra, quelli che sono già nati come quelli che nasceranno.....".

Anche il Papa nel suo discorso al Parlamento italiano il 14 novembre 2002 ha parlato di dialogo

tra gli uomini e tra i popoli: ".....Alla luce della straordinaria esperienza giuridica maturata nel

corso dei secoli a partire dalla Roma pagana, come non sentire l’impegno, ad esempio, di

continuare ad offrire al mondo il fondamentale messaggio secondo cui, al centro di ogni giusto

ordine civile, deve esservi il rispetto per l’uomo, per la sua dignità e per i suoi inalienabili

diritti?

A ragione già l’antico adagio sentenziava: Hominum causa omne ius constitutum est. È

implicita, in tale affermazione, la convinzione che esista una verità sull’uomo, che si impone

al di là delle barriere di lingue e culture diverse. In questa prospettiva, parlando davanti

all’Assemblea delle Nazioni Unite nel 50° anniversario di fondazione, ho ricordato che vi

sono diritti umani universali, radicati nella natura della persona, nei quali si rispecchiano le

esigenze oggettive di una legge morale universale....". 

Ma i potenti non sembrano disposti a cogliere questa necessità. Non vogliono rinunciare alla

loro superiorità economica. Non vogliono essere gli angeli custodi dei deboli, di quelli che

hanno fame, di quelli che hanno bisogno di imparare ad essere autosufficienti.

Tempo fa, mentre cercavo nell’archivio delle pubblicazioni del centro culturale del materiale

da distribuire durante un percorso didattico programmato per gli alunni delle medie, mi è

capitata tra le mani una pubblicazione del marzo 1996 dal titolo Quando la profezia cammina

con le nostre gambe.

Tale pubblicazione riporta gli elaborati di alunni di diverse scuole della zona. Tra questi mi ha

colpito la storiella inventata da Sabrina, IV elementare:

"Un giorno la pace e la guerra si incontrarono; siccome non erano mai andate d’accordo

cercarono una buona volta di provarci.

La pace disse: "Guarda, dove comando io tutto è tranquillo, la gente si vuol bene, i paesi e

le città sono piene di vita, perché tu ogni tanto cerchi di distruggere queste cose belle?".

La guerra restò lì un po’ a pensare e poi rispose: "Ma tu lo sai che le persone non vanno

sempre d’accordo e ci sono quelle molto cattive che a tutti i costi vogliono dolore e

disperazione".

La pace allora disse: "Ho capito che anche questa volta non riusciremo a metterci

d’accordo, io però continuerò a fare di tutto perché la gente si voglia bene".

La guerra saltò su e disse: "Dovranno essere le persone importanti a farmi stare zitta".

Verrà un giorno in cui le persone importanti troveranno il coraggio di far star zitta la guerra?

Probabilmente è sogno, è pura utopia.

Fin dai tempi più remoti le persone sagge hanno compreso che la società umana può fondarsi

solo sull’amore e sul servizio reciproco che dall’amore deriva. Se ne potrebbero citare

moltissime ma penso che tutti ne abbiamo sentito parlare.

Il modo attualmente usato dai potenti che pensano di distruggere la violenza con la violenza

è un errore gravissimo. Si può distruggere la violenza solo con la nonviolenza.

Purtroppo i potenti della terra non credono in ciò che sia gli uomini saggi sia il buon senso

dicono. O forse a loro fa comodo non credere in ciò che i saggi ci hanno insegnato perché

dalla violenza traggono dei vantaggi. Ma fino a quando? Non corrono forse il rischio che

accada anche a loro quanto descritto nella poesia James Honeyman del poeta inglese

W. H. Auden (1907 - 1973) che qui riporto dopo averla tradotta in italiano?

James Honeyman era un ragazzo riservato

non rideva, non piangeva,

guardava sua madre

con curiosità.

Il giorno del suo ottavo compleanno

non si preoccupò che piovesse

poiché vicino al suo letto

trovò una apparecchiatura da chimico da dieci scellini.

Mentre gli altri ragazzi giocavano al calcio

lui lavorava nel laboratorio.

Ottenne una borsa di studio per l’università

e una laurea con la lode.

Stava sveglio col caffè,

cominciò a portare gli occhiali,

mentre scriveva una tesi

sui gas tossici. 

 

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In viaggio con gli altri

Il sogno del villaggio

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