CRATOS e BIA : Cratos ( "Potere") e
Bia ( "Violenza" ) nacquero dall’unione tra il Titano Pallade e il fiume
Stige.[ Esiodo, Teogonia,376 e 383; Pausania,VII 26.5; Apollodoro,2.2-4
].
EFESTO (lat. VULCANO) : Efesto nacque
dall’unione tra Zeus ed Era oppure, secondo un’altra versione del mito,
era figlio di Era e di Talo, nipote di Dedalo [ Commento di Servio a
Virgilio,Ecloghe IV 62; Cinetone, citato da Pausania, VIII 53.2 ].
Il suo nome era in origine un appellativo riservato al Re Sacro in quanto
semidio solare, poi passò, nella religione olimpica, a designare
il dio del fuoco, abilissimo fabbro, che aveva fucine all’interno dei vulcani,
tra cui l’Etna. Egli, da piccolo, era così gracile e mingherlino
che sua madre, disgustata, lo gettò giù dalla più
alta vetta dell’Olimpo: Efesto tuttavia sopravvisse al pauroso volo poiché
cadde nel mare, dove fu accolto dalle dee Teti ed Eurinome, le quali lo
tennero nascosto in una grotta sottomarina, in cui il dio installò
la sua prima fucina [ Omero, Iliade XVIII 394-409 ]. Riconciliatosi
con Era,osò rimproverare Zeus reo di avere appeso la dea al cielo
quando ella si era ribellata: il re degli dei si vendicò scagliandolo
giù dall’Olimpo una seconda volta; precipitò per un giorno
intero e, toccando terra sull’isola di Lemno, si fratturò ambedue
le gambe e rimase zoppo; in seguito, ritornato sul monte Olimpo col perdono
di Zeus, potè camminare soltanto con l’aiuto di grucce d’oro [ Omero,
Iliade I 586-594 ]. Efesto era brutto e di cattivo carattere, ma aveva
una grande forza nei muscoli delle braccia e delle spalle e tutto ciò
che faceva era di una impareggiabile perfezione: costruì persino
un gruppo di fanciulle meccaniche tutte d’oro perché lo aiutassero
nella fucina [ Omero, Iliade XVIII 368 e segg. ]. Fu lui a fabbricare
su richiesta di Zeusuna bellissima donna di creta, Pandora, che andò
in sposa a Epimeteo,fratello di Prometeo, e dal cui vaso scaturirono tutti
i mali del mondo; sempre Efesto fu incaricato da Zeus di incatenare Prometeo
a una rupe del Caucaso dove il titano scontò una lunga pena [ Esiodo,Le
Opere e i Giorni 42-105 e Teogonia 565-616 ]. Forgiò inoltre
uno splendido scudo per Eracle , nonché un paio di preziosi schinieri
per Achille durante la guerra di Troia [ Omero, Iliade XXI ]; fabbricò
infine un’urna d’oro che raccogliesse le ceneri di Patroclo e dello stesso
Achille [ Quinto Smirneo, III 766-780; Apollodoro, Epitome V 5; Ditti
Cretese, IV 13-14; Tzetze,Posthomerica 431-467; Omero, Odissea XXIV 43-84
].
PROMETEO : il nome di Prometeo, il "preveggente",
ebbe forse origine da un’errata interpretazione greca della parola sanscrita
pramantha,
indicante la svastica o fiaccola, che si dice che Prometeo avesse inventato.
Prometeo, l’eroe popolare indoeuropeo, fu poi confuso con l’eroe cario
Palamede, cui è attribuita l’invenzione e la diffusione di tutte
le arti civili e col dio babilonese Ea,che si vantava di aver creato uno
splendido uomo dal sangue di Kingu ( una specie di Crono ), mentre la dea
madre Aruru ne creava uno di molto inferiore con l’argilla. I due fratelli,
Pramanthu e Manthu, citati nell’epoca sanscrita Bhàgavata Puràna,
sono forse i prototipi di Prometeo ed Epimeteo ( "colui che riflette dopo"
); tuttavia la leggenda narrata da Esiodo non è il mito originale,
ma una favola anti-femminista probabilmente inventata che si ispira alla
leggenda di Demofoonte e Fillide. Prometeo, figlio di Giapeto e di Gea-Temide,
secondo il mito filosofico della creazione, plasmò per primo gli
uomini a immagine e somiglianza degli dei, su consenso di Atena, impastando
la creta con l’acqua del fiume Panopeo, nella Focide [Esiodo, Teogonia
211-232; Igino, Fabulae, Proemio; Apollodoro, I 7 1; Luciano, Prometeo
nel Caucaso 13; Pausania, X 4 3 ], così come, nella versione
talmudica della creazione, l’arcangelo Michele crea Adamo dalla polvere
per ordine di Geova e gli dà come compagna Eva, origine, come Pandora,
dei mali dell’umanità [ Bibbia, Genesi ]. Prometeo era il
più intelligente dei Titani ed era dotato della facoltà di
predire il futuro: infatti, conosendo in anticipo l’esito negativo della
rivolta dei Titani contro Zeus, si schierò dalla sua parte; il re
degli dei aveva deciso di distruggere il genere umano ed era distolto da
tale proposito soltanto grazie all’intervento di Prometeo stesso. Un giorno,
nella piazza di Sicione, il figlio di Giapeto fu invitato a fare da arbitro
in una discussione a proposito delle parti di un toro sacrificato che si
dovevano offrire agli dei; egli allora scuoiò e smembrò il
toro e ricucì la sua pelle in modo da formare due grandi sacche,
che riempì con le varie parti dell’animale; una sacca conteneva
tutta la carne, ma ben nascosta sotto lo stomaco, che è il boccone
meno appetitoso, e l’altra conteneva le ossa , nascoste sotto un bello
strato di grasso: quando le presentò a Zeus perché scegliesse
l’una o l’altra,il signore degli dei si lasciò trarre in inganno
e scelse la sacca con il grasso e le ossa ma punì Prometeo, che
rideva di soppiatto, privando gli uomini del fuoco [ Esiodo, Teogonia
521-564; Luciano, Dialoghi degli Dèi I e Prometeo nel Caucaso 3
]. Prometeo si recò subito da Atena e ottenne che ella lo facesse
entrare di nascosto nell’Olimpo; appena giunto, accese una torcia al carro
del Sole e ne staccò una brace ardente, che pose poi entro il cavo
di un gigantesco gambo di finocchio: in tal modo egli ridonò il
fuoco al genere umano [ Commento di Servio a Virgilio, Ecloghe
VI 42 ]. Zeus allora per vendicarsi fece incatenare Prometeo, nudo,
a una vetta del Caucaso, dove un avido avvoltoio gli divorava il fegato
tutto il giorno, un anno dopo l’altro; e il suo tormento non aveva mai
fine, poiché ogni notte il fegato gli ricresceva [ Esiodo, Teogonia
507- 617 ]; nel frattempo suo fratello Epimeteo sposò
Pandora, la bellissima donna plasmata con la creta da Efesto e adornata
con i doni di tutte le dee dell’Olimpo ( il nome Pandora significa appunto
"colei che tutto dona" ), dal cui vaso scoperchiato uscirono le pene che
avrebbero afflitto l’umanità, trattenendo solo la Speranza [ Esiodo,
Le Opere e i Giorni 87-108 ]. Prometeo fu poi perdonato da Zeus quando
gli rivelò di non sposare Teti, da cui sarebbe nato un dio più
potente in grado di detronizzarlo; così quando Eracle implorò
il perdono di Prometeo, Zeus glielo concesse senza esitare: Eracle allora,
invocando Apollo Cacciatore, colpì al cuore l’avvoltoio con una
freccia e liberò dalle catene Prometeo [ Commento di Servio a
Virgilio, Ecloghe VI 42; Igino, Fabulae 54; Plinio, Storia naturale XXXIII
4 e XXXVII 1; Eschilo, Prometeo Liberato, frammento 195, citato in Plutarco,
Dell’Amore 14; Apollodoro, II 5 11 ].
OCEANINE : divinità figlie di
Oceano e di Teti, che, secondo Esiodo [ Teogonia 364 ], poteva vantare
circa 3000 discendenti.
OCEANO : secondo il mito omerico della
creazione, tutti gli dei e tutte le creature viventi nacquero da Oceano
che scorreva attorno al mondo e Teti fu la madre di tutti i suoi figli
[ Omero, Iliade XIV 201 ]; secondo il mito filosofico della creazione,
invece, Oceano sarebbe nato dall’unione tra l’Aria e la Madre Terra. Tra
le sue figlie vi erano anche Nemesi, Dione dalla cui unione con Zeus sarebbe
nata Afrodite [ Esiodo, Teogonia 188-200 e 353; Festo Grammatico, III
2; Inno omerico ad Afrodite II 5; Apollodoro, I 1 3 ]e Calliroe, madre
di Gerione, re di Tartesso, in Spagna, ucciso da Eracle nel corso della
sua decima fatica [ Esiodo, Teogonia 287 e segg.; Luciano, Tossari 72;
Apollodoro, II 5 2; Livio I 7; Commento di Servio a Virgilio, Eneide, VIII
300; Scolio ad Apollonio Rodio, IV 1399 ].
ERMETE (lat. MERCURIO) : Zeus ha avuto
più figli da avventure extraconiugali; anche grandi divinità
olimpiche nacquero da scappatelle e tra queste nacque anche Ermete (ErmeV
) o Mercurio nella tradizione romana. Nacque dalla Ninfa Maia, figlia
di Atlante, che partorì il figlio in una grotta sul monte Cillene
in Arcadia [Esiodo, Teogonia 918;Apollodoro, I 4 1; Aristofane
-commediografo ateniese del V secolo -, Gli Uccelli 870; Commento di Servio
a Virgilio, Eneide III 72 ]. Gli stupri compiuti da Zeus ricordano
certamente le conquiste elleniche dei santuari dell’antica dea, come quello
del monte Cillene, ad esempio; i suoi matrimoni ricordano l’antica usanza
di dare l’appellativo di "Zeus" al re sacro del culto della quercia. Ermete,
il figlio nato da Zeus in seguito allo stupro di Maia (un appellativo della
dea della Terra come Vegliarda ), non era in origine un dio, ma impersonificava
le virtù totemistiche di un simulacro fallico. Tali simulacri stavano
al centro delle danze orgiastiche in onore della dea. Tra l’altro, è
interessante il fatto che Ermete, messaggero degli dei e, in quanto tale,
dio della comunicazione, dell’intelligenza ma anche della furbizia e dei
ladri, fosse secondo alcuni [ Cicerone,
Sulla natura degli dei III 23; Virgilio Ciris - opera a lui attribuita
nell’Appendix - 134; Alceo - poeta della lirica monodica arcaica -, citato
da Plutarco, Amatorio 20 ] il padre di Eros, la cui madre è
comunque Afrodite. In fondo, Ermete può rappresentare la parte razionale,
come Afrodite la parte sentimentale dell’uomo. Ma torniamo all’infanzia
del dio. Quando Ermete nacque sul monte Cillene, sua madre Maia lo avvolse
nelle fasce e lo depose in un canestro, ma con sorprendente rapidità
egli si trasformò in un ragazzino, e non appena la dea gli voltò
le spalle balzò fuori dalla culla e andò in cerca di avventure.
Giunto nella Pieria, dove Apollo custodiva una splendida mandria di vacche,
decise di rubarle. E affinché Apollo non lo acciuffasse seguendo
le orme degli animali, fabbricò alla svelta grandi babbucce con
la corteccia di una quercia caduta e le legò agli zoccoli delle
vacche con fili di erba intrecciati; poi si allontanò nottetempo
guidando la mandria lungo un sentiero. Apollo, il mattino dopo, si rese
conto del furto, ma il trucco di Ermete funzionò alla perfezione,
e il dio, benché fosse costretto ad andare fino a Pilo ad occidente
e a Orchesto ad oriente alla ricerca delle sue bestie, fu costretto a dichiararsi
vinto e offrì una ricompensa a chi gli consegnasse il ladro. Sileno
e i suoi Satiri, allettati dal premio, percorsero tutta la regione con
la speranza di sorprendere il malfattore, ma per qualche tempo i loro sforzi
non approdarono a nulla. Alla fine, passando dall'Arcadia, un gruppo di
Satiri fu colpito dal suono di una musica mai udita prima e la ninfa Cillene,
parlando dalla bocca di una caverna, disse che era nato un portentoso fanciullo,
di cui lei era nutrice: egli si era costruito un ingegnoso balocco musicale
col guscio di una tartaruga e interiora di vacca, e traendone una musica
molto dolce aveva cullato sua madre fino a farla addormentare. "Dove ha
trovato le interiora della vacca ?" chiesero i Satiri improvvisamente interessati
, notando due pelli distese a disseccare dinanzi alla grotta. "Volete forse
accusare del furto questo piccolo innocente ?" chiese Cillene, e tra la
ninfa e i Satiri volarono parole grosse. Sopraggiunse Apollo, che era riuscito
identificare il ladro dopo aver osservato con attenzione il comportamento
di un uccello dalle lunghe ali. Entrato nella grotta, svegliò Maia
e le disse con voce severa che Ermete doveva restituirgli la mandria. Maia
indicò il fanciullo in fasce, che fingeva di dormire tranquillamente.
"Le tue accuse sono assurde" gridò la ninfa. Ma Apollo aveva già
visto che le due pelli stese a disseccarsi appartenevano a delle sue vacche.
Agguantò allora il piccolo Ermete, lo portò sull’Olimpo e
lo accusò apertamente di furto, presentando come prove le pelli
delle sue bestie. Zeus, cui ripugnava di pensare che il figlioletto appena
nato fosse un ladro, invitò il bimbo a dichiararsi innocente,
ma Apollo non si lasciò abbindolare da Ermete, che cedendo
confessò. "Vieni con me" disse "e riavrai le tue vacche; ne ho uccise
soltanto due, che ho diviso in dodici parti da sacrificare ai dodici dei".
"Dodici dici ?" chiese Apollo sorpreso "Chi sarebbe il dodicesimo ?" "Il
tuo umile servitore", rispose Ermete con finta modestia, "Ti assicuro che
ho mangiato soltanto la mia parte, benché avessi una gran fame,
sacrificando le altre undici".
Questo fu il primo sacrificio cruento in onore degli dei. I due dei tornarono
sul monte Cillene, dove Ermete mostrò ad Apollo la sua invenzione,
la lira appena creata, con un guscio di tartaruga; cantò poi una
canzone così bella e lusinghiera, che celebrava l’intelligenza,
la nobiltà e la generosità di Apollo, da farsi pienamente
perdonare. Inoltre, ottenne in cambio proprio della lira la famigerata
mandria di vacche - Apollo era pur sempre il dio della poesia; mentre stava
pascolando la mandria , Ermete inventò anche lo zufolo; anche in
questo caso Apollo lo volle barattare, dandogli in cambio un bastone d’oro
portentoso per radunare il bestiame - il caduceo, da allora uno degli attributi
del dio-. Ermete chiese anche in cambio il dono della profezia, che però
non era in potere di Apollo concedere a chicchessia: gli consigliò
di andare piuttosto ad apprenderla dalle tre Moire, che erano state già
maestre di Apollo stesso. Intanto Ermete si recò all’Olimpo ad incontrare
Zeus; il padre degli dei lo rimproverò delle furberie e delle bugie
spudorate, ma riconobbe l’ingegno veramente eccezionale del giovane dio.
Ermete si fece avanti e si offerse come araldo degli dei, oltre che come
messo personale di Zeus. Tra i suoi doveri rientrò anche di presiedere
la stipulazione dei patti, di favorire i commerci e di proteggere tutte
le strade e i viaggiatori.
Quindi le Moire gli insegnarono a predire il futuro osservando la disposizione
di sassolini in un catino pieno d’acqua; lui stesso inventò il metodo
divinatorio tramite gli astragali. Divenne anche araldo di Ade, con la
funzione di scortare le anime nell’aldilà, allettandole con il suo
bastone d’oro - aveva cioè la funzione di psicopompo (yucopompoV)-.
Inoltre altri attributi del dio sono i sandali alati e il cappello rotondo.
Ermete aiutò le tre Moire a comporre l’alfabeto, inventò
l’astronomia, la scala musicale , l’arte del pugilato e della ginnastica,
la bilancia e le unità di misura, la coltivazione dell’ulivo. Le
Fonti sono: inno omerico a Ermete; Sofocle, frammento de I Segugi;
Apollodoro, III 10 2; Diodoro Siculo, V 75; Igino,
Fabula 277; Plutarco,
Simposiaca
IX
3; Diodoro Siculo, IV 84; Commento di Servio a Virgilio,
Egloghe V 20; VIII 68; X 26; Commento di Filargirio - letteralmente,
"amico del denaro"; erudito greco del IV sec. - a Virgilio, Egloghe
V 20; Elliano, Storie varie X 18; Macrobio, Saturnali
I
19; Callimaco, Inno a Delo 253.
Ancora qualche curiosità: il mito dell’infanzia
di Ermete ci è giunto soltanto nella sua più tarda forma
letteraria. Pare che il racconto degli astuti furti di bestiame compiuti
dai Messeni ai danni dei loro vicini e del trattato che vi pose fine si
sia fuso mitologicamente con quello che narrava lo sfruttamnto, da parte
degli Elleni, in nome del loro dio Apollo, della civiltà pre-ellenica
della Grecia meridionale. Ermete, che fu poi onorato come dio, era forse
in origine un fallo di pietra attorno a cui si svolgevano i riti pre-ellenici
di fertilità.
Si può stabilire un confronto con gli dei egiziani
Toth e Anubi.
IO ( pron. Iò): Io (Iw)
era figlia del dio fiume Inaco e sacerdotessa di Era. Per un incantesimo
Zeus si innamorò di lei; Era scoprì l’intrigo e per gelosia
trasformò Io in una vacca, che affidò poi ad Argo Panopte
(Tuttoocchi ) per una strettissima sorveglianza. Zeus, che si sentiva in
qualche modo obbligato verso Io, mandò a liberarla, o meglio, a
rubarla il più astuto dei ladri: Ermete. Questo fece addormentare
Argo con il dolce suono della lira, lo tramortì con una pietra e
gli tagliò la testa , liberando Io. Era, dopo aver colorato
con gli occhi di Argo la coda del pavone a perenne memoria del turpe assassinio,
mandò un tafano a pungere Io spingendola in fuga. Io giunse dapprima
a Dodona e poi al mare che da lei prese il nome, il mare Ionio; di là
si spinse a nord fino al monte Emo; oltrepassato il delta del Danubio si
spinse fino alla Scizia , dove Prometeo era incatenato sul Caucaso. Viaggiò
ancora per gran parte dell’ecumene, della terra allora conosciuta: è
inutile dire di come le varie fonti mitografiche si siano sbizzarrite a
descrivere i modi e le località di questo viaggio. In Egitto Zeus
la toccò ridandole dunque le sembianze umane; Io sposò Telegonio
- figlio di Proteo, che con il fratello affrontò Eracle, uscendone
sconfitto - e diede alla luce Epafo, figlio di Zeus che l’aveva appunto
toccata; fu la fondatrice del culto di Iside, come lei chiamava Demetra
. Proprio il figlio Epafo, che secondo alcuni era il sacro bue Api, divinità
della tarda grecità, regnò a lungo sull’Egitto ed ebbe una
figlia, Libia. Fonti: Callimaco, Degli Uccelli, frammento 100; Apollodoro,
II 1 3; Igino, Fabula 145; Suida sub voce Io; Luciano, Dialoghi degli Dei
3; Mosco, Idilli II 59; Erodoto I 1 e II 41; Omero, Iliade III 6; Eschilo,
Prometeo Incatenato 705 e segg. E Supplici 547 e segg.; Euripide, Ifigenia
in Tauride 382; Tzetze, Scoli a Licofrone 835 e segg..
Proprio nel Prometeo di Eschilo si trovano altre figure
mitologiche, come ATLANTE - titano, figlio di Giapeto ( che non
è citato nella tragedia ) e di Climene ( o Asia ), fratello di Prometeo;
sorreggeva il cielo con la testa e con le mani, in pena di aver preso parte
alla lotta dei Titani contro Giove. Con Pleione generò le Pleiadi,
con Etna le Iadi, con Esperide le Esperidi che custodiscono negli orti
esperidei i pomi aurei che la Terra donò ad Era il giorno delle
sue nozze con Giove - o TIFONE -mostro favoloso dell’antichità
figlio di Gea e di Tartaro; aveva cento teste di drago; era padre dei venti
impetuosi; sposò Echidna e da lei ebbe i figli Cerbero, Ortro e
l’Idra di Lerna; contese con Giove per il controllo del mondo, per cui
fu punito con il fulmine e gettato nel Tartaro; secondo alcuni [ Apollodoro,
III 76; Suida sub voce Tifone ; Tzetze, Scoli 677] Tifone riuscì
a vincere, cosicché gli dei fuggirono in Egitto sotto forma di animali.
Giove fu preso e racchiuso nell’antro Coricio in Cilicia ( dove era nato
Tifone stesso ), da dove lo liberò poi Ermete. Ripresa la lotta
Tifone fu sconfitto infine da Giove.
BIBLIOGRAFIA:
Robert Graves, I MITI GRECI, Milano 1983, ed. Longanesi.