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JOSE' MARIA ARTUGHI

José Maria Artughi (1885-1948) famoso letterato, nacque all’età di 16 anni figlio di un marinaio e di una pineta del luogo. Il suo vero nome in realtà era José Maria Juan Filiberto Ramon Pedro Ivan Jessica Burella Artughi y Montoya y Velasquez y Flamenco y Carmencita y Pinacoteca y Zorro y Palombo. Una volta provò a pronunciarlo tutto ma a tre quarti svenne per insufficienza respiratoria.

Frequentò la scuola speciale per cartografi di Barcellona, in Francia, dove ottenne buoni voti soprattutto in frenologia ed ottenne il grado di Eccellente Scelto di Primo Grado nella Valutazione del Guano, che in quella scuola era praticamente il posto di aiuto cuoco.

Ebbe un’infanzia travagliata, tra un pasto e l’altro rischiò di essere servito come pietanza principale almeno tre volte, e, nei rari momenti di tempo libero, veniva picchiato dai suoi compagni che lo vedevano come capro espiatorio, soprattutto per l’odore tipicamente ovino che emanava a tutte le ore del giorno.

Aveva un solo amico, il suo cane Cubo, di 3x3x3, che distruggeva e ingoiava tutto ciò che incontrava sul suo cammino, per fortuna era incapace di camminare. Comunicava a gesti con José e con gli altri componenti della famiglia ma spesso veniva frainteso e punito con numerose nerbate.

Cominciò la sua carriera letteraria per caso, nella casa degli zii, dove spesso si rifugiava dalle pulci del suo cane. Lo zio, Catollo Artughi era infatti un estimatore dei classici romani e greci che spesso si faceva preparare per cena. Fu così che José, costretto a lavorare in cucina pena seicento nerbate, scoprì Omero, Aristotele, Ovidio, Virgilio, Catullo e Wilbur Smith: i camerieri.

In realtà José non sapeva leggere e tantomeno scrivere ma un giorno si ammalò gravemente e, per provargli la febbre, la zia Bile Cazzastrani in Artughi, gli piantò una penna in un occhio, pensando di mettergli il termometro in bocca. Due anni dopo fu accusata di aver accoltellato suo marito perché lui le aveva chiesto la pipa.

Da quel momento José capì una cosa: che non avrebbe mai più riacquistato l’utilizzo della rotula destra, perché nel tentativo di appoggiare una pezzuolina inumidita sulla fronte del febbricitante, Bile appoggiò un blocco di cemento sulla gamba dello sventurato scrittore.

Riavutosi dall’imbarazzante situazione, José, per la prima volta in vita sua, si tolse i calzini. Fu arrestato e condannato a morte. José sentì l’aria intorno a lui farsi pesante così, in una notte di luna piena, evase e fuggì in una nave che trasportava caciocavalli.

Sbarcò nello stato libero di Sombreros in Messico, così chiamato a causa della produzione fiorente di racchette da badminton, fu fatto schiavo e venduto per tre racchette da badminton alla locale casa di cura, gestita da suore. Fu appeso per tre giorni e cinque notti nel magazzino centrale fino a che una suora non lo fece scendere colpendolo con il manico di una scopa credendolo un ragno mandato dal demonio.

Nella casa di cura svolse per lo più lavoro impiegatizio, dato che non c’era molto lavoro essendo l’edificio situato su una montagna con 7895 gradini, nel mezzo della giungla amazzonica, a 2000km dal centro abitato più vicino includendo le scimmie.

Un episodio colpì particolarmente José: un mattino un viandante bussò alla porta, era un uomo alto smunto, provato dalla lunghezza del viaggio, ma ordinato e pulito, con la barba rasata e i capelli corti e pettinati. Il viandante disse che lì sarebbe dovuta passare un’autostrada e che tra dieci minuti avrebbero uso ed abuso della dinamite.

Mentre le suore furono irremovibili, José scappò vigliaccamente nella boscaglia dalla quale uscì dieci anni dopo, trovandosi a Fort Buxwell in Australia. Ormai vecchio, decise di aprire un chiosco di bibite e gelati, dove scrisse il suo primo libro "Il..." romanzo rimasto incompleto perché 30kg di zuppa inglese lo aggredirono prima che potesse raggiungere un cucchiaino.

Correva l’anno 1848, lo stesso anno Re Ottaviaugusto XIV bandì l’utilizzo sconsiderato delle uova strapazzate.

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