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LA PLATESSA SCALZA

( come molte delle storie che mi piace raccontare anche questa è tratta da un fatto realmente accaduto. Un caro amico di nome Joubert è morto soffocato da una ciocca di capelli paglierini mangiando del filetto di platessa ).

Appoggiata al muro, vicino ad un cartello di divieto di fermata, stava osservando i suoi parenti che si accalcavano nelle porte a tamburo. Storse la bocca e strizzò gli occhi quando Jhoannes Baader, il suo vicino di casa, gli si fermò ad un centimetro con la sua BMX nuova fiammante. E lo stridere di quei freni a tamburo la innervosì. Jhoannes allora cominciò a fare qualche battuta per farle ritornare il sorriso. Ma non funzionò. Lei continuava a guardarlo con disprezzo.

Lui che non reggeva la pressione di quello sguardo minaccioso se ne andò. Nessuno la notò tranne il portiere tossicodipendente dell'albergo che la scambiò per una macchina di bassa cilindrata. Avendola osservata per un po' notò che era incustodita. Con passo felpato si avvicinò con l'intenzione di rubare lo stereo. Fu in quel momento che il portiere tossicodipendente si accorse di essersi sbagliato. E cercò di ritornare sui suoi passi.

- Non riesco a immaginare che cosa vogliate da me - disse lei, ostentando meraviglia.
- Molto spiacente. Ma voi avevate gli occhi chiusi. Il sonno vi leniva il groviglio delle preoccupazioni e non ho avuto la forza di disturbarvi.
- Teoricamente le vostre ipotesi sono abbastanza chiare; ma temo...

Il fischio dei freni a tamburo di Jhoannes interruppe l'amabile conversazione fra i due. Lei si voltò di scatto verso Jhoannes. Lui tremò e subito le porse un pacchetto che nascondeva nella sua pappagorgia. Il volto di lei si distese. Mentre Swift, il portiere tossicodipendente, assisteva interessato alla scena. Era alta, un po' grassoccia, di età indefinibile, con capelli paglierini e una carnagione bianca e rosa. La sua faccia, in stato di relax, mostrava una giovanile e vacua innocenza; ma era un'espressione superficiale.

Dopo qualche minutò riuscì trovare la combinazione esatta e ad aprire il pacchettino. Dentro c'era un piccolo soggiorno con una platessa seduta su un divano. Lei rimase incantata per una buona mezz'ora. Poi rivolse lo sguardo verso Jhoannes.

- Come sei tenero, Jhoan !
- Così tenero che si spezza con un grissino - intervenne Swift, mentre rigirava un grissino di 90 centimetri nello stomaco del povero Jhoannes.

E quella osservazione, intesa solo come indulgente facezia, si dimostrò stranamente profetica. Ma lei era così contenta che l'evento non la toccò. E riprese a guardare compiaciuta quella fantasmagorica platessa. Scordandosi del tutto del ricevimento dove doveva recarsi, non resistette alla tentazione di miniaturizzarsi per entrare nel soggiorno della platessa e guardarla più da vicino. Quindi estrasse furtivamente il miniaturizzatore dalla borsetta e cliccò....

Gli occhi, d'un celeste chiaro, erano duri, e un lieve gonfiore agli zigomi e sotto il mento denunziava anni di vita accidiosa e dissoluta. Però era grossolanamente attraente, e le sue maniere, quando la fece accomodare nel soggiorno arredato in un eccessivo stile rococò, erano di disinvolta cordialità. Conversarono per ore ininterrottamente. E divennero subito amiche.

La platessa era molto colta, e conversare con lei era sempre interessante e stimolante. Passate alcune ore conversando e bevendo dell'ottimo te, lei cominciò ad avvertire una specie di stordimento. Inizialmente pensò che poteva essere il te, forse drogato intenzionalmente dalla platessa per impossessarsi dei suoi oggetti personali. Ma la platessa, che sapeva leggere benissimo nel pensiero, intervenne con vigore per smentire tale congettura.

Solo in seguito, ragionando con più calma, capì che quel piacevole stordimento era provocato dallo strano odore che veniva dai piedi rugosi della platessa, che non indossava scarpe. Era un'odore come di trielina. E a lei piaceva moltissimo. L'odore cresceva di intensità. Lei perse completamente la testa, si chinò a terra e prese a leccare freneticamente i piedi rugosi della platessa. Sembrava volesse divorarli, tanta era la foga con cui leccava e succhiava quei piedi. La platessa si dimenava, ansimando in dialetto. Lei si alzò in piedi, si tolse il suo vestito di carta riciclata e lo gettò a terra. Si rimise in ginocchio, strappò la lunga gonna della platessa e si avventurò per le regioni oscure del suo corpo, cominciando dalle morbidissime cosce, umide di lubrificante. La platessa si tirò su di scatto.

- Basta. Non c'è posto per te qui. Tornatene nel tuo mondo.
- Ma no. Perchè ? - disse lei - Voglio vivere per sempre con te !
- Tu non sai quello che dici.
- E invece si.
- La mia vita non è migliore di quella di un maiale o di una gallina. Il mio destino è segnato.
- Allora lo sarà anche il mio ! ( scelta d'amore )

La platessa, commossa, si rimise seduta sul divano e allargò bene le gambe. Lei si fece strada con la sua lingua impertinente scivolando veloce sul lubrificante che traspirava copioso dalle cosce morbide. Arrivò al traguardo. E si trovò davanti a una meravigliosa orchidea perlacea che secerneva prelibato gorgonzola. L'estasi arrivò e non si concluse. Ma fu continua. Spalancò la bocca, la premette forte sulla sua splendida orchidea e cominciò ad aspirare con forza sollecitandola con la lingua. Il gorgonzola scivolava a fiumi dentro di lei e la riempiva di piacere. Overdose d'amore ! Ma durò solo un mese. Furono congelate entrambe, l'una sull'altra, nello stabilimento Findus di Rieti.

dedicato a Joubert, operaio addetto alla distribuzione del gas illuminante E.P. ( lato B )

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