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STORIA DI UN TOPONIMO

"Lei crede all'aldilà dopo la morte ?"
La giovane donna guardò allibita il professore, dopo un mese di scavi gomito a gomito era la prima domanda personale che le veniva fatta dal responsabile della ricerca in Libano. Non si erano mai scambiati confidenze, ogni sera P. era puntualmente scomparso a rotolarsi tra le sue carte. Era un uomo molto silenzioso, per lui le parole erano strumenti del comunicare, essenziali, pratiche, realistiche.
"Penso che l'energia dell'universo non si fermi mai, anche quella dei nostri corpi" rispose T. troppo stupita della domanda per concentrarsi "ma dovremmo anche intenderci sul significato delle parole: morte, aldilà."
"Significato letterale, mia cara" disse P. che per la prima volta in un mese stava appoggiando libri e carte sul tavolo nel patio senza chiudersi in camera "morte significa fine della vita corporale, aldilà vuol dire oltre... veda lei."
"Mi scusi" ora T. cominciava a infervorarsi "le parole sono anche simboli, lo sappiamo bene noi che scrutiamo la storia dell'umanità attraverso i segni. Una volta l'uomo non aveva termini astratti, erano tutte definizioni di cose naturali, empiriche."
"Lo sappiamo, lo sappiamo" borbottava P. "anima e spirito in latino significano respiro, soffio vitale; la filosofia di Aristotele per quelli dopo di lui era metafisica perché veniva dopo la fisica, la scienza naturale."
"E allora perché me lo chiede ?" e qui T. cominciava a non capire. Però il volto del professore era molto diverso dal solito. Cosa aveva di così strano quell'uomo, in quel momento ? Lo intuiva, ma non sapeva definire la novità. Era abituata a lavorare in silenzio e a usare le parole solo per commentare i pochi frammenti che riuscivano a trovare.

Il tempio di Baalbek, il più imponente costruito dai romani, era nella valle della Bekaa. I quindici anni di guerra civile avevano devastato Beirut e le colline intorno alla città. La Bekaa era diventata riserva di basi missilistiche e coltivazione di piante da droga, sotto il controllo degli occupanti siriani, dei pasdaran e degli hezbollah iraniani. Una sorta di terra di nessuno, un giocattolo lasciato dai capi politico-militari alle formazioni irregolari e ai soldati semplici che in qualche modo s'arricchivano con modesti traffici di stupefacenti.
La strada che portava a oriente, dove il tempio di Baalbek mostrava nella sua imponenza la forza e il potere di Roma caput mundi, era ormai deserta, perché l'accesso era riservato ad abitanti locali, militari, paramilitari, con qualche eccezione come la missione archeologica. Già antico e in rovina, il tempio sembrava ancor più vecchio come se l'assenza degli uomini lo rendesse più triste.
"Ecco un esempio" disse all'improvviso T. ravvivandosi "di parola dai molti significati: fenomeno! Questo di Baalbek è un fenomeno: l'hanno costruito in un paio di secoli, dimensioni eccezionali, fenomenali, letteralmente dal greco fainomai, cioè apparire. Però è anche un fenomeno come in natura, esiste solo quando c'è qualcuno a osservarlo... e mi sembra appunto così tristanzuolo, sono quindici anni che nessuno lo viene a visitare, tranne noi."
"Interessante, mia cara, interessante questo apparire" ora il professore sembrava impacciato, quasi borbottava "apparire ed essere, eterna questione..."
"Mi scusi, ma non capisco più di cosa stiamo parlando..." disse T. che oltre alla confusione interna si sentiva pervadere da uno strano rossore. Girandosi - era seduta all'unico tavolo fuori della casetta dove alloggiavano - si accorse che il professore era in piedi dentro di lei, sbirciando dentro la scollatura. Ma chi l'avrebbe mai pensato, il serio P. che guardava una donna, e di nascosto, da birichino.
"Parliamo di noi due" disse P. ritornando davanti a lei e sedendosi dall'altra parte del tavolo "e del nostro futuro."
"Come, come ? " balbettò T. già dimenticando le occhiate birichine del professore alle sue forme "quale futuro, quello dopo la morte?" E si fermò pensando all'uomo della sua vita, il principe azzurro, quello che lei aveva sorpreso con la sua migliore amica...
"Adesso è lei che sembra me" le disse gentile e sorridente il professore "la vedo con la testa altrove..."
"Veramente stavo pensando al fallimento della mia vita sentimentale" rispose T. sentendosi improvvisamente spavalda e sicura di sé. Se non si sfogava e confidava nella valle della Bekaa, e con una persona così intelligente come il principe degli archeologi, in quale altra occasione l'avrebbe mai fatto? "Allora, avevo trovato l'uomo dei miei sogni..."
"Scusi se la interrompo, amava l'archeologia ?" chiese timidamente il professore.
"Molto, ma sa perché?" rispose pronta T. che finalmente aveva afferrato il cambiamento nel volto di P., il suo essere improvvisamente l'uomo, il maschio, non più lo studioso "perché dopo appena un anno già se la faceva con la mia migliore amica. Per questo amava l'archeologia, perché mi teneva lontana da lui spesso e a lungo."
"Era bigamo ?"
"No, non ha sposato né me né la mia amica, si era talmente abituato ad avere due donne che trovava naturale avere due case, due indirizzi, due diverse compagne... anche nell'alcova."
T. non riusciva a trattenere le lacrime, preferì alzarsi e passeggiare nel patio, lontano dallo sguardo di lui.

La mattina dopo non trovò P. come sempre, pronto, vestito di tutto punto e con la sacca degli arnesi da lavoro. Cercò P. in ogni parte della piccola casa, corse intorno, prese la sgangherata automobile che aveva prestato loro il capo del villaggio e partì a razzo verso il tempio. Le colonne enormi sembravano non essere più tristi - pensava la giovane donna - cos'era successo in una notte ? E piano piano ripensò al "fenomeno", a una cosa che esiste solo se qualcuno la osserva. Il tempio di Baalbek era diverso perché era diversa lei ora che lo osservava senza l'amaro dentro di un amore finito male. Quel breve stralunato dialogo con il professore della sera prima l'aveva liberata del ricordo dell'ex uomo della sua vita, l'aveva liberata dai rimorsi e dai fantasmi, le stava venendo voglia di chiamare la sua grande amica per verificare se anche lei avesse smascherato quel furbone del loro doppio amante.
Arrivò fuori dal misero ufficio postale e si precipitò all'unica linea telefonica esistente, dai prezzi esorbitanti perché funzionava via satellite. Tutte le comunicazioni internazionali in partenza dal Libano erano state interrotte dagli occupanti siriani, e subito qualcuno aveva montato il lucroso affare del telefono satellitare, qualche decina di dollari al minuto, una cifra.
Ma cosa importa - pensava l'archeologa - mi tolgo uno sfizio costoso ma necessario. Dopo un quarto d'ora uscì dalla cabina telefonica saltellando di gioia, la sua amica aveva lasciato il comune principe azzurro, si era scusata piangendo, si erano insultate e alla fine avevano rimesso timidamente le basi dell'antica amicizia.

Tornò raggiante alla casetta, uscendo dall'automobile riuscì a specchiarsi nel finestrino, in effetti non era niente male, il povero professore aveva ragione a guardarle la scollatura...
"Professore, professore" si ricordò che era sparito solo nel rendersi conto che la casa era vuota, senza le cose di P.
"dov'è finito ? Dov'è, dove seiiiiiiiiiii? Le era anche scappato un tu, allegro e affezionato. Nessuna risposta, sembrava proprio svanito.
Non si perse d'animo, aver tolto il dente del perduto amore le aveva ridato serenità ed entusiasmo, non aveva ansie né paure, qualcosa sarebbe successo, P. non poteva essere sparito per caso, una ragione doveva esserci.
Il ragazzo le era arrivato vicino silenziosamente, ma si teneva rispettoso a distanza. Nel villaggio tutti la rispettavano, non aveva paura di trovarsi sola nella Bekaa, a ore di automobile da Beirut, e anche dalla capitale sarebbe stato difficile trovare un mezzo di trasporto per tornare in Europa, senza l'efficiente organizzazione del professore. Prese senza pensarci la lettera che le porgeva il ragazzo, e quando lo volle ringraziare era già sparito.

"Mia adorata Tonia, ormai i lavori sono durati abbastanza, e senza un'altra attrezzatura non vedo possibili progressi nelle nostre ricerche. E' da molto che volevo prendermi una vacanza - nel senso letterale del termine latino 'vacare', essere libero - quindi ho deciso di andare a Beirut con mezzi di fortuna, senza fretta. Una volta tanto guarderò le cose vive, gli alberi, le persone, gli animali, la natura insomma. Non che mi sia stancato dei reperti del passato degli uomini, ma invece di immaginare come fossero le realtà umane, ora me le guardo mentre avvengono. Quindi non si preoccupi, torni come previsto in Europa: finisca le relazioni e spedisca il poco - ma buono - che abbiamo trovato tramite la nostra ambasciata. Ci rivedremo all'università, tra un mese o due arriverò, certamente. E grazie come sempre per la sua preziosa collaborazione.

un abbraccio
Pietro

Post scriptum: vuole sposarmi?"

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