Intervento di 
Leonardo Boff
in occasione dell'attribuzione 
del premio alternativo Right Livelihood

(tratto da Adista del 2 gennaio 2002)

Più che premiare una persona il premio Right Livelihood premia una causa. 
Qual è la causa che muove tutta una generazione di cristiani nel Terzo Mondo, tra i quali mi inscrivo come teologo brasiliano, nella periferia dei grandi centri metropolitani di riflessione, già da più di 30 anni? È la causa dei condannati della Terra che costituiscono la grande maggioranza dell'umanità.
Alla fine degli anni '60 tutta una generazione di cristiani e teologi si è posta, e ancora si pone, la questione: come annunciare l'amore e la misericordia di Dio a milioni di esseri umani che soffrono la fame e sono condannati ad essere non-persone? Solamente annunciando un Dio vivo e liberatore, alleato dei poveri e degli esclusi, possiamo dire senza cinismo e nella verità: Egli è effettivamente un Dio buono e misericordioso. Le parole dell'Esodo sono state attualizzate per la nostra generazione: "Ho udito l'oppressione del mio popolo, ho udito le sue grida di afflizione, conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo... Ora va', ti invio a liberare il mio popolo" (Es 3,7-10). Queste parole sono state dirette a ciascuno di noi, a ogni Chiesa, a ogni coscienza minimamente etica e umanitaria.
Dio abita, sì, in una luce inaccessibile. È un mistero insondabile con cui non possiamo giocare. Ma di fronte alla sofferenza umana, lascia la sua trascendenza, prende partito per gli oppressi contro i loro oppressori e decide di intervenire, di animare profeti come Osea e suscitare leader come Mosè, per liberare i suoi figli e le sue figlie umiliati ed offesi.
Negli anni '70 gli oppressi erano i poveri dal punto di vista economico e proprio allo scopo di raggiungere minime condizioni di vita e di lavoro si formulò un processo di liberazione sociale e politica alla luce della fede.
Negli anni '800 sono emersi gli indigeni e i neri come gli oppressi storici dei nostri popoli, animati ad essere essi stessi soggetti della loro liberazione.
Negli anni '90 si è posto l'accento sulla singolarità dell'oppressione delle donne che da millenni sono sottomesse al potere patriarcale e rese invisibili nella società. Le donne che cercano di essere soggetti storici su un piano di uguaglianza rispetto agli uomini, diverse e complementari.
Tutti costoro gridano per la vita e la libertà. Settori importanti delle Chiese storiche si sono organizzati per rispondere al grido degli oppressi. E lo hanno fatto attraverso la prassi liberatrice delle comunità ecclesiali di base (solo nel mio Paese ne esistono 100mila), di innumerevoli centri di difesa dei diritti umani, delle pastorali sociali per la terra, la casa, la salute, l'educazione e la sicurezza, mediante la lettura popolare e liberatrice della Bibbia.
La riflessione che si è condotta a partire da questa prassi si chiama Teologia della Liberazione. È la teologia delle Chiese che hanno preso sul serio la questione dei poveri e degli esclusi. Per questo è presente, oltre che in America Latina, in Africa, in Asia e nei gruppi impegnati per la giustizia internazionale, per la causa femminile e per l'ecologia nei Paesi ricchi.
La Teologia della Liberazione ha tentato con successo di mostrare come la fede giudaico-cristiana possa essere un elemento di mobilitazione sociale in funzione di cambiamenti profondi nella società che portino più giustizia per tutti, più partecipazione per gli emarginati e più dignità per coloro che sono ingiustamente umiliati. La rivoluzione non è monopolio del marxismo e delle tradizioni politiche contestatarie. Un cristiano in quanto cristiano può essere un autentico rivoluzionario. Siamo eredi di qualcuno che in ragione del suo annuncio e della sua prassi liberatrice è stato perseguitato, arrestato, torturato e crocifisso. La sua resurrezione significa un'insurrezione contro l'ordine di questo mondo che legittima discriminazioni, sacralizza privilegi e rende impossibile la convivenza nella giustizia, nella cura, nella compassione e nella pace.
Non sono solo i poveri e gli oppressi a gridare. Gridano le acque, gridano gli animali, gridano le foreste, gridano i soli, grida, infine, la Terra come super-organismo vivo, di Gaia. Gridano perché sono sistematicamente aggrediti. Gridano perché non si riconosce loro autonomia e valore intrinseco. Gridano perché sono minacciati di estinzione. Ogni giorno circa 10 specie di esseri viventi scompaiono a causa dell'aggressività crescente del processo industriale contemporaneo.
La stessa logica che sfrutta le classi e soggioga le nazioni, depreda gli ecosistemi e sfianca il Pianeta Terra. La Terra, così come i suoi figli e le sue figlie impoveriti, ha bisogno di liberazione. Tutti viviamo oppressi sotto un paradigma di civiltà che ci ha esiliato dalla comunità di vita, che si relaziona con la violenza contro la natura e che ci fa perdere l'atteggiamento riverente di fronte alla sacralità e alla maestà dell'universo. Ci dimentichiamo di essere un anello dell'immensa corrente di vita e di essere corresponsabili del destino comune dell'umanità e della Terra.
È da queste percezioni che è nata una teologia ecologica della liberazione. Secondo questa teologia, l'ingiustizia sociale si trasforma in ingiustizia ecologica perché tocca la persona e la società che sono parte e particella della natura. Non basta un'ecologia ambientale che si prenda cura appena del contesto umano. Abbiamo bisogno di un'ecologia sociale che rieduchi l'essere umano a convivere con la natura e a relazionarsi con essa in maniera cooperativa e fraterna.
Abbiamo già operato troppi interventi sulla natura e contro di essa. Abbiamo modificato la base fisico-chimica della Terra. Quello di cui abbiamo bisogno, urgentemente, è di modificare la nostra mente e il nostro cuore. Se vogliamo salvare la biosfera e garantire un futuro felice per tutti, abbiamo la necessità di un'ecologia mentale e spirituale. La Terra è malata perché noi, come individui e come società, siamo spiritualmente malati. Nelle nostre menti e nei nostri cuori c'è troppa arroganza, volontà di potere come dominio, tendenze alla discriminazione, alla sotto-missione e alla distruzione dell'altro. Il progetto della tecno-scienza che tanti benefici ha portato alla vita umana, ha permesso la comparsa del principio di autodistruzione. La macchina di morte già costruita può devastare tutta la biosfera e rendere impossibile il progetto planetario umano. Abbiamo bisogno, in risposta, di creare il principio di corresponsabilità e di cura per tutto ciò che è e per tutto ciò che vive.
La forma dominante della globalizzazione rappresenta una tragedia per la maggior parte dell'umanità. La ragione risiede nel fatto che tanto l'economia mondialmente integrata quanto il mercato si reggono sulla competizione e non sulla cooperazione. Se diamo libero corso alla competizione senza cooperazione possiamo divorarci e porre fortemente a rischio tutto il sistema vita. Questa volta non c'è un'arca di Noè che salvi alcuni e lasci morire gli altri. Vogliamo salvarci tutti insieme.
È necessario manifestare tendenze che sono anch'esse presenti nella nostra mente e nel nostro cuore: la solidarietà, la compassione, la cura, la comunione e l'amorevolezza. Tali valori e forze interiori potranno fondare un nuovo paradigma di civiltà, la civiltà dell'umanità riunificata nella Casa Comune, nel Pianeta Terra.
Vivere tali dimensioni significa vivere l'autentica spiritualità umana. Essa non è monopolio delle Chiese e delle religioni, ma la dimensione più profonda dell'essere umano. Attraverso di essa percepiamo come tutte le cose dell'universo non siano giustapposte le une alle altre ma inter-retro-connesse tra loro. Un anello lega e rilega tutto costituendo la sacra unità dell'universo. Questo anello segreto è la Fonte originaria di tutto l'essere. È quello che tutte le religioni chiamano Dio, mistero di vita e di tenerezza, il cui nome non si trova in nessun dizionario, ma solo nel cuore.
Da più di 30 anni il mio impegno come teologo della liberazione integrale è stato pensare e ripensare, vivere e trasmettere questo messaggio: la Terra e l'umanità formano un'unica realtà. In verità, noi esseri umani siamo la stessa Terra che sente, pensa, ama e venera. Abbiamo una stessa origine e uno stesso destino. Siamo chiamati ad essere non il Satana della Terra ma il suo Angelo buono. Siamo arrivati ad un bivio in cui dobbiamo decidere sul futuro che vogliamo. E vogliamo mantenere la famiglia umana unita alla grande famiglia biotica, inserite nelle forze direttive che reggono tutto l'universo. La nostra missione è quella di celebrare la grandezza della creazione e rilegarla al Seno da dove è venuta e dove va, con cura, leggerezza, gioia, riverenza e amore.
Ringrazio per il premio Right Livelihood che ha consacrato questa prospettiva, perché è stata vista come benefica per il futuro dei poveri, dell'umanità e del sistema-Terra.

  Ikthys