«La crisi della Chiesa? Una leggenda nera»

Secondo Stefano De Flores, il mariologo docente della Gregoriana che non ha mai creduto a un nesso tra il messaggio del 1917 e le divisioni all'interno della cattolicità «finalmente saranno smentite le interpretazioni arbitrarie dei tradizionalisti»

(Michele Brambilla, Corriere della Sera, 27 giugno 2000)


Doveva esserci una sorta di 8 settembre della Chiesa, nel terzo segreto di Fatima. Confusioni dottrinali provocate dal Concilio Vaticano II, apostasia del clero, annacquamento della fede... Insomma lo scenario ideale per l'arrivo dell'Anticristo. Lo assicuravano certi ambienti tradizionalisti, specie i seguaci di monsignor Lefebvre; ma anche studiosi seri, come il mariologo René Laurentin, che persino dopo l'annuncio del 13 maggio scorso ha insistito: «Nel segreto c'è anche la crisi della Chiesa». E invece... Sembra certo: nel testo che oggi verrà finalmente reso noto, non c'è nulla di più di quanto ha anticipato il cardinal Sodano: persecuzione dei cristiani e attentato al Papa.
Una rivincita per il maggior mariologo italiano: padre Stefano De Fiores, 66 anni, ordinario alla Pontificia Università Gregoriana e direttore di un Dizionario di Mariologia edito dalla San Paolo.
Padre De Fiores, lei non ha mai creduto che nel segreto di Fatima si parlasse di una crisi della Chiesa. Perché?
«Perché sia il cardinal Ratzinger, sia monsignor Capovilla, e cioè due persone che conoscevano il segreto, avevano più volte detto che quelle voci erano fandonie. Lo scrissi qualche anno fa su Famiglia Cristiana. Ma preferisco star fuori dalla polemica».
Com'è possibile che studiosi seri come Laurentin abbiano dato credito a quell'ipotesi catastrofista?
«Mah, c'era quella frase che chiudeva la seconda parte del messaggio: "In Portogallo si conserverà sempre il dogma della fede". Da qui, hanno dedotto che altrove il dogma non si sarebbe conservato. Ma è un'interpretazione arbitraria».
Pare che oggi il cardinal Ratzinger distribuirà una fotografia del manoscritto originale di suor Lucia.
«Benissimo. Così nessuno potrà dubitare che il testo pubblicato è quello vero. Altrimenti si sarebbero scatenate le voci più maliziose. Ricorda la vignetta di Forattini? Qualcuno chiedeva al Papa: "Allora, Santità, arriva 'sta terza profezia?". E il Papa rispondeva: "Un momento! Non s'è ancora asciugato il bianchetto". Ecco, il pericolo di sospetti del genere è stato evitato».
Domanda scontata: se non c'è una crisi della Chiesa, se non si annunciano Apocalissi, perché si è aspettato tanto prima di pubblicarlo?
«Credo per due ragioni. La prima è che quando il segreto poteva essere rivelato, e cioè dopo il 1960, la Chiesa era impegnata in un difficile dialogo con i Paesi dell'Est. Se si fosse detto pubblicamente che il segreto riguardava la persecuzione dei cristiani da parte dei sistemi atei, e che la Russia si doveva convertire, si sarebbe creato un clima di scontro che avrebbe peggiorato la situazione. La seconda, e penso più importante ragione, è che il Papa non poteva certo rivelare che ci sarebbe stato un attentato contro di lui. Si immagina lo stato di allarme? Il Papa non avrebbe più potuto svolgere il suo ministero con serenità».
A proposito dell'annuncio dell'attentato: si aspetta un testo chiarissimo, un riferimento inequivocabile a quel 13 maggio 1981?
«No. La profezia non è mai una fotografia della situazione. E' un'immagine sfocata, che si capisce solo dopo che il fatto previsto è accaduto. E' così anche nel Vangelo: Gesù annuncia ai discepoli la sua Passione e la sua Resurrezione, ma loro comprendono solo dopo, solo quando lo vedono risorto».
Il monaco Enzo Bianchi, della Comunità di Bose, ha detto di non credere a una Madonna che parla del comunismo e non parla dell'Olocausto.
«Ma a Fatima la Madonna non condanna solo il comunismo: condanna i sistemi atei, e anche il nazismo è stato un sistema ateo, anticristiano. La tragedia della Seconda guerra mondiale, scatenata dal nazismo, è poi ampiamente prevista nella seconda parte del messaggio; e in quella guerra sono morti cinquanta milioni di persone, di tutti i popoli coinvolti. C'è stata un'insistenza particolare sul comunismo? Sì, ma oggi possiamo dire che questa insistenza è comprensibile, perché il comunismo ha avuto una durata nel tempo e un'estensione geografica ben superiori al nazismo. Ma poi, scusi, la Madonna non è una professoressa che è venuta a farci una lezione onnicomprensiva di storia: è l'ancella del Signore, che è venuta a invitarci alla conversione».
E la Chiesa sembra prenderla sul serio. E' la prima volta che un prefetto dell'ex Sant'Uffizio mette in gioco la sua autorità per avallare un messaggio riferito da una veggente.
«Sì, questa è una grande novità. C'era sempre stata una certa difficoltà tra l'autorità ministeriale e la cosiddetta Chiesa carismatica, quella delle apparizioni e delle profezie. Il gesto di domani segna una riconciliazione e una valorizzazione del ruolo dei laici, persino di quelli più disprezzati dalla cultura illuministica. Vuol dire che lo Spirito agisce su tutti i membri della Chiesa, anche su tre poveri pastorelli ignoranti».
Sicuro che certe cose siano disprezzate solo dalla cultura illuministica?
«Anche i nostri fratelli protestanti sono sempre stati diffidenti verso la pietà popolare, il Vulgärkatolizismus, il "cattolicesimo del volgo". Anche se bisogna distinguere: oggi molti protestanti, ad esempio i teologi del gruppo dell'abbazia di Dombes, sono molto più aperti su questi temi».
Sicuro che gli scettici siano solo tra i protestanti? E non anche tra molti cattolici che si dicono «avanzati», «adulti»?
«E' vero pure questo. C'è stato, anche nella Chiesa cattolica, un certo pregiudizio illuministico, secondo il quale solo le persone istruite possono capire la verità. Anche nel Concilio Vaticano II si nota una certa diffidenza verso la religiosità popolare. Ma oggi questo atteggiamento mi sembra superato. Pensi all'importanza che viene attribuita a personaggi come padre Pio».
C'è chi dirà: un bel passo indietro.
«E invece io dico che è un passo avanti. Anzi, sa cosa le dico? Fatima si inserisce nel contesto di una nuova antropologia».
Nuova antropologia?
«Sì. La modernità è figlia di Cartesio, del cogito ergo sum, che ha portato a pensare che la realizzazione dell'uomo passi attraverso la propria ragione, la propria intelligenza. Così siamo finiti a non considerare più l'altro, a escluderlo. Sartre dice addirittura che "gli altri sono l'inferno". Ma la nuova filosofia ha superato questa posizione, e punta sul dialogo, punta a vedere l'altro come essere in relazione con me, a pensare che l'altro non è al di fuori di me».
E cosa c'entra Fatima?
«Cosa c'entra? Pensi a quanti non hanno capito la beatificazione di Francesco e Giacinta. Eppure, quei pastorelli perché sono stati beatificati? Perché hanno offerto la propria vita per la conversione degli altri, per la salvezza degli altri. Ci hanno insegnato che siamo tutti una cosa sola, che dobbiamo aiutarci gli uni con gli altri. Per quanto possa sembrare assurdo, quei due pastorelli ignoranti sono maestri di antropologia: perché il futuro non è più l'uomo pensante, ma l'uomo in relazione».