L'UOMO GESU'
Liberamente tratto dagli scritti di Kahlil Gibran

Fu mentre mi trovavo sulla sponda del lago di Galilea che vidi per la prima volta Gesù, mio Signore e Maestro.
Quando mi vide passare, rimase in silenzio per un istante, poi mi guardò negli occhi e scrutò gli abissi della mia anima. Ed io mi feci umile perché, nel segreto del mio cuore, sapevo di essere passato accanto ad un dio. Da quel giorno la Sua immagine visitò l'intimo dei miei pensieri.
Da allora i Suoi occhi non cessarono di cercare la mia anima, quando erano chiusi i miei.
E la Sua voce, ancor oggi, sovrasta con la sua dolcezza il silenzio delle mie notti.
So che per sempre sarò protetto dall'abbraccio delle Sue parole.
Non è molto quello che so dirti; di Lui posso narrare solo quello che comprendo.
Ma le Sue parole sono incise dentro di me e ora c'è pace nella mia pena e libertà nelle mie lacrime.
Il nostro Maestro non visse da profeta che tre stagioni soltanto. La primavera del Suo canto, l'estate della Sua pienezza e l'autunno della Sua passione; ed ognuna di quelle stagioni durò mille anni.
Ma quando Gesù giunse nelle mie stagioni, fu davvero primavera. E nella Sua primavera la promessa di gioia fu esaudita, per quello e per tutti gli anni a venire. Egli colmò di letizia il mio cuore, e come le viole io crebbi, timida cosa, nella luce della Sua venuta.
No, Gesù non era un fantasma, non era una creazione poetica. Era un uomo come te e come me. Ma soltanto perché come me e come te, poteva vedere, toccare ed udire: per tutto il resto era diverso.
Egli vedeva cose che a noi non era dato vedere, e udiva voci che noi non potevamo udire; e parlava a moltitudini invisibili, e sovente, attraverso di noi, si rivolgeva alle generazioni che verranno.
Egli conosceva l'essenza del nostro io ancestrale, e la tenacia del filo di cui siamo tessuti, offrendo alla nostra debolezza il sostegno della Sua forza.
Quando Gesù parlava, intorno a Lui si faceva silenzio perché il mondo intero si fermava ad ascoltare.
Semplice e gioiosa era la Sua parola, il suono della Sua voce era come una fonte di acqua fresca in mezzo al deserto. E in quelle Sue parole udii la voce del mare, e la voce del vento e degli alberi, udii. Quando le pronunciò, dentro di me la vita parlò alla morte. Perché io ero morto. Un uomo che aveva divorziato dalla propria anima, io ero.
Nessun altro uomo non camminò mai come Lui camminava. Era un alito nato nel mio giardino che soffiava verso l'oriente? Oppure era una tempesta che avrebbe agitato fin nel loro intimo tutte le cose? Non lo sapevo, ma in quel giorno il tramonto che era nei Suoi occhi uccise in me il serpente, ed io divenni uomo.
Era come un sorriso di bimbo, e ci amava di un amore nel quale la dolcezza e la tenerezza non conoscevano confini. Ci ha amati con la follia propria dell'amore, mettendo alla prova il nostro amore fino alla follia.
Egli era una montagna che brucia nella notte, ed un tenue bagliore oltre le colline.
Era un tuono del cielo, e insieme era sussurro nella dolce foschia dello spuntar del giorno.
Ed era una cascata, Egli era, una cascata che si riversa con fragore dalla vetta al piano travolgendo tutto ciò che incontra lungo il Suo cammino.
Era un viso melanconico, e insieme era un viso gaio. Egli era un uomo di gioia; e fu sul cammino della gioia che si imbatté in tutte le pene degli uomini, insegnandoci che ad essa sono di ostacolo non le difficoltà, ma un cuore diviso.
Gesù era paziente. Eppure era intollerante con tutti quelli che soppesavano e misuravano il giorno e la notte prima di decidere di affidare i propri sogni all'alba e al tramonto.
Egli proiettava sulle situazioni esistenziali dell'uomo la pura luce del cuore in luogo dell'indeciso barlume della legge.
Quando parlava era il Suo cuore che parlava. Il cuore sa ciò che la lingua non sarebbe mai capace di pronunciare, né l'orecchio di udire.
Egli ci condusse per mano sul terreno della preghiera di poche parole, distogliendoci da quello delle tante parole senza preghiera. E ci insegnò che nella fede ciò che è semplice è giusto e quel che è complicato è falso. Nessuno è mai stato come Lui ostile alle forme che soffocano la religione con il pretesto di proteggerla.
Spesso Gesù se ne stava solo. Si trovava tra di noi, eppure non era con noi. Era sulla terra, ma era al cielo che apparteneva. E soltanto nella nostra solitudine possiamo penetrare la landa sconfinata della Sua.
Spesso era malinconico, ma la Sua malinconia parlava di gioia a chi viveva nel dolore e di conforto ad ogni solitudine. Egli era triste, eppure la Sua era una tristezza che saliva alle labbra e si faceva sorriso. Il Suo viso era come una notte senza tenebre e come un giorno senza il suo rumore. Era un viso malinconico, e insieme era un viso gaio.
Conosceva l'intensità della bellezza, eppure la sua pace e la sua maestà Lo sorprendevano ogni volta. Per Lui la radice di un ranuncolo era un anelito di Dio, mentre per noi non è che una radice.
Diceva che tutte le cose riflettono i raggi divini della bellezza e della purezza, e che in tutte le cose solo l'abuso è peccato.
La Sua mente cercava altre menti e le conquistava, ed il Suo Spirito che tutto comprende faceva visita agli altri spiriti. E così facendo, Egli trasformava quelle menti e quegli spiriti. Tutti noi siamo il gesto miracoloso di un attimo, e il nostro Signore e Maestro fu il cuore di quell'attimo.
Un cielo notturno ardente di fiaccole; un sogno irraggiungibile; un mezzogiorno di pace; tripudio di pastori felici delle loro pecore all'intorno; un crepuscolo immerso nella quiete; e un dolce ritorno a casa a sera. Poi il sonno, e con il sonno il sogno. Tutto questo vidi nel Suo viso. E quando il Suo volto scomparve alla nostra vista, sembrò che tutti noi non fossimo che ricordi fluttuanti in un velo di foschia.
Egli non si sposò mai, ma delle donne era amico, e le comprendeva come solo le può comprendere chi vive con loro in armoniosa consuetudine. Ed amava i bambini. Li amava come essi vorrebbero essere amati: nella fiducia e nella comprensione. Nella luce dei Suoi occhi c'era un padre, un fratello, un figlio.
Non condannava inesorabilmente il bugiardo o il ladro o l'assassino, ma deprecava inesorabilmente l'ipocrisia, il cui volto si cela dietro la maschera e la cui mano è nascosta dal guanto. E' vero, Gesù era anche intollerante. Non risparmiava gli ipocriti, Lui. Era intollerante con coloro che non credevano nella luce perché nell'ombra era la loro dimora; e con coloro che chiedevano segnali al cielo perché non sapevano leggerne nei propri cuori. Alle provocazioni sapeva opporre un inaccessibile silenzio: il silenzio dei forti che sanno dominarsi.
E Gesù di Galilea che dimora nel mio cuore; l'Uomo al di sopra degli uomini, il Poeta che tutti ci rende poeti, lo Spirito che bussa alla nostra porta affinché ci destiamo, lasciamo i nostri letti e usciamo incontro alla verità semplice e lieve.
So che per sempre sarò protetto dall'abbraccio delle Sue parole; e ora c'è pace nella mia pena e libertà nelle mie lacrime. Egli è andato via, al di là del nostro umano sentire, ma tra tutti gli uomini ora è quello che più mi è vicino.
E la Sua parola riposa ancora nel nostro cuore, come un canto d'amore a metà dimenticato, e a volte ci ritorna ardente e viva alla memoria come una brezza fresca in una calma sera d'estate. Parole dolci e armoniose! Onde di mari sconosciuti alle sponde della nostra mente. E di nuovo, e di nuovo, citava le leggi e i profeti, e poi diceva: "Ma io vi dico".
><> "Vi è stato detto: l'assassino sarà passato a fil di spada, il ladro verrà crocifisso, la prostituta verrà lapidata. Ma io vi dico: non condannate e non avrete bisogno di perdonare.
Non siete liberi dalle colpe dell'assassino, del ladro e della prostituta, e quando questi vengono puniti nel corpo, è sulla vostra anima che scendono le tenebre, e forse il loro tormento serve a pagare il prezzo della vostra gioia di un attimo.
Io vi chiedo di non sentirvi solo ciò che siete, ma anche ciò che sono tutti gli altri.
La bellezza del giorno non è solo in ciò che vedete, ma anche in ciò che vedono gli altri.
Il vostro prossimo è l'altra parte di voi che abita al di là del muro.
E l'unica cosa che fende il muro dell'indifferenza e dell'egoismo è il grido dell'amore.
L'amore è la violenza suprema che ha il sopravvento sul male. Chi può dire che quella parte di te che è il tuo prossimo non sia anche la migliore, vestita di un altro corpo? Cerca allora di amarlo come ami te stesso.
Il prossimo tuo è lo specchio in cui contemplerai il tuo volto, reso bello da una gioia di cui nulla sai e da un dolore che non hai provato.
Il tuo prossimo è il tuo te stesso sconosciuto, fatto visibile.
Cercalo nell'amore, affinché possa conoscere te stesso: perché è soltanto in quella conoscenza che mi percepirai diventerai mio fratello. Gli dirai: "Tu sei me!". Non sai bene come, ma è così. Non è forse perché su un viso triste o gioioso traspare anche il volto di Dio? E se accade che ti dicano: "Tu hai gli occhi di Gesù", dirai: "Grazie, Signore!".
Nella tempesta, forse, un turbine impetuoso sconvolge la tua vita, ma io ti dico: da dovunque mi invocherai, io ti sentirò; e dovunque il tuo spirito mi cercherà, è là potrà trovarmi. Lima le sbarre del tuo cuore e la tua cella sarà piena di sole. Il sole risplende sempre, non può non risplendere.
Sei tu che ti nascondi ai suoi caldi raggi e chiudi gli occhi alla sua luce. Conosco il cuore arido del mondo. Conosco le civette che non conoscono canto al di fuori delle loro strida.
Conosco bene i mercanti di parole che hanno rispetto soltanto per chi è più abile di loro nell'empio gioco dell'impostura. Conosco il ragno senza ali che tesse la tela per chi ali ne ha.
Conosco quelli che affogano la loro coscienza nel mare della menzogna e agitano la bandiera dell'odio e della violenza.
Conosco gli abili suonatori di corno e tamburo che nella foresta, tra il clangore dei loro strumenti, non possono udire l'allodola, né il vento dell'Est.
Conosco quelli che col sopruso e la protervia innalzano l'edificio della ricchezza sulla misera sabbia dei poveri.
Conosco le mille le mille felicità fatte di nulla che lasciano solo un sapore amaro in bocca.
Conosco coloro che, senza amore, fanno l'amore. Conosco i ventri che scoppiano di sazietà e quelli rigonfi di inedia.
Conosco bene quelle talpe che scavano cunicoli che non conducono in nessun luogo.
Ma io vi dico:
beati i sereni nello spirito che facendosi poveri al cospetto di Dio, percepiscono la dolce atmosfera del paradiso.
Beati coloro che non sono schiavi delle ricchezze perché saranno liberi.
Beati coloro che serbano memoria della loro pena, perché nella pena attendono la gioia.
Beati coloro che hanno fame di verità e di bellezza, perché la loro fame porterà pane, ed acqua fresca la loro sete.
Beati i miti, perché dalla loro mitezza saranno consolati.
Beati i puri di cuore, perché saranno una cosa sola con Dio.
Beati i misericordiosi, perché avranno in sorte la misericordia.
Beati coloro che operano la pace, perché il loro spirito dimorerà al di sopra della battaglia ed essi trasformeranno il cimitero dei poveri in un giardino.
Beati coloro che sono inseguiti, perché avranno ali e veloci saranno i loro piedi.
Vi è stato detto di non uccidere,
ma io vi dico: non vi adirate senza motivo, piuttosto cercate il vostro fratello e riconciliatevi con lui, prima di entrare nel tempio.
Donate al prossimo con amore e quando date non pensate troppo a voi stessi, ma preoccupatevi di chi ha bisogno.
Vi è stato detto: occhio per occhio, dente per dente.
Ma io vi dico: non opponete resistenza al malvagio, perché l'ostacolo è alimento per il male e lo rende più forte. E solamente chi è debole ricorre alla vendetta. Esultate e rallegratevi in cuore, perché avete trovato il regno dei cieli dentro di voi.
Siete voi il sale della terra; ma se il sale perdesse il suo sapore con che cosa si condirebbe la vivanda che nutre il cuore dell'uomo?
Siate voi la luce del mondo. Non nascondete la vostra fiamma, ma fatela brillare in alto, affinché faccia luce per tutti coloro che sono in cerca della Città di Dio." ><>
Egli ci disse, ancora, che la Verità rende liberi e ci insegnò come spezzare le catene della schiavitù per essere liberi dal nostro passato; che i gigli e l'erica non vivono che un giorno, eppure quel giorno vale un'eternità, perché è liberi che lo trascorrono.
Ciò che ho raccontato accadde molti anni fa; ma ancora oggi, quando mi capita di passeggiare per la campagna, e nei lievi momenti di torpore che precedono il mio sonno, penso all'Uomo che tanto mi fu caro. E sento ancora la Sua mano lieve, qui, sulla spalla sinistra. Allora, quando sento le lacrime della gioia e del ricordo scendere sul mio viso, Lo ringrazio perché se sono vivo lo devo al dolce miele che ho tratto dalla Sua vita.
Oramai anche la mia stagione volge al tramonto, ma ogni volta che ho nostalgia della Sua aurora, mi volgo alla giovinezza di Gesù. La vecchiaia volge sempre il capo verso la giovinezza. Per questo in me, ora, la conoscenza anela verso la Visione. Non mi preoccupo di quanto mi accadrà domani, perché so che Gesù mi ha destato dal sonno e ha trasformato i miei più intimi sogni in amici e compagni di viaggio.
Quando mi parlò il Poeta di Galilea, caddero le mie barriere di carne e di ossa, e fui afferrato da uno Spirito che mi portò in volo fino alle vette, e a mezz'aria, le mie ali raccolsero il canto del mistico ardore. Sono forse meno uomo perché ho fede in un uomo più grande? E anche tu, che leggi, dove e quando vivrai non importa, uomo o donna, bianco o nero, bello o deforme, buono o cattivo, colto o ignorante, dotato o stupido, ricco o povero, credente-incredulo o ateo: è nella fede che troverai il Figlio dell'Uomo, e con Lui l'Amore che è pace, libertà, sicurezza e gioia senza fine. Perché la fede è la sorgente dell'estasi ed il sentiero che conduce alla visione del Padre, al paradiso. Perché ti irrigidisci davanti alla parola "salvezza", ti chiudi all'amore, creando l'inferno nel quale il fuoco del vuoto e del nulla consuma la visione del tuo Signore? Credimi, io stesso ho ottenuto la salvezza attraverso di Lui.
Ma ho detto abbastanza. I sordi seppelliscano pure il mormorio della vita nelle loro orecchie morte. Io mi appago del suono di quella lira che Egli teneva in braccio e suonava dolcemente mentre le Sue mani venivano inchiodata e grondavano sangue.
La morte è la grande rivelatrice. Quella di Gesù rivelò la Sua vita.
Da molto tempo ormai è caduto l'Albero del cedro, ma ne persiste la fragranza, e sempre pervaderà di sé i quattro angoli della terra.
E la corrente di tutti i fiumi del passato, del futuro non basterebbe a spazzar via il ricordo che abbiamo di Lui.
Ma sempre al crepuscolo tenderò l'orecchio per ascoltare il Poeta che è sommo tra tutti i poeti.
Il vento può infuriare e posarsi, e il mare si gonfia e si placa, ma il cuore della vita è una sfera quieta ed immobile, e la stella che vi rifulge non avrà mai tramonto.
Ti prego di perdonarmi, sorella o fratello sconosciuto, per aver iniziato una storia che non posso finire.
Ma il suo epilogo è ancora ignoto alle mie labbra.
E' ancora un cantico d'amore nel vento.
Amen. Amen. Amen.

 Gibran Kahlil Gibran, cristiano maronita, nacque nel 1883 nel Libano. Fu poeta, filosofo e pittore. Divenne un maestro e un mito per i milioni di giovani che leggevano i suoi scritti, considerati un vero breviario mistico. Fra essi assume particolare rilievo il Profeta.

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