ABBANDONATO DA DIO E DAGLI UOMINI…
di Carla Galetto

* Della Comunità Cristiana di Base di Pinerolo e Piossasco. Da oltre 15 anni, all'interno di questa comunità di base, è nato il "gruppo donne" che si è caratterizzato soprattutto per la lettura biblica e la ricerca teologica femminista. Il gruppo è diventato laboratorio, luogo di elaborazione, con un approccio ai testi biblici partendo da sé e utilizzando studi e ricerche di teologhe che applicano l'ermeneutica femminista. Collabora inoltre alla costruzione di una rete nazionale di scambio di riflessioni, elaborazioni, studi e ricerche con donne di molte comunità di base italiane.

Anno A - 24 marzo 2002 - Domenica delle Palme
(Is 50,4-7; Sal 21; Fil 2,6-11; Mt 26,14-27,66)

Quando Gesù va a Gerusalemme, molti ormai lo avevano già abbandonato. Gesù era un profeta scomodo e c'era poco da guadagnare a stare con lui. Persino nel gruppo dei suoi amici cominciarono a serpeggiare la paura, l'incertezza, la diffidenza. Il complotto scattò definitivamente quando Gesù decise di avviarsi a Gerusalemme, cuore del potere politico e religioso.
Sicuramente Gesù si era accorto che non sarebbe più stato tollerato a lungo il suo messaggio di libertà e di giustizia. Il suo dolore e la sua sofferenza furono grandi, insieme all'angoscia e alla paura per la consapevolezza che il potere non gli avrebbe concesso altro tempo. Provò a parlarne anche con i suoi discepoli, ma come parteciparono a questo tragico momento di Gesù le persone che gli erano state più vicine e lo avevano accompagnato per le strade della Palestina?
Come donna cristiana e grazie alla prospettiva teologica femminista, resto sempre stupita davanti all'evidenza della diversità di comportamento tra uomini e donne, specie in questi capitoli.
I discepoli (che già destavano qualche sospetto per il loro modo di trattare i bambini o per i quesiti posti a Gesù su chi fosse il più grande tra di loro) nel Getsemani si "addormentarono", incapaci di cogliere la drammaticità del momento, lasciando solo il loro maestro e amico nell'ora della sofferenza estrema.
Dopo, quando la situazione si fece più rischiosa anche per la loro incolumità, "tradirono" (Giuda), "rinnegarono" (Pietro) e "fuggirono" (tutti i discepoli).
In rapporto con il tempo vivo degli eventi, essi appaiono inadeguati, incapaci. La tenerezza, la compagnia, il "prendersi cura" non fanno parte del loro stile di vita. La distanza e l'inconsapevolezza caratterizzano molti dei loro comportamenti nel momento del dolore e della sofferenza. Sono d'impiccio, imbrogliano e fanno danno; forse è meglio che escano di scena! Emerge la fragilità umana di uomini che prima si credevano sicuri di sé e poi, di fronte al rischio, devono fare i conti con la propria paura e i propri limiti. Solo in seguito, ripensando all'esperienza di condivisione e di amicizia con Gesù, ritroveranno il coraggio di compiere scelte evangeliche.
"C'erano anche là molte donne che stavano a osservare da lontano; esse avevano seguito Gesù dalla Galilea per servirlo…" (27,55-56): non sembra strano né casuale che siano solo le donne a stare nei pressi della croce. Forse non potevano fare di più (erano gli uomini che decidevano della vita e della morte!) che stare "vicine". C'era ancora spazio e tempo per i sentimenti. Nonostante le difficoltà, dovute alle circostanze, avranno cercato di condividere la sofferenza di vedere Gesù e il suo annuncio profetico violati e disprezzati. Non potendo fare di più, hanno cercato, in qualche modo, di seguire l'evoluzione dei fatti, dalla passione alla morte, standogli vicine e confortandosi a vicenda. Rimanendo nel vuoto della morte, dove il dolore non ha spiegazione né risposte, nonostante la paura e l'angoscia, esse conservano la forza di spirito necessaria per lenire ferite, curare corpi e anime, attraverso la semplice presenza e la com-passione (soffrire con).
Ma c'è un'altra presenza che nei commentari trova poco spazio: la moglie di Pilato (27,19), donna pagana che, grazie ad un sogno, osa intromettersi nel processo per cercare di cambiare il corso degli avvenimenti. Il sogno, si sa, nei racconti biblici era considerato uno dei mezzi attraverso i quali Dio comunica con l'umanità. L'ultima possibilità è rappresentata da una donna pagana: essa riconosce che a Gesù non si può attribuire la pratica né della violenza, né del dominio. Essa si coinvolge nella sorte di Gesù, uomo giusto e innocente e, mossa a com-passione, fa un ultimo tentativo, che però non viene accolto da Pilato. Egli, invece, se ne lava le mani (e difficilmente avrà passato notti insonni per questa sua scelta irresponsabile).
Dio ci invia dei sogni e ci dà la possibilità di sognare un mondo diverso. Gesù è certamente un "sogno" di Dio, un profeta che ha osato proporre un cambiamento radicale nel nostro modo di vivere, che ha cercato di rompere le gabbie patriarcali in cui egli stesso era rinchiuso, che ha saputo accogliere le differenze, ascoltare, amare, prendersi cura delle persone, praticare relazioni nonviolente. Il forte legame con il Padre gli ha dato la forza di andare controcorrente e gli ha colmato i momenti di solitudine. Forse ha inaugurato con la sua vita questo annuncio: un altro mondo è davvero possibile! E ci invita a fare altrettanto, con gli occhi rivolti al Cielo e i piedi ben piantati per terra, in una pratica delle relazioni che metta al centro l'accoglienza, l'ascolto e il rispetto di ognuno, indipendentemente dal credo, dall'orientamento sessuale, dalla pelle...