LA PORTA GIREVOLE
di
Elisabeth Green
(Teologa)

 


Anno A - 21 aprile 2002 - IV Domenica di Pasqua
(At 2,14.36-41; Sal 22; 1Pt 2,20-25; Gv 10,1-10)

Parecchi anni fa sembrava che ci fosse il boom delle porte girevoli. Le trovavo un po' dappertutto, all'entrata dell'ufficio postale, della biblioteca, dei grandi magazzini, ovunque mi portavano i grandi. Erano difficili da maneggiare, giravano veloci, gli spazi erano stretti, si passava solo uno alla volta e da bambina rischiavo sempre di trovarmi separata dalla mamma, depositata in qualche edificio estraneo (se entravo per prima) o abbandonata sul marciapiede (se entravo dopo). Tutt'altra cosa è la porta girevole che ho trovato di recente in qualche aeroporto (Heathrow, credo). È un affare enorme, trasparente, spazioso. C'è posto per tutti, intere comitive, famiglie al completo, bagagli, carrelli, carrozzine, sedie a rotelle e, volendo, anche cani, capre, cammelli. Girando lentamente, questa porta dà a tutti e a tutte il tempo di trovarsi comodamente al di qua o al di là dell'aeroporto. Quando Gesù dice: "Io sono la porta", è proprio a quella porta che penso. Le altre porte rappresentate nei Vangeli hanno infatti qualche inconveniente. Tendono, per esempio, ad essere strette, difficili da trovare, di accesso limitato, un po' come la porta di legno ricoperta di edera raffigurata ne "La luce del mondo", cupo quadro del preraffaellita Holman Hunt. Oppure sono chiuse a chiave e quindi soggette ai capricci del portinaio di turno, il quale le apre solo quando gli pare e piace (talvolta con molta cerimonia e solo quando ci sono le telecamere). La grande porta girevole di cui parlo, invece, è tutt'altra cosa. Innanzitutto, c'è posto per tutti, non ci si entra mai da soli ma in grande compagnia, una carovana di gente come quella immaginata dal profeta Isaia: "una nuvola che avanza, uno stormo di colombe in volo verso le colombaie" (60,8), una comitiva allegra e festosa come quella che accompagnava Gesù a Gerusalemme agitando rami di palme. Vi possono entrare tutti, dai più grandi ai più piccini, con le tende, gli zaini, il bestiame, le pentole e tutto l'occorrente per il viaggio. Inoltre, la porta gira lentamente permettendo ai suoi passeggeri di trovarsi comodamente dentro l'aero-porto-ovile. Qui le bambine non vengono separate dalle mamme perché, mano nella mano, entrano insieme. Attraverso la porta che gira passano anche altre persone, destinate ad uscire. Perché la porta non serve solo per entrare. È proprio in questo movimento che il gregge viaggiatore viene nutrito: "se uno entra per me, sarà salvato, entrerà e uscirà e troverà pastura". Non tanto una porta che si apre e si chiude, dunque, e certamente non una porta chiusa a chiave, ma una porta che girando in continuazione facilita il passaggio, fa entrare e uscire continuamente, in un flusso costante. D'altronde, se la porta è Gesù e Gesù è la vita, vita sovrabbondante, traboccante, comunicante, il movimento costante della porta girevole mi sembra un'immagine suggestiva. La porta che gira, tutta fatta di vetro e di acciaio scintillante, carica di gente multicolore, diventa una metafora di quel Dio vitale il quale non basta a se stesso ma sconfina sempre, ed è (soprattutto nel Vangelo di Giovanni) di passaggio continuo. La porta girevole non potrebbe essere un diversivo della pericoresi e cioè: non solo il Signore della danza ma la danza del Signore, il quale ci invita entrando e uscendo dall'ovile a danzare la vita in abbondanza?