IL SOGNO DI DIO È IN MEZZO A NOI
di Lidia Maggi*

L'autrice è pastora della Chiesa Evangelica Battista in servizio a Milano. Si occupa di ecumenismo e pastorale alle persone recluse. È responsabile del settore Diritti Umani delle Chiese Battiste Italiane. È tra gli autori del Dizionario Biblico per ragazzi "Navigare nella Bibbia", Claudiana-Elledici 2001.

Anno A - 14 gennaio 2002 - III Domenica del Tempo Ordinario (Is 8,23 - 9,33; Sal 26; 1Cor 1,10 - 13.17; Mt 4,12 - 23)

Finisce l'era di Giovanni ed inizia quella di Gesù. Ma i due ministeri sono fortemente legati. Legati nello stesso annuncio: "ravvedetevi il regno di Dio è vicino"; legati dallo stesso destino: la morte per mano del potente. La notizia dell'arresto di Giovanni spinge Gesù ad iniziare in Galilea, dove si rifugia. Paradossalmente è proprio nella ritirata che inizia la grande avventura di Gesù. E la speranza, in quell'ora triste di morte, riprende: non basta il potere politico per imprigionare il sogno di Giovanni, perché questo non è il sogno di un singolo, ma di Dio. Ecco, uno ne imprigionano e già un altro, più determinato ancora, inizia… Nel momento più buio la speranza illumina con la sua fioca luce: e la strada riprende. Proprio come avverrà dopo la morte di Gesù: su quella disperazione sorge la forza di annunciare che non tutto è perduto, piuttosto che tutto riprende da lì, con una forza nuova.
Gesù raccoglie l'eredità di Giovanni e prosegue quel progetto. Si inserisce in un percorso da altri iniziato prima di lui. Ha la memoria dei suoi precursori. Non è un libero battitore. Non presenta un percorso ex novo, ma si inserisce nella faticosa ricerca di giustizia portata avanti da altri prima di lui. È un piccolo sognatore di Dio, uno di una moltitudine immensa. Farà grandi cose? Forse solo piccole, forse verrà fermato troppo presto; oppure potrebbe salvare il mondo… Certo è che non vuole muoversi da solo. Egli sa della fragilità degli araldi di Dio così facilmente imprigionabili; egli sa della sua vulnerabilità: è bene chiamare subito altri, ma occorre gente di una pasta particolare. Non quadri preparati; e tuttavia, non persone qualunque.
E sì, perché quei primi quattro discepoli, che chiama, nella zona limitata dove si è rifugiato, tanto normali non sono. Si dice spesso che Gesù chiama gente semplice, umili pescatori. Questo è vero; tuttavia c'è una qualità che li rende unici, rari, diversi da tutta la normale gente. Sono pescatori, parlano il dialetto del posto, non avranno grandi strumenti culturali, ma sono grandi sognatori, persone capaci di entusiasmarsi ad un progetto, uomini con tanta voglia di sognare e, per un sogno, capaci di abbandonare tutto: le loro reti e le famiglie. E seguirlo. Gesù chiama persone capaci di grandi passioni, in grado per questo - non tanto per motivi ascetici - di lasciare tutto. La pasta, questa pasta di discepolo, si vede dagli albori, dalla capacità di seguirlo, di lasciare prontamente tutto, per inseguire quel sogno.
Con persone così dietro di lui egli probabilmente intuiva che sarebbe stato difficile fermare il sogno di Dio.
Noi che ancora oggi invochiamo "venga il tuo Regno", attribuiamo il mancato avvento del sogno di Dio alla malvagia opposizione dell'Erode di turno. E se questo ritardo dipendesse un po' anche dalla nostra tiepida passione, da una fede più disponibile a gestire il quotidiano che ad aprirsi al sogno?