LA PAROLA AI PICCOLI
di Maria Gloria Ladislao
(docente di teologia a Buenos Aires)

Anno A- 7 luglio 2002 (Zc 9,9-10;Sal 144;Rm 8,9)

Il doppio motivo per il quale Gesù loda il Padre può sembrare strano, come accade tante altre volte quando lasciamo che le parole del Signore ci colpiscano per quel che realmente dicono. Che Gesù lodi il Padre per la sua rivelazione ai piccoli, va bene. Ma come può Gesù lodare il Padre perché ha nascosto qualcosa? Non è forse volontà di Dio rivelarsi a tutti? Può questa volontà di rivelazione universale essere affine al fatto che questa verità sia nascosta deliberatamente? E in più nascosta solamente ad alcuni sapienti e intelligenti. Al contrario si rivela ai piccoli. E in questo nascondersi ad alcuni e rivelarsi ad altri Dio trova la sua allegria e si compiace! Qui, tanto io come teologa come te, chiunque sia, che leggi: lettore o lettrice, siamo in difficoltà. Tutti noi tendiamo a crederci per lo meno un po' intelligenti o sapienti in qualcosa, "sappiamo" delle cose di Dio.
Quali sono "queste cose" che ad alcuni sono nascoste e ad altri sono state rivelate?
Gesù parla di una corrente di reciproca conoscenza tra Lui e il Padre, di una relazione stretta e personale. I sapienti e gli intelligenti hanno cercato di sviscerare "queste cose" e hanno trovato categorie teologiche e un vocabolario specifico per spiegarle. E qui, se volessi essere fedele al Vangelo, dovrei interrompere la mia interpretazione e lasciare che i piccoli parlino. E proprio perché vorrei avere la comprensione dei piccoli, non cesso di tentare una teologia che esprima proprio la comprensione e il vivere l'esperienza della relazione con Dio che hanno i piccoli.
Non molto tempo fa ci riunimmo fra le compagne che costituivano un gruppo missionario fondato venti anni fa. La nostra missione si sviluppò nel Quartiere San Atilio, un quartiere povero e marginale del Gran Buenos Aires. La missione in quel quartiere continuò per molti anni con la guida di padre Josè Maria.
Nella nostra riunione, una delle signore del gruppo disse che la Chiesa doveva smetterla solo di parlare solamente, e doveva invece sfamare la gente, perché era quello di cui la gente aveva bisogno e non che gli parlassero del Vangelo. E Josè Maria le rispose: "Venti anni fa avrei detto le stesse cose che dite voi. Però i poveri della comunità di San Atilio mi insegnarono che la cosa più preziosa nella vita è la relazione con Dio. Questo conferisce loro una dignità che gli cambia la vita. E dà a loro, a partire da questa dignità e nello spirito di condivisione della comunità cristiana, anche la via per rispondere positivamente alla fame e alla povertà".
In bocca ad un'altra persona questo discorso avrebbe suonato solo come una sorta di tranquillante della coscienza: non importa se non hanno di che mangiare perché conoscono Dio. Josè Maria invece intendeva dire un'altra cosa quando affermava: i poveri di San Atilio mi insegnarono. Non era il nostro criterio "sapiente e intelligente" che insegnava il modo in cui dovesse pianificarsi l'evangelizzazione, erano i poveri della comunità del quartiere San Atilio che ci insegnavano "queste cose" ovvero la loro relazione con Dio.
È lì dove si capiscono "queste cose" che i piccoli sanno e noi no, e si percepiscono soltanto se lasciamo che i piccoli ci comunichino la rivelazione che hanno ricevuto da Dio. Non arriveremo mai a queste verità a partire dal nostro ragionamento saggio e intelligente. E tradiremmo la volontà rivelatrice di Dio, tradendo al contempo anche i piccoli, non dando loro ascolto.
Penso a tutti questi piccoli e piccole lungo la storia della nostra Chiesa che conoscevano "queste cose", però i sapienti ed intelligenti non gli hanno dato ascolto: i poveri, le donne, gli analfabeti… Sono contenta di vivere in questi tempi in cui le facoltà di teologia non sono esclusivamente aperte ai sacerdoti. Continuerò a rallegrarmi nella misura in cui la voce dei piccoli avrà il suo spazio anche nei luoghi dei sapienti ed intelligenti. Perché, se queste cose sono nascoste ai sapienti e agli intelligenti, l'unico modo per conoscerle è chiederle ai piccoli.