Anno A 8 settembre 2002- XXII Domenica del
Tempo Ordinario
(Ez 33,7-9 Sal 94Rm 13,8-10 Mt 18,15-20)
Se
due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare
qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la
concederà. Poiché dove sono due o tre riuniti
nel mio nome, io sono in mezzo a loro (Mt
18,15-20).
La liturgia di oggi ha un senso
corale: Gesù vede gli uomini non come individui singoli,
ma uniti fra loro con un legame che coinvolge persino la
sua presenza quaggiù. È' un continuo richiamo
alla corresponsabilità, a quel doversi occupare non
solo dei bisogni del fratello, ma di come egli viva, di
come si comporti. Nella prima lettura il Signore comanda
ad Ezechiele di ammonire il fratello che sbaglia: se il
profeta tace e il fratello morirà nella colpa, di
quella morte sarà chiesto conto a chi non ha parlato.
È un testo molto severo cui segue un brano dell'epistola
ai Romani in cui Paolo raccomanda di amarsi l'un l'altro
sopra ogni cosa, in un amore scambievole che sa aiutare,
correggere, sostenere.
Nel vangelo Gesù si ferma ad elencare i vari casi
in cui si potrà trovare chi cerca di ammonire il
fratello: spiega nel dettaglio che cosa fare, con una minuzia
insistente che lascia capire quanto sia importante questo
intervenire nella vita degli altri E questo ci stupisce
un po', cresciuti come siamo in un'indifferenza paludata
da discrezione, da rispetto verso l'intimità dell'altro
in cui sarebbe disdicevole voler entrare.
Eppure il Vangelo è molto chiaro: non si tratta solo
di aiutare con il nostro consiglio colui che sbaglia. È
in gioco il nostro stesso essere o non essere in amicizia
con Dio: quello che legherete sulla terra sarà
legato anche in cielo e tutto quello che scioglierete sopra
la terra sarà sciolto anche in cielo. Siamo responsabili
della salvezza del fratello legata indissolubilmente alla
nostra.
Ma Gesù va ancora oltre: aiutare, correggere, perdonare
il fratello non basta, ci dice che fare comunione con lui,
essere uniti sulla terra, mette un'ipoteca sulla volontà
di Dio stesso; Gesù insiste: In verità
vi dico ancora: se due di voi sopra la terra si accorderanno
per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è
nei cieli ve la concederà. L'onnipotenza di Dio
viene posta nelle mani di due fratelli uniti nell'amore.
E non basta ancora: Gesù stesso si impegna ad essere
lì dove due o tre sono riuniti nel suo nome. Così
importante, dunque, è agli occhi di Dio il legame
di due fratelli sulla terra, da rendere presente fra loro
il Signore.
Io sono in mezzo a loro. A pensarci bene non può
essere diversamente. Fin dall'inizio, ci dice la Scrittura,
l'uomo non è una monade. L'uomo è immagine
di Dio in quanto uomo-donna, in quanto persona,
cioè posto in relazione con qualcuno che gli sia
simile, che gli dia consapevolezza di essere
se stesso. L'uomo è immagine di un Dio Trinità,
cioè di un Dio che esiste solo in quanto relazione
tra Padre, Figlio e Spirito Santo. E questo essere costituito
in-rela-zione-con non appartiene solo alla struttura
originaria dell'uomo, non appartiene soltanto al momento
creativo, ma costituisce l'oggetto anche della redenzione:
Dio volle santificare e salvare gli uomini non individualmente
e senza alcun legame fra loro, ma volle costituire di loro
un popolo, che lo riconoscesse nella verità e fedelmente
lo servisse (GS II,9). Eppure, più gli uomini
acquistano benessere, più le conoscenze allargano
gli orizzonti, più grande sembra diventare la spinta
ad un individualismo sempre più esasperato. Sembra
che lo sviluppo della propria individualità, la realizzazione
di sé trovino proprio nell'altro l'ostacolo maggiore.
Lo vediamo nel nostro privato, nel rapporto di coppia sempre
più fragile; lo vediamo nella realtà sociale,
nel mondo del lavoro, nell'iniqua distribuzione dei beni;
lo viviamo tragicamente nel rapporto fra popoli che sembrano
non poter vivere se non schiacciando il popolo che vive
loro accanto. Si è persa la capacità di accogliere
dentro di sé, si teme che lo spazio che facciamo
in noi stessi per accogliere l'altro diminuisca la nostra
persona, la nostra identità. Tenacemente attenti
a non lasciarci condizionare dall'identità del fratello,
ci chiudiamo nello spazio del nostro io, senza accorgerci
che esso diventa sempre più angusto e sempre più
vuoto.
Tornano le parole del Vangelo di domenica scorsa: Chi
vuole salvare la propria vita la perderà. Tornano
le prime parole dette da Cristo agli uomini sul monte delle
Beatitudini: Beati coloro che hanno spirito di povero!
Torna la condanna di chi, magari senza una lira in tasca,
vive da ricco, chiudendosi ad ogni accoglienza nei confronti
del fratello.
Siamo persone bene educate, discrete; conosciamo il valore
della privacy, ci facciamo i fatti nostri. Senza
accorgersi che, in tutti i sensi, stiamo suicidandoci.
|