DAL POSSESSO ALLA CONDIVISIONE
di Letizia Tomassone
pastora valdese,
opera attualmente nella città di Verona. Impegnata
nel dialogo ecumenico ed interreligioso, ha diretto negli
anni '90 il centro ecumenico di Agape. Fra i suoi ultimi
contributi si possono ricordare: La parzialità di
Dio, in "I molti nomi di Dio", Il Segno dei Gabrielli ed.,
Verona 2000; "Ascolta la voce di Sara". La genesi delle
madri di Israele, in "Leggiamo la Scrittura" Genesi ed Esodo",
La Porta, Bergamo 2002.
Anno A - 6 ottobre 2002 - XVII Domenica
del Tempo Ordinario
(Is 5,1-7; Sal 79; Fil 4,6-9; Mt 21,33-43)
Qualcuno prepara con amore
un luogo, lo prepara per la vita e per il lavoro, lo prepara
perché altri possano goderne. È l'immagine
di una persona generosa e attenta, che sa cosa significa
lavorare e abitare, che desidera condividere il suo amore
per quella terra, quel luogo, quell'attività, con
altri. Non è certo il padroncino che pensa in primo
luogo al guadagno possibile e che, mettendo la produttività
al primo posto, non sa più riconoscere l'umanità
in coloro che lavorano con lui.
È l'immagine materna del Dio che ci prepara il luogo
della vita, è l'immagine paterna del Dio che ci offre
gli strumenti per gestire la nostra vita. È l'immagine
che Gesù ci dona di un Dio che crea per noi la terra
e ce la offre da abitare, che opera per noi la nuova realtà
del regno e ci invita a goderne. E noi siamo i fittavoli,
coloro che sono posti ad abitare sulla terra per lavorarla
e trarne con gioia i frutti. Una gioia da condividere con
chi è stato così generoso da prepararci un
tale luogo.
Ma godere di una cosa non comporta possederla: questo luogo,
vigna, creato, regno, non ci appartiene, anche se è
stato preparato per noi. Eppure anche nella dimensione dell'amore
di coppia o dell'amore fra genitori e figli/e, noi mettiamo
sempre in gioco la questione del possesso. Siamo ancora
in grado, immersi in questa nostra civiltà dell'avere,
di sviluppare piacere senza possesso? Certo qualche dubbio
ci sorge, visto il senso di rapina con cui teniamo strette
e inutilizzate risorse che potrebbero garantire la vita
di miliardi di persone, se solo fossero condivise. La nostra
è una stretta dettata dall'angoscia di perdere il
controllo, dalla paura di essere invasi, dall'ansia di veder
venire a mancare il nostro benessere costruito sull'esclusione
altrui. Il senso del possesso è all'origine della
cultura di morte descritta da Gesù così bene
in questa parabola. La brama del possesso da' origine alle
violenze, ai rifiuti di ascoltare, all'assassinio di coloro
che potrebbero condividere con noi la terra, la vita. Come
i vignaioli battono e uccidono coloro che vengono a chiedere
la condivisione dei frutti del lavoro, così noi respingiamo
ed esponiamo al rischio di morte coloro che vengono a cercare
condivisione e vita sulla sola e unica terra che appartiene
a tutta l'umanità.
Dio chiede conto ai fittavoli di ciò che hanno fatto
con la terra che è stata loro affidata. Ma non lo
fa come credono i capi dei sacerdoti, i quali attribuiscono
a Dio intenzioni violente che stanno in continuità
con la stessa logica di possesso dei fittavoli. Troppe volte
purtroppo i sacerdoti e le guide spirituali delle Chiese
cristiane hanno trasmesso l'immagine di un Dio che giudica;
essi stessi presi in questa logica perversa del possesso.
Di volta in volta si trattava del possesso della verità,
del possesso di tutte le buone ragioni, del possesso del
potere e dei mezzi per farlo rispettare.
Invece il figlio non è stato inviato per togliere
il regno ai vignaioli, ma per far cambiare la loro prospettiva.
Ed è ancora Dio che, in Gesù, opera questo
spostamento di prospettiva - e questa è cosa meravigliosa,
dice l'evangelo. Lo sguardo si sposta sulla pietra scartata
che diventa centrale, si sposta dal possesso alla condivisione.
Gesù è piuttosto duro con i suoi interlocutori
che non riescono a vivere altra logica che non quella del
possesso e della rapina. Ma mostra anche, ancora una volta,
il volto generoso di Dio che si ostina a offrirci nuove
possibilità e che ci invita ad aprire gli occhi per
scorgere che quanto cerchiamo è già presente
in Gesù, nella sua prassi di condivisione, nel suo
cammino segnato dall'amore.
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