LASCIARSI COINVOLGERE
di Letizia Tomassone

Anno A - 13 ottobre 2002 - XXVIII Domenica del Tempo Ordinario
(Is 25,6-10; Sal 22; Fil ,12-14; Mt 22,1-14)

In questa serie di parabole sul banchetto di nozze Gesù appare proprio arrabbiato e mostra un aspetto terribile di Dio: il giudice che decide della vita e della morte di chi gli sta di fronte.
Da un lato è il contesto di scontro sempre più duro che porta Gesù a esasperare il suo annuncio del Regno come giudizio verso questa generazione. Lo scontro è così duro che conduce direttamente alla condanna di Gesù e alla sua esecuzione sulla croce. Gesù parla di un Dio nel quale non riconosciamo la benevolenza e la grazia ma piuttosto la rigidità e la severità. Anche il fatto che vengano chiamati altri invitati dalla strada per riempire la sala del banchetto non offre lo spunto - come avviene in Luca 14 - per mostrare la meraviglia della grazia di Dio, che apre le sue porte a puri e impuri, che invita tutti, compresi coloro che non sarebbero invitati da nessuno. Qui invece questo invito rivolto a "buoni e cattivi" serve ad introdurre l'episodio dell'uomo che non ha l'abito di nozze, e, a causa di questo, subisce il giudizio più severo.
Molte volte mi sono interrogata sul contrasto stridente fra questo giudizio e l'invito della grazia di Dio. Certo in primo luogo qui viene in evidenza il fatto che la grazia non viene rivolta con indifferenza alle persone: il padrone di casa porge attenzione a tutti coloro che sono entrati nella sua casa. La grazia non è "a buon mercato", richiede un coinvolgimento profondo, proprio come l'amore che si sviluppa fecondo solo quando viene scambiato.
In tutte le tradizioni religiose si insiste sulla necessità di prepararsi all'incontro con Dio, sulla necessità di lavorare sulla propria anima. Questa spinta ad un certo rigore nella preghiera e nella crescita interiore sembra oggi persa. Questa parabola ci ricorda che è necessario lavorare su di sé, anche quando si è invitati, anche quando si è già dentro la sala del banchetto, anche quando ci hanno detto e ridetto che l'amore di Dio è gratuito e universale: perché certo lo è, come l'espressione d'amore di una madre o un padre verso la sua creatura piccola, ma anche la creatura risponde con il suo amore all'amore di chi la culla.
Nell'India islamica del 1400 si sviluppa un'arte poetica mistica che è legata al lavoro quotidiano femminile: mentre fila o mentre macina il grano la donna respira ed esprime la sua preghiera. Mentre fila, tesse l'abito di nozze per la sua anima, mentre macina e cucina è la sua stessa vita che viene manipolata e preparata per accogliere Dio. Preghiere o canti ritmici legati al lavoro erano in passato consuetudine anche nei nostri paesi: al lavatoio, nelle risaie, alla filatura… La preghiera era strettamente legata alla vita e alle fatiche quotidiane. Oggi lo spazio della preghiera è uno spazio riservato, sorgono oasi in cui fare ritiri spirituali di tutti i tipi, ma la preghiera è ormai staccata dalla nostra esistenza. Abbiamo perso la capacità di scorgere Dio nelle piccole e fenomenali cose di ogni giorno. Abbiamo perso di vista la necessità di preparare il nostro abito per le nozze con Dio, di preparare i nostri cuori all'incontro con il Dio della grazia. Forse ce lo immaginiamo come un Dio bonaccione e un po' ingenuo, poco esigente. Gesù ci invita invece a lasciarci coinvolgere dall'agire di Dio, a preparare ciò che abbiamo di più prezioso, a rispondere con gioia al suo amore. Perché la nostra indifferenza verso Dio si tramuterà nella sua feroce indifferenza verso di noi, mentre tutto l'amore che sapremo ricevere e scambiare farà scaturire gioia dal nostro incontro.