IL SERMONE SUL MONTE

 dai discorsi di
JOHN WESLEY *


Beati quelli che fanno cordoglio, 
perché essi saranno consolati.
Beati i mansueti, 
perché erediteranno la terra.
(Mt. 5:4,5)


1. E’ vero che chi si trova ancora all’inizio nella conoscenza dei segreti del Regno di Dio, ne possiede ancora un’idea parziale. Egli affermerà: “Quanto a me, nella mia prosperità,... non sarò mai smosso. O Eterno, per il tuo favore, avevi reso forte il mio monte” (SaImo30:67); . Il peccato è così “tritato sotto i suoi piedi” che quasi non crede di doverlo affrontare di nuovo. Perfino la tentazione si placa, e non si manifesta; non si può avvicinare e resta lontana. Egli è trasportato sui carri della gioia e dell’amore, e vola “sulle ali dell’aquila”. Gesù Cristo, però, sa bene che questo stato trionfalistico spesso non continua per lungo tempo e perciò aggiunge: “Beati quelli che fanno cordoglio, perché essi saranno consolati”.

  2. Non possiamo immaginare che questa promessa si riferisca a coloro che fanno cordoglio soltanto per qualche ragione di carattere mondano, a quanti sono nel dolore e nella pena per qualche causa dovuta a problemi quotidiani o a qualche delusione, come la perdita della propria reputazione o degli amici o per il deterioramento della propria fortuna. Quanto scarsa è la stima che hanno di loro stessi coloro che si affliggono per il timore di qualche male temporale, o che si struggono con sollecitudini ansiose, o che desiderano cose terrene “capaci soltanto di rendere il cuore infermo”. Non pensiamo che costoro ricevano qualcosa dal Signore. Egli non è in nessuno dei loro pensieri. Perciò, ciascuno di essi.  ”...va e viene come un’ombra; certo s’affanna per quel ch’è vanità” (Salmo 39:6). “Questo avrete dalla mia mano;”, dice l’Eterno, “voi giacerete nel dolore” (lsaia50:11).

3. Il Signore parla di coloro che “fanno cordoglio”, non di quelli che piangono per altra ragione. Coloro che piangono davanti a Dio, in Colui nel quale anche “gioiscono di una allegrezza ineffabile e gloriosa (I Pietro 1:8), da quando Egli ha loro donato il bene del perdono e “la potenza del secolo avvenire”. Ora, però, Egli nasconde il Suo volto e sono smarriti”; non possono vederLo attra verso le nubi oscure. Incontrano, invece, la tentazione ed il peccato che si illudevano non sarebbero mai tornati per infierire di nuovo, per perseguitarli e col pirli da ogni lato. Non è strano allora se l’anima loro è inquieta e le preoccupazioni li afferrano di nuovo. Né il loro grande avversario tralascia di utilizzare ogni occasione per chiedere: “Dov’è il tuo Dio?”. Dov’è ora la beatitudine della quale hai parlato? Dov’è il principio del regno dei cieli? Dio non ha forse detto: “I tuoi peccati ti sono rimessi? Era soltanto un sogno, una vuota delusione, una creazione della tua immaginazione? Se i tuoi peccati ti sono stati rimessi, perché ti trovi in questa condizione? Può un peccatore perdonato essere così profano? E se, allora, invece di gridare immediatamente a Dio, ragiona con l’avversario che è più saggio di lui, continuerà ad essere travagliato, col dolore nel cuore, e prigioniero di un’angoscia inesprimibile. Perfino quando Dio illuminerà di nuovo l’anima sua e diraderà ogni dubbio sulla propria divina misericordia, questi continuerà ad essere debole nella fede e tentato dal timore di ciò che gli accadrà in futuro, particolarmente quando il peccato si risveglia e Io attacca duramente per farlo cadere (...).

 4. Certamente questa afflizione sarà utile: “Or ogni disciplina sembra, è vero, per il presente non essere causa d’allegrezza, ma di tristizia; però rende poi un pacifico frutto di giustizia a quelli che sono stati per essa esercitati” (Ebrei 12:11). Beati, perciò, quelli che fanno cordoglio, se attendono il tempo del Signore e non accettano di essere trascinati lontano dalla via della vita dai miserabili consolatori del mondo. Se risolutamente rifiutano tutti i conforti del peccato, della follia e della vanità, tutte le vuote distrazioni e gli inutili divertimenti del mondo, tutti i piaceri che periscono con l’uso e continuano a conoscere il Signore e con decisione rifiutano ogni altra consolazione. Allora essi saranno confortati dalle consolazioni dello Spirito di Dio, dalla spontanea manifestazione del Suo amore, e la testimonianza che sono accettati in Colui che è l’Amato non verrà mai meno in loro. Questa “piena certezza di fede” allontanerà tutti i dubbi ed i timori opprimenti. Dio donerà loro una speranza certa, di perseverante fiducia ed una “forte consolazione mediante la grazia”. Senza discutere se sia possibile “per quelli che sono stati una volta illuminati... e sono stati fatti partecipi dello Spirito Santo” (Ebrei 6:4) di scadere dalla grazia, è sufficiente che siano in grado di dichiarare con tutto il cuore, per la potenza di Dio. che riposa su loro: “Chi ci separerà dall’amore di Cristo?... io sono persuaso che né morte, né vita, né angeli, né principati, né cose presenti, né cose future, né potestà, né altezza, né profondità, né alcun’altra creatura potranno separaci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore” (Romani 8:35-39).

5.  Questo intero processo, sia nel far cordoglio per un Dio “assente” che nel ritrovare l’allegrezza del Suo volto, sembra essere illuminato da ciò che Gesù disse ai Suoi apostoli, la notte prima della Sua passione: “Vi domandate voi l’un l’altro che significhi quel mio dire 'fra poco non mi vedrete più  e 'fra un altro poco mi vedrete?' In verità, in verità vi dico che voi piangerete e farete cordoglio, e il mondo si rallegrerà, trionferà su voi, come se le vostre speranze fossero giunte alla fine. “Voi sarete contristati...“, a causa del dubbio, del timore, della tentazione, della veemenza degli eventi, “...ma la vostra tristezza sarà mutata in letizia”, per il ritorno di Colui che l’anima vostra ama, “La donna, quando partorisce, è in dolore, perché è venuta la sua ora; ma quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più dell’angoscia, per l’allegrezza che sia nata al mondo una creatura umana. E così anche voi siete ora nel dolore...”, fate cordoglio e non potete essere consolati, ma io vi vedrò di nuovo, e il vostro cuore si rallegrerà...”, con calma e letizia interiori, “...e nessuno vi toglierà la vostra allegrezza”(Giovanni 16:19-22).

6. Anche se questo cordoglio è ormai alla fine e si perde nella santa letizia per il ritorno del Consolatore, tuttavia esiste un altro benedetto cordoglio, che dimora nei figli di Dio. Essi fanno ancora cordoglio per i peccati e le miserie dell’umanità: “Piangono con quelli che piangono”. Piangono per coloro che piangono per loro stessi, per i peccatori, per l’anima loro. Piangono per la debolezza e l’infedeltà di quanti che, in qualche misura, sono stati salvati dai loro peccati. Ciascuno di loro può dire: “Chi è debole ch’io non sia debole? Chi è scandalizzato, che io non arda?”. Sono addolorati per il disonore continuamente arrecato alla Maestà del cielo e della terra. Hanno sempre un tremendo senso di questa offesa che getta in un profondo sgomento lo spirito loro, che cresce sempre perché gli occhi della loro comprensione sono stati aperti per vedere continuamente il vasto oceano dell’eternità, senza fondo e senza riva, che ha già inghiottito milioni e milioni di uomini e cerca di divorare coloro che rimangono. Contemplano, già qui, la Casa del Dio eterno nei cieli, là l’inferno e la rovina sono ben evidenti. Perciò avvertono l’importanza di ogni momento che passa e se ne va per sempre!

7. Tutta questa sapienza di Dio, però, è stoltezza per il mondo. Tutto l’argomento del “fare cordoglio” come anche della povertà di spirito per loro è follia e sciocchezza. Ma è bene che diano un giudizio “favorevole”, che non la reputino come una semplice depressione o malinconia, se non come totale pazzia e confusione mentale. Non c’è da meravigliarsi che tale giudizio sia dato da quanti non conoscono Dio. Supponiamo che due persone camminino insieme e che una di loro si fermi improvvisamente, con grande timore e meraviglia, e gridi: “Oh, ci troviamo sul ciglio di un grande precipizio! Guarda, tutto sta per andare in pezzi! Un altro passo e cadiamo in quel burrone! Fermiamoci, non andiamo assolutamente avanti”. L’altra invece, che sembra così indifferente, con la stessa vista guarda avanti e non vede nulla di tutto questo e del suo compagno penserà che è fuori di sé, che la sua mente è sconvolta e che la troppa religione (se non è colpevole di molto studio) lo ha reso folle!

8. I figli di Dio, però, che “fanno cordoglio in Sion”, non saranno colpiti da alcuno di questi eventi. Voi che siete stati illuminati non lasciatevi turbare da coloro che camminano ancora nelle tenebre. Voi non camminate seguendo un’ombra vana: Dio e l’eternità sono per voi una realtà. Il cielo e l’inferno sono aperti davanti a voi e state sull’orlo di una grande voragine che ha già inghiottito più di quanto le parole possano esprimere, nazioni, popoli, tribù e lingue e che desidera divorare, lo realizzino o meno, gli storditi e miseri figli degli uomini. Oh, gridate forte, non vi risparmiate! Elevate la vostra voce a Colui che ha in mano il tempo e l’eternità, sia per voi che per i vostri fratelli, affinché possiate essere reputati degni di scampare dalla rovina che sopraggiunge come un uragano! Così potrete essere salvati dalle onde e dalle tempeste nel porto da voi desiderato! Piangete per voi, finché Egli asciugherà ogni lacrima dagli occhi vostri. E piangete per le miserie che vengono sulla terra, finché il Signore di tutti non metta fine alla miseria ed al peccato e allora asciugherà le lacrime da tutti i volti, “. . .poiché la terra sarà ripiena della conoscenza dell’Eterno come il fondo del mare dall’acque che lo coprono” (Isaia 11:9).

Il

1. Quando “l’inverno è passato”, quando “il tempo del cantare è giunto, e la voce della tortora si fa udire nelle nostre contrade” (Cantico dei Cantici 2:12) quando Colui che conforta gli afflitti è ora tornato “per dimorare con loro in perpetuo”; “quando lo splendore della Sua presenza, disperde le nubi, le nubi oscure del dubbio e dell’incertezza e le tempeste del timore si allontanano, le onde del dolore si calmano ed i loro spiriti si rallegrano di nuovo in Dio loro Salvatore, allora questa parola è eminentemente adempiuta; allora quelli che Egli ha consolato possono testimoniare: “Beati”, o felici, “i mansueti, perché essi crederanno la terra”.

2. Ma chi sono i “mansueti”? Non coloro che si affliggono per niente, perché non sanno nulla; quelli che non si turbano dinanzi al male che si manifesta, perché non riescono a distinguere il male dal bene. Neanche quelli che trovano un rifugio dove essere al sicuro dai problemi della vita, pervasi da una sciocca insensibilità. Coloro che hanno per natura o per arte la virtù del calcolo e non risentono di nulla, perché non posseggono alcuna sensibilità. Filosofi bruti che sono totalmente disinteressati a qualsiasi argomento (spirituale). L’apatia è lontana dalla mansuetudine quanto dall’umanità. Perciò, non è facilmente comprensibile come un cristiano dell’era più pura, (...) abbia potuto confondere l’apatia con la mansuetudine, e scambiare uno dei più gravi errori del paganesimo con un aspetto essenziale del vero cristianesimo.

3. La mansuetudine cristiana non implica l’assenza di fervore per la causa di Dio, come non prevede nemmeno l’ignoranza e l’insensibilità. No! Si evidenzia in ogni estremo, sia in eccesso che in difetto. Non distrugge, ma stabilizza gli affetti che l’Iddio della natura non ha mai disposto che fossero estirpati dalla Grazia, ma piuttosto manifestati e mantenuti sotto regole doverose. La mansuetudine è capace di equilibrare la mente umana. Mantiene un controllo costante sull’ira, sul dolore e sul timore, preservando l’equilibrio in ogni circostanza della vita e non piegandosi né a destra né a sinistra.

4. La mansuetudine, perciò, sembra propriamente riferita a noi stessi. Può, però, anche essere posta in relazione sia con Dio che col nostro prossimo. Quando questa dovuta compostezza della mente si riferisce a Dio è generalmente definita “rassegnazione”, cioè un assenso sereno in qualsiasi aspetto che abbia a che fare con la Sua volontà e che ci riguarda direttamente, anche se non è piacevole per natura, e si dirà: “Egli è il Signore, faccia tutto ciò che crede meglio”. Quando invece la consideriamo più direttamente riferita a noi stessi la definiamo pazienza o appagamento. Quando poi si esercita verso gli altri allora è mitezza verso il bene e gentilezza verso il male.

 5. Coloro che sono veramente mansueti possono discernere ciò che è male e possono soffrirne. Sono sensibili ad ogni cosa di questo genere, ma la mansuetudine ancora governa la loro vita. Sono molto ferventi per l’Eterno degli eserciti, ma il loro fervore è sempre guidato dalla conoscenza ed è controllato in ogni pensiero, in ogni parola ed in ogni opera sia dall’amore verso l’umanità che verso Dio. Essi non desiderano estinguere alcuna delle “sane passioni” che Dio ha per fini sapienti stabilito nella loro natura, ma riescono a dominarle tutte. Le tengono in soggezione e le utilizzano soltanto in subordinazione a quei fini. Così, perfino le passioni più violente e più sgradevoli sono applicate agli scopi più nobili; perfino l’odio, l’ira e il timore, quando sono utilizzati contro il peccato e regolati dalla fede e dall’amore, divengono come mura e fortezze dell’anima e non permettono all’avversario di avvicinarsi e ferire.

6. E’ evidente che questo temperamento di origine divina non deve soltanto dimorare ma deve intensificarsi in noi giorno per giorno. Le occasioni per esercitarlo e perciò incrementarlo non verranno mai meno mentre restiamo sulla terra. Abbiamo “bisogno di costanza, affinché avendo fatta la volontà di Dio” otteniamo “quel che è promesso” (Ebrei 10:36). Abbiamo bisogno di arrendevolezza per poter dire in ogni circostanza: “Non la mia volontà, ma la tua sia fatta” (Luca22:42). Abbiamo bisogno di essere benigni verso tutti gli uomini, ma specialmente verso i malvagi e gl’ingrati. Altrimenti saremo vinti dal male invece di vincere il male col bene.

7. La mansuetudine non frena soltanto l’azione esteriore, come insegnavano gli Scribi e i Farisei antichi ed i miserabili istruttori che non sono istruiti da Dio e che non cesseranno di esistere in ogni tempo. Il Signore Gesù Cristo esorta contro questa tendenza e dimostra la vera vastità di questa realtà, con le seguenti parole: “Voi avete udito che fu detto dagli antichi: Non uccidere, e chiunque avrà ucciso sarà sottoposto al tribunale; ma io vi dico: Chiunque s’adira contro al suo fratello (senza cagione), sarà sottoposto al tribunale; e chi avrà detto al suo fratello ‘raca’, sarà sottoposto al Sinedrio; e chi gli avrà detto pazzo, sarà condannato alla geenna del fuoco” (Matteo 5:21,22).

8. Il Signore Gesù Cristo classifica sotto il titolo di assassinio perfino l’ira che rimane nel cuore, che non si manifesta esteriormente come scortesia, e neanche come una forma di irascibilità. “Chiunque s’adira contro al suo fratello”, cioè con ogni persona vivente, perché siamo tutti fratelli; chiunque conserva reazione nel proprio cuore, ogni forma di collera contraria all’amore; chiunque è adirato senza ragione, senza una causa sufficiente o oltre il necessario che la causa stessa richiede, “sarà sottoposto al tribunale”, sarà in quel momento punibile dal giusto giudizio di Dio.
Ma non sarebbe preferibile riferirsi ai testi che omettono la parola “senza cagione”? Non è questa interamente superflua? Perché se adirarsi contro una persona è una forma di collera contraria all’amore, come vi può essere una causa sufficiente, una causa qualsiasi che la può giustificare al cospetto di Dio?
E’ permessa l’ira verso il peccato! In questo senso possiamo essere adirati e non peccare. Riferendosi a questo significato è scritto che Gesù stesso si è adirato, quando “...guardatili... con indignazione (fu) contristato per l’indurimento del cuor loro”
(Marco 3:5).  Fu rattristato verso i peccatori ed indignato verso il peccato, e questo è indubbiamente giusto davanti a Dio.

9. “E chiunque avrà detto al suo fratello: ‘raca”, cioè, chiunque avrà dato spazio all’ira manifestandola con una parola sprezzante. Da alcuni commentatori viene osservato che ‘raca’ è una parola siriaca, e precisamente significa: “vuoto, vano, sciocco”; perciò, è un’espressione certamente inoffensiva, ma che può essere usata verso qualcuno del quale siamo scontenti. Tuttavia, chiunque l’userà, come ci assicura il Signore, “sarà sottoposto al Sinedrio”, cioè sarà punibile. Sarà sottoposto ad una più severa sentenza dal Giudice di tutta la terra. “E chi dirà pazzo”, cioè che darà luogo al diavolo, e offenderà ingiuriando, con un deliberato e biasimevole linguaggio insolente, “sarà condannato alla geenna”, sarà in quell’istante, sottoposto alla più severa delle condanne. Deve essere osservato che il Signore descrive tutte queste violazioni come punibili con la pena capitale. Nel primo caso a strangolamento, normalmente inflitto a coloro che erano condannati dai tribunali inferiori; nel secondo caso, alla lapidazione, che frequentemente era inflitta dal gran Sinedrio, l’alta corte di Gerusalemme, e nel terzo caso, al rogo, inflitto soltanto ai più grandi criminali, nella “valle dei figliuoli di Hinnon” (Geremia 32:35)...

10. Poiché gli uomini immaginano logicamente che Dio scuserà i loro difetti rispetto ad alcuni doveri, perché sono diligenti in altri, il Signore cerca poi di interrompere la vana immaginazione umana, anche se diffusa. Dimostra che è impossibile per qualsiasi peccatore “contrattare” con Dio, il Quale non accetterà un dovere per un altro, né una ubbidienza parziale in cambio di quella totale.
Egli ci ammonisce che l’adempimento dei nostri doveri verso Dio, non esclude quello dei nostri doveri verso il prossimo; che le opere di pietà, come vengono chiamate, non possono renderci graditi a Dio, se ci manca il Suo amore, anzi al contrario la mancanza di quell’amore renderà tutte quelle opere un’abominazione davanti a Dio.
“Se dunque tu stai per offrire la tua offerta sull’altare, e quivi ti ricordi che il tuo fratello ha qualcosa contro dite”, in conseguenza del tuo comportamento scortese verso di lui, chiamandolo “raca” o “pazzo”, non credere che la tua offerta espii la tua ira, o che sarà accettata da Dio, finché la tua coscienza è contaminata con la colpa di un peccato di cui non ti sei pentito. “Lascia quivi la tua offerta dinanzi all’altare, e va’ prima a riconciliarti col tuo fratello” (o almeno fa’ di tutto per riconciliarti con lui) “e poi vieni ad offrire la tua offerta” (Matteo 5:23,24).

11. Non vi sia indugio in tutto ciò che concerne il bene dell’anima tua: “Fa’ presto amichevole accordo col tuo avversario”; subito, “mentre sei ancora per via con lui”, se è possibile, prima che si allontani dalla tua vista; “che talora il tuo avversario non ti dia in man del giudice”, prima che si appelli a Dio, il Giudice di tutti; “e il giudice in man delle guardie”: Satana (e il suo esercito) l’esecutore dell’ira di Dio; “e tu sii cacciato in prigione” nell’inferno,... “Io ti dico in verità che di là non uscirai finché tu non abbia pagato l’ultimo quattrino”. Questo, infine, ti sarà sempre impossibile, perché non hai nulla per pagare. Perciò, se ti troverai in un istante in quella prigione, il fumo del tuo tormento “salirà nei secoli dei secoli”.

12. Intanto, “i mansueti crederanno la terra”. Questa è follia per la saggezza del mondo! I saggi del mondo hanno ripetutamente avvertito i mansueti che se non reagiranno a tale modo di trattarli, non si risentiranno dinanzi a tale ingiuria, non ci sarà per loro spazio vitale sulla terra. Essi non potranno mai procurarsi quanto necessita per la loro vita, né potranno ritenere ciò che posseggono. Non potranno attendersi pace, né sereno possesso dei propri beni, né potranno godere di qualsiasi altra cosa. Tutto questo è vero supponendo che non esiste Dio nel mondo; o supponendo che Egli non si preoccupi dei figli degli uomini. Ma, quando Dio si leva “per far giudicio, per salvare tutti gli infelici della terra”’ (Salmo 76:9), come riderà di tutta questa saggezza pagana, la disprezzerà e “il furore degli uomini ridonderà alla sua lode”’ (Salmo 76:10). Dio ha una cura particolare per provvedere ai mansueti tutto ciò di cui hanno bisogno per la vita e la pietà; assicura loro la Sua provvidenza, nonostante la forza, la frode o la malizia degli uomini e quello che provvede loro lo possono godere profondamente. 
E’ piacevole per loro sia quando è poco che quando è molto. Come “con la perseveranza guadagnano le anime loro
(Luca 21:19), così veramente posseggono quanto Dio dona. Sono sempre contenti, sempre soddisfatti di quello che hanno. Sono soddisfatti perché Dio è soddisfatto. Perciò, mentre il loro cuore, i loro desideri, le loro gioie sono in cielo, essi possono veramente dire che “ereditano la terra”.

13. Sembra, però, esservi anche un significato più profondo in queste parole, perché avranno un ruolo eminente nella “nuova terra dove abita la giustizia”; in quella eredità della quale ci è data una descrizione generica (ed i particolari saranno conosciuti dopo) che l’apostolo Giovanni ha fornito nel capitolo venti dell’Apocalisse: “Poi vidi un angelo che scendeva dal cielo... Ed egli afferrò il dragone, il serpente antico.., e lo legò per mille anni. [...] E vidi le anime di quelli che erano stati decollati per la testimonianza di Gesù e per la parola di Dio, e di quelli che non avevano adorata la bestia né la sua immagine, non avevano preso il marchio sulla loro fronte e sulla loro mano; ed essi tornarono in vita e regnarono con Cristo mille anni. Il rimanente dei morti non tornò in vita prima che fossero compiti i mille anni. Questa è la prima resurrezione. Beato e santo è colui che partecipa alla prima resurrezione. Su loro non ha potestà la morte seconda, ma saranno sacerdoti di Dio e di Cristo e regneranno con lui quei mille anni”.  


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