BREVE STORIA E CONTENUTI
ESSENZIALI
DELL'ACCORDO TRA CATTOLICI E LUTERANI
SU VERITA' DELLA DOTTRINA DELLA GIUSTIFICAZIONE
Ad Augusta, in Germania, il 31 ottobre 1999, giorno in cui
i protestanti celebrano la festa della Riforma, i responsabili delegati della Chiesa
cattolica e della Federazione luterana mondiale hanno sottoscritto la Dichiarazione
congiunta sulla dottrina della giustificazione.
Sulla base di tale consenso si considerano decadute le reciproche condanne espresse nel
passato: il paragrafo 41 riconosce che «l'insegnamento
delle Chiese luterane presentato in questa Dichiarazione non è colpito dalle condanne del
Concilio di Trento. Le condanne delle Confessioni luterane non colpiscono l'insegnamento
della Chiesa cattolica romana così come esso è presentato in questa Dichiarazione».
Seguono due articoli, uno di Gianni
Valente, apparso sul periodico 30GIORNI del giugno 1999 ed uno dello scrittore Gaspare
Barbiellini Amidei, pubblicato su Oggi 24 novembre 1999, ambedue sul tema dello storico
accordo.
E' opportuno sottolineare che non tutti, sia sul versante protestante che su quello
cattolico, hanno accettato di buon grado l'Accordo e ne condividono i contenuti.
Secondo molti, e non pochi, ecumenici, si tratta dell'ennesimo compromesso
"politico-clericale" di pura "facciata", inteso a salvare la forma, ma
non la sostanza. Segno eloquente ne sarebbe la dottrina delle indulgenze, riesumata e "reinterpretata" con sottili
sofismi in occasione del recente Giubileo.
Insomma, plus ça change, plus c'est la même chose...
Tutti coloro che lo desiderano potranno esprimere le loro considerazioni sul tema inviando
un e-mail.
(...) Il lavoro della commissione teologica
cattolico-luterana sulla dottrina della giustificazione ha conosciuto i suoi momenti di
crisi. La Dichiarazione congiunta era stata resa pubblica già nel 1997, ma durante la
fase di studio e di ricezione del documento la Congregazione per la dottrina della fede ha
espresso dubbi e riserve su alcuni passaggi ditale Dichiarazione, giudicati inconciliabili
con la dottrina cattolica.
Tali riserve e richieste di chiarimento sono state esposte nella Risposta
della Chiesa cattolica alla Dichiarazione congiunta tra la Chiesa cattolica e la
Federazione luterana mondiale circa la dottrina della giustificazione.
Tale nota, elaborata di comune intesa tra la Congregazione per la dottrina della fede e il
Pontificio consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani, è stata pubblicata il
25 giugno 1998.
L'ulteriore lavoro di approfondimento sollecitato da Roma ha prodotto due nuovi brevi
documenti di chiarimento (una Dichiarazione ufficiale comune della Federazione luterana
mondiale e della Chiesa cattolica, più un Allegato) che l'11 giugno, a
Ginevra, sono stati presentati in una conferenza stampa dal cardinale Edward ldris Cassidy
presidente del Pontificio consiglio per l'unità dei cristiani, e dal pastore Ishmael
Noto, segretario generale della Federazione luterana mondiale.
Questi due ulteriori documenti si soffermano diffusamente sui punti controversi su cui si
erano concentrate le riserve dei dicasteri romani, interpretandoli come sottolineature e
linguaggi che pur permanendo differenti esprimono lo stesso dato di fede, senza
compromettere la compatibilità sostanziale tra la concezione cattolica e quella luterana
della grazia.
Anche i due nuovi documenti saranno sottoscritti insieme alla Dichiarazione congiunta il
31 ottobre, come suoi corollari.
VaI la pena di esporre brevemente alcuni contenuti-chiave del documento sulla
giustificazione, che ha almeno il merito di toccare questioni essenziali anche per la
testimonianza cristiana nel mondo incristiano di oggi:
cos'è che rende giusto l'uomo? Chi lo salva? L'essere giusto è frutto della nostra buona
volontà? E come si rende visibile, documentabile la salvezza che la fede cristiana
promette?
Un dono senza pre-condizioni
Secondo Lutero la dottrina della
giustificazione era l'articolo primo e fondamentale, "guida e giudice di ogni aspetto
della vita cristiana". Per questo la giustificazione è stata fin dall'inizio il
primo banco di prova del dialogo ufficiale luterano-cattolico cominciato dopo l'ultimo
Concilio ecumenico.
La Dichiarazione congiunta è il punto d'arrivo di una lunga serie di colloqui e di
documenti dottrinali, che hanno preparato il terreno.
Tale Dichiarazione. come è scritto nel preambolo, «non contiene
tutto ciò che ciascuna Chiesa insegna riguardo alla giustificazione, ma comporta un
consenso su verità fondamentali della dottrina della giustificazione e mostra che le
differenze che ancora rimangono nella sua spiegazione non offrono più motivo per condanne
dottrinali».
I passaggi cruciali della Dichiarazione congiunta consistono in vere e proprie confessioni
comuni di dati essenziali della dottrina della giustificazione. Come avviene al paragrafo
19, dove si legge: «Insieme confessiamo che tutti gli uomini
riguardo alla loro salvezza dipendono interamente dalla grazia salvifica di Dio. La
libertà che essi possiedono nei confronti delle persone e delle cose di questo mondo non
è una libertà nei confronti della salvezza, poiché, in quanto peccatori, essi restano
sotto il giudizio di Dio e non sono in grado da se stessi di rivolgersi a Dio per ottenere
la liberazione, di meritare la propria giustificazione davanti a Dio o di conseguire la
salvezza con le loro proprie forze. La giustificazione avviene unicamente per grazia di
Dio». Alla confessione della fede comune, segue la descrizione delle diverse
sottolineature privilegiate dalla teologia cattolica e da quella luterana, esposte in una
maniera che non ne pregiudichi la compatibilità: «Quando i
cattolici dicono che gli uomini "cooperano" nel preparare e nell'accogliere la
giustificazione, consentendo all'azione giustificante di Dio, essi vedono questo stesso
consenso personale come un'azione della grazia e non come un'azione compiuta dall'uomo con
le sue forze naturali». Mentre, «quando i luterani
sottolineano con forza che un uomo può solo ricevere (mere passive) la
giustificazione, intendono con ciò escludere ogni possibilità di contribuire alla
propria giustificazione, ma non negano che coloro che credono siano personalmente
coinvolti in maniera totale nella propria fede, che viene operata dalla Parola di Dio».
Un altro passaggio cruciale é quello che riguarda il rapporto tra la giustificazione del
peccatore e le opere buone.
Si legge al paragrafo 25 della Dichiarazione congiunta: «Insieme
confessiamo che i peccatori vengono giustificati per la fede nell'azione salvifica di Dio
in Cristo. Essi ricevono il dono della salvezza dall'azione dello Spirito Santo nel
battesimo che pone le basi di tutta la vita cristiana. Essi ripongono la loro fiducia
nella promessa di grazia di Dio, in forza della fede giustificante che include anche la
speranza in Dio e l'amore verso di lui. Questa fede opera nell'amore, e quindi il
cristiano non può e non dovrebbe restare senza opere. Ma tutto ciò che nell'uomo
giustificato precede o segue il dono gratuito della fede non è né il fondamento della
giustificazione, né la merita».
Il nodo del simul iustus et peccator e del mere passive
Nella quarta sezione del quarto capitolo
della Dichiarazione congiunta. intitolato "L'essere peccatore del giustificato",
al paragrafo 28 si legge: «Insieme confessiamo che nel battesimo
lo Spirito Santo unisce l'uomo con Cristo, lo giustifica e lo rinnova veramente. E
tuttavia gli uomini giustificati devono per tutta la vita e costantemente far conto sulla
grazia di Dio che giustifica incondizionatamente. Essi inoltre sono continuamente esposti
al potere del peccato che continua ad assediarli (cfr. Rm 6, 12-14) e non sono
esentati da una lotta lunga quanto la vita contro la ribellione dell'egoistica
concupiscenza del vecchio Adamo nei riguardi di Dio (cfr. Gal 5, 16; Rm 7,
7-10). I giustificati devono anche chiedere ogni giorno perdono a Dio, così come si fa
nel Padre nostro (Mt 6, 12; 1Gv 1, 9)».
Dopo tale confessione comune, il paragrafo successivo prosegue spiegando che «i luterani comprendono questa condizione del cristiano come un essere
''giusto e peccatore al tempo stesso". Coloro che credono sono interamente
giusti, poiché Dio attraverso la Parola e il Sacramento perdona i loro peccati e
attribuisce loro la giustizia di Cristo, che fanno propria nella fede. In Cristo, essi
sono resi giusti davanti a Dio. Ma, guardando se stessi attraverso la legge, essi
riconoscono anche di continuare ad essere interamente peccatori, poiché in loro abita
ancora il peccato (1Gv 1, 8; Rm 7, 17-20); infatti, ripetutamente si volgono verso falsi
dei e non amano Dio con quell'amore indiviso che Dio, in quanto loro creatore, pretende
(...). Questa ribellione a Dio è come tale un vero peccato. Non di meno, il potere del
peccato che ci rende schiavi è infranto grazie ai meriti di Cristo»,
cosicché «i cristiani, finché vivono sulla terra, possono
condurre parzialmente una vita giusta».
Soprattutto su queste frasi si sono concentrate le obiezioni dell'ex Sant'Uffizio.
Nella Risposta della Chiesa cattolica alla Dichiarazione congiunta, pur tenendo conto «delle differenze, in sé legittime, risultanti da approcci teologici
diversi al dato di fede», si ricordava che, «secondo
la dottrina della Chiesa cattolica, nel battesimo viene tolto tutto ciò che è veramente
peccato, e perciò Dio non odia niente in quelli che sono nati di nuovo. Ne consegue che
la concupiscenza che rimane nel battezzato non è propriamente peccato. Perciò per i
cattolici la formula zugleich Gerechter und Sünder ("giusto e peccatore al
tempo stesso") così come è spiegata all'inizio del n. 29 ("Coloro che credono
sono interamente giusti, poiché Dio attraverso la Parola e il Sacramento perdona loro i
peccati (...). Ma, guardando se stessi, (...) riconoscono anche di continuare ad essere
interamente peccatori, poiché in loro abita ancora il peccato...") non è
accettabile. Questa affermazione non sembra infatti compatibile con la rinnovazione e la
santificazione dell'uomo di cui parla il Concilio di Trento».
Anche la formula mere passive, che per i luterani descrive l'unico modo in
cui l'uomo può ricevere la giustificazione, presenta problemi dal punto di vista
cattolico.
La Risposta della Chiesa cattolica, citando la seconda lettera di san Paolo ai Corinzi,
ricordava che «la misericordia divina opera una nuova creazione e
rende quindi l'uomo capace di rispondere al dono di Dio, di cooperare con la grazia».
Individuando questi aspetti controversi, la Risposta della Chiesa cattolica ha toccato il
cuore della questione. Si tratta di riconoscere se quella della grazia è un'azione reale,
efficace, che opera dei cambiamenti che si possono vedere, mostrare, pur nella precarietà
della condizione umana; o se la grazia rimane una semplice "copertura" del
peccato dell'uomo senza avere la forza di trasformare il peccatore, di operare un
cambiamento nella sua condizione reale, storica, un cambiamento non riducibile a una mera
rassicurazione psicologica interiore.
I due documenti aggiuntivi (Dichiarazione ufficiale comune e Allegato), presentati dal
cardinale Cassidy e dal segretario della Federazione luterana mondiale lo scorso il giugno
come corollari della Dichiarazione congiunta, hanno proprio l'intento di chiarire i punti
controversi segnalati dalla Risposta della Chiesa cattolica e da un'analoga Risoluzione in
cui si erano espresse le riserve da parte luterana.
Sulla questione del simul iustus et peccator, i due documenti aggiuntivi
intendono dimostrare che è possibile un'interpretazione di tale espressione che non sia
in contrasto con quanto riconosce e confessa la dottrina cattolica.
Nell'Allegato si legge: «La giustificazione è perdono dei
peccati e perdono che rende giusti, attraverso la quale Dio dona all'uomo "la vita
nuova in Cristo" (...). Noi siamo in verità interiormente rinnovati dall'azione
dello Spirito Santo, restando sempre dipendenti dalla sua opera in noi (...). In
questo senso, i giustificati non restano peccatori». Ma, allo stesso
tempo, «se diciamo che siamo senza peccato non siamo nel giusto»,
considerando «il perdurante pericolo che proviene dal potere
del peccato e dalla sua azione nei cristiani. In questa misura, luterani e cattolici
possono insieme comprendere il cristiano come simul iustus et peccator, malgrado
i modi diversi che essi hanno di affrontare tale argomento».
Nel paragrafo di chiarimento sul rapporto tra la giustificazione e le opere buone,
l'Allegato illumina tutta la questione con una frase di san Tommaso d'Aquino, tratta dalla
Summa Theologica «La grazia crea la
fede non soltanto quando la fede nasce in una persona, ma per tutto il tempo che la fede
dura», come per riassumere il cuore della vita cristiana, «Gratia
facit fidem non solum quando fides de novo incipit esse in homine, sed etiam quamdiu fides
durat» (Summa Theologica II-II q.4 a. 4 ad 3).
(Gianni Valente, in 30GIORNI, giugno 1999)
Ho ascoltato da un cardinale di Santa Romana Chiesa,
arcivescovo di Milano, le cose più belle su Martin Lutero, ex monaco agostiniano, sposato
e padre ai sei figli. E mi sono fatto l'idea che in qualche misura l'iniziatore della
Riforma protestante ebbe una sua santità.
Con questo non voglio dire che Carlo Maria Martini dia ragione all'eretico che negò il
primato del Papa, gettò le basi di una diversa Chiesa e fu scomunicato.
Né che la pace teologica, appena siglata tra il Vaticano e la Riforma, cancelli
diversità nella fede e annulli cinquecento anni di storia.
Il fatto è che il dialogo interreligioso non è operazione per addetti ai lavori
ecclesiastici né formula per confederare minoranze di credenti assediati dal materialismo
mediocre.
Corre per il mondo una voglia di non pretendere né di dare ragione, quando ci si pone
sulle tracce del grande Assente.
Nella ricerca di Dio perde senso la pretesa egemonica, dopo la tragedia di un secolo che
si è macchiato di delitti di massa, da Adolf Hitler a Pol Pot, dal Ruanda al Kosovo, come
se Dio non esistesse.
Nella scristianizzazione della cultura e della morale gli elementi che unificano i
cristiani, al di là delle dispute ideologiche, fanno aggio su quelli che nella storia
hanno diviso.
L'esigenza di riaffermare la fede in un Dio comune pesa almeno quanto il dovere di
mantenere coerenza ai singoli elementi che definiscono dottrinariamente questa fede.
In tale quadro la vicenda itinerante di Giovanni Paolo II offre una grande lezione.
Questo Papa, che riunì ad Assisi i leader di tutte le religioni del mondo per pregare
insieme, ed è poi andato di terra in terra abbracciando preti, santoni, sciamani e monaci
di ogni fede, è riuscito nello stesso arco di pontificato a riaffermare una volontà di
rigore teologico all'interno della sua Chiesa e un'ansia ecumenica tesa ad affratellare
nel mondo tutti coloro che credono in un Dio.
Ci si può impegnare e magari si può morire per la libertà di altre fedi e allo stesso
tempo non cedere un centimetro nella definizione della propria.
Ogni verità per essere vera non ha più bisogno di negare le altre verità.
Questa idea modernissima circola nelle encicliche di Karol Wojtyla e sta diventando
condivisibile censo comune di credenti e non credenti.
Si può quindi concludere che la fede non offre oggi razionali motivi per dare a Martin
Lutero più ragione o più torto che a ogni altro uomo di Dio.
(Gaspare Barbiellini Amidei, in Oggi, 24 novembre 1999)