La mia speranza

di don Franco Barbero


 

Mentre sono colpito da un provvedimento che ritengo invalido e di cui non terrò conto alcuno, aggiungo due annotazioni.
 
1) Non è ridicolo il linguaggio con cui il cardinale Ratzinger mi notifica il decreto papale?
Una decisione "suprema, inappellabile e non soggetta a nessun ricorso" è un linguaggio tra il delirante e l'umoristico, per chi abbia qualche idea della democrazia o di una comunità ecclesiale che dovrebbe essere "ancor più di una democrazia".
 
2) In questi giorni ho pensato tanto anche a questa chiesa che continuo ad amare. Voglio riportare ciò che scrissi alcuni anni fa (Il dono dello smarrimento, Viottoli, pagg. 105-109) e che anche oggi continua ad alimentare la mia speranza e la mia preghiera:
 
"Cara mia chiesa,
voglio dirti che ti amo tanto. Benedico ogni giorno Dio di avermi chiamato alla fede e spesso anche di avermi collocato in questa chiesa. In te ho conosciuto tantissime donne e molti uomini pieni di fede. Da loro ho ricevuto un sacco di bene e forti testimonianze.
In questa chiesa ho ricevuto il dono meraviglioso del ministero che, dopo ben 37 anni, mi appassiona come il primo giorno. In te ho incontrato le Scritture e me ne sono innamorato… senza, in verità, che la cosa ti facesse tanto piacere. Anzi…
Ma, come ogni amore sano e adulto, la relazione con te è sempre stata un amore difficile, profondo e sincero, ma contrastato. So che questa esperienza è comune a milioni di donne e di uomini. Ora voglio parlarti a cuore aperto.
 
Ho l'impressione - anzi, molto di più, la constatazione - che col passare dei secoli tu ti sei progettata e strutturata come la torre di Babele: "Faremo una torre alta fino al cielo… Così diventeremo famosi e non saremo dispersi nel mondo" (Genesi 11).
Hai imboccato, cara mia chiesa, una direzione pericolosa in cui prevale l'interesse a rendere la torre sempre più alta, a tenerla insieme solida e compatta, a sorvegliare tutto e tutti dall'alto, a cingerla di mura, a chiudere le finestre e sbarrare le porte. Ma, a guardarla troppo dall'alto, la realtà appare diversa. Non arrivano più alla sommità le voci calde e commosse delle donne e degli uomini, non si sentono più il rumore dei loro passi, il chiasso delle strade, le canzoni d'amore, le grida di dolore e i palpiti dei cuori. Di lassù si perde il più e il meglio della vita. Là ci si occupa della stabilità della torre, di illuminarla, di rafforzare e ringiovanire le sue pareti, di renderla sempre più grande, alta, visibile, stupefacente.
Si pretende di farne il trono di Dio, l'arca della salvezza, il luogo della verità, la casa di Dio sulla terra.
 
Mia cara chiesa,
il mito di Babele finisce bene: Dio prima sorride di questa torre e dei suoi costruttori illusi e vanesii, poi scende e riapre i cancelli… verso la mappa delle nazioni, le terre dei popoli e così si interrompe la costruzione della torre…
Vedo per te questo sogno di Dio: non una torre che s'innalza, ma uomini e donne sparsi nel mondo a parlare e testimoniare il Suo amore.
L'isolamento più pericoloso è quello che noi cristiani possiamo costruirci da soli quando, malati di narcisismo, vogliamo ad ogni costo difendere il nostro vecchio palazzo, il nostro vetusto castello e non sappiamo vedere il "paesaggio più spazioso" che Dio ha costruito e sta costruendo per le Sue creature. Quando si ha una cura ossessiva del palazzo le persone reali passano in second'ordine… fino a scomparire. Resta solo il palazzo e chi gli gira attorno riverente ed ossequioso.
Per questo motivo io temo che anche questo Giubileo del 2000 ti esponga alla tentazione di ubriacarti di te. Le tue gerarchie sono prese dall'enfasi, sono sbronze di gloria, fanno sfoggio di potenza e ricevono l'omaggio e i finanziamenti dei grandi di questo mondo.
 
Mia cara chiesa,
quanto saresti più bella, più viva se, anziché piangere per ogni pezzo della torre che si rompe e difendere con i denti ogni mattone, tu sapessi vedere il Dio della vita che apre spazi più ampi e demolisce le torri in cui ci imprigioniamo per orientarci verso case più umane ed abitabili. Accogli il plurale voluto da Dio, l'arcobaleno delle lingue, delle pelli, delle razze, delle religioni, delle teologie.
Lasciati smantellare la torre, lasciati aprire gli occhi come fu per Agar.
 
Mia cara chiesa,
ricordi Abramo?
Vattene, emigra, esci dal "paese" conosciuto della tua cultura, dalla "patria" delle tue sicurezze e delle tue potenti alleanze, dalla "casa" e dal castello delle tue tradizioni che rischiano di annullare e soffocare la Parola di Dio. E non fare come il faraone che si buttò nell'inseguimento per acciuffare quelli che cercavano le sponde della libertà. Ormai non ti chiediamo più il permesso di partire quando intravediamo nuovi cammini al di là dei recinti ecclesiastici.
Vattene, staccati dall'illusione di essere il centro del mondo; staccati dall'illusione che i tuoi dogmi siano la fotografia della verità, dalla presunzione di possedere sempre l'ultima parola su ogni questione. Abbiamo imparato a distinguere accuratamente tra le parole umane che passano e la Parola di Dio che resta.
Vattene dalle menzogne che continui a raccontare secondo le quali Gesù avrebbe vietato il ministero alle donne; prendi congedo dall'altra solenne menzogna per cui ministero e celibato sarebbero inseparabilmente congiunti dalla volontà di Gesù; vattene dalle tue leggi disumane presentate come la volontà di Dio.
Vattene dall'idolatria del diritto canonico, delle leggi che tu hai codificato nei secoli; vattene dall'accerchiamento e dal cattivo uso delle tue tradizioni, luoghi di esperienze storicamente situate e non mummie da trasportare intangibili da un millennio all'altro.
Vattene dalla moda delle confessioni spettacolari di alcuni tuoi peccati del passato; vattene da questi pentimenti che non conducono a conversione e lasciano il fondato sospetto che si tratti di comportamenti diplomatici e di operazioni di facciata.
Vattene dall'ossessione sessuale, dalle tue sessuofobie… per cui continui a temere il piacere, ad aver paura delle donne, a guardare con diffidenza e a offendere con i linguaggi pelosi della comprensione omosessuali, lesbiche, separati/e, divorziati/e e conviventi anziché benedire Dio che dona all'umanità mille forme d'amore e può far rifiorire questo amore là dove esso si era spento.
Vattene dalle miriadi di ambigue apparizioni mariane, dalle preziose teche della sindone e dal sangue di san Gennaro, dai mille luoghi in cui si alimentano superstizione e spirito idolatrico.
Vattene da una struttura di potere come il papato, per riscoprire un ministero che sia davvero servizio; vattene dal balbettio dei potenti in cui fai sempre la prima donna; vattene dalla prigionia dei tuoi comportamenti imperiali e abbraccia il sogno di Dio.
Vattene dall'occupazione di tutti i video del mondo; vattene dalla retorica pauperistica che ti dispensa dal diventare chiesa povera; vattene dalla mania di sentenziare e impara ad ascoltare.
 
Mia cara chiesa,
vattene da questo giubileo di troppe vane parole. Hai organizzato, soprattutto con il finanziamento dei potenti, tanti pellegrinaggi, ma tu non sei più la chiesa pellegrina verso il regno perché sei troppo appesantita dai concordati, dal mercato del tempio, dalle tue sicurezze. Il tuo tesoro terreno ti ha rapito il cuore e ha bloccato molti tuoi passi.
 
Mia cara chiesa,
prendi la strada di Abramo e Dio camminerà davanti a te, sarà il tuo compagno di viaggio.
Io non ho nulla da insegnarti, ma ho soltanto voluto dirti quale eco trovano nel mio cuore le parole bibliche rivolte ad Abramo, per la mia e la tua conversione.
Penso, oggi più che mai, che il dialogo e la preghiera siano le grandi strade per la mia conversione.
 
Mia cara chiesa,
che cosa posso sperare per te? Che cosa posso augurarti di più fecondo e salutare del "dono dello smarrimento"? Quello sarà il giorno in cui, libera dai lacci del potere e dai tarli della presunzione, ti butterai tra le braccia di Dio, unica salvezza.
 
Pinerolo, 13 marzo 2003

                                                                             http://viottoli.free.fr

 

Ambasciator non porta pena...

Lettera del Vescovo di Pinerolo a Franco Barbero

Carissimo don Franco,
con molta sofferenza in cuore ti trasmetto il Provvedimento Pontificio con cui è stata disposta la tua dimissione dallo stato clericale.
A questo atto si è giunti non improvvisamente ed inaspettatamente. È dai 1975 che i tuoi vescovi, ripetutamente, hanno avuto con te colloqui e poi hanno preso posizioni con molteplici dichiarazioni per richiamarti al senso della comunione ecclesiale circa la dottrina da te divulgata attraverso scritti, media e predicazione.
Da tante regioni d'Italia, a cominciare dal Piemonte, vescovi, numerosi presbiteri e fedeli hanno manifestano disorientamento per le tue posizioni, soprattutto perché tu parli come presbitero della Chiesa Cattolica.
Dalla lettura dei tuoi scritti appare chiaro che viene toccato il cuore della fede cristiana, in particolare i misteri della Trinità, dell'Incarnazione, la presenza reale di Cristo nell'Eucaristia e, connesso con l'Eucaristia, il ministero ordinato. A ciò si aggiunge la liturgia, non celebrata in comunione con la Chiesa Cattolica, la non accettazione dell'integrità del Settenario Sacramentale e la non accoglienza del Magistero come guida di fede e di morale.
Questo provvedimento Pontificio non ti mette fuori dalla Chiesa Cattolica; è una parola forte per richiamarti a rivedere la tua posizione e l'insegnamento che diffondi; tuttavia non diminuisce il riconoscimento della tua sollecitudine verso i poveri.
Voglio assicurarti che l'affetto resta quello di sempre, da quando ti ho conosciuto e ti ho incontrato la prima volta nel Santuario della Madonna delle Grazie. E proprio a Lei, nostra madre, chiedo di aiutare te e me in questo momento difficile, anzi, l'affetto cresce ancora di più.
Carissimo don Franco, è questa la pena più grande del mio servizio episcopale. È una ferita che porterò sempre per non averti aiutato a sufficienza a vivere la comunione ecclesiale.
Affidiamoci ambedue, attraverso la preghiera, all'amore del Signore. Se vuoi, possiamo trovare più occasioni per pregare insieme. Solo la preghiera ci aiuta a camminare nella Sua volontà.
Un caro saluto e un continuo ricordo, nell'attesa di poter condividere una piena comunione di fede nel rispetto della disciplina ecclesiale.


DECRETO CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE
(dimissione dallo stato clericale e dispensa dagli obblighi)

Prot. N. 26/82
Signor Franco Barbero
25 gennaio 2003

Il Sommo Pontefice Papa Giovanni Paolo II

Ascoltata la relazione dell'ecc.mo Segretario di questa Congregazione circa il grave modo di agire del citato presbitero della diocesi di Pinerolo (Italia), premesse le cose da premettere, con suprema ed inappellabile decisione senza alcuna facoltà di ricorso
                                                                                                      
ha decretato
che al citato presbitero venga irrogata la pena della dimissione.
Allo stesso presbitero ha anche concesso la dispensa da tutti gli oneri connessi con la sacra Ordinazione, con i seguenti criteri:
1. La dimissione e la dispensa hanno vigore dal momento stesso della decisione del Romano Pontefice.
2. Al presbitero il decreto della dimissione e della dispensa sia notificato dal competente Ordinario del luogo, al quale è fatto divieto di separare giammai questi due elementi. La stessa cosa vale anche per qualche eventuale assoluzione da censure.
3. La notizia della dimissione e della dispensa sia annotata nei Libri dei battezzati della parrocchia del citato presbitero.
4. Per ciò che concerne l'eventuale celebrazione del matrimonio canonico, sono da applicarsi le norme stabilite nel Codice di Diritto Canonico. L'ordinario tuttavia faccia in modo che la cosa avvenga con circospezione e senza pubblicità.
5. L'Autorità ecclesiastica, alla quale spetta di notificare il Decreto al predetto sacerdote, lo esorti vivamente affinché, nel conformarsi alla sua nuova condizione di vita, egli partecipi alla vita del popolo di Dio, dia edificazione e così si mostri un buon figlio della Chiesa. Nel contempo, gli comunichi quanto segue:
a) il presbitero dimesso automaticamente perde i diritti propri dello stato clericale, la dignità ed i compiti ecclesiastici; non è più tenuto agli altri obblighi connessi con lo stato clericale;
b) rimane escluso dall'esercizio del sacro ministero, né può avere un compito direttivo in àmbito pastorale;
c) egualmente, non può svolgere nessun compito nei Seminari e negli Istituti equiparati. Negli altri Istituti di studi di grado superiore, che in qualsiasi modo dipendano dall'Autorità ecclesiastica, non può avere alcun incarico direttivo o ruolo di insegnamento;
d) anche negli altri Istituti di studi di grado superiore non dipendenti dall'Autorità ecclesiastica, non può insegnare alcuna disciplina teologica;
e) negli Istituti di studi di grado inferiore dipendenti dall'Autorità ecclesiastica, non può avere alcun incarico direttivo o ruolo di insegnamento. Il presbitero dimesso e dispensato è tenuto alla stessa legge nell'insegnare la religione in Istituti dello stesso genere non dipendenti dall'Autorità ecclesiastica.
6. L'Ordinario del luogo curi che il presbitero dimesso non sia di scandalo ai fedeli per mancanza della necessaria prudenza.
7. A tempo opportuno, l'Ordinario competente riferisca alla Congregazione dell'avvenuta notificazione e, se vi sia magari meraviglia tra i fedeli, provveda ad una prudente spiegazione.
Nonostante qualsiasi cosa anche minimamente in contrario.

Dalla Sede della Congregazione, il 25 gennaio 2003.
Joseph Ratzinger, prefetto
Angelo Amato, S.D.B.,
arcivescovo titolare di Sila, segretario
giorno della notifica: 13-3-2003
firma del presbitero firma dell'Ordinario
in segno di accettazione Piergiorgio Debernardi


Le sorelle e i fratelli della comunità cristiana di base di Pinerolo

Abbiamo appreso, nella mattina di oggi, giovedì 13 marzo, del provvedimento di "riduzione allo stato laicale" comminato al nostro presbitero Franco Barbero.
 Dichiariamo innanzi tutto che per la comunità cristiana di base di Pinerolo Franco resta il nostro presbitero e nulla cambia rispetto a prima.
 Possiamo testimoniare il suo impegno durante quarant'anni di ministero nella solidarietà, nella ricerca di fede e testimonianza del Vangelo, elementi questi, nella vita della nostra comunità, inscindibili e inseparabili. Non è possibile testimoniare il Vangelo senza praticare la solidarietà e la sollecitudine verso gli ultimi e le ultime.
 Lascia amareggiati/e l'indisponibilità assoluta del vescovo ad incontrare la nostra comunità e a dialogare con essa, nonostante i ripetuti inviti. La questione viene ridotta al "caso Barbero", ignorando che in questi trent'anni di vita comunitaria è stato condiviso un cammino di fede da parte di donne e uomini; inoltre il numero di coloro che partecipano alle attività della comunità cristiana di base è in continua crescita.
 Questo cammino non è solo della comunità di Pinerolo, ma di innumerevoli comunità di base in Italia, in Europa e in America Latina. Ignorare questa realtà significa non tenere in alcuna considerazione il percorso di fede di fratelli e sorelle che condividono l'insegnamento del comune Maestro, Gesù di Nazareth. La stessa dicitura utilizzata nel provvedimento, "riduzione allo stato laicale", denota come la gerarchia si ritenga superiore ai laici nonostante l'ammonimento del Vangelo "...tra voi non sia così; anzi, chiunque vorrà essere grande fra voi, sarà vostro servitore; e chiunque, tra voi, vorrà essere primo sarà servo di tutti" (Mc 10, 43-44).
 Ci sentiamo vicini/e al nostro presbitero e a coloro che devono sopportare emarginazione, espulsioni, condanne da parte della gerarchia vaticana.
 Prendiamo atto che la chiesa gerarchica, maschilista e patriarcale, rimane uno dei pochi stati assoluti che esercita il proprio potere senza sentire il parere dei suoi fedeli. Probabilmente in Vaticano non è ancora passato il principio "...non condivido le tue idee, ma lotterò fino alla fine perché tu possa affermarle", patrimonio delle moderne democrazie.
 Tutte le volte che don Franco ha incontrato il vescovo è stato solo per essere invitato a rivedere le proprie posizioni e non per un sereno confronto sulla teologia e ricerca biblica, al quale, peraltro, avremmo di cuore, donne e uomini della comunità di base, tenuto a partecipare.
 A dispetto delle belle dichiarazioni del vescovo di Pinerolo durante gli incontri ecumenici con fratelli e sorelle valdesi e di altre religioni, sull'accoglienza delle differenze, dobbiamo constatare che non appena si vanno a toccare punti sostanziali (seconde nozze, celibato dei preti, predicazione e ministero dei laici, teologie femministe, unioni tra credenti omosessuali, rilettura dei dogmi alla luce del Vangelo e dei problemi della società contemporanea) ecco che tutto il dialogo va in fumo e la chiesa gerarchica si arrocca nella sua torre.
 Ci eravamo illusi/e che nella gerarchia ecclesiastica ci fosse lo spazio per esprimere la fede nell'unico Dio in modi differenti ma con un unico cuore. Purtroppo dobbiamo constatare che questa sensibilità, lì, non è presente.
 Tuttavia quotidianamente riceviamo visite, lettere, inviti da parte di parrocchie, comunità e gruppi coi quali, pur nelle differenze, abbiamo, e continueremo ad avere, un dialogo sereno e fiducioso alla luce dell'evangelo.
 Non ci sentiamo fedeli a questa gerarchia ma cerchiamo di esserlo ai poveri, all'evangelo di Gesù e a Dio. Come sorelle e fratelli della comunità cristiana di base di Pinerolo continueremo a sentirci parte del "popolo di Dio" nella chiesa di base.
Restiamo disponibili al dialogo con chiunque voglia venirci a trovare…
 
Pinerolo, 13 marzo 2003
 

Vaticano: don Barbero é un vero prete
Tenetevi i burocrati e funzionari della fede

Lettera a don Franco, prete

(Giovanni Felice Mapelli, 15 marzo 2003)

CENTRO STUDI TEOLOGICI
LETTERA A DON FRANCO, PRETE


IL VATICANO HA RIDOTTO ALLO STATO LAICALE DON FRANCO BARBERO - NOI CHE SIAMO DA SEMPRE "RIDOTTI" IN QUESTO STATO DI LAICI DICIAMO AI PRELATI : AVETE COSTITUITO UNA CHIESA DI GERARCHI, DI FUNZIONARI CANONISTI E BUROCRATI DELLA FEDE - GESU' CRISTO SE TORNASSE NON RICONOSCEREBBE PIU' LA SUA CHIESA - DON FRANCO BARBERO FEDELE ALL’AMORE DI CRISTO PER GLI ULTIMI.
Alla fine dei "Mea Culpa" solenni, quanto vuoti e retorici, ecco ripresentarsi la Chiesa di sempre,quella dei processi inquisitoriali (anche senza ascolto dell’imputato come nel caso presente), e poi delle condanne, delle sanzioni irrevocabili, del pubblico ludibrio,ecc,ecc.
Quella Chiesa che non cambia mai.
Cristo farebbe una gran fatica a riconoscervisi.
Se tornasse Cristo forse non la riconoscerebbe neppure, tanto è sfigurata nel suo volto, questa Chiesa.
Don Franco Barbero - nostro amico e sostenitore- prete vero, vero pastore e uomo di grande umanità viene "ridotto allo stato laicale" (sic! espressione canonica medioevale), questo per lui, ma anche per noi- che da sempre siamo in questo stato di "ridotti", cioè laici, non clericali - è un onore,una promozione, poichè per un uomo che ha fatto del servizio alla Comunità il caposaldo della sua vocazione presbiterale, rovescia la prospettiva del prete, sacerdote che comanda e che spadroneggia sul gregge affidato.
Come diceva S. Agostino "Non tam praeesse quam prodesse!" cioè non tanto stare a capo, quanto stare a favore, servire, accompagnare.
"Laico", cioè "del popolo" - nell’accezione originale greca - Don Franco, lo è sempre stato, né si è mai identificato con la casta clericale e gerarchica delle Curie e dei Vaticani.
Questa nomina è il più bel regalo- come ha affermato lui stesso - per i suoi 40 anni di sacerdozio.
Di là rimangono i sommi sacerdoti del Sinedrio - che sulle parole fanno processi, si stracciano le vesti e sentenziano - "ha bestemmiato!",(anche Gesù era eretico per quel Sinedrio, non dimentichiamolo!) restano i parroci, i vescovi, i cardinali, quelli che "spengono anche il lucignolo fumigante" (cioè soffocano anche l’ultima speranza evangelica) per il loro poter fare e poter decidere delle cose terrene e pretendere di mettere le ipoteche su quelle celesti.
Di là gli infallibili, "il Magistero", senza neppure il beneficio di un dubbio, che affidano ai secoli la loro smentita, i loro errori colossali e alla fine le loro richieste di perdono.
Dentro i secoli seminano vittime e fanno ogni genere di atrocità: le vittime poi divengono i santi di domani.
Funzionari e burocrati, canonisti e diplomatici una schiera di confessori della fede che spargono il sangue sì, ma quello altrui!
DON FRANCO A TE RIMANE LA GIOIA DI AVER DATO A QUESTA BRUTTA MADRE E MATRIGNA CHE E’ STATA LA TUA CHIESA CHE NON TI HA NEPPURE AMATO NE’ TRASMESSO TENEREZZA, 40 ANNI DELLA TUA VITA: OGNI GIORNO ED OGNI ISTANTE COME SE FOSSE IL PRIMO; CON LA TUA DEDIZIONE, IL TUO CORAGGIO, IL TUO ENTUSIAMO, LA TUA GIOIA CHE VENIVA DALL’AMORE DI QUEL SIGNORE CHE VEDEVI IN OGNI ULTIMO E SOFFERENTE.
DON FRANCO, DI FRONTE AL POTERE DEL VATICANO, LA TUA POVERTA’ DI MEZZI, LA TUA IMPOTENZA,DON FRANCO, LA TUA DEBOLEZZA.
"Confido nel Signore, potente nel debole" infatti "Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti...! Dio ha scelto ciò che nel mondo è nulla per ridurre a nulla le cose che sono!" (che "credono di essere ", nella loro presunzione: traduzione più letterale di S. Paolo)
GRAZIE PERCHE’ SEI STATO- FORSE UNICO TRA TUTTI I DEVOTI DEVOZIONISTI IPOCRITI - PRETE VICINO AI GAY E ALLE LESBICHE, CHE HAI SALVATO, TANTI, DALLA DISPERAZIONE, DALLO SCONFORTO E DAL SUICIDIO.
GRAZIE DON FRANCO PERCHE’ ANCHE PER LORO, PER NOI SEI STATO COLPITO E HAI PAGATO.

GRAZIE PERCHE’ COSI’ FECE ANCHE S. MASSIMILIANO MARIA KOLBE PER "UN EBREO", COME TU OGGI LO FAI "PER POCHI GAY O LESBICHE", GRAZIE PERCHE’ PER DIFENDERE NOI HAI SAPUTO PERDERE EVANGELICAMENTE TUTTO!
"Chi vorrà salvare la propria vita la perderà, ma chi perderà la sua vita per me e per il Vangelo la salverà"
(Cristo).
E Cristo si identificò con quegli ultimi cui tu hai anteposto tutto: "Ero carcerato, affamato, nudo, gay, lesbica,transessuale, prete allo sbando,sposato divorziato,tossicodipendente o malato ...e mi avete accolto!
Ogni volta che lo avete anche ad uno solo di questi vostri fratelli più piccoli lo avete fatto a Me!
" (cfr. Vangelo)
Lasciamo pure il dorato evangeliario sull’ambone dorato, lasciamo che i funzionari sacrali dispieghino ogni loro potere per costruire dottrine che sono "opere di uomini": hanno fatto divenire la Parola del Lieto Annunzio (L’Evangelo) una ridda di divieti, proibizioni e di condanne, hanno stravolto l’immagine stessa di Dio che è ridotto (quello si non tu) ad una dottrina , una "dottrina della fede", cioè un elenco pedissequo di "cose da credere", in altre parole hanno materialisticamente opacizzato tutto, hanno reso lo stesso slancio spirituale e l’amore apostolico una cosa da imparare a memoria e da ripetere come una formula,fissa, e che non è nemmeno magica.
Un Dio Tascabile, portatile, da mettere nella valigetta 24ore...
Un dio minimo, dalla statura dei prelati.
Prelati (quelli che sono messi davanti...) ma davanti a chi?!
Quando occorreva fare il rovescio... quando "Chi vuol essere il primo, il più grande si faccia l’ultimo e il servo di tutti!" (Gesù nella sua ultima cena con gli apostoli).
Caro Don Franco, il Signore ti dia altri giorni per amare con quell’amore unico cui non hai mai smesso di essere fedele.
E preghiamo anche per i prelati- per quelli maggiori e per quelli minori- affinché, diuturnamente chini sui codici, i codicilli e le glosse, trovino - almeno una volta in vita- anche lo sguardo del fratello, e nel fratello quel Dio che li ha chiamati.
"Come fai a dire di amare Dio che non vedi,se non ami il fratello tuo che vedi...?!"
(S.Giovanni ev.)
Un grande abbraccio!
Giovanni Felice Mapelli
Coordinatore del Comitato scientifico teologico del CENTRO STUDI TEOLOGICI -
Centro Ecumenico di MILANO www.centrostuditeologici.too.it

 

Ikthys