Il neonato numero 6.000.000.000 È venuto al mondo il 12 ottobre. E per
lui si è fatta grande festa in Cielo. E in Vaticano. A papa Giovanni Paolo
II va bene così: «Crescete e moltiplicatevi!». Lui del sesso ha una
visione ottimistica, creativa, e la predica instancabile contro tutto e
tutti, sia i nemici di fuori che quelli di casa. Contro i laici malthusiani
tipo Giovanni Sartori, che gli ha dato dell'«insensato». Contro i teologi
e moralisti di Chiesa che, dice, «si alleano con i mezzi di comunicazione
in contrasto con la sana dottrina». Contro i milioni di fedeli che non gli
danno retta, e tanto più un paese è cattolico tanto meno fa bambini, vedi
l'Italia, vedi la Spagna, da anni primatiste mondiali della denatalità. Una
disubbidienza di dimensioni così smisurate da far pensare a uno scisma di
massa.
Ma lui non si arrende. Giovedì 30 settembre papa Karol Wojtyla ha chiamato
anche la scienza a soccorso. Non solo l'inquinamento ambientale, ha
ammonito, ma anche «alcuni comportamenti sessuali» causano il cancro: la
natura si vendica dei peccati contro natura. Lui sa benissimo di gridare nel
deserto. «Nell'etica sessuale il mondo si allontana dal papa, il mondo si
allontana dalla Chiesa», ha riconosciuto nel suo libro-intervista
"Varcare la soglia della speranza". «Ma quando la vera dottrina
è impopolare», ha aggiunto, «non è lecito cercare una popolarità
facile. Anche l'apostolo Paolo lo diceva: "Predica, insisti in ogni
occasione opportuna e non opportuna. Perché verrà il giorno in cui non si
sopporterà più la sana dottrina"».
Il caso serio d'oggi è che ormai anche dentro la Chiesa c'è chi dice che
questo giorno è venuto. Che la predicazione della Chiesa sul sesso,
tantissimi fedeli non la sopportano più. E non perché vogliano rifiutare
la «sana dottrina», ma proprio per il motivo opposto. A non essere più
sopportata è una caricatura della dottrina cristiana sul sesso, è l'idea
durata secoli che il piacere sessuale sia peccato. Anche tra i vescovi e i
cardinali c'è chi fa fatica a sopportare. Nessuno di loro però ha mai
protestato se non per enigmi (vedi la scheda a pagina 77). La novità di
quest'anno è che un illustre filosofo cattolico, il professor Pietro Prini,
ha portato alla luce del sole questo dissenso sotterraneo. In un libro dal
titolo "Lo scisma sommerso", edito da Garzanti, che è quasi una
lettera aperta alla Chiesa, ha dato voce alla maggioranza silenziosa dei
cattolici disobbedienti. «Molti fedeli», scrive, «non accettano più
posizioni dottrinali che ritengono fuori del tempo». Non si ribellano, non
contestano, semplicemente fanno come la loro coscienza gli detta. La Chiesa
non può ignorare questo scisma, deve capire, deve cambiare: «Colpevolizzare
con gioghi che non sono di Dio è una tentazione diabolica».
E che il caso sia serio l'ha dimostrato "La Civiltà Cattolica",
la rivista dei gesuiti di Roma che per statuto riflette il pensiero del
papa. Prima con un editoriale in luglio, poi con un articolo in settembre
del suo teologo principe, padre Giandomenico Mucci, "La Civiltà"
ha dedicato al libro di Prini un'attenzione assolutamente inusitata.
Continuando a qualificare l'autore come «voce autorevole del pensiero
cattolico» nonostante l'esplosività delle sue contestazioni, non solo in
materia di sesso ma anche sul peccato e l'inferno. In sintesi, "La
Civiltà" e tramite essa il papa accusano Prini di «piegare il
cristianesimo agli standard intellettuali e morali del secolo». Ma nello
stesso tempo gli riconoscono «il merito di aver dato voce ad alcuni
problemi reali». Non solo. Ammettono che la disubbidienza di tanti fedeli
ha le sue ragioni proprio in certi irrigidimenti della Chiesa: «irrigidimenti
non necessari su materie di per sé riformabili o aggiornabili».
Quali materie? "La Civiltà Cattolica" non lo dice. La linea
prediletta dal papa è infatti di essere inflessibili col peccato e
misericordiosi col peccatore. Rigidi nel predicare in pubblico la dottrina e
indulgenti nel segreto del confessionale. Quello che a Giovanni Paolo II non
va è il mettere in pubblico questa indulgenza, il dar l'impressione che
tutto, in pratica, si può accomodare e assolvere. Nel Settecento furono i
gesuiti a passare per lassisti, e il rigorista Pascal li mise
insuperabilmente alla berlina. Oggi, in Italia, lassisti sono i paolini con
i loro giornali, con le lettere dei lettori che trasformano "Famiglia
Cristiana" in un «confessionale di carta», dove tutti i casi privati
finiscono in pubblico avvolti da ondate di comprensione: l'adolescente che
si masturba, i coniugi che guardano il filmetto porno, i genitori che
scoprono il figlio gay.
No, questa confusione Giovanni Paolo II e i suoi fidi non la tollerano. Per
mettere in riga "Famiglia Cristiana" le hanno provate tutte, fino
a licenziare il direttore-confessore don Leonardo Zega. Ma quando in campo
entrano vescovi e conferenze episcopali, non è facile troncare il caso
d'autorità. E oggi, nel campo dell'etica sessuale, sono almeno quattro i
casi aperti. Su aborto, divorzio, contraccezione, omosessualità. Ecco come
e perché.
ABORTO. Qui lo scontro è tra il papa e i vescovi tedeschi. E si è acceso
nel 1995 quando una legge, in Germania, ha depenalizzato l'aborto per le
donne che presentano un "certificato di consulenza" rilasciato da
un consultorio familiare autorizzato dallo Stato. La pietra dello scandalo,
per il papa, è proprio qui. Perché tra i consultori autorizzati a dare il
via libera all'aborto ci sono anche quelli della Chiesa: 265 su un totale di
1.685. «Bella lezione al mondo!», ha più volte brontolato Giovanni Paolo
II. «Predicare contro l'aborto e poi autorizzarlo».
Fosse stato per il papa, la Chiesa tedesca avrebbe dovuto uscir fuori subito
dai consultori pubblici. Ma quasi tutti i vescovi hanno tenuto duro.
Pensavano: meglio mantenere un filo di contatto con le donne intenzionate ad
abortire che abbandonarle a loro stesse. Per placare il papa, lo scorso
giugno hanno escogitato un compromesso. I consultori cattolici avrebbero
continuato a rilasciare il certificato, ma con la postilla: «Non è valido
per l'aborto». Il governo tedesco, però, ha deciso di non tenerne conto e
di procedere ugualmente all'aborto. E questa decisione ha rimesso in allarme
il papa. Che è tornato ad esigere dai vescovi tedeschi, questa volta in
forma ultimativa, di abbandonare i consultori pubblici. I vescovi hanno
preso ancora tempo. Ma a novembre, quando dovranno a uno a uno recarsi a
Roma dal papa, avverrà la resa dei conti. C'è chi è pronto a cedere, chi
no.
DIVORZIO. Anche qui lo scontro è cominciato in Germania, ma si è man mano
esteso ad altri paesi. Più che il divorzio, riguarda i divorziati
risposati. Sono sempre più numerosi, tra i cattolici. E fino a pochi anni
fa erano considerati pubblici peccatori, cui si vietava la comunione e si
negava la sepoltura ecclesiastica. Se poi uno di loro, in coscienza, si
riteneva innocente, il sacerdote comprensivo chiudeva un occhio e la
comunione gliela dava. Ma in modo semiclandestino.
A rompere il ghiaccio, nel 1994, sono stati alcuni vescovi tedeschi di
grande prestigio. Pubblicarono un documento nel quale indicavano casi e modi
per riammettere ai sacramenti i divorziati risposati. Apriti cielo. Roma si
oppose. Ma altri vescovi hanno rilanciato, tra cui, in Italia, quelli di
Vicenza e di Bolzano. A dar loro man forte c'è anche l'esempio delle Chiese
d'Oriente. Dove tradizionalmente il divorziato risposato viene sottoposto a
penitenza, assolto e infine riammesso ai sacramenti.
CONTRACCEZIONE. Giovanni Paolo II non ha mai perdonato a vescovi e teologi
il modo indulgente con cui applicano nei rispettivi paesi i precetti
dell'"Humanae Vitae", la celebre enciclica di Paolo VI contro la
regolazione artificiale delle nascite. Per richiamare tutti all'ordine ha
scritto la "Veritatis Splendor". Ma con nessun risultato. Anzi.
Oggi sono sempre meno condivise nella Chiesa le posizioni ultrarigoriste di
chi mette la contraccezione alla pari dell'omicidio e dell'aborto. Lo stesso
papa, nell'altra sua enciclica "Evangelium Vitae", esclude questa
equiparazione estrema. Contraccezione e aborto, scrive, «sono frutto di una
medesima pianta», la «mentalità edonistica ed egoistica». Ma «sono mali
specificamente diversi dal punto di vista morale: la prima contraddice
l'integra verità dell'atto sessuale, il secondo viola direttamente il
precetto divino "non uccidere"». Resta il fatto che sempre più
forti sono nella Chiesa le voci di chi reclama il via libera ai
contraccettivi artificiali, non solo a quelli naturali.
OMOSESSUALITÀ. A sentire il papa, l'amore omosessuale è «deviazione dalla
legge naturale», è mero «incontro corporale tra due esseri», «fine a se
stesso» e «infecondo». Ma dentro la Chiesa non tutti la pensano così. Un
numero crescente di vescovi e religiosi si dà da fare per cancellare ogni
forma di discriminazione.
Tra questi ci sono una suora e un sacerdote americani, Jeannine Gramick e
Robert Nugent. Lo scorso luglio il Vaticano ha loro imputato di sostenere
posizioni «dottrinalmente inaccettabili» e ha loro ingiunto di troncare
ogni impegno religioso e civile tra gli omosessuali. Hanno obbedito. Ma
molti di più sono quelli come loro che continuano. Chi in pubblico, chi nel
sommerso. La scorsa primavera si è saputo, ad esempio, che in Italia il
vescovo Clemente Riva, morto il 30 marzo, aveva accompagnato per anni, in
silenzio e in forma riservata, gruppi di omosessuali credenti. E a fine
agosto i vescovi tedeschi hanno preso di petto, con un documento pubblico,
anche la spinosa questione degli omosessuali che chiedono di diventare
preti. Sostenendo che non vanno pregiudizialmente esclusi.