ENCICLICA
«QUI NUPER»
(Pio IX)
LETTERA ENCICLICA
AI VENERABILI FRATELLI PATRIARCHI
PRIMATI ARCIVESCOVI VESCOVI
E AGLI ALTRI ORDINARI
AVENTI CON L’APOSTOLICA SEDE
PACE E
COMUNIONE.
«Sulla necessità del Principato civile della Chiesa.»
VENERABILI FRATELLI
SALUTE E
APOSTOLICA BENEDIZIONE
La breve enciclica concerne il Risorgimento italiano, che sta maturando sui campi di battaglia di Lombardia. Il 10 giugno le truppe vittoriose di Vittorio Emanuele e di Napoleone III imperatore dei Francesi sono entrate a Milano, mettendo in fuga gli eserciti austriaci. La ribellione è scoppiata in Toscana e negli Stati della Chiesa.
Quel moto di sedizione, che
testé scoppiò in Italia contro i legittimi Principi, anche nei paesi confinanti
coi Domini Pontifici, invase pure, come una fiamma di incendio, alcune delle
Nostre Province; le quali, commosse da quel funesto esempio e spinte da esterni
eccitamenti, si sottrassero dal paterno Nostro reggimento, cercando anzi, collo
sforzo di pochi, di sottoporsi a quell’Italiano Governo, che in questi ultimi
anni fu avverso alla Chiesa ed ai legittimi suoi diritti ed ai sacri Ministeri.
Or mentre Noi riproviamo e lamentiamo questi atti di ribellione, coi quali una
sola parte del popolo in quelle turbate province sì ingiustamente risponde alle
paterne Nostre cure e sollecitudini; e mentre apertamente dichiariamo essere a
questa Santa Sede necessario il civile principato, perché senza alcun
impedimento possa esercitare, a bene della Religione, la sacra sua potestà (il
quale civil principato si sforzano di strapparle i perversissimi nemici della
Chiesa di Cristo); a voi, Venerabili Fratelli, in sì gran turbine di avvenimenti
indirizziamo la presente lettera, per dare qualche sollievo al Nostro dolore. E
in questa occasione anche vi esortiamo che, secondo la provata vostra pietà, e
l’esimia vostra sollecitudine per l’Apostolica Sede e la sua libertà, procuriate
di compiere quello, che leggiamo aver già prescritto Mosé ad Aronne, supremo
Pontefice degli Ebrei (Num. XVI, 46): "Prendi il turibolo e
mettivi del fuoco dall’altare e va’ all’adunanza del popolo, e fa’ espiazione
per loro perché una grave ira s’avanza dinanzi al Signore: la piaga è cominciata
".
E parimenti vi esortiamo a pregare, come già quei
santi fratelli Mosé ed Aronne, i quali "gettatisi faccia a terra dissero: O
Dio degli spiriti d’ogni carne, quest’uomo solo avendo peccato, ti adireresti tu
contro tutta la radunanza?" (Num. XVI, 22). A questo fine,
Venerabili fratelli, vi scriviamo la presente lettera; dalla quale prendiamo non
lieve consolazione, giacché confidiamo che voi risponderete abbondantemente ai
Nostri desideri e alle Nostre cure.
Del resto, Noi dichiariamo apertamente che, vestiti
della virtù che discende dall’alto, la quale Dio, supplicato dalle preghiere dei
fedeli, concederà alla infermità Nostra, soffriremo qualunque pericolo e
qualunque acerbità, piuttosto che abbandonare in veruna parte l’Apostolico
dovere e permettere qualunque cosa contraria alla santità del giuramento, con
cui Ci siamo legati, quando, Dio così volente, salimmo benché immeritevoli sopra
questa suprema Sede del Principe degli Apostoli, rocca e baluardo della Fede
Cattolica. Ed augurandovi, Venerabili Fratelli, ogni allegrezza e felicità nel
compiere il vostro dovere pastorale, con ogni affetto impartiamo a voi e al
vostro gregge l’Apostolica Benedizione.
Dato a Roma, presso San Pietro, il dì 18 Giugno dell’anno 1859, del Nostro Pontificato il XIV.
PIO PP. IX.