LETTERA ENCICLICA
« SINGULARI NOS »
AI VENERABILI FRATELLI PATRIARCHI
PRIMATI ARCIVESCOVI VESCOVI
E AGLI ALTRI ORDINARI
AVENTI CON L’APOSTOLICA SEDE
PACE E
COMUNIONE.
«Condanna degli errori di Lamennais»
(GREGORIO XVI)
VENERABILI FRATELLI
SALUTE E
APOSTOLICA BENEDIZIONE
Gaudio singolare Ci avevano
arrecato le illustri testimonianze che Ci venivano della fede, obbedienza e
religione onde dappertutto erano state allegramente ricevute quelle Nostre
Lettere Encicliche del 15 agosto 1832, colle quali per dovere dell'ufficio
Nostro annunziammo all'universo Gregge Cattolico la dottrina sana, e che sola
dev'essere seguita intorno ai punti ivi proposti. Questo Nostro gaudio
accrebbero le dichiarazioni pubblicate intorno a ciò da alcuni di quelli che
avevano approvate quelle idee ed opinioni menzognere, per cui Noi Ci dolevamo, e
se n'erano incautamente fatti fautori e difensori. Conoscevamo, invero, non
essere più anche tolto quel male che a danno della cosa sacra e civile ordirsi
tuttavia manifestamente significavano impudentissimi libercoli divulgati, e
certe tenebrose macchinazioni, le quali pertanto Noi gravemente riprovammo con
lettere mandate nel mese d'ottobre al Venerabile Fratello Vescovo di Rennes. Ma
nella Nostra ansietà e massima sollecitudine per questa cosa, graditissimo e
giocondo Ci fu, che quegli stesso da cui principalmente venivaci cagionato
quell'affanno, con una dichiarazione mandataCi l'11 dicembre dell'anno scorso,
espressamente affermò di seguire unicamente ed assolutamente la dottrina
insegnata nelle Nostre Lettere Encicliche, e di nulla essere per iscrivere od
approvare che fosse alieno da quelle. Dilatammo subito le viscere della paterna
Nostra carità verso quel figlio, che dalle Nostre ammonizioni commosso dovevamo
confidare che darebbe di giorno in giorno più evidenti prove, dalle quali con
più certezza constasse aver esso al Nostro giudizio e colla voce e col fatto
obbedito.
Ma, cosa che appena sembra credibile, egli che da Noi
era stato accolto con tanto benevolo affetto, immemore della Nostra indulgenza,
presto mancò al suo proponimento; e quella buona speranza che avevamo concepita
del frutto di Nostre ammonizioni, si dileguò appena conoscemmo il libretto in
lingua francese, piccolo veramente di mole ma grande assai di pravità,
intitolato: Paroles d'un croyant, da lui dato alle stampe, col nome
celato invero, ma fatto palese da pubblici movimenti e dappertutto divulgato.
Inorridimmo grandemente, Venerabili Fratelli, fin dal
primo guardarlo, e commiserando la cecità dell'autore comprendemmo dove mai
prorompa quella scienza, la quale non sia secondo Iddio ma secondo gli alimenti
del mondo. Infatti contro la fede solennemente data in quella sua dichiarazione,
con giri per lo più capricciosissimi di parole e di finzioni prese ad oppugnare
e sovvertire la Cattolica dottrina che per l'autorità confidata all'umiltà
Nostra definimmo colle memorate nostre lettere, sia intorno alla debita
soggezione verso la potestà, sia intorno al doversi allontanare dai popoli il
mortifero contagio dell'indifferentismo, e gettare un freno alla sbrigliata
licenza delle opinioni e dei discorsi, sa intorno al doversi condannare la
assoluta libertà di coscienza e la pessima cospirazione di società composte
persino dei cultori di qualsivoglia falsa religione, a rovina delle sacre e
delle pubbliche cose.
Rifugge l'animo dall'osservare come l'autore si
sforzi di infrangere qualsivoglia vincolo di fedeltà e di soggezione verso i
Principi, scuotendo per ogni dove la face della ribellione, onde la rovina
dell'ordine pubblico, il dispregio dei magistrati, l'infrazione delle leggi
derivano e tutti gli alimenti della sacra e della civil potestà vengono
disciolti. Quindi, con nuova ed iniqua menzogna, la potestà dei Principi come
infesta alla legge divina, anzi come opera del peccato e potestà. di Satana egli
mostruosamente calunnia; ed agli ecclesiastici infligge le note medesime di
turpitudine che ai Sovrani, per l'alleanza di delitti e di macchinazioni con cui
va sognando che siansi fra loro congiunti contro i diritti dei popoli. Né di sì
grande ardire contento, mette in campo di più una assoluta libertà d'opinioni,
di discorsi, di coscienza ed ai soldati che in favore di questa contro la
tirannide, com'egli dice, combatteranno, prega fausto e felice evento e da ogni
parte del mondo con furioso ardore chiama conventicole ed associazioni, ed urge
ed insiste spingendo a si nefande deliberazioni, che anche per questo capo
sentiamo da lui conculcati i Nostri ammonimenti e comandi.
È molesto enumerare qui tutte le cose che in questo
pessimo parto di empietà e di audacia sono ammassate per isconvolgere tutte le
divine e le umane cose. Ma eccita in ispecial modo l'indignazione ed affatto
intollerabile è per la Religione, che l'autore, a difesa di si grandi errori,
rechi prescrizioni divine e le spacci agli incauti, e che egli a sciogliere i
popoli dalla legge dell'ubbidienza, come se mandato ed ispirato fosse da Dio,
dopo aver cominciato nel Sacratissimo Nome dell'Augusta Trinità, riproduca
dappertutto le Sante Scritture, e le parole di esse, che parole son del Signore,
con astuzia ed audacia contorca ad inculcare siffatti pravi deliramenti, sicché
con maggior fidanza, come San Bernardo diceva, sparga attorno le tenebre per
luce; e per miele, o piuttosto nel miele, propini il veleno coniando ai popoli
un nuovo evangelo, e ponendo altro fondamento da quello che è già posto.
Ma dissimulare col silenzio tanta rovina apportata
alla sana dottrina è a Noi vietato da quello che Ci pose come alla vedetta in
Israele affinché avvisiamo dell'errore quelli che alla Nostra cura affidò Gesù,
Autore e Consumator della Fede.
Per la qual cosa, uditi alcuni fra i Venerabili
Fratelli Nostri Cardinali Romana Chiesa, di moto proprio e certa scienza, e
colla pienezza dell'Apostolica potestà, il memorato libro avente per titolo:
Paroles d'un croyant, onde con empio abuso della parola di Dio vengon
corrotti i popoli a disciorre i vincoli di ogni pubblico ordine, a distruggere e
l'una e l'altra autorità e ad eccitare, sostenere, avvalorare negl'Imperi
sedizioni, tumulti e ribellioni; libro quindi contenente proposizioni
rispettivamente false, calunniose, temerarie, inducenti all'anarchia, contrarie
alla parola di Dio, empie, scandalose, erronee, già condannate dalla Chiesa,
specialmente nei Valdesi, nei Wiclefiti, negli Hussiti ed in altri eretici di
simil fatta; riproviamo, condanniamo, e per riprovato e condannato vogliamo e
decretiamo che si abbia in perpetuo.
Ora spetta a voi, Venerabili Fratelli, di secondare
con ogni impegno questi Nostri comandamenti, che dalla salute e dall'incolumità
delle cose sacre e civili erano necessariamente richiesti, e farsi che questo
scritto mandato fuori dalle tenebre a pubblico nocumento non diventi tanto più
pernicioso quanto più favoreggia una furente libidine di novità, e come cancro
largamente serpeggi fra i popoli. Sia vostro dovere di persistere per la sana
dottrina in caso di tanto momento e di far palese l'astuzia dei novatori, e con
diligenza maggiore vegliare alla custodia del Gregge Cristiano, affinché l'amore
della Religione, la pietà nelle azioni, la pubblica pace fioriscano e crescano
felicemente. Noi per fermo dalla vostra fede ed assidua diligenza pel bene
comune aspettiamo con fiducia che, mediante l'aiuto di lui che è Padre dei Lumi,
Ci possiamo rallegrare e pensiamo con San Cipriano che sia stato inteso e
represso l'errore, e perciò appunto atterrato, perché conosciuto e scoperto.
Del resto molto è da piangere a considerare dove mai
cadano i deliri dell'umana ragione, allorché alcuno cerchi cose nuove e contro
l'ammonizione dell'Apostolo si sforzi di sapere più che saper non convenga, e
troppo in se presumendo pensi di cercare la verità fuori della Chiesa Cattolica,
nella quale senza la più leggera macchia di errore essa ritrovasi, per la qual
cosa è appellata ed è colonna e firmamento della verità. Ben intendete poi,
Venerabili Fratelli, che Noi qui parliamo altresì di quel fallace sistema di
filosofia non da si poco introdotto, e riprovevole affatto, secondo il quale per
la sfrenata e impetuosa cupidità di innovazioni non si cerca la verità dove
necessariamente ella è, ma neglette le Sante ed Apostoliche tradizioni, altre
dottrine vuote, sottili, incerte e dalla Chiesa non approvate si abbracciano,
colle quali uomini vanissimi indarno pensano di confortare e sostenere la
medesima verità.
Mentre poi scriviamo queste cose per la cura e per la
sollecitudine dataCi da Dio di conoscere, definire e custodire la sana dottrina,
gemiamo per la acerbissima ferita che Ci ha inflitta nel cuore l'errore di
questo figlio, né veruna speranza di consolazione Ci rimane nella somma angustia
onde Ci rammarichiamo, se egli non torna nelle vie della giustizia: leviamo
insieme gli occhi e le mani a Colui che è duce di sapienza ed emendatore dei
sapienti, e con molte preghiere lo supplichiamo che datogli un cuor docile ed un
animo grande con cui ascolti la voce del padre amantissimo e dolentissimo, da
lui si porga quanto prima letizia alla Chiesa, al vostro Ordine, a questa Santa
Sede ed alla Nostra umiltà. Noi per certo stimeremo fausto e felice quel giorno,
in cui Ci avvenga di stringere al Nostro seno questo figlio in sé ritornato; per
l'esempio del quale abbiamo grande speranza che rientreranno in se medesimi gli
altri ancora che dietro a lui poterono essere tratti in errore; sicché un solo
sia presso di tutti, per l'incolumità della cosa pubblica e sacra, il
consentimento nelle dottrine, una la ragion dei consigli, una la concordia delle
azioni e degli studi; il qual bene grandissimo Noi cerchiamo ed aspettiamo dalla
vostra pastorale sollecitudine: che voi, con supplici voti unendovi a Noi,
impetrerete dal Signore.
Ed in questo pregandovi il divino aiuto, impartiamo
l'Apostolica Benedizione a voi e alle vostre Greggi, la quale auspice vi sia di
tal presidio.
Dato in Roma, presso San Pietro, il 25 Giugno 1834, del Nostro Pontificato l'anno IV.
GREGORIO PP. XVI.