ENCICLICA
«ETSI MULTA»
(Pio IX)
LETTERA ENCICLICA
AI VENERABILI FRATELLI PATRIARCHI
PRIMATI ARCIVESCOVI VESCOVI
E AGLI ALTRI ORDINARI
AVENTI CON L’APOSTOLICA SEDE
PACE E
COMUNIONE.
«Lamenta le
sciagure della Chiesa in Italia,
in Germania e In Svizzera, respinge le
calunnie dei Regnanti,
protesta contro le sette»
VENERABILI FRATELLI
SALUTE E
APOSTOLICA BENEDIZIONE
La parte centrale e maggiore di questa Enciclica è dedicata alla situazione della Chiesa e dei cattolici in Germania e in particolare in Prussia, dove Bismarck aveva iniziato quella politica di laicizzazione dello Stato che è conosciuta con il nome di "Kulturkampf".
La proclamazione del dogma dell’infallibilità papale, da parte del Concilio Vaticano del 1870 aveva provocato dissensi nelle file cattoliche in Germania e in Svizzera: i dissenzienti si riunivano nelle associazioni chiamate "Antichi cattolici". Forse Bismarck pensò di valersi di questi dissensi per fondare una chiesa cattolica nazionale tedesca, sottratta alla Gerarchia della Chiesa? Comunque, emanò una serie di leggi limitative della libertà della Chiesa in materia di insegnamento e contro le congregazioni religiose, giungendo alla rottura aperta con la Santa Sede, fino alla soppressione dell’ambasciata a Roma.
La diffusione della setta degli "Antichi cattolici" è severamente denunciata dall’Enciclica come eresia condannata in quanto apertamente ribelle alla disciplina della Chiesa. La setta si era eletto un capo nella persona del teologo Giuseppe Uberto Reinkens (nato a Burtscheid presso Aquisgrana nel 1821, morto a Bonn nel 1S96) che per le sue opere polemiche contro il Concilio Vaticano era già stato sospeso a divinis. La designazione del Reinkens quale "vescovo" degli a Antichi Cattolici" è il motivo per cui in questa Enciclica viene lanciata contro di lui la scomunica maggiore "vitando" che si legge nelle pagine seguenti.
Sebbene per varie cause
abbiamo dovuto soffrire molti aspri dolori fin dall’inizio del Nostro lungo
Pontificato (e di queste sofferenze spesso abbiamo parlato nelle Nostre
Encicliche), tuttavia in questi ultimi anni sono tanto aumentate le tribolazioni
che quasi ne saremmo annientati se non Ci sostenesse la benevolenza Divina.
Anzi, siamo arrivati al punto che persino la morte sembra preferibile alla vita,
alla vita così tempestosa, e talora siamo costretti, alzando gli occhi al Cielo,
a esclamare: "È meglio morire che vedere i mali di ciò che è santo!" (I
Machab. III, 59). Il fatto è che, da quando quest’alma Città, Nostra per
concessione di Dio, fu presa per violenza di armi e sottoposta al governo di
uomini spregiatori del diritto e nemici della Religione, agli occhi dei quali si
mescolano in un solo guazzabuglio tutte le cose divine e umane, non passò quasi
giorno senza che con sempre nuove ingiurie e maltrattamenti si infliggesse
qualche nuovo colpo al Nostro cuore già ferito. Risuonano ancora alle Nostre
orecchie gli strazianti gemiti dei religiosi e delle religiose che, scacciati
dalle loro sedi e mancanti di tutto, sono stati abbattuti, dispersi ostilmente,
come suole accadere in quei luoghi dove predomina quel partito che tende a
sovvertire la società; poiché come, su testimonianza di Atanasio, diceva il
grande Antonio, il diavolo odia tutti i cristiani, ma non può in nessun modo
sopportare i fedeli monaci e le suore di Cristo. Abbiamo anche constatato poco
fa ciò che non avremmo mai sospettato sarebbe accaduto e cioè che venisse tolta
la Nostra Università Gregoriana, istituita in modo che (secondo l’opinione
dell’antico autore scrivente sulla scuola Romana degli Anglosassoni) i giovani
chierici che dovevano istruirsi nella dottrina e nella Fede Cattolica affluivano
anche dalle più lontane regioni, che nelle loro Chiese non si insegnava nulla di
dannoso o contrario all’unità cattolica e così rinforzati nella Fede tornavano
alle loro faccende. Così, mentre con malvagi artifici a poco a poco Ci vengono
sottratti tutti gli strumenti di difesa e i mezzi coi quali possiamo guidare e
controllare tutta la Chiesa, è chiaro quanto sia lontano dalla verità e
contrario a questa ciò che poco fa venne affermato: che col togliere a Noi la
Città non è stata per nulla diminuita la libertà del Romano Pontefice
nell’esercizio del ministero spirituale e nel trattare quelle cose che
riguardano il mondo cattolico; e nello stesso tempo ogni giorno più chiaramente
si dimostra ciò che abbiamo tante volte e con tanta insistenza dichiarato con
verità e con giustizia: cioè che la sacrilega usurpazione del Nostro dominio
mirava soprattutto a spezzare la forza e l’efficacia del primato Pontificio e
persino a distruggere apertamente, se possibile, la Religione
Cattolica.
Non avevamo particolarmente stabilito di scrivervi su
queste sciagure che tormentano nello stesso tempo Roma e tutta l’Italia; anzi
forse avremmo soffocato con un mesto silenzio questi Nostri affanni, se per
Divina benevolenza Ci fosse concesso di poter alleviare gli atroci dolori che
affliggono tanti Nostri Venerabili Fratelli Vescovi e il loro clero e popolo in
altre regioni.
Certamente sapete, Venerabili Fratelli, che alcuni
Cantoni della Confederazione Svizzera, non tanto spinti dagli eterodossi, dei
quali anzi alcuni di tali Cantoni hanno disapprovato la scelleratezza, quanto
dagli attivi seguaci delle sette, i quali a poco a poco oggi hanno preso il
comando su tutto, hanno sconvolto ogni ordine, hanno minato le stesse fondamenta
della costituzione della Chiesa di Cristo, non solo contro ogni norma di
giustizia e di ragione, ma anche contro la Fede pubblicamente impegnata; poiché
per solenni patti muniti del consenso e dell’autorità delle leggi della
Confederazione, la libertà religiosa dei Cattolici dovrebbe rimanere intatta.
Nella Nostra allocuzione del 23 Dicembre dell’anno scorso abbiamo deplorato
vivamente la violenza recata alla Religione dai governi di quei Cantoni "sia
facendo decreti sui dogmi della fede cattolica, sia favorendo gli apostati, sia
impedendo l’esercizio del potere Vescovile". Ma le Nostre giuste
lamentele, espresse anche dal Nostro incaricato d’affari, per Nostro ordine, al
Consiglio Federale, furono apertamente trascurate; né maggior conto si tenne
delle richieste formulate ripetutamente dai Cattolici di ogni ordine e
dall’Episcopato svizzero; anzi, sopra le ingiurie precedenti se ne accumularono
altre più gravi. Infatti, dopo la violenta espulsione del Venerabile Fratello
Gaspare, Vescovo Hebronense e del Vicario apostolico Gebennense, espulsione che
fu tanto di onore e di gloria per chi la pativa quanto di vergogna e disdoro per
coloro che la facevan compiere e la eseguivano, il governo Gebennense, il 23
Marzo e il 27 Agosto di quest’anno, promulgò due leggi apertamente conformi
all’editto del mese d’Ottobre dell’anno prima, che abbiamo riprovato nella
ricordata allocuzione. Senza dubbio quel governo si è arrogato il diritto di
riformare in quel Cantone la costituzione della Chiesa Cattolica e di trattarla
in forma democratica, sottoponendo il Vescovo all’autorità civile, tanto
nell’esercizio della propria amministrazione e giurisdizione quanto nella
delegazione del suo potere; proibendogli di dimorare in quel Cantone;
determinando il numero e i confini delle parrocchie; stabilendo il modo e le
condizioni di elezione dei Parroci e dei Vicari, i casi e il modo della loro
revocazione e sospensione dalla carica; dando ai laici il diritto di nominarli e
l’amministrazione temporale del culto e ponendo questi laici a capo degli affari
ecclesiastici in genere, come ispettori. Queste leggi fecero anche in modo che
solo con licenza del governo, licenza per di più revocabile, i Parroci e i
Vicari potessero esercitare qualche funzione; e che non potessero accettare
nessuna dignità maggiore di quella che avessero conseguita per elezione del
popolo; e che fossero dal potere civile spinti a un giuramento formulato in
termini tali da contenere una vera e propria apostasia. Tutti vedono che tali
leggi non solo sono vane e senza nessuna efficacia in ogni modo per mancanza di
potere nei legislatori che sono laici e eterodossi; ma anche che in quelle cose
che prescrivono si mettono talmente contro ai dogmi della Fede Cattolica e alla
disciplina ecclesiastica sancita dal Sinodo Ecumenico Tridentino e dalle
Costituzioni Pontificie, sì che bisogna assolutamente che Noi le riproviamo e
condanniamo.
Noi pertanto, per Nostro dovere e per la Nostra
Apostolica autorità, solennemente le riproviamo e condanniamo; dichiarando pure
illecito e sacrilego il giuramento da esse prescritto; e che perciò tutti quelli
che nella località Gebennense o altrove siano stati eletti secondo le
disposizioni di quelle leggi o in modo press’a poco simile col voto del popolo e
la conferma del potere civile, e osino adempiere i doveri del ministero
ecclesiastico, incorrono immediatamente nella scomunica maggiore particolarmente
riservata a questa Santa Sede e nelle altre pene canoniche; e perciò tutti
questi devono essere sfuggiti dai fedeli, secondo il divino precetto, come
stranieri ladri che vengono solo per rubare, uccidere e rovinare (Joan. X,
5-10).
Sono davvero tristi e funeste queste cose delle quali
fin qui abbiamo parlato, ma di più tristi ne accaddero in cinque dei sette
Cantoni dei quali consta la diocesi di Basilea: cioè Soloduro, Berna, Basilea,
Campestre, Argovia, Turego. Anche qui sono state fatte leggi sulle parrocchie e
sull’elezione e revocazione dei Parroci e dei Vicari, leggi che sconvolgono il
regime della Chiesa e la divina costituzione e sottopongono il ministero
ecclesiastico al dominio secolare e scismatico; e perciò le riproviamo e
condanniamo, specialmente quella che fu emanata dal governo di Soloduro il 23
Dicembre 1872, e decretiamo che siano in eterno considerate come riprovate e
condannate.
Inoltre, avendo il Venerabile Fratello Eugenio,
Vescovo di Basilea, con giusta indignazione e apostolica fermezza respinti certi
articoli decretati e imposti nel conciliabolo o, come dicono, "conferenza
diocesana", alla quale erano convenuti i delegati dei cinque Cantoni suddetti, e
non potendo fare a meno di respingerli perché offendevano l’autorità vescovile,
sovvertivano il regime gerarchico e favorivano apertamente l’eresia; per questa
ragione fu tolto dall’Episcopato, cacciato dalle sue case e violentemente
mandato in esilio. Allora non si tralasciò nessun inganno, nessuna malvagità per
indurre in quei cinque Cantoni il clero e il popolo allo scisma; si proibì al
clero ogni rapporto col Pastore esiliato, si intimò al Capitolo cattedrale di
Basilea di intervenire all’elezione del Vicario capitolare o amministratore come
se quella sede vescovile fosse in realtà vacante; e a questa azione indegna il
Capitolo valorosamente si ribellò, emanando una protesta. Frattanto per decreto
e sentenza dei magistrati civili di Berna a nove dei sessanta Parroci del
territorio Imenense dapprima fu comandato di non adempiere le funzioni della
loro carica, poi fu tolta loro la carica stessa per la sola ragione che avevano
apertamente dichiarato di riconoscere unicamente per legittimo Vescovo e Pastore
il Venerabile Fratello Eugenio e di non voler vergognosamente staccarsi
dall’unità cattolica. Perciò accadde che tutto quel territorio che aveva
costantemente mantenuta la Fede Cattolica ed era stato unito al Cantone di Berna
con la legge e il patto di mantenere libero e inviolato l’esercizio della sua
Religione, fu privato delle concioni parrocchiali e delle solennità del
battesimo, delle nozze e dei funerali, mentre invano si lamentava e protestava
la folla dei fedeli, che sono stati portati a questo crudele dilemma: sono
costretti o a ricevere pastori scismatici ed eretici introdotti a forza
dall’autorità politica, o ad essere defraudati dell’aiuto e del ministero di
qualsiasi sacerdote.
Noi benediciamo Iddio che, con la stessa grazia con
la quale un tempo innalzava e rincorava i Martiri, sostiene ora e rinforza
quell’eletta parte del Gregge cattolico che eroicamente segue il suo Vescovo,
che mette un muro a difesa della Casa d’Israele perché stia saldo in battaglia
nel giorno del Signore (Ez. XIII, 5) e ignorando il timore cammini sulle orme
del capo dei Martiri Gesù Cristo, mentre opponendo la mansuetudine dell’Agnello
alla ferocia dei lupi, alacremente e costantemente difende la sua
Fede.
Questa nobile fermezza dei fedeli Svizzeri è emulata
con non meno lodevole sforzo dal clero e dai fedeli della Germania che anch’essi
seguono i begli esempi dei loro prelati. Questi infatti sono divenuti oggetto di
attenzione al mondo per gli angeli e per gli uomini che li vedono ovunque
combattere valorosamente le battaglie del Signore vestiti della corazza della
verità cattolica e dell’elmo della salvezza; e tanto più ne ammirano la forza
d’animo e l’invitta costanza e li lodano, quanto più di giorno in giorno si fa
forte la crudelissima persecuzione contro di loro scatenata nell’Impero
Germanico, e soprattutto in Prussia.
Oltre alle molte gravi ingiurie recate l’anno scorso
alla Chiesa Cattolica, il governo prussiano, con dure e perfide leggi che non
hanno nulla a che fare con gli antichi sistemi, subordina tutta l’istruzione e
l’educazione dei chierici al potere laico, così che a questo spetta indagare e
decidere in qual modo i chierici si debbono istruire e formare alla vita
sacerdotale e pastorale; e va più oltre: attribuisce a questo potere il diritto
di conoscere e di giudicare del conferimento di ogni carica e beneficio
ecclesiastico e anche di privare i sacri pastori della carica e del beneficio.
Inoltre, quanto più rapidamente e completamente il regime ecclesiastico e
l’ordine gerarchico stabilito da Cristo Signore vengono sovvertiti, sempre più
quelle leggi impediscono ai Vescovi di provvedere con censure e pene canoniche,
sia alla salvezza delle anime che alla bontà dell’insegnamento delle scuole
cattoliche e all’ossequio a loro dovuto dei chierici; infatti per quelle leggi i
Vescovi non possono fare queste cose altro che a beneplacito e a norma
dell’autorità civile. Finalmente, perché l’oppressione della Chiesa cattolica
fosse completa, fu istituito un Regio Tribunale per gli affari ecclesiastici,
nel quale possono citare i Vescovi e i sacri pastori, tanto i privati che
possono tenersi nascosti, quanto i pubblici magistrati, per farli giudicare e
punire come rei nell’esercizio del loro ufficio spirituale.
Così la Santissima Chiesa di Cristo, alla quale per
solenni e ripetute garanzie dei più grandi Principi e per pubbliche convenzioni
era stata data la necessaria e piena libertà di culto, ora piange in quei
luoghi, spogliata com’è di tutti i suoi diritti ed esposta a crudeli violenze
che le minacciano eterna rovina; perché le nuove leggi mirano a impedirle
ulteriore esistenza. Non c’è dunque da meravigliarsi che l’an