ENCICLICA
«QUOD NUNQUAM»

(Pio IX)

LETTERA ENCICLICA
AI VENERABILI FRATELLI ARCIVESCOVI E VESCOVI
DEL REGNO DI PRUSSIA
AVENTI CON L’APOSTOLICA SEDE
PACE E COMUNIONE.

«Sulla situazione della Chiesa Cattolica
di fronte alle persecuzioni del Governo di Prussia»

VENERABILI FRATELLI
SALUTE E APOSTOLICA BENEDIZIONE

Ciò che pensavamo non sarebbe mai avvenuto, ricordandoCi quanto nel 1821 fu concordemente stabilito fra questa Apostolica Sede e il potere supremo di Prussia, per l’incolumità e il bene del Cattolicesimo, abbiamo visto disgraziatamente accadere ai nostri giorni in quei vostri paesi, o Venerabili Fratelli, dove alla tranquillità che godeva la Chiesa di Dio è subentrata una violenta e inaspettata bufera. Poiché alle leggi che poco tempo fa furono sancite contro i diritti della Chiesa e colpirono molti ecclesiastici e molti fedeli valorosamente attaccati al loro dovere, se ne sono aggiunte altre che rovesciano dalle fondamenta la divina costituzione della Chiesa e calpestano i sacri diritti dei Vescovi.
Con queste leggi, infatti, è concessa ai giudici laici la facoltà di spogliare della loro dignità e della loro carica i Vescovi e gli altri ecclesiastici che hanno cura d’anime; si intralciano in tutti i modi coloro che sarebbero posti a esercitare la legittima giurisdizione in luogo dei pastori assenti; si intima ai Capitoli cattedrali di nominare i vicari quando ancora la sede vescovile, secondo i canoni, non è vacante; infine, per tralasciare il resto, è data la facoltà ai prefetti delle province di nominare persone anche non cattoliche che sostituiscano i Vescovi e al posto di questi e con eguali diritti presiedano alle diocesi, all’amministrazione dei beni temporali, siano questi destinati a persone sacre o a uso ecclesiastico. Sapete bene, Venerabili Fratelli, quali danni e maltrattamenti abbiano fatto seguito a tutte queste leggi e alla loro rigida applicazione. Appositamente omettiamo tutto questo per non accrescere col ricordo di cose luttuose il comune dolore; ma non possiamo tacere la sventura delle diocesi di Gnesna e Posnania e di Paderborn: gettati in carcere i Venerabili Fratelli Miecislao, Arcivescovo di Gnesna e Posnania e Corrado Vescovo di Paderborn, e pronunziata contro di loro una sentenza che ingiuriosamente li dichiara deposti dalla loro sede vescovile e dalla loro autorità; le suddette diocesi, prive del sostegno dei loro eccellenti pastori, sono state miseramente travolte in un mucchio di difficoltà e di sventure. E quei Venerabili Fratelli non Ci sembrano da compiangere, piuttosto da ammirare e da felicitare perché, memori delle divine parole: "Sarete beati quando gli uomini vi odieranno, vi sconfesseranno, vi ingiurieranno e rinnegheranno come abominevole il vostro nome a causa del Figliuolo dell’Uomo" (Luc. VI, 22) non solo nel custodire, conformemente all’importanza del loro Ministero, i diritti e le leggi della Chiesa, non si sono lasciati spaventare dal pericolo sovrastante e dalle leggi nemiche; ma anzi ritengono onorevole e glorioso, come pure altri notevolissimi Vescovi di codesta regione, subire per la giustizia una condanna immeritata e degna di malfattori, dimostrando un valore che è a edificazione di tutta la Chiesa. Ma benché si debbano lodare piuttosto che commiserare, tuttavia il disprezzo della dignità vescovile, la violazione della libertà e dei diritti della Chiesa, i maltrattamenti che opprimono non solo quelle diocesi, ma anche le altre del Regno di Prussia, esigono che Noi, per l’Apostolica carica affidataCi da Dio nonostante i Nostri meriti insufficienti, protestiamo contro tali leggi che hanno originato così grandi mali e ne fanno temere altri ancora; e che per quanto possiamo con la santa autorità del diritto divino, rivendichiamo alla Chiesa la libertà calpestata con sacrilega violenza. Perciò con questa lettera intendiamo compiere il Nostro dovere dichiarando apertamente a tutti coloro, ai quali questo riguarda, e a tutto il mondo cattolico, che quelle leggi sono nulle perché assolutamente contrarie alla divina costituzione della Chiesa. Infatti, nelle cose che riguardano il Santo Ministero, il Signore non ha messo alla direzione i potenti di questo secolo, ma il Beato Pietro, al quale affidò l’incarico di pascolare non solo i suoi agnelli, ma anche le pecore (Joan. XXI, 16-17); di conseguenza nessun potere del mondo, per quanto alto, può privare della carica pastorale coloro "che lo Spirito Santo ha creati Vescovi per pascolare la Chiesa di Dio" (Act. XX, 28).
A ciò si aggiunge una cosa assolutamente indegna di gente illustre, e crediamo che questo sarà riconosciuto anche dai non cattolici che non abbiano prevenzione di partito: il fatto, cioè, che quelle leggi, munite di severe sanzioni comminanti dure pene a coloro che non le osservano, e aventi pronta la forza militare per la loro esecuzione, spesso mettono i pacifici e inermi cittadini, giustamente contrari ad esse per scrupolo di coscienza (il che non potevano ignorare né trascurare i legislatori stessi), nella condizione di uomini miseri e afflitti, oppressi e incalzati da una forza maggiore inevitabile. Di modo che quelle leggi non sembrano fatte per esigere una ragionevole obbedienza da liberi cittadini, ma quasi imposte a schiavi, per ottenere con la forza del terrore un’obbedienza coatta. Ciò nonostante, non vogliamo che tutto questo sia inteso nel senso che Noi riteniamo quasi giustificati coloro che per timore hanno preferito obbedire alle leggi degli uomini, piuttosto che a Dio; e ancor meno che possano sfuggire alla punizione del Dio Giudice quei malvagi, se ve ne sono, che sostenuti solo dall’autorità civile temerariamente occuparono le Chiese parrocchiali e osarono arrogarsi nel sacro ministero. Anzi dichiariamo che questi uomini perduti e quanti altri in avvenire operassero simile delittuosa intrusione nel governo della Chiesa, sono incorsi e incorrono a norma dei sacri canoni, di diritto e di fatto, nella scomunica maggiore; ed esortiamo i devoti fedeli a non assistere alle loro funzioni sacre, a non ricevere da loro i Sacramenti e ad astenersi dal frequentarli, perché il cattivo fermento non contamini la massa incorrotta.
Fra queste sciagure valse ad alleviare il Nostro dolore la vostra fortezza e costanza che veramente, Venerabili Fratelli, nel sostenere la lotta fu emulata a gara dal resto del clero e dai fedeli che con così grande fermezza d’animo osservarono i doveri cattolici e si comportarono così lodevolmente da richiamare sopra di se l’ammirata attenzione di tutti, anche dei più restii. Né poteva avvenire diversamente: poiché "quanto il precipitare di chi precede fa cadere pericolosamente chi segue, altrettanto invece è cosa utile e vantaggiosa che il Vescovo sia esempio da imitarsi per i fratelli quanto a fermezza di fede" (S. Cipr. Epist. 4).
Dio volesse che in tanta angoscia potessimo portarvi un po’ di conforto! Intanto, ferma restando questa Nostra protesta per tutto ciò che si oppone alla divina costituzione della Chiesa e alle sue leggi, nonché per la violenza che ingiustamente vi si usa, non vi mancheranno certamente, secondo le circostanze, i Nostri consigli e opportuni ammonimenti.
Sappiano poi, coloro che vi osteggiano, che se voi rifiutate di dare a Cesare ciò che è di Dio non fate alcuna ingiuria all’autorità regia e non le togliete nulla. Poiché sta scritto: "Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini" (Act. V, 29); e sappiano anche che ognuno di voi è pronto a dare a Cesare il tributo e l’ossequio in ciò che è soggetto al potere civile, non per la forza della sua ira, ma per la legge della vostra coscienza.
Così compiendo accuratamente gli uni e gli altri doveri e obbedendo agli ordini di Dio, siate di alacre animo e continuate come avete incominciato. Perché è già un bel guadagno se avete la pazienza, se avete sostenuto le prove per il nome di Gesù e non avete disertato (Apoc. II, 3). Alzate gli occhi a Colui che vi precedette soffrendo mali più gravi e "incontrò la pena di morte ignominiosa, perché le sue membra imparassero a fuggire le lusinghe del mondo, a non temere i terrori, a amare le sventure per la verità, a riputare con timore la prosperità". Egli dice che vi ha messi in questa lotta, vi darà le forze necessarie per sostenerla. "In Lui è la speranza, a Lui sottomettiamoci e chiediamo misericordia ". Già vedete che è avvenuto quel che Egli aveva profetizzato: abbiate dunque fiducia che senza dubbio sarà mantenuto quel che promise. Egli disse: " Nel mondo soffrirete; ma abbiate fiducia: io ho vinto il mondo".
Ora, fiduciosi in questa vittoria, supplichevoli imploriamo intanto dallo Spirito Santo la pace e la grazia; e molto affettuosamente impartiamo a voi e a tutto il clero e ai fedeli a voi affidati, come pegno del Nostro particolare affetto, l’Apostolica Benedizione.

Data a Roma, presso San Pietro, il 5 febbraio 1875, anno XXVIII del Nostro Pontificato.

PIO PP. IX.