La
madre di Gesù
nel
Nuovo Testamento
JOHN
McKENZIE
(In
Concilium,
rivista internazionale di teologia, © www.queriniana.it)
Lo
scopo di questo
articolo è quello di riconsiderare il posto di Maria negli studi biblici
contemporanei dentro la chiesa cattolica romana.
Anzitutto bisogna
osservare che gli studi biblici su Maria, come la mariologia nell'insieme,
si sono arrestati quasi completamente a partire dal concilio Vaticano II.
Cercherò di esporre nel modo migliore possibile i fattori che hanno
arrestato gli studi biblici su Maria, così come la responsabilità che gli
stessi studi biblici hanno nell'eclissi attuale della mariologia.
1/
UN DIBATTITO ECUMENICO RECENTE
II/ ESEGESI CRITICA E TRADIZIONI MARIANE
III/ I RACCONTI DELL'INFANZIA DI MATTEO E DI LUCA
IV/
IL CONCEPIMENTO VERGINALE DI GESÙ
Essa
giustifica altresì un'ulteriore investigazione sulla realtà storica sul
concepimento verginale di Gesù.
Tale investigazione è stata fatta da Joseph
Fitzmyer e Raymond Brown.
Senza dubbio il concepimento verginale
di Gesù non si colloca sullo stesso livello storico della morte di Gesù in
croce.
La cauta conclusione di Brown è che l'analisi storica e critica
dei testi non esclude l'affermazione di fede che Gesù fu concepito verginalmente.
L'altrettanto prudente conclusione di Fitzmyer esprime
Nessuno di questi due studiosi - ambedue membri
del gruppo ecumenico che preparò MNT - asserisce che la documentazione
letteraria spinge ad un'affermazione di fede sul concepimento verginale di Gesù.
D'altra
parte nessuno dei due studiosi esclude che la teoria del concepimento
verginale di Gesù sia presente nel testo come un theologùmenon, un'espressione,
mediante un racconto, della fede nel fatto che Gesù è il figlio di Dio,
accolta di recente da alcuni studiosi romano-cattolici.
Questa
prospettiva sembra essere sostenuta dal fatto che la credenza che Gesù fosse il
Figlio di Dio è senza dubbio espressa frequentemente nel Nuovo Testamento,
specialmente nei vangeli e in Paolo, senza alcun riferimento all'assenza di
un padre umano.
Ciò sorprende quanto mai nel vangelo di Giovanni, la cui
proclamazione del Figlio Unigenito concorda mirabilmente con l'annuncio del
concepimento
verginale.
Inoltre Giovanni mostra di non avere alcuna consapevolezza del
concepimento verginale.
Si può sintetizzare la documentazione sul
concepimento verginale di Gesù dicendo che non si sarebbe potuto addurre alcun
testimone del
I vangeli di
Matteo e di Luca non solo non danno alcuna prova della testimonianza di Maria
e di Giuseppe, ma hanno anzi indicazioni positive del fatto che sono stati
scritti senza la loro testimonianza.
V/ LA VERGINITÀ PERPETUA DI MARIA
Strettamente
parlando, la questione della verginità perpetua di Maria, definita
tradizionalmente in termini di verginità
Ciò nondimeno, c'è del
materiale biblico che dev'essere preso in considerazione per alcuni aspetti
della questione.
Nei vangeli non c'è prova alcuna di un parto avvenuto senza la
perdita della verginità: questo sarebbe il parto verginale nel senso più
stretto
Anche gli altri libri del Nuovo Testamento non dicono nulla sulla virginitas
in partu.
Le prove per sostenere la verità di tale credenza devono essere
addotte da altre fonti teologiche.
La questione della verginità perpetua di Maria dopo la nascita di
Gesù (virginitas post partum) rientra senz'altro nella sfera dell'esegesi;
essa dipende dall'identità dei fratelli e delle sorelle di Gesù, menzionati
più volte in tutti e quattro i vangeli e negli Atti.
Non c'è dubbio che
il termine 'fratello' nella Bibbia è usato spesso per indicare altri
membri di un gruppo imparentato al di là di quelli che sono i figli di almeno
un genitore comune; esso indica membri dello stesso clan, della tribù e
persino della nazione.
Nel Nuovo Testamento si parla dei cristiani come 'fratelli' 160 volte; e di Gesù si dice che affermò che colui che fa la volontà del
Padre suo gli è fratello e madre (Mt. 12,50 Lc. 8,21; Mc. 3,35 aggiunge 'sorella').
Ma l'uso di 'sorella' per indicare una parentela più remota è molto più raro.
E non ci sono prove dell'uso di 'fratelli' e 'sorelle' per parenti
maschi e femmine più remoti, quando i termini accompagnano un elenco di nomi.
Di certo, Giacomo non è chiamato 'fratello del Signore' nel senso di uno
che «fa la volontà del Padre». Per lui, Giuseppe, Giuda e Simone (Mc.
6,3) il senso più probabile è che si trattasse di figli di
almeno un genitore comune (e così dicasi per le sorelle menzionate ibid.);
e in questo senso chiunque avrebbe inteso l'indicazione.
Nel
medesimo contesto marciano, il genitore menzionato è Maria, il che non è a prova della spiegazione, a volte
proposta, secondo cui si tratterebbe di figli avuti da Giuseppe in un matrimonio
precedente.
Si può esprimere il desiderio di una maggior precisione da
parte degli evangelisti o delle loro fonti nel parlare dei rapporti familiari
dei personaggi menzionati.
Ma poiché non è questo il caso, la prudenza
nell'interpretazione ci obbliga a lasciare i testi nella loro imprecisione.
VI/
GESÙ E LA SUA FAMIGLIA
1/
I dati esegetici
Connessa con la questione della verginità perpetua di Maria c'è
l'altra questione dei rapporti personali tra Gesù e i membri della sua 'famiglia',
qualunque fosse il grado di parentela tra di loro.
Giacomo, 'il fratello del Signore', figura negli Atti come un capo della comunità di Gerusalemme.
Ma tutti gli altri riferimenti a 'fratelli e sorelle' di Gesù indicano
esplicitamente una certa qual freddezza di rapporti tra costoro e Gesù,
o la implicano. Nell'ipotesi che la freddezza espressa chiaramente nel testo
di Marco sia stata intenzionalmente eliminata da Matteo e Luca, dal loro
trattamento redazionale del materiale, emerge un quadro che è, al più,
neutrale.
Incredulità
e ostilità sarebbero
chiaramente leggibili in Mc. 3,21; 3,31-35, se ad essere coinvolti neIl'episodio ci fosse
chiunque altro che non
sia Gesù e forse anche sua madre.
Matteo (I2,46-50)
e Luca (8,19-21), che conservano il detto
di Marco 3,31-35, a quanto
pare ne attenuano l'asprezza.
L'omissione da parte loro di Mc. 3,21 dice quale fosse la loro interpretazione
di questo versetto.
Il dibattito tra Gesù e i suoi «fratelli»in Gv. 7,1-9 non dipende da altri vangeli.
Ma, che ne
dipenda o meno, Giovanni dice che i fratelli di Gesù non credettero in lui
(Gv. 7,5).
La presenza di Maria con i fratelli di Gesù in Mc. 3,21. 31-35 non indica che Maria
condivideva
i loro sentimenti.
Le decisioni in siffatti problemi familiari erano prese dai
maschi adulti della famiglia estesa.
Con questa riserva ci si può chiedere se
le esperienze personali di Gesù con il suo parentado possano avere contribuito
a rendere ancor più aspri i suoi detti sul distacco dai membri immediati
della propria famiglia (Mt.
Ciò non vuole implicare che tali detti siano citazioni di parole esatte
di Gesù.
Il problema di come siano sorti non è né più grande né più
piccolo del problema concernente tutti gli altri detti attribuiti a Gesù.
Gli
ebrei avevano un fortissimo senso della famiglia e della parentela di sangue, un
senso che si trova in tutte le culture, ad eccezione
Forse è sufficiente
questo per spiegare il detto. Potrebbe risultare gratuito il chiedersi se il
detto implichi qualcosa sui rapporti tra Gesù e la sua famiglia immediata.
Ma
stiamo sul sicuro presumendo che i vangeli non fanno pensare a relazioni calde.
2/ Il problema della
valutazione teologica
Gli
argomenti in favore della verginità perpetua di Maria sono desunti tutti
dalla cosiddetta ratio theologicae convenientiae.
Nella teologia questo
tipo di argomento fu sintetizzato in un detto attribuito a Duns Scoto: Deus
potuit, decuit, igitur fecit (Dio avrebbe potuto farlo, avrebbe dovuto farlo
e quindi lo fece).
Quale grado di validità i teologi contemporanei attribuiscano a tale principio non saprei dirlo. Di certo esso sembra
,fare
del giudizio umano su ciò che è proprio di Dio il criterio di
quanto accadde nella storia, piuttosto che limitarsi a riportare eventi reali.
Poiché
le prove prodotte per la verginità perpetua di Maria non sono tali da resistere
alla normale investigazione storica, si comprende come credenti di ogni
tempo abbiano sostituito la 'convenienza teologica' alla mancanza di
documentazione.
Era facile presumere che il grembo umano che servì a concepire
il Verbo incarnato fosse stato usato esclusivamente per Lui e non condiviso da
nessun altro, né prima né dopo. E' meno facile presumere che il grembo umano
dovette essere preservato senza danno di sorta, perché ciò implica l'idea
nascosta che il parto 'danneggi' gli organi femminili della riproduzione.
Questo a sua volta conduce ad un'ulteriore
idea, che è 'meglio' che tali organi non siano mai usati per il loro scopo
biologico e sociale.
A questo punto lo studioso inizia ad
avvertire la possibile influenza di una qualche forma di gnosticismo; e
non ha bisogno di richiamarsi alla ratio theologicae convenientiae per
sapere che nel primo cristianesimo c'erano forme di gnosticismo che
identificavano la sessualità con il peccato e la peccaminosità radicale.
Si sa
che la credenza che Maria concepì senza ciò che per secoli fu chiamata «la
macchia del commercio carnale» concorda con gli ideali gnostici, così come s'addice ad essi la
Si può concludere che
Il miracolo della nascita, se si pensa ad esso nei termini in cui
Ulteriori questioni emergono quando la credenza nella nascita verginale viene confrontata con altre credenze che erano
La forma particolare di docetismo alla quale sto facendo riferimento era la credenza che Gesù passò attraverso il corpo
Forse ci dobbiamo
VII/ MARIA E GESU': MADRE E FIGLIO
La questione del rapporto personale di Gesù con sua madre non può
essere ignorata, per quanto arrogante tale discussione possa sembrare. Dico
arrogante, perché tali questioni che riguardano l'intimità personale possono
essere anche affare nostro. Persino per uomini e donne di interesse
storico, le cui vite sono molto meglio documentate che non le esistenze di Gesù
e di Maria, queste sono problematiche che di solito vanno al di là della
visione storica.
I pochi dialoghi personali tra Gesù e Maria di cui ci parlano i
vangeli ci dicono poco. Si tratta delle parole dette quando Gesù è
ritrovato al tempio (Lc. 2,48-49), del
dialogo alle nozze di Cana (Gv. 2,3-5) e
delle parole di Gesù sulla croce (Gv. 19,26-27).
Inoltre c'è il brano sulla madre e i
fratelli di Gesù, di cui abbiamo già parlato, e sul quale ritorneremo tra
breve.
Sul passo di Luca e sui due testi di Giovanni si può dire che la scienza esegetica moderna non solo è certa che essi non rappresentano
le parole veramente
dette in quelle occasioni; essa dubita anche se tali parole costituiscano qualcosa
che Gesù e Maria abbiano mai pronunciato.
Per questo l'asprezza indubbia delle parole di Gesù al tempio
e a Cana non ci dice nulla, se non quello che uno scrittore della chiesa
primitiva immaginò sul modo in cui Gesù avrebbe potuto parlare a sua madre, o
sul modo in cui ogni ebreo avrebbe potuto parlare alla propria madre.
Quanto
alle parolé di Gesù sulla croce, le prenderemo in considerazione più sotto.
Abbiamo già visto che le parole di Gesù ai suoi fratelli e su di loro non
mostrano alcuna cordialità.
La questione è se Maria, che nell'episodio
menzionato accompagnava i fratelli, vada considerata inclusa nella freddezza
espressa da Gesù verso la propria famiglia.
In qualsiasi altro caso, l'episodio verrebbe
letto come espressione di una cooperazione passiva di Maria all'iniziativa
dei fratelli.
Forse
dovremmo fermarci qui e abbandonare ogni ulteriore spiegazione a quanti credono
- senza alcuna prova biblica, ad
VIII/
MARIA COME DISCEPOLA IDEALE
Le parole rivolte a Maria dalla croce
(Gv.19,26-27)
non hanno paralleli nei sinottici.
Gli
altri vangeli non menzionano neanche la presenza di Maria presso la croce, benché
parlino della presenza di altre donne (Mc. 15,40-4I; Mt. 27,55-56;
Lc. 23,49). L'evangelista dice
chiaramente che tutti i discepoli erano fuggiti e che erano assenti
quando Gesù morì.
Non è strano che le fonti dei vangeli siano ambigue nel dire chi, di fatto, era
presente; ma I sinottici
non sono ambigui nel parlare dell'assenza di Maria
A
quanto pare, dobbiamo considerare le parole di Gesù a Maria e al discepolo amato
come una costruzione teologica di Giovanni.
Gli autori di MNT interpretano
ciò come l'intenzione di presentare Maria come l'ideale del discepolo.
In Marco e Matteo, Maria non figura come discepola. Neanche in Luca essa figura
come tale, ma i due cenni al suo ricordare gli eventi e meditare
su di essi (Lu. 2,I9.5I) possono indicare l'inizio
del discepolato.
In Atti 1,14 essa è presentata insieme ai discepoli che ricevono lo Spirito santo.
In Giovanni
essa è espressamente affidata alla cura dei discepoli (prendendo il discepolo
amato come loro rappresentante).
Non sono sicuro, come gli autori di MNT, che ciò comporti la presentazione di
Maria come l'ideale del discepolo. Ma è certo che qui si presentano i discepoli
che prendono il posto di Gesù nei confronti della madre
IX/
MARIA SENZA PECCATO
Ciò conduce alla questione sulla documentazione biblica del fatto che
Maria è senza peccato.
Il dogma dell'immacolata concezione di Maria fu proclamato senza alcuna prova
biblica e quindi va di là del nostro obiettivo.
Lo stesso si può dire per quanto riguarda la credenza nel suo essere senza
peccato.
Semplicemente, non conosciamo abbastanza su
di lei per pensare a qualcosa di diverso dal fatto che essa fosse una donna
di normale bontà, soggetta ai difetti e alla fragilità della nostra natura
umana decaduta. Nonostante questo, essa può continuare ad essere «l'orgoglio
solitario della nostra natura tentata», come Wordsworth la chiamò.
La credenza tradizionale non le permetterebbe nemmeno una sua crescita nella
fede, di cui s'è parlato sopra, la quale sembrerebbe implicare una qualche
imperfezione.
X/
LA MARIA REALE E LA MARIA FITTIZIA
La Maria storica e reale è almeno altrettanto sfuggevole del Gesù
storico e reale, anche se non per le stesse ragioni.
La documentazione storica
vera e propria su Maria è talmente esigua da imporre allo storico - nel caso si
trattasse di un qualsiasi altro
personaggio - un silenzio imbarazzante.
Di lei sappiamo tanto poco quanto
sappiamo della madre di Abraham Lincoln,
riguardo alla quale si riporta l'affermazione di Lincoln stesso, secondo cui
tutto quello che egli aveva lo doveva a quell'angelo di sua madre.
Nel caso di
Gesù non si può neanche dire che affermasse altrettanto di Maria.
Ma ciò ha
lasciato l'immaginazione della devozione cristiana totalmente disinteressata
all'informazione.
La Maria della leggenda, dell'arte, della poesia e innologia,
La fede nella figura di Maria della tradizione cristiana tradizionale è fede
in qualcosa che non è vero.
Il
simbolismo dell'arte ha sì un suo valore. Per anni ho scambiato cartoline
natalizie con gli amici, perché esse esprimevano i miei sentimenti sul Natale
meglio di quanto non potessi farlo io.
Il
simbolismo presuppone una fede in una
qualche realtà che è simboleggiata.
Ma qual è la realtà che l'arte, gli inni
e le leggende della tradizionale
devozione mariana hanno espresso?
Non c'è dubbio che i caratteri fittizi che significano determinati
valori simbolici spesso sono stati profondamente significativi. Basti pensare ad
alcuni
dei grandi personaggi descritti nelle
opere di Omero, Shakespeare, Dickens.
Coloro che sono di lingua madre diversa dall'inglese penseranno ad altre figure.
L'importanza di tali personaggi
dipese dall'intuizione, dall'immaginazione
e dalla maestria letteraria dei loro creatori. L'importanza dei personaggi storici e degli eventi storici è del
tutto
indipendente da tali fattori; essa dipende
dalla loro realtà.
Non direi mai che l'importanza di Gesù dipende dall'intuizione, immaginazione e arte letteraria degli evangelisti.
Nè alcuno dei
miei colleghi, penso, lo farebbe.
A Matteo, Marco, Luca e Giovanni manca quasi
del tutto il genio letterario e artistico quale lo possedeva Omero (chiunque
egli fosse, persona singola o più persone), Shakespeare e Dickens.
Come personaggio fittizio Maria è del tutto indistinta. La Maria della
devozione tradizionale è una figura plastica. Questa figura sembra essere
andata incontro ai bisogni dei periodi che l'hanno creata e si tratta soprattutto dei secoli che
vanno dal decimo al diciassettesimo.
Si può andare un po' oltre e dire che si trattava dei bisogni avvertiti
dalle classi dominanti del cristiansino che patrocinavano l'arte e la
letteratura di quei secoli.
La semplice realtà di una donna di casa di un
villaggio palestinese del primo secolo ovviamente non andava incontro a nessuno
di questi bisogni devozionali poiché non è questo che i poerni, gli inni,
l'arte e le leggende fanno oggetto di rappresentazione. Sulle donne di casa palestinesi non
sapevano nulla. Se fossero stati informati, avrebbero trovato
che Maria assomigliava alle serve delle cucine dei loro palazzi o alle paesane
dei loro territori. Essi di certo non avrebbero appeso dipinti di questa gente umile e
comune alle loro pareti, né avrebbero cantato inni di esaltazione
Prima di poter venerare Maria dovettero trasformarla
in una di loro, vale a dire, dovettero distruggerla.
Non dovremmo dimenticare
che è questo lo sfondo sul quale essa era considerata come il modello della
donna ideale: bella, senza peccato, in grado di raggiungere l'impossibile
sogno di essere insieme madre e vergine, e sempre una signora, 'la nostra
Signora'.
XI/
FUTURO DELLA MARIOLOGIA
Ci sì chiede come mai
la mariologia e la devozione mariana a partire
dal concilio Vaticano Il abbiano segnato il passo.
L'ultimo grande sforzo mariologico è stata la dichiarazione
dell'assunzione di Maria fatta da
Pio XII nel 1950.
Perché quest'alta marea
sia stata seguita immediatamente da un riflusso di mariologia
dovrebbe costituire un interessante tema teologico, che però va discusso
altrove.
Ma non è del tutto al di fuori
del mio argomento presentare alcune considerazioni sul corso futuro degli
sviluppi della mariologia.
E tali sviluppi saranno profondamente condizionati
dall'attuale silenzio che è caduto sulla mariologia.
Abbiamo notato che l'esigua conoscenza storica sulla vera Maria non fu ostacolo
allo sviluppo della mariologia e della devozione mariana.
Ciò che i cristiani non trovarono, Io
crearono.
Non c'è dubbio che la critica storica e biblica ebbero un effetto iconoclastico sulla
mariologia.
Mi chiedo se il crollo della mariologia sia dovuto soltanto ai
martelli dei critici.
La Maria della devozione tradizionale era destinata ad
andare incontro ai bisogni dei secoli in cui fu creata e fiorì.
Ci si chiede se andrà incontro - o se possa sperare di andare
incontro - ai bisogni della devozione moderna, se la bella signora senza peccato, che raggiunse l'impossibile
obiettivo di unire insieme verginità e
maternità non sia dello stesso stampo di santa Filomena, san Cristoforo o san
Valentino.
Se la devozione a Maria deve riprendere vita, deve farlo assumendo
una forma del tutto nuova. E se sapessi quale dovrebbe
Per
quanto posso capirne, il movimento femminista contemporaneo non concede
spazio di sorta alla devozione alla Maria tradizionale.
Se si deve dare forma ad una
nuova mariologia,
Ci sono senza dubbio teologhe femministe
sufficientemente preparate per dirci come
Credo sia sbagliato pensare che Gesù, perché uomo, appartiene più
propriamente agli uomini, e presupporre che la natura ci ha dotati di maggiori
capacità di comprenderlo.
Dovrebbe essere altrettanto sbagliato pensare che, per la stessa ragione,
Maria, perché donna, appartenga più propriamente alle donne.
Ma poiché credo che terminerò i miei giorni senza vedere la realizzazione
della speranza espressa da Paolo, il rispetto per la realtà esige che, per un po' di
tempo in futuro, lasciamo Maria nelle mani delle sue sorelle. Non so se
sarà in
Ho incominciato questo articolo con l'intenzione di concluderlo con un paragrafo che ora invece
ho deciso di non scrivere. Lasciate invece che concluda dicendo che la teologia
cattolica-romana ha un bisogno disperato di una specie di trasfusione di sangue; semplicemente
perché sia garantita la sua sopravvivenza e, col tempo, un certo recupero di energie.
Queste riflessioni sulla mariologia mi hanno reso nuovamente consapevole del fatto che non abbiamo mai avuto bisogno di
guardare lontano nel futuro. L'aiuto di cui abbiamo bisogno è a
Raccomando ai miei
E' nato nel 1910 a BraziI, Indiana (USA), cattolico, gesuita.
E' entrato nella Compagnia di Gesù ed e stato ordinato nel 1939.
Ha insegnato esegesi veterotestamentaria all'Università
di Notre Dame (USA), in quella di Chicago, nella Loyola University e nella De
Paul University di Chicago, Ill.
Tra le sue pubblicazioni in italiano: Il mondo dei Giudici, LDC, Torino,
Dizionario biblico, Cittadella, Assisi; Le scelte di Cristo, Cittadella,
Assisi; Teologia dell'Antico Testamento, Queriniana, Brescia 1978. Ha
collaborato al Grande Commentario Biblico, Queriniana, Brescia 1973.
(Indirizzo: 1445 NO State PKWY, Claremont, Cal, U.S.A.)