I figli nostri sono del Signore

Per quel breve tratto di strada in cui ci vengono affidati, insegniamo loro il senso della giustizia, lo spirito del comandamento e la partecipazione alla promessa

(Raffaele Volpe, da ' Riforma ', settembre 2002)


Gibran si è reso famoso con un piccolo libricino dal titolo «Il profeta». In questo libro vi è un capitolo sui figli in cui dice: «I vostri figli non sono i vostri figli. Essi sono i figli e le figlie della vita. Vengono attraverso di voi, ma non da voi, e benché stiano con voi, tuttavia non vi appartengono. Voi potete dar loro il vostro amore, ma non i vostri pensieri, poiché essi hanno i propri pensieri. Potete dare alloggio ai loro corpi, ma non alle loro anime, poiché le loro anime dimorano nella casa del future che voi non potete visitare neppure in sogno. Voi potete sforzarvi di essere come loro, ma non cercate di renderli simili a voi. Poiché la vita non va all'indietro e non si trattiene sullo ieri».

Noi e i nostri figli

E' senz'altro una bella citazione che, se volessimo, potremmo riassumere in una sola frase: i figli nostri sono del Signore. Sono i suoi figli e li affida a noi per un breve, brevissimo tempo. In questo tempo noi ci affaccendiamo, come Marta, intorno a molti servigi, benché il Signore ci dica: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti inquieti di molte cose, ma di una cosa sola hai bisogno». Di cosa abbiamo bisogno noi genitori? Di vivere per grazia anche verso i nostri figli, che cosa ci insegna la grazia? Ci insegna che un figlio è un dono di Dio, appartiene al Signore.
C'è un grande mistero, se mi permettete di rubare una espressione che Paolo usa nella lettera agli Efesini (5, 32); il mistero è questo: i figli sono del Signore, e quindi sono anche nel Signore. Sono del Signore e sono nel Signore! Questo mistero ci libera dalle ansie e dalle sollecitudini verso i nostri figli. Forse abbiamo spesso preteso che i nostri figli fossero come noi e seguissero le nostre orme e ci siamo dimenticati che noi e i nostri figli, viviamo tutti sotto la grazia, siamo tutti del Signore e nel Signore.
Con questo non intendo deresponsabilizzare i genitori. Ma la nostra responsabilità può solo fondarsi sulla calma della grazia, non certo sui nostri sforzi. Custoditi nella grazia di Dio, nel suo amore, cosa insegniamo ai nostri figli? Questo breve brano agli Efesini sui figli ci restituisce tre insegnamenti: il senso della giustizia, lo spirito del comandamento, la partecipazione alla promessa.

Il senso della giustizia

Oggi posso testimoniare senza esitazione che la cosa più importante che mio padre mi ha insegnato è il senso di giustizia. L'indignazione di fronte al sopruso. Dobbiamo insegnare ai nostri figli, sin da piccoli ad essere giusti e a non tollerare l'ingiustizia. In Thailandia, uno dei tanti paesi asiatici che ha conosciuto un grande boom economico negli ultimi decenni, c'è il più alto tasso di prostituzione infantile. Siri ë il nome di una ragazzina di quindici anni venduta dai genitori a un bordello. Molti scelgono Siri perché sembra più giovane dei suoi quindici anni: minuta, il viso rotondo, vestita in modo da accentuare l'età acerba. potrebbe averne undici o dodici. Poiché sembra una bambina, la si può vendere come «nuova» a un prezzo più alto, quindici dollari circa. quasi il doppio di quello che viene richiesto per le altre.
Dobbiamo spiegare ai nostri figli che Siri è la loro sorella, è anche nostra figlia. Dobbiamo spiegare ai nostri figli che fin tanto che nel mondo si potrà
comprare il corpo di una bambina, noi non possiamo smettere di lottare per la giustizia.

Lo spirito del comandamento

AI nostri figli insegniamo il senso della giustizia. Insegniamo lo spirito del comandamento. Nel numéro 21 del 24 maggio 2002 c'è nel nostro giornale Riforma una bella pagina dedicata al tema del punire e dell'educare. E a una intervista anonima a un educatore sulla punizione, l'educatore risponde che il senso della punizione è quello di insegnare il rispetto dell'altro. I ragazzi devono imparare che certi comportamenti sbagliati verso gli altri vanno puniti. È questo ciò che io intendo per spirito del comandamento: insegnare ai nostri figli che il comandamento ci chiede d'avere stima degli altri, e ci dice anche qual'è la punizione se manchiamo di rispetto.
C'è una fiaba ebraica che racconta di un uomo onesto che aveva un figlio disubbidiente. Un giorno venne a sapere che aveva mancato di rispetto a qualcuno e gli disse: «Stasera ti rinchiudo nella cantina buia». Quando venne la sera però cambiò idea: «Ci ho ripensato, invece di oggi, ti rinchiuderò domani».
Il giorno dopo disse: «Ti rinchiuderò la settimana prossima, perché prima devo mettermi in viaggio».
L'uomo parti per il suo viaggio ma quando tornò lo trovò in soffitta: si era impiccato. Disperato si rivolse ad un saggio dicendogli: «Io non lo punivo mai, rimandavo sempre la punizione che avevo minacciato di somministrargli, per dargli la possibilità di migliorare il suo comportamento». Ma il saggio disse: «Avresti dovuto punirlo, una punizione per quanto dura, si può sopportare più facilmente di una continua minaccia. La punizione una volta scontata è passata. Una minaccia invece che non viene compiuta, rimane sempre davanti al minacciato come un muro, ed egli non sa mai se verrà compiuta o meno».
Lo spirito del comandamento insegna ai nostri figli il rispetto degli altri. E non è fondato sulla minaccia, o sulla paura, o sulla rabbia senza controllo. È fondato sui rispetto delle regole, sulla punizione mai fine a se
stessa, ma sempre tesa ad educare. Lo spirito del comandamento, come anche il senso della giustizia sono avvolti dalla serenità della grazia. Altrimenti l'esperienza dell'ingiustizia, porterebbe all'indifferenza o alla disperazione. E il comandamento ci condurrebbe all'insostenibile peso della legge che non conosce l'abbraccio accogliente della misericordia.

La partecipazione alla promessa

IL senso della giustizia, lo spirito del comandamento, la partecipazione alla promessa. I nostri figli hanno bisogno di imparare che vivono nel tempo della promessa. La promessa è una porta che si apre. O meglio la promessa ci dice: ci sarà sempre una porta aperta nel tuo cammino. Anche nel momento più disperato della tua vita, c'è sempre una via di uscita, c'è sempre una tavolo imbandito o una festa da organizzare. La promessa insegna ai nostri figli a non vivere schiacciati sul presente. C'è un futuro, e loro sono chiamati a partecipare, a costruirlo. Dobbiamo insegnare loro a partecipare alla promessa, quindi ad investirli di una responsabilità, chiamarli in causa, coinvolgerli nel grande progetto del futuro. Spesso diciamo, ma sbagliamo, che i giovani sono il futuro della chiesa.. No,  i giovani sono coloro che costruiscono il futuro. Sono i testimoni viventi che c'è una promessa di Dio. Ed essi la realizzano perché come diceva Gibran «...la vita non va all'indietro e non si trattiene sullo ieri». Il che significa che la vita va solo in avanti e si appoggia sul futuro.

I nostri figli sono i figli di Dio

I nostri figli non sono nostri. Sono i figli di Dio. Per quel breve tratto di strada in cui ci vengono affidati insegniamo loro il senso della giustizia, lo spirito del comandamento, la partecipazione alla promessa.
Ma soprattutto insegniamo loro che la grazia di Dio, il suo amore eterno si è fatto carne in Cristo e tramite Cristo ci è donata la cosa più bella al mondo: il tenero abbraccio di Dio, il suo amore accogliente.


                        Ikthys