Che c'è tra me e te, o donna?
La mia ora non è ancora venuta
.

~ Esegesi di Giovanni 2:4, tratta dal Commento al Vangelo di San Giovanni di S. Agostino,
a cura di G. Ferraro, in Theotokos, 1999 ~


Nel suo commentario al vangelo di Giovanni, Agostino si sofferma a spiegare alcuni testi nei quali ricorre il termine "ora". Essi sono:
- il testo presente nella pericope delle nozze di Cana (2,4) e, per corrispondenza - annotata esplicitamente - quello della morte di Gesù in croce (19,27);
- i testi affini a quello di Cana, nei quali si afferma che l'ora di Gesù non è ancora venuta (7,30; 8,20);
- il testo fondamentale dell'inizio della preghiera sacerdotale di Gesù (17,1) e quelli ricorrenti nel discorso sulle opere riferentisi all'ora escatologica presente e futura (5,25.28).
Nel commento a questi passi l'esegeta sviluppa una dottrina profonda alla quale vanno ricondotti gli accenni agli altri passi contenenti il termine "ora".
Il primo dei testi che Agostino commenta a lungo, con grande sviluppo di pensiero e ricchezza di temi, è appunto la risposta di Gesù alla madre: "Che c'è tra me e te, o donna? La mia ora non è ancora venuta" (2,4), che rivela grande densità dottrinale circa la persona di Cristo.
Al dire di Agostino, "Certamente c'è qui nascosto un mistero".
Ecco la sua esposizione:
"Si tratta di cosa tanto importante che taluni (...) i quali contraddicendo il vangelo sostengono che Gesù non è nato da Maria vergine, credono di avere trovato una conferma al loro errore proprio in queste parole del Signore.
Come poteva essere sua madre, dicono, colei alla quale Cristo disse: "Che c'è tra me e te, o donna?
".
Nella spiegazione del significato di questo testo Agostino confuta gli eretici, che basandosi sulla prima parte della frase: "Che c'è tra me e te, o donna", negano che Maria sia la madre di Gesù e che il Figlio di Dio sia vero figlio di Maria.
Nasce così un'esposizione della dottrina agostiniana sull'incarnazione del Figlio di Dio.
"Perché dunque il Figlio ha detto alla madre: "Che c'è tra me e te o donna? Non è ancora venuta la mia ora" (2,4)?
Nostro Signore Gesù Cristo era Dio e uomo.
Come Dio non aveva madre, come uomo l'aveva.
Maria quindi era madre della carne di lui, madre della sua umanità, madre della debolezza che per noi assunse.

Ora il miracolo che egli stava per compiere era opera della sua divinità, non della sua debolezza, egli operava in quanto era Dio, non in quando era nato debole (...).
La madre esigeva un miracolo ed egli, accingendosi a compiere un'opera divina sembra insensibile ai sentimenti di tenerezza filiale.
È come se dicesse: quel che di me compie il miracolo non l'hai generato tu; tu non hai generato la mia divinità; ma siccome hai generato la mia debolezza, allora ti riconoscerò quando questa mia infermità penderà dalla croce.
È questo il senso della frase: "non e ancora venuta la mia ora" (2,4).
Allora (sulla croce) riconobbe la madre, che da sempre conosceva.
Conosceva sua madre prima di nascere da lei, quando la predestinò; e prima di creare, come Dio, colei nella quale sarebbe stato creato come uomo.

Tuttavia in una certa ora, misteriosamente, non la riconosce, e poi in un'altra ora, che ancora doveva venire, di nuovo misteriosamente la riconosce.
La riconobbe, nell'ora in cui stava morendo, ciò che ella aveva partorito. 
Moriva infatti non ciò per mezzo di cui Maria era stata creata, ma ciò che da Maria era stato fatto; non moriva l'eternità della divinità, ma l'infermità della carne.
Con quella risposta, dunque, il Signore opera il discernimento nella fede dei credenti, tra colui che venne e colei da cui venne.
E venuto infatti per mezzo di una donna, che gli è madre, colui che è Dio e Signore del cielo e della terra.
In quanto Signore del mondo, Signore del cielo e della terra, egli è anche Signore di Maria, in quanto Creatore del cielo e della terra è anche Creatore di Maria; ma in quanto "nato di donna, sotto la legge" (Gal 4,4) egli è il figlio di Maria.

È ad un tempo Signore e figlio di Maria, come vien detto figlio di Davide, ed è figlio di Davide perché è figlio di Maria (...). Come egli è insieme figlio e Signore di Davide (Mt 22,45), figlio secondo la carne, e Signore secondo la divinità, così è figlio di Maria secondo la carne e Signore di Maria secondo la maestà.
E poiché Maria non era madre della divinità e il miracolo che ella chiedeva doveva compiersi in virtù della divinità, per questo disse: "che c'è tra me e te, o donna?" (2,4).
Non credere però, Maria, che io ti neghi come madre; è perché "non è ancora venuta la mia ora" (2,4); allora, quando l'infermità di cui sei madre penderà dalla croce, io ti riconoscerò".

Commentando poi il testo corrispondente, quello appunto dell'ora in cui Gesù prima di morire affida la madre sua al discepolo, Agostino afferma:
"Questa è l'ora della quale Gesù nel momento di cambiare l'acqua in vino aveva parlato alla madre dicendo: "Che c'è tra me e te, o donna? La mia ora non è ancora venuta" (2,4).
Egli aveva predetto questa ora che non era ancora giunta e nella quale, morendo, avrebbe riconosciuto colei dalla quale era nato alla vita mortale.
Allora, quando stava per compiere l'opera divina sembrava allontanare da sé, come sconosciuta, la madre non della divinità ma della sua debolezza umana; al contrario adesso che stava sopportando sofferenze umane raccomandava con affetto umano colei dalla quale si era fatto uomo.
Allora colui che aveva creato Maria si manifestava nella sua potenza; adesso colui che Maria aveva partorito, pendeva nella croce".

La citazione espone una dottrina molto chiara sul mistero dell'incarnazione, ripetuta in altri punti del commentario.
Da quanto abbiamo riferito, ricaviamo che per Agostino l'ora di Cristo ha chiaramente come contenuto la sua passione e morte.
Nella risposta alla madre durante il banchetto di Cana: "Non è ancora venuta la mia ora", Gesù vuole affermare che non è ancora attuale il tempo della sua passione, il tempo in cui apparirà in tutto il suo impressionante realismo la debolezza, la kenosis, l'assoggettamento alla sofferenza, l'annientamento nella morte.
Perciò nel momento in cui lo cercavano per ucciderlo non potevano prenderlo, perché non era ancora venuta la sua ora, l'ora della passione e della morte.


Ikthys