Riflessioni teologiche sul potere nella chiesa
(GREGORY BAUM *, Montreal, Quebec, Canada)
(In Concilium, rivista
internazionale di teologia, © www.queriniana.it)
1/ La confusione odierna
Quello presente non è un buon momento per una riflessione teologica
sul potere all'interno della chiesa cattolica.
L'attuale sforzo del Vaticano di fare della chiesa una monarchia ecclesiastica dotata di
poteri dittatoriali è indecoroso e genera frustrazione a tutti i livelli della comunità
ecclesiale. Questo sforzo si compone di diverse strategie. I vescovi sono sottoposti in
misura crescente al controllo dell'amministrazione vaticana. Le traduzioni dei testi
liturgici e delle politiche pastorali approvate e adottate dai vescovi di una determinata
regione devono essere sottoposte a Roma e giudicate da funzionari vaticani che possono
essere privi di esperienza pastorale in tale regione.
Al sinodo per l'Asia tenuto a Roma nel 1998, molti vescovi asiatici hanno lamentato che le
loro istruzioni e i progetti pastorali fossero controllati da funzionari vaticani che non
conoscevano le culture dell'Asia.
In tempi recentissimi, una nuova serie di norme ha ridotto in maniera significativa il
potere delle conferenze episcopali che un ruolo tanto creativo hanno avuto dopo il
Vaticano II.
Oltre a questo, i singoli vescovi vengono esclusi dalla loro corresponsabilità per la
chiesa nella sua totalità, corresponsabilità riconosciuta dal Vaticano Il quale
principio di collegialità. L'amministrazione vaticana, spesso a nome del papa, pubblica
giudizi riguardanti importanti questioni morali ed ecclesiali senza una previa discussione
di tali materie con i vescovi della chiesa.
L'imposizione dell'unanimità nell'episcopato arriva al punto di richiedere che i
sacerdoti designati all'ordinazione episcopale promettano di concordare con diverse
proposizioni papali, fra cui la proibizione dell'ordinazione delle donne, tuttora oggetto
di discussione nella chiesa cattolica.
Contro l'insegnamento del Vaticano Il, i vescovi sono spinti a concepire se stessi sempre
più come rappresentanti locali del papa. Connessa all'esercizio della monarchia è la
nuova "Professione di fede" e "Giuramento di fedeltà" del 1989 [in
Enchiridion Vaticanum 11, Dehoniane, Bologna 1991, 684s], destinata ai titolari
dell'ufficio ecclesiastico e agli insegnanti presso le istituzioni cattoliche. Questa
professione contiene gli articoli del credo niceno da ritenere per fede, più alcune
proposizioni del magistero vaticano da accettare, non per fede, ma per obbedienza.
Confondendo i due livelli di adesione, il Vaticano tenta di espandere il proprio potere di
controllo sul pensiero cattolico. A partire da quel momento, l'amministrazione vaticana ha
intensificato la censura sui teologi, senza i dovuti processi e senza coinvolgere i
rispettivi vescovi, basandosi spesso su denunce inviate da singoli. Lo scopo dell'attuale
caccia alle streghe è di intimorire teologi e catechisti perché si guardino bene dalla
creatività teologica e conformino il loro insegnamento al catechismo romano. Contro il
genio della tradizione cattolica, la chiesa sta diventando una monarchia.
Teologi profondamente identificati con la tradizione cattolica hanno iniziato a criticare
la bizzarra situazione degli ultimi due decenni, in cui Roma ha perseguito scopi e
adottato politiche contrastanti con l'insegnamento e lo spirito del concilio Vaticano Il.
Richard McBrian ha sostenuto che, dopo la definizione del potere supremo e plenario del
papa al concilio Vaticano I, si è insinuata nella chiesa "una mentalità
assolutistica", e che il papa attuale ha adottato come stile di governo
"l'approccio monarchico del periodo pre-Vaticano I, anziché l'approccio cooperativo
e collegiale del Vaticano II".
In una parabola che dipinge la chiesa come una "tribù". Nicholas Lash parla del
presente come di un tempo in cui "il primo anziano della tribù è un uomo malato e
invecchiato, un leader in passato assai vigoroso la cui energia e risolutezza si vanno ora
riducendo a ostinazione. Attorno a lui, i capi minori manovrano per conquistare posizioni
vantaggiose, ordiscono congiure e stringono alleanze. Occupati negli intrighi di palazzo e
nella lotta per la successione, la loro reazione alla crisi che si approfondisce nel mondo
esterno ha il sapore non tanto della leadership, quanto della paranoia". Bernhard
Häring analizzò lo stato della burocrazia vaticana nella sua confessione di fede
pubblicata nel 1990 in The Tablet:
Nel decennio conclusivo del secondo millennio, la nevrosi paternalistica collettiva di
una minoranza vociferante [in Vaticano] va peggiorando. [Questi uomini], afflitti da
ossessione e paura, vivono ancora intellettualmente ed emotivamente con la vecchia
immagine della chiesa non solo come detentrice, ma come unica detentrice di tutte le
verità. La mentalità monopolistica [...] è viva e vegeta.
Il risultato è la distruzione delle relazioni esterne e, inevitabilmente, la produzione
di relazioni interne nevrotiche. Vi è un'atmosfera di diffidenza reciproca; è bene
accetto il mondo sotterraneo degli informatori; grande è la ricerca di riconoscimento
ufficiale; ed è ricompensato il conformismo [...]. Nei confronti dei cattolici critici,
[questa minoranza] adopera punizioni e giuramenti di lealtà assoluta per imporre il
riconoscimento dei propri diritti monopolistici in qualunque questione di fede e di
morale.
2/ Un'alternativa anarchica
La conclusione che traggo da queste osservazioni è che quello presente
non è un buon momento per una riflessione teologica sul potere nella chiesa. In
particolare, i cattolici che subiscono le restrizioni del governo ecclesiastico
sperimentano il potere e l'autorità nella chiesa come una forza sacra oppressiva. Simili
frustrazioni fanno apparire attraente la scelta anarchica.
Secondo la teoria anarchica, tutte le strutture di potere sono oppressive e producono una
cultura che promuove ingiustizia e disuguaglianza. Le strutture di potere deformano
l'inclinazione naturale delle persone a cooperare fra di loro. L'unica speranza di
rinnovamento della società sta negli sforzi condotti alla base da piccole comunità che
praticano uno stile di vita alternativo, si impegnano in imprese cooperative, e così
facendo favoriscono la trasformazione personale dei propri membri. La teoria anarchica
sostiene che le persone possono convivere nella giustizia e nell'amicizia senza che un
governo domini su di loro.
Avendo come buon amico un dotto storico che ha forti inclinazioni anarchiche, ho
incominciato a leggere dei testi anarchici, in particolare gli scritti di Pëtr Kropotkin.
Questo filosofo russo offrì una dimostrazione scientifica del fatto che le persone
possono vivere pacificamente in una società priva di sovrano. Come altri anarchici, egli
sostenne che il potere governativo imposto dall'alto ferisce la dignità delle persone, ne
deforma la prospettiva e istilla in loro inclinazioni innaturali. Gli anarchici non
vogliono nessun Dio, re o "capo". Nel suo Mutuo appoggio, Kropotkin sosteneva
contro Darwin che ciò che le persone ereditano dai loro antenati animali non è la lotta
per la sopravvivenza, bensì all'opposto un'inclinazione naturale alla cooperazione. I
mammiferi più evoluti sono caratterizzati, egli tentò di dimostrare, dal mutuo soccorso:
questo è per loro - e per gli esseri umani - una condizione essenziale per la
sopravvivenza. Gli esseri umani vengono al mondo nella più totale fragilità, senza zanne
o clave, bisognosi di agenti che si prendano cura di loro. Kropotkin sosteneva che gli
esseri umani hanno un istinto di mutuo soccorso. Essi sono per loro natura esseri etici
dotati di un senso della giustizia e di un'inclinazione alla generosità e al sacrificio
di sé. Ciò che li ha corrotti - il peccato che segna tragicamente la storia umana - è
il potere imposto dall'alto. Gli anarchici comunitari sono convinti che la società non
possa essere riformata o ricostruita dall'alto al basso attraverso una rivoluzione o un
governo progressista: essa può essere trasformata soltanto dal basso, da persone
convertite al mutuo soccorso, a una vita condotta in comunità alternative, ove esse
ricuperano le loro virtù naturali.
I cristiani sono stati spesso delusi o addirittura scandalizzati dal governo ecclesiastico
per la sua alleanza con i poteri mondani, per la sua volontà di accrescere la propria
autorità di governo, o per la sua difesa cieca di usi e istituzioni antiquati. In tali
momenti hanno spesso nutrito simpatia per l'alternativa anarchica. Se l'ideale di una
comunità umana priva di governo può essere un'attesa irrealistica per il mondo, può non
esser tale per la chiesa, governata com'è dallo Spirito Santo che agisce nel cuore di
tutti i suoi membri. Tale era la lettura tolstoiana delle Beatitudini. Questi cristiani
sostengono che la comunità messianica di Gesù Cristo obbedisce a un'unica voce, il Verbo
divino, rivelato nella Scrittura e proferito interiormente nell'esperienza di fede dei
discepoli. Nella chiesa - essi dicono - c'è la redenzione, compresa la redenzione dai
rapporti servo-padrone: nella chiesa siamo tutti servi gli uni degli altri.
3/ La difesa della verità
L'argomento secolare di Kropotkin secondo cui la famiglia umana
potrebbe vivere in pace e giustizia senza alcun governo non mi persuade. Se una piccola
comunità potrebbe essere in grado di realizzare questo ideale, qualunque grande progetto
sociale, per quanto partecipativo, ha bisogno di un centro reggente che abbia il potere di
sovrintendere ad attività ampiamente distribuite e di prendere le decisioni quotidiane
necessarie per mettere in atto il disegno complessivo convenuto da tutti. Non è possibile
costruire una cattedrale o un transatlantico senza una qualche sorta di governo, per
quanto dipendente dalla volontà generale. L'anarchico nel nostro animo ama la musica da
camera perché in essa vi sono armonia e cooperazione senza direttore. Senza direttore,
però, le grandi orchestre non farebbero bella musica. Mi sembra pertanto del tutto
sbagliato equiparare il potere di governo con l'oppressione o il dominio. Il potere di
governo è una cosa buona, necessaria anche nelle società partecipative.
Non mi persuade neppure l'applicazione dell'idea di Kropotkin della libertà dal governo
alla chiesa cristiana, per quanto questa sia guidata dallo Spirito Santo che parla nel
cuore dei fedeli. Vi sono due ragioni, mi pare, per cui la chiesa ha bisogno di un governo
ecclesiastico. Primo, siccome la chiesa non è una piccola comunità ma un grande progetto
storico, ha bisogno di un centro reggente di sovrintendenza e coordinazione. Secondo, e
più profondo, la chiesa ha bisogno di una struttura di autorità per proteggere il
vangelo, che è minacciato nel mondo: è minacciato perché l'autorivelazione di Dio è
allo stesso tempo "transrazionale" e "sovversiva". Il vangelo
trascende l'intelligenza umana ed è pertanto messo costantemente in questione dalla
ragione nelle sue varie forme; ed è sovversivo perché contesta la cultura dominante
dell'ingiustizia e ribalta i criteri del mondo peccatore. È per questo che il governo
nella chiesa non ha semplicemente una funzione amministrativa: ha autorità religiosa.
Questo è attestato chiaramente nel Nuovo Testamento.
Poiché lo Spirito Santo, in quanto guida della chiesa, parla al cuore di tutti i fedeli,
vi è una logica imprevedibile nell'interazione fra coloro cui è stata conferita
autorità e i semplici credenti, cioè fra governanti e governati. Ci sono stati momenti
in cui l'autorità della chiesa ha difeso l'insegnamento e la pratica del vangelo contro i
desideri di larghi settori del popolo cristiano, e ci sono stati momenti in cui movimenti
di riforma del popolo cristiano hanno difeso la verità evangelica e spinto le autorità
ecclesiastiche a svegliarsi e a dare ascolto allo Spirito di Dio. Fra le autorità docenti
della gerarchia, dei teologi e del popolo cristiano esiste una dialettica vitale. Tali
autorità si trovano intrinsecamente in una relazione reciproca, e pertanto vanno
concepite come non parallele. Questa dialettica sospinta dallo Spirito, anche se non può
essere definita concettualmente, si è rivelata nella storia della chiesa, passata e
presente.
Il concilio Vaticano II fu per la chiesa cattolica un evento storico in cui il papa e i
vescovi furono disposti ad andare alla scuola di vari movimenti di riforma che esistevano
già da qualche tempo nella chiesa, spesso con la disapprovazione dei censori
ecclesiastici. Al concilio Vaticano II questi movimenti di riforma furono riconosciuti
come minoranze profetiche che recavano un messaggio per la chiesa nel suo complesso. Sotto
il loro influsso il magistero ufficiale della chiesa cambiò idea sul movimento ecumenico
(prima ripudiato, ora visto come strumento dello Spirito), la libertà religiosa (prima
condannata, ora affermata con forza), l'atteggiamento verso il popolo ebreo (definito
prima "perfidi giudei", ora coerede di un comune retaggio spirituale) e
l'obiezione di coscienza al servizio militare (prima rifiutata, ora oggetto di grandi
onori). Sotto il medesimo influsso, il magistero ufficiale arrivò a promuovere norme
teologiche innovative come la collegialità, la missione profetica del laicato, il diritto
dei cattolici dissenzienti di far udire la propria voce, e la missione sociale della
chiesa di rendere testimonianza alla giustizia sociale e ai diritti umani.
Ciononostante, dopo il concilio Vaticano Il, il potere papale di insegnare e legiferare ha
cessato di essere inserito nell'interazione collegiale con vescovi, sacerdoti e popolo, e
va attingendo un controllo monarchico. Al contempo, paradossalmente, sono grato
dell'esistenza, nella chiesa cattolica, di un'unica voce dell'autorità, capace di
pronunciarsi a nome del vangelo, come ha fatto su tante questioni etico-sociali papa
Giovanni Paolo Il. Egli ha sostenuto l'opzione per i poveri, denunciato il capitalismo
neoliberale, messo in guardia contro l'idolatria del mercato, affermato la priorità del
lavoro sul capitale, levato la propria voce contro la dittatura, condannato la guerra del
Golfo, cercato giustizia per i palestinesi e ricevuto Arafat prima che divenisse persona
rispettabile. Molte delle posizioni del papa si sono opposte al governo e all'opinione
pubblica degli Stati Uniti, unica superpotenza mondiale. Parecchi anni fa, un mio amico,
un teologo americano, mi disse di temere l'idea che i vescovi dovessero essere eletti dal
popolo. Perché? Perché temeva che il popolo avrebbe eletto vescovi uomini come Reagan e
Bush. Nell'imprevedibile dialettica fra i livelli di autorità nella chiesa, il papato è
oggi una voce contraria all'impero mondiale. Viene persino da domandarsi se l'ostinata
difesa papale del ruolo tradizionale delle donne e del codice dei costumi sessuali
ereditato contro il senso etico della società moderna non sia dovuto, almeno in parte, al
fatto che le più forti proteste contro di essi provengono dal paese più potente e ricco
del mondo.
Secondo un principio strutturale implicito nel cattolicesimo, la centralizzazione deve
essere contenuta e controbilanciata dalla decentralizzazione. Un chiaro riconoscimento
dell'interazione dinamica fra forze centralizzatrici e decentralizzatrici nella chiesa
trova espressione in una recente dichiarazione (ottobre 1998), sottoposta ai vescovi
canadesi da un gruppo di cattolici, circa la crescente carenza di sacerdoti, il numero
sempre maggiore di parrocchie prive di pastore, e l'esaurimento fisico e mentale patito
dal clero restante. La dichiarazione lamenta che i vescovi canadesi non abbiano
commissionato uno studio approfondito della questione, né abbiano esaminato le
conseguenze pastorali del rifiuto di ordinare uomini e donne secondo nuovi criteri di
idoneità. Ecco l'istanza della dichiarazione. "Ai vescovi non si dovrebbe più
impedire di intraprendere i cambiamenti necessari per il bene della chiesa locale dietro
il pretesto dell'obbedienza al potere centrale. Non si tratta di incoraggiare
l'insubordinazione, ma di elaborare uno stile d'azione che incoraggi l'assunzione delle
iniziative necessarie a produrre i necessari miglioramenti".
4/ Potere sacro
La chiesa non è soltanto una comunità di credenti in cui è
annunciato e celebrato il Verbo divino, ma anche e allo stesso tempo la comunità con cui
Cristo ha identificato se stesso. La chiesa è segnata dal principio di incarnazione: essa
incarna la presenza redentrice di Cristo nel mondo. Ovvia manifestazione di questo fatto
sono i gesti liturgici o sacramenti attraverso cui Cristo offre se stesso al suo popolo
eletto. Le consacrazioni sacramentali hanno introdotto nella chiesa la distinzione fra
sacro e profano.
Secondo una certa interpretazione teologica, l'incarnazione ha superato la distinzione,
operata in alcune parti dell'Antico Testamento, fra sacro e profano. La vita di Gesù,
veramente Dio e veramente umano, è allo stesso tempo sacra e profana, e
l'autocomunicazione di Dio rivelata in Cristo si offre nelle situazioni ordinarie della
vita, dove le persone esprimono la loro fede, la loro speranza e il loro amore. Questa
interpretazione teologica concepisce i sacramenti liturgici come celebrazione solenne
della presenza graziosa di Dio nell'interezza della vita umana, e perciò minimizza la
distinzione fra sacro e profano. L'incarnazione divina è vista quale rivelazione della
vita umana come simultaneamente profana e sacra.
Ciononostante, l'interpretazione teologica dominante dei sacramenti predilige una
distinzione rigorosa fra sacro e profano nella chiesa. La liturgia sacramentale crea nella
chiesa una sfera sacra che è chiaramente distinta dalla sfera profana del laicato. Questa
sfera sacra comprende uomini e cose. I primi sono gli ordinati, a diversi livelli di
potere sacro; e le seconde includono edifici, rituali, paramenti, vasi, medaglie e altri
oggetti materiali. Gli edifici ecclesiastici tradizionali manifestano la distinzione fra
sacro e profano mediante la divisione fra presbiterio e navata. Al presbiterio il laicato
non ha accesso, punto evidenziato nel Medioevo dallo jubé fra la navata e il coro.
Siccome il potere di governo nella chiesa ha la tentazione continua di gonfiarsi, il
potere sacro ha la tentazione di diffondersi, cioè di attribuirsi una sfera sempre più
ampia di attività, norme ed oggetti, di ricoprirli con un'aureola di divinità e di
esentarli da una critica razionale. Molto tempo fa, ricordo, i chierichetti nella
sacrestia sapevano che il calice era un vaso sacro che era loro rigorosamente proibito
toccare; tuttavia, quando i sacerdoti erano assenti, alcuni di loro, spinti dallo spirito
di trasgressione, raggiungevano il calice di nascosto, si guardavano attorno per essere
sicuri che non fosse presente nessun sacerdote, davano al calice una veloce ditata, e poi
si ritraevano fra le risa e il piacere. Il sacro crea tabù, e per l'esclusione che
implica, provoca inoltre trasgressione.
In una prospettiva teologica, il potere sacro è un fenomeno problematico. Studiando la
religione, sociologi e antropologi hanno fatto del sacro una categoria centrale. Il sacro,
ci dicono, è sperimentato come qualcosa di maestoso, che manifesta un potere superiore ed
è radicalmente distinto dal profano. Il sacro viene posto alla base dei valori
fondamentali della società e detto definire l'identità collettiva delle persone. Emile
Durkheim, uno dei fondatori della scienza sociologica, ha sostenuto che ogni società
genera un insieme di valori sacri che ne stabilizzano le fondamenta, che non possono
essere messi in discussione, e che convocano le persone al servizio del bene comune.
Quanto maggiore è la diseguaglianza nella società, tanto maggiore è anche la
sacralizzazione del potere governante. Re e principi sono intronizzati nel contesto di
liturgie divine. Seguendo la definizione funzionale della religione data da Durkheim, un
buon numero di sociologi interpretano oggi tutte le istituzioni incorporanti un'ideologia
totale come religioni. Considerati in questa prospettiva, fascismo e comunismo sono stati
definiti delle religioni: essi fornivano un'interpretazione autoritativa del mondo,
celebravano la loro dottrina in assemblee rituali, e sacralizzavano il loro insegnamento e
la loro guida in maniera tale da rendere tabù il metterli in discussione.
In prospettiva teologica, il potere sacro è un fenomeno ambiguo. Scrivendo dopo
l'esperienza del dominio nazista, il teologo tedesco Romano Guardini pubblicò nel 1952 il
libro Il potere, in cui offrì delle riflessioni teologiche sul potere. Il potere è
contrassegnato per lui da due caratteristiche: esso manifesta la capacità di agire ed
esprime una volontà personale. Il potere è sempre il risultato di una decisione.
Guardini traccia poi una distinzione fra il potere (Macht) e la forza (Kraft), in base
alla quale quest'ultima produce nel mondo effetti che non sono basati sulla volontà
personale. Secondo questa definizione, i temporali e altri fenomeni naturali rappresentano
forza, non potere. I loro effetti non rivelano un'intenzione personale. Se il potere può
essere benigno o maligno, la forza, dal punto di vista di Guardini, è sempre pericolosa.
Egli lamenta il fatto che le burocrazie moderne, per le loro dimensioni, esercitano non
potere, ma forza: esse impongono regolamenti in maniera meccanica, senza assumere una
responsabilità personale. Seguendo questa logica, il "potere sacro" può
deteriorarsi e divenire semplicemente "forza", pressione impersonale che crea
doveri e tabù senza manifestare un'attenzione più alta. Il sacro e la burocrazia, si
può desumere, furono le forze che determinarono il successo della dittatura nazista in
Germania.
Teologicamente parlando, Guardini vede il modello del potere umano nel potere di Dio,
evidente nella creazione e nella redenzione. Il potere umano, modellato su quello divino,
è inteso alimentare, servire e accrescere la vita umana. Il buon governo nasce dallo
Spirito: presuppone solidarietà con una comunità, rispetta la dignità dei suoi membri,
e serve il loro bene comune. L'applicazione del principio di Guardini alla liturgia
sacramentale e ai suoi celebranti suggerisce che il sacro nella chiesa debba sempre
conservare il suo riferimento alla volontà salvifica di Dio. I sacramenti mediano
l'autodonazione di Dio. Tuttavia, il sacro nella chiesa può anche diventare semplicemente
"forza" ed essere sperimentato come mana impersonale o efficacia magica. La
teologia della liturgia di Guardini, concentrandosi sull'incontro con Cristo, libera i
riti sacri da ogni elemento magico. L'idea del sacro nella chiesa proposta da Guardini ci
consente di mettere in guardia i guardiani ecclesiastici della liturgia dall'espandere la
portata del sacro, trasformandolo in una forza impersonale, circondandolo di tabù e
attribuendogli un'efficacia magica. Ricordo il tempo in cui toccare il calice con mani non
ordinate era un tabù generalmente riconosciuto. E tale era criticare un'enciclica papale.
Come vi è, nella chiesa, la tentazione dell'infallibilità strisciante, così vi è pure
quella di sacralizzare le pratiche e le istituzioni ecclesiastiche per evitare che siano
messe in discussione.
Esponendo le nuove condizioni culturali create dalla modernità, il concilio Vaticano Il
riconosce, nella Gaudium et spes, che "la vita religiosa è sotto l'influsso delle
nuove situazioni. [...] Un più acuto senso critico la purifica da ogni concezione magica
del mondo e dalle sopravvivenze superstiziose ed esige sempre più un'adesione più
personale e attiva alla fede; numerosi sono perciò coloro che giungono a un più alto
senso di Dio".
Il potere nella chiesa è allo stesso tempo una necessità e una dimensione della
convocazione divina della comunità dei credenti. Ma questo potere ha i suoi limiti - che
è spesso tentato di violare. E un peccato che questo importante argomento non abbia
ricevuto l'attenzione che merita nella tradizione teologica cattolica.
(traduzione dall'inglese di GIORGIO VOLPE)
* GREGORY BAUM
È' nato a Berlino (Germania) nel 1923. Dal 1940 vive in Canada. Ha studiato alla McMaster
University di Hamilton, Ontario (Canada); alla Ohio State University di Columbus, Ohio
(USA); all'università di Friburgo (Svizzera); alla New School for Social Research di New
York. È professore emerito presso la facoltà di scienze religiose della McGill
University di Montreal, Quebec (Canada). È direttore della rivista The Ecumenist e
membro del Comitato scientifico di Concilium.
Tra le sue pubblicazioni: Religion and Alienation, 1975; The Priority nf Labor,
1982; Essays in Critical Tlieology, 1994; Karl Polanyi on Etics and
Economics, 1996; The Church for others. Protestant Theology in comunist East
Germany, 1996.
(Indirizzo: McGill University, 3520 University Street, Montreal, PQ., Quebec H3A 2A7,
Canada).