RAGIONE E SENTIMENTO


di UMBERTO GALIMBERTI

(fonte: La Repubblica, aprile 1999)


Troppi sono ancora i mali del mondo e di ben altra portata perché la parola religiosa non solo non metta in guardia, ma addirittura incoraggi le folle che restringono gli orizzonti della fede alla speranza di qualche miracolosa guarigione. Dico questo a proposito della beatificazione di padre Pio, un frate osteggiato per quarant'anni dalla Chiesa a partire dagli anni Venti, quando padre Pio ricevette le prime limitazioni all'esercizio del suo ministero religioso, agli anni Sessanta quando papa Roncalli, il papa buono oggi in procinto di diventare a sua volta beato, promosse l'ultima inchiesta in ordine di tempo sull'attività di padre Pio. Oggi la particolare devozione di papa Wojtyla per questo frate, nonché la sua tendenza, del resto comune a tutte le grandi guide di popoli, a identificare la voce di Dio con la voce della gente (vox populi, vox Dei), ha portato alla beatificazione di padre Pio.
Per saturare non il bisogno di religiosità come si crede, ma quello più infantile e più regressivo di chi crede perché vede il miracolo.
Quando il mondo era governato da simboli e le menti umane dallo stupore forse figure come padre Pio con il loro corredo di miracoli avevano una loro giustificazione. Servivano ad adunare le folle intorno ai propagatori della fede che, con i loro decaloghi morali, tentavano di aiutare l'umanità a passare da una condizione quasi animale a una condizione quasi umana. L'efficacia storica delle religioni, di tutte le religioni, è stata in questa cura e in questa educazione dell'uomo.
Ma oggi, alle soglie del terzo millennio, dove i simboli sono stati sostituiti dalle procedure della ragione che, come si vede nella vicina Jugoslavia, stenta ancora a procedere, e le menti degli uomini occidentali sono state rese sgombre dalla condizione estatica dello stupore, che significato possono avere i miracoli se non quello di far regredire le menti e contaminare la purezza di una fede con la prova materiale da reperire nello stato di malattia e di guarigione del corpo?
A promuovere la fede nel soprannaturale è di solito quella mancanza di senso che ciascuno di noi fatica a toccare ogni giorno con mano su questa terra, e allora perché ricorrere a un segno della terra per suffragare questa fede? Che fede è quella che crede nel santo dei miracoli? Sappiamo tutti, infatti, che cosa la gente chiama miracolo: la fuoruscita istantanea dal proprio dolore, oppure la soddisfazione immediata di un proprio desiderio. È questa la "buona novella" del cristianesimo, o è il suo più radicale fraintendimento?
Alimentare nella gente quelle vane illusioni, farla sognare al limite del delirio io credo che non sia solo una cattiva educazione, ma produca anche, come suo deprecabile risultato, quello di mantenere le folle a quello stadio infantile dove ciò che si vuole è uscire immediatamente dal dolore e ottenere subito l'esaudimento del desiderio. A questo stadio infantile, presente in ogni uomo, si rivolgevano un tempo le religioni primitive e oggi le religioni della new age. Spiace vedere il cristianesimo ridotto e ricaduto a questi livelli. Credenti e non credenti s'erano fatti di questa religione, che ha posto il suo sigillo sull'intero Occidente, un'idea diversa. Pensavano gli uni e gli altri che la fede proposta camminasse per sentieri più impegnativi, che la speranza, rilanciata al di là del pessimismo, si distinguesse dal gioco delle illusioni, che la carità predicata portasse fuori l'umanità da quella logica elementare amico/nemico che, ancora oggi, a poca distanza da noi, regola tragicamente i rapporti fra gli uomini.
E invece no. Siamo di nuovo al miracolo che tutte le religioni, anche le più lontane dal cristianesimo, registrano ed enfatizzano come prova della loro verità. Ma forse ogni religione deve avere la sua ombra e il suo disprezzo per Dio. Perché veri dispregiatori di Dio sono quanti confinano la sua credibilità e affidano il senso del suo ipotetico annuncio ai santi dei miracoli che promettono l'esaudimento del desiderio umano.
Ma se questo è Dio (e i santi dei miracoli testimoniano proprio questo Dio) cosa risponde il cristianesimo all'ipotesi, prima illuminista e poi materialista, che vedeva nel Dio cristiano null'altro che la proiezione dei desideri umani con annessa l'attesa della loro soddisfazione?
Il problema allora non è quello di stabilire se gli interventi di padre Pio siano di ordine naturale o soprannaturale, ma se è educativo e, al limite, se è cristiano appoggiare la fede sui limiti del sapere scientifico, e materializzarla al punto da diffondere nella gente la persuasione che dal dolore si può uscire senza doverci convivere e in esso crescere, come è nella sorte dell' uomo.
E insieme a questo messaggio lanciare anche quell'altro secondo cui il soprannaturale è lì proprio per questo, per sottrarci repentinamente dal dolore o esaudire repentinamente i nostri desideri. Basta aver fede. Nel caso in questione: fede cristiana.
Forse alle soglie del terzo millennio, con un'umanità in gran parte ancora da educare all'uso della ragione, una religione adulta come quella cristiana, che ha costruito quella storia che è poi la storia dell'Occidente, dovrebbe evitare di scatenare l' infantilismo della religiosità, il suo aspetto più primitivo, quello per cui nessun Dio sarebbe sceso sulla terra per prender parte al dolore del mondo, compreso quel dolore che vediamo e sentiamo alle porte di casa nostra, a cui sembra che neppure la locale Madonna di Medjugorje abbia prestato particolare attenzione.


 IKTHYS……….