BREVE STORIA DEL ROSARIO

Al di là di ogni valutazione che si voglia assumere nei confronti della recitazione del Rosario - pratica religiosa, ritenuta da molti, essenzialmente mariocentrica, di scarso spessore spirituale stante il suo carattere di monotona formula ripetitiva e soporifera, ma da altri considerata, per contro, cristocentrica, meditativa e più di ogni altra capace di esprimere nel modo più esaltante la spiritualità del credente -  lo studio della storia del Rosario, sia pure in modo frammentario e a grandi linee, non è solo legittima curiosità spirituale, ma condizione per cogliere in profondità il significato e lo spirito di questa preghiera nella sua laboriosa evoluzione lungo i secoli.
L'excursus storico che segue potrà essere di una certa utilità per il lettore, offrendogli quelle fondamentali notizie sulla genesi e sullo sviluppo del Rosario che sono di difficile reperimento, in quanto gli studi veri e propri che si interessano della dimensione storica di questa preghiera risultano essere estremamente scarsi.
Va subito sottolineato come la tradizione che nel corso dei secoli ha comportato il diffondersi di questa pratica religiosa, ha sempre trovato il consenso e l'appoggio dell'autorità di molti Pontefici, specialmente di S. Pio V che nella Bolla Consueverunt del 1569, considerata il "Manifesto" ufficiale del Rosario, codificò e canonizzò quella forma di recitazione del Rosario che è giunta fino a noi.

I. EPOCA DEI SALTERI

E' ormai pacificamente ritenuto che il Salterio - la parte più ampia e importante della preghiera canonica della Chiesa - sia stato preso come modello nella elaborazione delle altre forme di preghiera. Se ne sentì l'urgenza specialmente quando la maggioranza dei laici o non sapeva leggere, oppure non aveva una sufficiente conoscenza della lingua latina.
Il termine Salterio assunse, con l'andar del tempo, un'ampiezza di significato sempre maggiore fino a designare, oltre ai 150 salmi della Bibbia, qualsiasi serie di preghiere che fosse formata di 150 unità. Si conosce una quadruplice forma di Salterio inteso in questo senso extra-biblico.

1. Il Salterio dei "Pater noster"

In Irlanda il libro dei Salmi era tenuto in grande considerazione, tanto che i monaci gli diedero un nome speciale: chiamarono i 150 salmi, le tre cinquantine. Queste cinquantine venivano anche usate in due circostanze particolari: come "penitenza" dopo la confessione dei peccati - si ricordi che la confessione frequente nella forma che conosciamo oggi ha avuto origine in Irlanda -, e come preghiera per i defunti.
Così, ad esempio, in un antico documento del convento di Kemble (sec. IX), è detto che i membri del monastero dovevano recitare due cinquantine, cioè 100 salmi, per ogni benefattore defunto. Questo uso trova, peraltro, conferma, nella stessa epoca, in un convento di Canterbury.
Questa divisione dei salmi in tre cinquantine passò sul continente europeo ad opera dei monaci S. Colombano e S. Gallo e dei loro conterranei.
Tale uso subirà presto una trasformazione, determinata dalla presenza in questi conventi dei conversi che sapevano ben poco di latino; è possibile, pertanto, che si imponesse loro - come equivalente dei salmi - la recita di certe preghiere.
Si rinvengono in tal senso parecchie testimonianze.
Nel 1096, ad esempio, nel convento francese di Cluny vigeva la prescrizione secondo cui ogni sacerdote doveva celebrare una Messa per ciascun membro defunto della comunità, mentre chi non aveva ricevuto gli ordini sacri doveva recitare 50 salmi 50 Pater noster, cioè un Pater noster per ogni salmo.
Nell'ordine dei Templari esisteva una analoga prescrizione. In base ai decreti del Concilio di Troyes (1128) alla morte di un membro tutti dovevano, per sette giorni consecutivi, recitare 100 Pater noster, cioè quelli che corrispondevano a due cinquantine dei salmi.

2. Il Salterio delle 150 "Ave Maria"

Al Salterio dei 150 Pater noster si aggiunse, in seguito, un Salterio di 150 Ave Maria, nella forma allora in uso.
Il testo dell'Ave Maria, così come lo conosciamo oggi, è frutto di una lunga e complessa evoluzione.
Sarà utile fare un breve accenno alla storia dell'Ave Maria, per la sua stretta connessione con la storia del Rosario.
Bisogna innanzi tutto riconoscere che la devozione mariana ha trovato nella liturgia il suo luogo di graduale esplicitazione.
In Occidente, ad esempio, la festa del Natale, istituita a Roma verso il 330, fu per due o tre secoli la principale occasione per i predicatori di valorizzare il ruolo di Maria: è il caso di S. Agostino (+ 430) e di S. Leone Magno (+ 461), il grande teologo dell'incarnazione, i cui sermoni e formulari liturgici sono stati il punto di partenza di tutta una mariologia inserita nell'anno liturgico.
Le prime celebrazioni della Vergine sono strettamente legate alla festa della nascita di Cristo, nonché al periodo che lo precede, l'Avvento. A Roma, all'inizio del VII secolo, il mercoledì ed il venerdì delle Quattro Tempora di dicembre portano già come vangelo il racconto dell'annunciazione e della visitazione.
Come antifona di offertorio alle messe del mercoledì delle Quattro Tempora e della festa dell'Annunciazione troviamo la seguente:

Ave Maria gratia piena. Benedicta tu in mulieribus
et benedictus fructus ventris tui.

A partire dal secolo VII troviamo molto spesso la prima parte dell'Ave Maria, il saluto angelico, nella preghiera liturgica al di fuori della Messa: ad esempio, come responsorio dell'ufficio corale nella vigilia del Natale e per la festa di Ognissanti.
Va aggiunto, inoltre, che sempre verso la fine del VII secolo, senza dubbio sotto l'influenza di papa Sergio (687-701), un siriano, appare un nuovo genere di preghiera, in cui non poteva mancare la menzione alla Vergine: si tratta delle Litanie dei santi.
L'invocazione a Maria suonava così: Sancta Maria, ora pro nobis. Ebbene questa, attraverso amplificazioni successive, diventerà l'invocazione che, nel secolo XVI, costituirà la seconda parte dell'Ave Maria.
Bisognerà, però, attendere il secolo XI per trovare traccia dell'Ave Maria come preghiera a sé stante: infatti solo nel 1189 incontriamo l'Ave Maria tra le preghiere insegnate ai fedeli, insieme con il Pater e il Credo.
La prima diocesi che testimoni questo fatto è Parigi.
Nella stessa epoca l'Ave Maria compare nelle leggende che furono a bella posta diffuse allo scopo di attirare la gente verso questa preghiera, che dal secolo XIII in poi diventerà una delle orazioni preferite dai fedeli, alla pari del Pater e del Credo.
Solo nel secolo XIV si cominciò ad aggiungere il nome di Gesù o di Gesù Cristo e un Amen.
Il testo risultava, pertanto, così formulato:

Ave Maria, gratia piena, Dominus tecum, benedicta tu in mulieribus
et benedictus fructus ventris tui Jesus (Christus). Amen.

Un esempio di tale diffusione ci è offerto dall'eremita Ayberto di Hennegau (+ 1140): egli soleva recitare l'Ave Maria 150 volte al giorno nella forma: Ave Maria, gratia piena, Dominus tecum, benedicta tu in mulieribus et benedictus fructus ventris tui; ogni volta per le prime 100 si inginocchiava, mentre alle ultime 50 si gettava a terra.
Un'importante testimonianza della diffusione della pia pratica di recitare 150 Ave Maria si trova in un manoscritto scozzese di Auchinlek (verso il 1310), che parla dell'Origine del Salterio di 150 Ave.
Si deve inoltre ricordare che non solo singoli laici conoscevano questa pratica, ma intere "compagnie" s'impegnavano a recitare quotidianamente 150
Ave Maria.

3. Il Salterio delle 150 dichiarazioni di fede su Gesù

Cristo stesso, stando al Vangelo, leggeva i salmi come profezia di sé: si vedano, ad esempio, certe espressioni dei salmi in bocca a Gesù sulla Croce.
Inoltre, quando Gesù risorto appare agli Apostoli, così si esprime: "Queste sono le parole che vi ho dette quando ero con voi. Vi dissi chiaramente che doveva compiersi tutto quello che di me è stato scritto nella legge di Mosè, nei Profeti e nei salmi" (Lc 24,44).
Ebbene, seguendo tale principio, già nel Medio Evo i salmi venivano considerati come una serie di profezie su Gesù, in un intrecciarsi di senso letterale e allegorico-mistico.
Di qui ha origine un nuovo Salterio, chiamato per l'appunto: Psalterium Domini nostri Jesu Christi, ovvero: "Salterio del Signore nostro Gesù Cristo".
In questa forma di preghiera emergevano due caratteristiche: da una parte erano accentuate la lode e la dossologia, e dall'altra si favoriva nel fedele la meditazione della vita di Cristo.
Parecchi santi e teologi compilarono simili Salteri. Ricordiamo Stefano Langton, cardinale e arcivescovo di Canterbury (+ 1228); l'abate Engelberto di Admont (1331). L'abate UIrich von Stoecklin (1458) compilò addirittura 17 Salteri!
Ben presto, però, risultando difficile compilare un simile Salterio che si riallacciasse direttamente ai salmi, si passò a mettere in fila 150 lodi di Gesù senza preoccuparsi troppo dell'accordo con le frasi dei singoli salmi.
Oggetto era, comunque e ancora, la vita di Gesù, dall'incarnazione all'ascensione.

4. Il Salterio delle 150 lodi alla Beata Vergine Maria

La lode a Cristo finì per sfociare inevitabilmente nella lode a Maria.
La Madre si riteneva (e si ritiene) talmente associata alla vita di suo Figlio Gesù, che non si potevano con il tempo non creare delle espressioni ad hoc che magnificassero il ruolo materno di Maria.
Sorse, dunque, ben presto anche un Salterio di 150 lodi alla Madre del Salvatore.
Il metodo seguito fu identico a quello seguito nella compilazione del Salterio di Gesù.
Si volle addirittura dimostrare che i salmi contenevano dei riferimenti a Maria.
In essi "la gloriosa Vergine e Madre di Dio viene prefigurata e preannunciata come la verità nell'ombra, come la conclusione a metà di un discorso, e il fiore e il frutto sulla cima di un albero".
Uno dei Salteri più antichi, che viene attribuito a S. Anselmo, costituisce un esempio di interpretazione mariana dei salmi.
Relativamente al passo "Beato l'uomo che non segue il consiglio degli empi e nella via dei peccatori non si ferma..."., nel Salterio anselmiano leggiamo questa interpretazione: "Salve, Madre del nostro Intercessore, che, beato, per suo consiglio, uscì dal ricettacolo del tuo puro corpo come dalla stanza nuziale".
I Salteri mariani furono molto numerosi ed i loro autori  rimasero spesso ignoti, venendo, in tal caso, fantasiosamente attribuiti a questo o quell'altro santo.
Il Salterio della Beata Vergine Maria subì la stessa sorte di quello di Gesù, sia nella genesi, sia nell'evoluzione: infatti, ben presto, abbandonato ogni riferimento preciso ai salmi, si passò a creare liberamente 150 lodi in onore di Maria.
Si possedevano così due serie narrative parallele ed intimamente imparentate: l'una riguardava la vita di Gesù (Salterio di Gesù); l'altra, quella di Maria (Salterio mariano).
Secondo molti, questo ebbe molta importanza per la successiva evoluzione del Rosario.
Ben presto si diffuse l'abitudine di compendiare in 50 strofe le lodi a Maria, e a questa serie di strofe si diede il nome di Rosarium.
Si trattava di un termine molto in uso nel latino medioevale.

Arnoldo di Villanova, ad esempio, chiamava Rosarium o "antologia", come diremmo oggi, un compendio tratto dagli scritti degli antichi filosofi.
Così pure Guido da Baysio chiamava Rosarium una raccolta di sentenze di diritto canonico. Di preferenza, però, il termine stava ad indicare inni di lode.
Certo è però che il termine Rosarium verrà presto usato con riferimento alla serie di lodi in onore di Maria.
Dai Salteri a lei dedicati e dai Rosari in sua lode il nome passò poi all'attuale Rosario formato di 50
Ave Maria.

II. EPOCA DELLA FUSIONE DEI 4 SALTERI NEL SALTERIO-ROSARIO

I quattro Salteri dei quali s'è parlato fin qui esistevano allo stato isolato.
La tappa successiva nella formazione del Rosario sarà appunto costituita dalla loro fusione in senso mariano, che avvenne gradualmente.
Prima che si formasse un Rosario, in cui il Pater e l'Ave Maria fossero riuniti assieme, era necessario abituarsi a recitare queste due preghiere una accanto all'altra.
Tra i più antichi ed importanti documenti che testimoniano la concomitanza del Pater con l'Ave Maria figurano le regole dei reclusi,  eremiti che vivevano secondo una regola approvata dalla Chiesa,  e degli inclusi, eremiti che si facevano chiudere in una cella.
A questi laici si imponevano delle preghiere molto popolari, come il Pater e l'Ave Maria.
Risale al XII secolo la regola di Baumburg per gli inclusi; essa documenta la consuetudine di alternare regolarmente a ognuno dei 150 Pater del Salterio un'Ave Maria.
La riunione di 150 Pater e di 150 Ave Maria, che vengono divisi in unità formate da decine, con l'aiuto di 15 Pater, quasi fossero pilastri, sembra risalire a Heinrich von Kalkar, visitatore dell'Ordine certosino e che risiedeva per lo più a Colonia, dove morì nel 1408.
Un documento del 1440 mostra che gli studenti del collegio di Eton dovevano recitare quotidianamente tutto il Salterio della Beata Vergine, formato da 15 Pater e da 150
Ave Maria.

1. I misteri del Rosario

Per diversa via, invece, si giunse a riunire il Salterio della vita di Gesù e della vita di Maria con il Salterio formato da 15 Pater e 150 Ave Maria.
Il monaco Domenico di Prussia, tra il 1410 e il 1439, ideò un Rosario di 50 Ave Maria senza Pater, cui aggiunse riferimenti alla vita di Gesù e di Maria, simili a quelli che erano tipici dei Salteri di Gesù e della Beata Vergine.
Suddivise la vita di Cristo in 50 momenti - clausulae - con cui chiudeva ogni Ave Maria: si trattava di un pro memoria che gli facilitasse la pia pratica suggerita dal suo priore Adolfo di Essen, alla cui scuola si era posto.
I misteri erano così articolati: 14 avevano come oggetto la vita nascosta di Gesù; 6 quella pubblica; 24 la Passione e la glorificazione di Cristo e 6 l'incoronazione di Maria in cielo.
La prima Ave Maria si presentava con questa aggiunta, o clausola:

"Ave Maria, piena di grazia, il Signore è con te. Tu sei benedetta tra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo, Gesù Cristo che secondo l'annuncio dell'Angelo hai concepito per opera dello Spirito Santo. Amen ".

L'aggiunta all'ultima Ave Maria, invece, suonava così:

"(Gesù Cristo) che regna col Padre e lo Spirito Santo e con te, sua gloriosa Madre, invincibile e gloriosa nei secoli. Amen".

Tali clausole rimarranno ancora in uso fino ai nostri giorni, specialmente in alcuni paesi di lingua tedesca.
Comunque, prima che subentrasse l'aggiunta della seconda parte: Sancta Maria..., tutti i Rosari si modellavano più o meno su questo prototipo:

1. Ave Maria ... del Tuo seno Gesù (Cristo) che Ti ha prescelta dall'Eternità. Amen.
2. Ave Maria ... del Tuo seno Gesù (Cristo) che Ti ha mantenuta pura dal peccato originale. Amen.
3. Ave Maria ... del Tuo seno Gesù (Cristo) che Ti ha ricolmato di grazie. Amen.
4. Ave Maria ... del Tuo seno Gesù (Cristo), che Tu a tre anni hai presentato nel Tempio. Amen.
5. Ave Maria ... del Tuo seno Gesù (Cristo) a cui Tu hai consacrato la Tua verginità. Amen.

Il Rosario di Domenico di Prussia viene recitato ancora oggi dai pellegrini che si recano alla tomba di S. Mattia a Treviri, nella sua originaria sequenza di 50 misteri. E'appunto secondo questa struttura che il Rosario di Domenico di Prussia venne diffuso in volgare dal convento di S. Gallo nell'anno 1518.

2. Le "Confraternite" mariane (del Rosario)

Un capitolo a sé costituirebbe il fenomeno delle fondazioni delle varie confraternite mariane per il grande e decisivo contributo da esse dato allo sviluppo e alla evoluzione del Rosario.
La prima "Confraternita del Rosario della beatissima Vergine", che ottenne l'approvazione pontificia, fu fondata a Colonia dai Domenicani il 10 marzo 1476 e da Colonia tale Confraternita del Rosario, con in testa l'imperatore Federico III che aveva sollecitato dal Papa l'approvazione, si irradiò nel mondo intero; nel 1589 contava già 100.000 membri.
Molte altre ne seguirono: quella di Lisbona (1478); di Schesswig (1481); di Ulm (1483); di Francoforte (1486).
La Confraternita del Rosario rimase anche in seguito particolarmente legata all'ordine domenicano. Si ha una testimonianza di questo fatto storico anche nella leggenda che attribuisce direttamente a S. Domenico l'origine della recita del Rosario.
Il cardinale Schuster, nel suo Liber Sacramentorum, osserva, a questo proposito, che i primi biografi di S. Domenico non gli attribuiscono la creazione del Rosario, in quanto questa devozione risulta molto più antica di lui.
Il primo che gli attribuisce questo merito è Alain de La Roche verso la fine del secolo XV.
Resta, tuttavia, il fatto indubitabile che i domenicani si impegnarorono con particolare zelo per l'affermazione e la diffusione di questa preghiera in tutto il mondo cristiano.

III. EPOCA DELLA TRASFORMAZIONE DEL ROSARIO IN UNA PREGHIERA ORALE COMUNITARIA

Profondo era il bisogno di semplificare il numero dei Misteri del Rosario: basti pensare che andavano da un minimo di 50 ad un massimo di 200.
Si cominciò, perciò, a semplificarne il numero riducendoli da 50 a 5.
Un'incisione del Rosario, stampata verso il 1480 - attualmente al Museo Germanico di Norimberga -, mostra già soltanto 5 misteri: il primo, secondo, terzo e quarto doloroso e il quinto glorioso.
Quando già un certo numero di Rosari con solo 5 misteri fu diffuso nel popolo, si fece il passo successivo, modellando tutto il Salterio con i suoi tre Rosari sulla nuova pratica semplificata e si ottenne così un Salterio con soli 15 misteri, che non corrispondevano però ancora a quelli in uso oggi.
Mentre era in atto questo processo di trasformazione, ebbe larga diffusione un fortunato volume sul Rosario - edito ad Ulma nel 1483 - di un padre domenicano, dal titolo: "Salterio della Madonna e dei tre Rosari, secondo l'ordine in cui devono essere disposti e recitati.
Con molti autorevoli esempi; un libretto molto utile
".
La parte centrale riporta 3 incisioni a colori, che rappresentavano una nuova serie di misteri.
La prima contiene gli attuali 5 misteri gaudiosi; la seconda, i 5 dolorosi; nella terza, infine, solo i primi 4 concordano con quelli in uso ancora oggi. Il quinto mistero non parla dell'incoronazione di Maria - che veniva menzionata in occasione dell'Assunzione - ma del giudizio finale. Ogni immagine è circondata da una corona di rose: dieci piccole e una più grande.
Le cinque rose più grandi rappresentano i Pater noster, mentre quelle piccole le Ave Maria.
Seguono poi alcune spiegazioni, talvolta fantasiose, riguardanti il numero delle 150 Ave Maria.
L'uso del termine "mistero" risale al domenicano Alberto da Castello. Suo è il volume: "Il Rosario della gloriosa Vergine Maria", stampato a Venezia nel 1521; grande fu il suo influsso nella successiva evoluzione di questa preghiera.
La prima serie dei 15 misteri, che ancora oggi utilizziamo, pare provenga dalla Spagna. Lo proverebbe un intaglio di legno eseguito a Barcellona nel 1488.
Tuttavia i misteri si affermano in modo definitivo soltanto nel 1716, allorché furono legati ad una speciale indulgenza dal Pontefice.
Grande importanza avrà l'invenzione della stampa: le preghiere, fino ad allora affidate alla tradizione orale, potevano in tal modo diffondersi nel loro testo originale con enorme rapidità.
Secondo gli storici, però, non pare che il problema del luogo possa considerarsi risolto in maniera definitiva.
Infine, per completezza, non si può trascurare di considerare la seconda parte dell'
Ave Maria:

"Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori, adesso e nell'ora della nostra morte. Amen".

Un documento importante - che dimostra come le due parti dell'Ave Maria fossero recitate, già verso la fine del 1400, una dopo l'altra - ci è offerto dal celebre glottologo Peter Schwarz (+ 1483).
Egli tradusse in ebraico la prima parte dell'Ave Maria insieme con l'implorazione Sancta Maria: ciò dimostra che si considerava già stabilito dalla consuetudine pastorale il legame tra le due parti dell'Ave Maria. Egli, evidentemente, non avrebbe mai affiancato un'orazione conosciutissima (prima parte) ad una sconosciuta (seconda parte).
Sta di fatto che nel 1568, papa Pio V, nella nuova edizione del Breviario, imponeva ai sacerdoti di recitare, nelle ore canoniche, dopo il Pater noster anche l'Ave Maria nella forma ancora oggi in uso.
Sarà appunto quel testo dell'Ave Maria il modello che servirà per la diffusione nel popolo.
La preghiera del Rosario divenne in tal modo una preghiera alternata, cioè tale da poter essere recitata a due cori, comunitariamente.
L'introduzione della dossologia "Gloria al Padre, al Figlio ed allo Spirito Santo" avvenne molto tardivamente e viene ricordata per la prima volta in un'opera dello spagnolo Fernandez (1613).
In tal modo il processo di formazione e di evoluzione del Rosario si era gradualmente concluso.
Si giunse così alla codificazione da parte di S. Pio V con la Bolla Consueverunt del 12 settembre 1569: in essa si parla di 15 Pater noster e di 150 Ave Maria, e per la prima volta si legge che la meditazione dei misteri è necessaria per ottenere le indulgenze.
L'istituzione della festa del S. Rosario, segna il punto culminante di questa preghiera popolare alla quale la Chiesa cattolica non si stanca di attribuire il massimo rilievo.
La festa trae origine dalla vittoria riportata a Lepanto dai cristiani sui turchi il 7 ottobre 1571, ottenuta, secondo la tradizione, per merito della recita del Rosario.
I papi Pio V, Gregorio XIII, Clemente X e Clemente XI, ne estesero il culto e la festa che, sotto quest'ultimo papa, nel 1716, divenne universale.

Il Rosario nelle religioni

La recitazione di preghiere, il più delle volte ripetitive, fatte con grani collegati in corona si riscontra in tutte le principali religioni. In India, paese nel quale molto probabilmente questo strumento di preghiera è nato, il rosario ha 108 grani, numero magico dell'Oriente. Il Dalai-Lama porta sempre un 'mala' al suo polso sinistro.
Nella religione islamica, la 'sebha' conta 99 grani, ognuno dei quali corrisponde al un attributo di Allah. Manca il 100° nome di Dio che non si conosce e che verrà rivelato in Paradiso.
Nella Chiesa ortodossa, il 'comvoschini
' è composto da cento nodi, divisi in quattro porzioni di 25 nodi ciascuna, per ognuno dei quali si ripete in silenzio l'invocazione "Gesù Cristo, figlio di Dio abbi pietà di me peccatore".
 

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