CONSIDERAZIONI 
SUL 
"SACERDOZIO"


Ora si constata con sbalordimento che, in tutto il Nuovo Testamento, la parola «sacerdote» non viene mai usata per designare un ministro qualsiasi; e questo vale non soltanto per ierèus, ma anche per archèrèus, ieràteuma, ierosùne, ieratèuein. 
(H. Küng, La Chiesa, Brescia, Queriniana 1969, p. 420s).
Dopo esservi riuniti nel giorno del Signore, spezzate il pane e offrite il ringraziamento, avendo prima confessato i vostri sbagli, affinché il vostro sacrificio sia puro. (Didaché 14, 1). 
In ogni luogo e in ogni tempo si offre il sacrificio puro a Dio. (Didaché 14, 3).
Nel mondo antico greco e romano il sacerdote è una figura eminentemente sacra: aureolato di una sacralità personale religiosa e separato dalla profanità comune, funge da mediatore tra gli uomini profani e la divinità con azioni sacre, consacrate alla divinità. 
Questa descrizione vale, sostanzialmente anche per il sacerdozio di Israele, presso il quale assume nei tempi più remoti un aspetto divinatorio, poi la forma di predicatore della legge di Dio, ed alfine, nell'epoca postesilica, la figura di servitore dell'altare nel tempio. 
Ma nel Nuovo Testamento scompaiono tutti questi elementi di sacralità. 
Mancano le famiglie e le tribù sacerdotali; tutti possono essere chiamati carismaticamente alla diaconia ecclesiale. 
Mancano i luoghi sacri: il tempio è Cristo, il cielo, i fedeli; il mondo intero è il luogo a cui devono rivolgersi tutti i servitori del vangelo, per invitarlo all'obbedienza della fede. 
Manca un sacerdozio specifico o una casta di persone particolarmente sacre; tutti i fedeli costituiscono il popolo sacerdotale. 
Mancano specialmente i mediatori per il semplice fatto che tramite il Cristo e in Cristo tutti gli uomini hanno direttamente accesso la Padre. 
Mancano speciali azioni sacre rituali: la vita stessa è santa, in quanto è stata redenta e santificata da Dio in Cristo, e il culto è, giustamente la fede e l'amore della Chiesa, che ne sono le sue espressioni più autentiche. 
Non è quindi sorprendente che nel Nuovo Testamento manchi una nomenclatura sacerdotale per i ministri del vangelo o per i pastori della Chiesa. 
(F.A. Pastor, Teologia del Ministerio Eclesial, in «Est Ecles» 45 (1970) pp. 53-90 (citaz. p. 73 s).
L'immediatezza di un rapporto con Dio – continua R. Pesch – che conferisce la certezza di essere a lui accolti nel suo Figlio e la possibilità di invocarlo con l'appellativo familiare di Abba (Rm 8, 14-16), non consente più alcuna mediazione: infatti uno solo è Dio e uno solo è anche il mediatore tra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti. 
(R. Pesch, Nuovo Testamento e democrazia, in Concilium 1971 n. 3 p. 64 o 464 dell'annata).
Forse che anche noi, laici, non siamo dei sacerdoti (nonne est laici sacerdotes sumus?). 
Sta scritto: Egli ci ha resi un regno e dei sacerdoti per Dio e Padre suo. 
Fu l'autorità della Chiesa a creare la distinzione tra l'ordine sacerdotale e la plebe, fu essa che ha santificato tale onore tramite il conferimento dell'ordine e gli ha dato il diritto di sedere nell'assemblea dei sacerdoti. Quindi dove manca l'assemblea sacerdotale tu stesso offri, fai libazioni (tinguis), battezzi e sei il tuo proprio sacerdote. In altre parole là dove tre sono riuniti, là vi è una Chiesa, anche se si tratta di puri laici... Quindi se tu possiedi virtualmente il diritto di fare in caso di necessità quello che un sacerdote compie, tu pure devi osservare le regole sacerdotali e devi esercitare anche dove non è necessario, i tuoi doveri sacerdotali. 
(Tertulliano, De exhortatione castitatis 73 PL 2, 971 CC 2, 1025).
Noi siamo i veri sacerdoti e i veri adoratori, noi che pregando nello Spirito, offriamo in Spirito a Dio nella nostra preghiera una vittima che gli è cara e gradita, dal momento che egli l'ha richiesta e l'ha voluta. E' questa vittima (cioè lo stesso cristiano) offerta di tutto cuore, nutrita di fedele sincerità, tutta innocente e pura, coronata di carità fraterna, che con un corteo di buone opere, con salmi e inni dobbiamo condurre all'altare, dove essa ci otterrà da Dio ogni sorta di bene.
(Tertulliano, De Oratione 28 PL 1, 130 2 AB).
«Tutti i figli della chiesa sono sacerdoti... in quanto offriamo le nostre stesse persone quali vittime spirituali a Dio». «Noi chiamiamo sacerdoti tutti i cristiani – scriveva Agostino – perché essi sono membri dell'unico sacerdote Cristo e li chiamiamo tutti consacrati (= lett. «unti») a motivo della misteriosa unzione da tutti ricevuta. Infatti l'apostolo Pietro si rivolge a loro e li chiama popolo santo e sacerdozio regale». 
(Ambrogio, in Lc 5, 33 PL 15, 1730 C (C. Schekl) CSEL 32, 195. Agostino, De civitate Dei 20, 10 PL 45, 676).
Manca un sacerdozio specifico o una casta di persone specialmente sacre; tutti i fedeli costituiscono il popolo sacerdotale. (F.A. Pastor)
Come anche Pietro dice a tutta la Chiesa: Voi siete una stirpe eletta, un regale sacerdozio, una gente santa. Siete dunque una stirpe sacerdotale e potete accedere al santuario... Ignori tu che il sacerdozio è stato dato a te, vale a dire a tutta Chiesa di Dio e al popolo dei credenti? Ascolta Pietro chiamare i fratelli: stirpe eletta, sacerdozio regale. Tu hai dunque il sacerdozio, perché tu sei una stirpe sacerdotale, perciò devi offrire a Dio il sacrificio della lode, il sacrificio della purezza, il sacrificio della santità.
(Origene, Hom. Lev. 9, 9 PG 12, 521 C (W. A. Bachrens) CGS 6, 436).
Anche tu con il battesimo sei stato fatto re, sacerdote e profeta... sacerdote quando ti sei offerto a Dio e hai immolato il tuo corpo e tu stesso sei stato immolato.
Perciò solo ai battezzati che sono purificati da ogni colpa – Scrive Cirillo d'Alessandria – è permesso entrare nel santuario interiore, offrire a Dio dei sacrifici spirituali e presentargli per incenso, il profumo di una vita conforme ai precetti evangelici (Crisostomo, Hom in 2 Cor 3, 7 PG 46, 417; Cirillo Alessandrino, Ador, spir, et verit, 9 PG 68, 629 A).
La filiazione delle idee concernenti il sacerdozio non è mai stata studiata in maniera completa e sistematica. Spessi si operarono delle semplificazioni; ci si limiterà ad affermare: ordo sacerdotii a vetere lege sumpsit exordium scilicet a filiis Aaron: l'ordine sacerdotale prese l'inizio dall'antica legge, vale a dire da Aronne. Ma i testi di Isidoro saranno trasmessi e ripetuti lungo tutto il corso del Medioevo. Non c'è dubbio che essi hanno contribuito ad accentuare il carattere cultuale del sacerdozio. 
(Y. Congar, Sacralizzazione e medioevo, a.c. bibl. p. 72 s).
Sotto la legge i sacerdoti nascevano dalla stirpe del levita Aronne, ora al contrario tutti appartengono alla classe sacerdotale, dal momento che Pietro apostolo dice: Voi siete un genere sacerdotale e regale. perciò dal popolo si può fare un sacerdote. 
(Ambrosiastro, Comm. in Ep. ad Ephes. 4, 11-12 PL 17, 410 D).
Questo sacramento dell'ordine – scrive Lutero – è ignorato dalla Chiesa di Cristo; esso è stato inventato dalla Chiesa del papa. Non solo, ad esso non è legata alcuna promessa di grazia, perché in tutto il Nuovo Testamento non se ne parla nemmeno. 
E' ridicolo affermare che esiste un sacramento, là dove l'istituzione divina non può essere in alcun modo provata. 
(Lutero, De captivitate babylonica, in «Opera» (Weimar) 6, 560).
Chiunque affermi che tutti i cristiani sono senza distinzione sacerdoti del Nuovo Testamento o che possiedono tutti un eguale potere spirituale, non fa altro che rovinare la gerarchia ecclesiastica... è come se affermasse, contro l'insegnamento di Paolo, che tutti i cristiani sono apostoli, profeti, evangelisti, pastori e dottori (Denz. Sch. 1767).
Il sacerdozio santo dei fedeli «non è un sacerdozio in senso proprio ma in senso metaforico»; quello ministeriale abilita ad «offrire pubblicamente a Dio il sacrificio», quello dei fedeli riguarda «la virtù religiosa» (Card. Gaetano m. 1534). 
Anche Giovanni Fischer (m, 1535) scriveva: «Non neghiamo che ogni membro del popolo cristiano sia chiamato sacerdote nelle Scritture. Ma a confronto del sacerdozio di coloro che sono sacerdoti in quanto presbiteri e pastori, esso è un puro sacerdozio metaforico». «Nessuno, a qualunque razza, età e condizione appartenga, è escluso da questo sacerdozio improprio e metaforico» (Tommaso da Villanova); «Non cadere nel laccio degli eretici e non sostenere con il passo di Pietro, che tutti i cristiani sono dei veri sacerdoti».
Vi sono, ai nostri giorni, alcuni che, avvicinandosi ad errori già condannati, insegnano che nel Nuovo Testamento si conosce soltanto un sacerdozio che spetta a tutti i battezzati, e che il precetto dato da Gesù agli apostoli nell'ultima cena di fare ciò che egli aveva fatto, si riferisce direttamente a tutta la Chiesa dei cristiani, così che e soltanto in seguito è subentrato il sacerdozio gerarchico, Sostengono perciò, che solo il popolo gode di una vera potestà sacerdotale, mentre il sacerdote agisce unicamente per ufficio affidatogli dalla comunità. Essi ritengono, di conseguenza, che il sacrificio eucaristico è una vera e propria concelebrazione e che è meglio che i sacerdoti concelebrino assieme al popolo presente piuttosto che offrire privatamente, in sua assenza, il sacrificio (Enciclica Mediatore Dei, in «Civ. Catt.» 1947 IV, p. 504).
Egli (il sacerdote) è il presbitero, il ministro del culto, l'apostolo, il pastore del popolo di Dio, l'operaio della carità, il consigliere, la guida, l'amico per tutti, è un altro Cristo. 
(Oss. Rom. 29-11-70 p. 3 e Oss. Rom. 18-2-72, p. 1).
Con il consenso di tutti [i vescovi] gli impongano le mani e il collegio dei presbiteri vi assista in silenzio... Uno dei vescovi presenti, a richiesta di tutti, imponga le mani a colui che viene ordinato vescovo (can. 2). La formula della preghiera era la seguente: «Tu, o Padre, che conosci i cuori accorda al tuo servitore, da te eletto all'episcopato, di pascere il tuo santo gregge e di compiere l'ufficio di sommo sacerdote verso di te (archieratéuein soi) servendoti (leitourgùnta) puramente giorno e notte. Che egli renda propizio (hilàskesthai) il tuo volto e offra dono per la tua santa Chiesa; abbia potere di rimettere i peccati in virtù dello Spirito del sommo sacerdote... sciolga ogni legame... (Ippolito di Roma, la tradition apostolique ed. deB. Botte, Münster 1966, 3, 29).
Il sacrificio e il sacerdozio per ordinazione divina sono così uniti che ambedue sono esistiti sotto ogni legge... La Sacra Bibbia mostra e la tradizione della Chiesa cattolica sempre insegnò che (il sacerdozio) è stato istituito dallo stesso Signore Salvatore nostro, e che è stato affidato agli apostoli e ai loro successori nel sacerdozio il potere di consacrare e amministrare il suo corpo e il suo sangue e anche di perdonare i peccati. 
(Sess. 23 De sacramento ordinis can 1 Denz. Sch 1764).
Siccome alcuni laici si permettono di predicare con il pericolo che tale vizio si introduca furtivamente sotto parvenza di virtù, noi, in considerazione del fatto che la funzione di maestro nella Chiesa di Dio è per così dire la più nobile, così ordiniamo: Dal momento che il Signore ha ordinato alcuni apostoli, altri profeti, altri ancora maestri, tu devi proibire a tutti i laici, a qualsiasi ordine religioso appartengano, l'arbitrio di predicare. 
(Decret. II, caus XVI, q. 19 e Decret. Gregor. IX, lib. V, tit VII De Haereticis cap. XIV (Gregorio IX al vescovo di Milano).
Il vescovo rende grazie secondo quanto abbiamo detto. Comunque non è affatto necessario che usi le stesse parole, sforzandosi... di recitarle a memoria. Ognuno può pregare secondo la propria inventiva. E' bene se uno sa dire una preghiera lunga ed elevata; ma se uno prega e pronuncia una preghiera (non elevata), non bisogna zittirlo, a meno che la sua preghiera sia reprensibile e non ortodossa. 
(Giustino, Apologia 1, 67; 5 PG 6, 429).
Certuni infine dicono che le nostre preghiere non devono essere dirette alla stessa persona di Gesù Cristo, ma piuttosto a Dio e all'Eterno Padre per mezzo di Gesù Cristo, perché il nostro Salvatore, in quanto capo del suo corpo mistico, dev'essere considerato semplicemente mediatore di Dio o degli uomini (1 Ti 2, 5). Ma ciò non solo si oppone alla mente della Chiesa e alla consuetudine dei cristiani, ma offende anche la verità. Tutti i cristiani devono conoscere e comprendere chiaramente che l'uomo Gesù Cristo è lo stesso Figlio di Dio e il medesimo Dio. (Pio XII, Enc. Mystici corporis 1943 in «Tutte le Encicliche» a cura di E. Momigliano, Dall'Oglio, Milano 1959, p. 1193 s).
Noi pure, fratelli dilettissimi, offriamo al nostro Dio doni genuini e santi: castità, fede, pazienza,, carità, umiltà di mente, onestà di vita, anime degne di essere abitazione di Dio. Questi sono i doni che piacciono a Dio; questi sono i regali a lui graditi: essi sono offerti a lui, ma giovano a chi li offre. Egli infatti non ha bisogno di nulla. Per lui il dono migliore è questo: dargli motivo di farci dei doni... Egli ritiene che gli abbiamo dato tutto, quando ci comportiamo in modo che lui ci possa dare ogni cosa mediante lo stesso Signore Gesù Cristo. 
(Agostino, Sermo 136 de Tempore PL 39, 2015).
Nella presente notte dell'ignoranza, dei pericoli, delle malattie, delle opera malvagie, dei vizi, occorre elevare le mani verso le cose sante, ossia vestire gli ignudi, cibare gli affamati, dare da bere agli assetati, aiutare gli oppressi, amare tutti. Queste opere ci santificano nell'infermità del nostro corpo, sono sante e gradite a Dio, il che è noto al profeta quando dice: l'elevazione delle mani è un sacrificio (Sl 140, 2). Ora infatti non i tori o i capri, ma le opere buone sono un sacrificio a Dio (Ilario, Tractatus in Ps 133, 5 (A. Zingerle) CSEL 122, 692 PL 8, 751 D).

Quando dono quel che possiedo, quando porto la mia croce e seguo il Cristo, 
    allora io offro un sacrificio sull'altare di Dio. 
Quando brucio il mio corpo nel fuoco dell'amore e ottengo la gloria del martirio, 
    allora io offro me stesso quale olocausto sull'altare di Dio. 
Quando amo i miei fratelli fino a dare per essi la mia vita, 
quando combatto fino alla morte per la giustizia e per la verità, 
quando mortifico il mio corpo astenendomi dalla concupiscenza carnale, 
quando sono crocifisso al mondo e il mondo è crocifisso per me, 
    allora io offro di nuovo un sacrificio d'olocausto sull'altare di Dio... 
    allora io divento un sacerdote che offre il suo proprio sacrificio.

 
[Origene, Sermone sul Levitico 9 n. 9 PG 12, 521 D-522 A.]


                   Ikthys