SESSO E IMPURITÀ


Dio creò l'uomo simile a sé,
lo creò ad immagine di Dio,
maschio e femmina li creò.

(Gn 1:27)

Nell'Antico Testamento c'è una visione sostanzialmente positiva del sesso; l'uomo è visto come persona davanti a Dio, senza l'accentuazione della divisione in anima e corpo caratteristica del pensiero greco. La sua corporeità fa parte di quella materia che il libro della Genesi ci presenta uscita dalla potenza creatrice di Jahwe e da Lui benedetta (E Dio vide che tutto quel che aveva fatto era davvero molto bello [Gn 1:31] ).
Questa visione positiva assume, però, un carattere particolare quando la sfera del sesso entra in contatto con la sfera del sacro, nella quale introduce una situazione di impurità.
Si realizza un'irriducibile incompatibilità fra l'uso del sesso e ogni contatto con il sacro.
Fra le varie e molteplici cause di impurità rituale, riferite dall'Antico Testamento, la maggior parte appartiene alla sfera sessuale (cfr. Lv 15:18 - Lv 15:16-17 - Lv 15:24 - Lv 15:25 - Lv 12:2-5 - Lv 15:2-4).
Gesù con la sua azione e con il suo insegnamento, annulla completamente questo concetto di impurità, in ogni suo aspetto. Libera gli uomini dai lacci che il concetto di impurità e la conseguente legislazione avevano loro imposto; l'unica impurità che resta capace di contaminare l'uomo è quella che esce dal suo cuore perché, è dal cuore che vengono tutti i pensieri malvagi che portano al male: gli assassinii, i tradimenti tra marito e moglie, i peccati sessuali, i furti, le menzogne, gli insulti...
Sono queste le cose che fanno diventare impuro l'uomo
(Mt 15:19).
Non c'è più posto per le distinzioni e per le discriminazioni. Tranne la cattiveria del cuore, non c'è nulla che renda impuri davanti a Dio.
Paolo, raccogliendo questo annuncio di completa liberazione, scriverà "tutto è vostro, voi invece appartenete a Cristo e Cristo appartiene a Dio." (1°Cor 3:22).
La prima generazione di cristiani vive in pienezza questa nuova libertà; gli apostoli iniziano il loro ministero continuando a vivere con le loro mogli ("Non abbiamo anche noi il diritto di portare con noi una moglie credente come l'hanno gli altri apostoli e i fratelli del Signore e Pietro?" [1°Cor 9:5] cfr. [1°Tm 3:2-7] [Tt 1:6]). Tutto è puro per chi è puro, al contrario niente è puro per i corrotti e gli increduli, perché la loro mente e la loro coscienza sono impure [Tt 1:15].
Il primo testo che ci parli di sacerdoti - distinti dai laici - con il compito particolare di consacrare - è la I lettera di Clemente Romano ai Corinti, del 96 circa. I presbiteri vengono posti espressamente nella successione dei sacerdoti dell'Antico Testamento, e vengono resi così, per la prima volta nella storia della Chiesa, un clero che viene distinto, in seno alla comunità, dai laici per i propri particolari diritti e doveri, prefigurando un sistema gerarchico che sa già di principio dogmatico.
Il fatto centrale nuovo è che qui non è più soltanto il presbiterato ad avere il compito di conservare e difendere la tradizione apostolica, ma l'istituzione in sé è dichiarata elemento portante della tradizione apostolica, giustificando così il principio dell'intangibilità del ministero, in quanto derivante immediatamente dagli apostoli e attraverso essi da Cristo e da Dio. [cfr. Clemente Romano, I lettera ai Corinzi, 75,76].
Alle soglie del II secolo siamo di nuovo in presenza di una specifica funzione di mediazione sacerdotale fra la divinità e l'uomo.
E poiché la donna non può fungere da mediatrice fra l'uomo e Dio a causa della sua impurità sessuale, ad essa viene denegato il sacramento dell'ordine.
Nei primi due secoli dell'era cristiana, peraltro, i ministri della Chiesa continuano ad essere normalmente uomini sposati. Anche il matrimonio, così come la castità, ha infatti i suoi propri doni e ministeri che tendono al Signore; aver cura, cioè, dei figli e della moglie. [Clemente d'Alessandria, Stromata 3,12,79].
Soltanto nel II secolo cominciano ad apparirne alcuni che scelgono una vita di continenza; sono, però eccezioni.
In Origene vediamo riapparire, per la prima volta dopo la venuta di Cristo, un concetto che l'insegnamento di Gesù aveva fatto scomparire: il rapporto coniugale è considerato, sì, lecito, ma gli sposi che fanno uso della loro sessualità sono impuri, poiché sono in certo qual modo insozzati e immondi coloro che usano dei piaceri dell'amore. [Origene, Commento a San Matteo, 17,35].
Nonostante questo rinnovato (e involuto) atteggiamento negativo nei confronti della sessualità, è significativo constatare come, in tutta l'opera di Origene, non si rinvenga ancora nessuna legge, né vi sia alcun riferimento ad un costume che consigli o imponga ai presbiteri di rinunciare alla donna.
Ancora nel III secolo, Tertulliano - pur nella sua particolare rigidità e violenza espressa nei confronti del matrimonio, definito species stupri e della donna, indicata come porta inferi -ignora completamente l'esistenza di una legge che obblighi alla continenza.
Anche Ippolito, presbitero di Roma, in disaccordo con papa Callisto, rimprovera al pontefice di ammettere al sacerdozio uomini sposati due o tre volte. Può ritenersi, pertanto, storicamente accertato che per i presbiteri e i vescovi la situazione normale nel III secolo era ancora il matrimonio, situazione che perdurerà per tutta l'epoca precostantiniana.
La svolta decisiva si ebbe in Spagna verso l'anno 306, quando il canone disciplinare 33 del Sinodo di Elvira, proibirà per la prima volta, e in modo chiaro e perentorio, ai diaconi, ai presbiteri e ai vescovi di avere relazioni sessuali con le loro mogli.
Per assistere alla nascita del primo testo legislativo che impone la continenza del clero, bisogna, perciò, attendere fino all'inizio del IV secolo.
Questa la situazione in Occidente.
In Oriente, i presbiteri e i vescovi possono continuare ad avere rapporti con le mogli anche dopo l'elezione.
La ragione di questa differenza sta nel fatto che in Oriente la celebrazione dell'Eucaristia - a differenza di quanto si fa in Occidente, dove ormai è pratica quotidiana - era riservata al giorno festivo, per cui, fermo restando l'obbligo di astenersi dal rapporto sessuale alla domenica e al sabato precedente per evitare l'impurità, negli altri giorni non c'era alcuna limitazione.
Sirene di Cirene a questo proposito scrive che non si deve imporre ai chierici e ai sacerdoti un giogo così pesante! Il matrimonio è cosa onorevole e il letto matrimoniale è privo di ogni macchia d'impurità; e bisogna fare attenzione a non causare alla Chiesa - con questo eccesso di rigore - più male che bene! [Lettere, 105].
In Occidente papa Damaso I, santo (304-384), nella decretale Dominus inter, usando un tono ben diverso, chiarisce che se il commercio carnale è una cosa immonda, va da sé che il presbitero deve tenersi pronto in vista della sua celeste missione... (nonostante ciò) il presbitero e il diacono osano pretendere di fare come gli animali!.
Il papa Gregorio I, santo, detto Magno (540-604), da parte sua, prescrive che l'uomo che ha dormito con la sua sposa, non deve entrare in una chiesa senza essersi lavato con acqua, e anche dopo essersi lavato, non vi deve entrare subito; e insegna che l'atto coniugale di per sé lecito, non si può compiere senza piacere della carne, per cui è necessario astenersi dall'entrare nel luogo sacro, dato che il piacere in se stesso non può essere senza colpa. [Epistola 44,3].
La rapida ricomparsa del concetto di impurità - dopo la completa rottura operata da Gesù, accolta dalle prime generazioni cristiane - e il suo persistere fino ad oggi, lasciano certamente stupiti e inducono a chiedersene il perché.
La spiegazione fornita dalla Dichiarazione della Congregazione per la Dottrina della Fede appare, nello stesso tempo, semplice e categorica: "Gesù Cristo non ha chiamato alcuna donna a far parte dei Dodici".
Evidentemente, dire che Gesù non ha chiamato alcuna donna a far parte dei dodici, e accettare questo fatto come normativo per escludere le donne dal sacerdozio, equivale ad affermare che i Dodici sono stati ordinati da Cristo sacerdoti. Si apre un problema di enorme vastità, che va al di là dei propositi di queste semplici note.
Vale solo il caso di considerare come Cristo, pur non cancellando la Legge, abbia di fatto ribaltato i tre pilastri su cui poggiava la realizzazione dell'antica alleanza: il Tempio, la Legge e il Sabato: viene il momento in cui l'adorazione di Dio non sarà più legata a questo monte o a Gerusalemme, viene un'ora, anzi è già venuta, in cui gli uomini adoreranno il Padre guidati dallo Spirito e dalla verità di Dio. Dio è spirito. Chi lo adora deve lasciarsi guidare dallo Spirito e dalla verità di Dio. [Gv 4:22-24]. Non più il tempio di pietra, ma un'anima pura.
Non più la Legge con la minuziosità delle sue prescrizioni, ma l'unica legge dell'amore. E nemmeno più il sabato che schiacciava l'uomo: il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato! [Mc 2:27].
Ma Gesù, non si ferma qui, fa ancora di più: istituisce l'eucaristia durante una cena, in una casa privata, fra amici, in un contesto privo di sacralità, in cui aleggia solo l'amore: nessuno ha un amore più grande di questo: morire per i propri amici. (Gv 15:13)
Ma, di nuovo, in pochissimo tempo, ecco gli uomini ricostruire ancora una volta i templi sacri in cui persone sacre compiono gesti sacri.
Questo ritorno ad una situazione che da Cristo era stata sovranamente superata, ci stimola a riflettere e a chiederci se stiamo da circa venti secoli partendo da ciò che noi consideriamo un dato storico ineccepibile fornitoci dai Vangeli - l'ordinazione sacerdotale dei Dodici compiuta da Gesù durante l'ultima Pasqua che Egli ha mangiato su questa terra - ovvero, se il ricostituirsi di un sacerdozio istituzionale non molto tempo dopo la resurrezione del Signore, non sia il frutto inevitabile di un bisogno culturale dell'epoca.
In altre parole: il sacerdozio, così come è oggi, conferito a persone esclusivamente di sesso maschile, caratterizzato da quei compiti che gli sono specifici, è assoluta volontà di Dio, oppure è opera della Chiesa?
Pietro e gli undici che continuano a frequentare il Tempio di Gerusalemme, dove operano e agiscono i vecchi sacerdoti di Israele, hanno la consapevolezza di essere divenuti, a loro volta, titolari di questa nuova investitura ministeriale che - ad essi soli - conferisce il potere di offrire il sacrificio della nuova ed eterna Alleanza?
Una cosa è certa: nel Nuovo Testamento non si rinviene un solo passo in cui si trovi la celebrazione dell'eucaristia affidata esclusivamente agli apostoli o ai presbiteri, né una sola riga in cui sia attribuita a qualcuno dei credenti - presbiteri o no - una funzione sacerdotale loro esclusiva.
Quando Pietro parla di sacerdozio, lo fa riferendosi a tutti i credenti: anche voi come pietre vive, formate il tempio dello Spirito Santo, siete sacerdoti consacrati a Dio... [1Pt 2:5]. E ciò non è forse perché, essendo stato testimone dell'immolazione dell'Agnello di Dio, sa che non c'è più bisogno di altri sacrifici o di altri sacerdoti? E quando egli proclama: voi siete per il Regno di Dio un popolo di sacerdoti a lui consacrati [1Pt 2:9], non si rivolge forse a tutti coloro che credono nel Signore?
E le donne? E' possibile concepire una benché minima loro discriminazione da parte di Gesù? Loro che fin dalla prima pagina della vita della Chiesa, troviamo sempre presenti e partecipi. Presenti lungo le strade del Maestro durante la sua predicazione, presenti lungo la via dolorosa dell'Uomo, presenti sotto la Croce, presenti per prime al sepolcro vuoto, presenti nel cenacolo in attesa dello Spirito, presenti alla frazione del pane... assenti, per volontà di Cristo, solo in occasione dell'ultima Cena?
Di fatto e incontrovertibilmente, il Verbo si è incarnato nel sesso maschile. Indubbiamente, nella Scrittura si parla di Dio come Sposo e della Chiesa come Sposa, e non viceversa. Dobbiamo, però, non dimenticare che la Parola di Dio è nella sua realizzazione, opera umana, tramandata e poi messa per iscritto da esseri umani. E come tale è un prodotto di cultura che non poteva non esprimersi se non attraverso i suoi modelli culturali. Assolutizzare questi aspetti, equivarrebbe ad affermare che Dio ha un sesso.
E', invece, ragionevole pensare che il Verbo di Dio abbia assunto, di fatto, la natura umana secondo il sesso maschile perché in quella situazione socioculturale non poteva fare diversamente. Tenuta accuratamente fuori da qualsiasi forma di potere, privata di ogni accesso alla cultura, senza diritti; quali possibilità avrebbe avuto una donna? La preghiera quotidiana di ogni Ebreo osservante, esprime eloquentemente la considerazione che la donna riscuoteva nell'ambiente semitico "Ti ringrazio, Dio, per non avermi fatto schiavo, pagano o donna".
Come avrebbe potuto una donna far sì che gli ascoltatori della sua parola rimanessero colpiti dal suo insegnamento, perché parlava con autorità (Lc 4:32)?
Fatte queste considerazioni non resta che rivolgerci al Vangelo e leggerlo con una certa trasparenza, facendo silenzio dentro di noi di tutte le interpretazioni sentite o supposte, in modo da poterne cogliere il messaggio essenziale al di là del modulo culturale che ce lo propone.
Così facendo, ci è dato di capire come Gesù non cancelli la cultura, ma la superi.
In un ambiente socioculturale che considerava le donne alla stregua delle cose [Non desiderare quel che appartiene ad un altro: né la sua casa, né sua moglie, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino.(Es 20:17)], neppure degne di essere contate come unità numerica ["Quelli che avevano mangiato erano quattromila uomini, senza contare le donne e i bambini" (Mt15:38)],
Egli affida a delle donne il compito di portare a Pietro e agli apostoli il suo primo comando dopo la resurrezione [non abbiate paura. Andate ad annunziare ai miei fratelli che vadano in Galilea e là mi vedranno" (Mt. 28:10)].
E' ancora ad una ex indemoniata che Egli si mostrò dopo la resurrezione; è a lei che, sorprendentemente, viene riservato il privilegio di riferire ai discepoli che Gesù era vivo e lei lo aveva visto!(Mc 16:10).
Ma essi non le credettero.
(Mc 16:11)
Gli uomini, a volte continuano ostinatamente la loro strada per secoli, senza uscire da situazioni che Cristo ha già superato.
Gesù ci ha fatto fratelli, tutti uguali, figli dello stesso Padre; ma le discriminazioni non sono cessate e la paura della donna e del sesso sono nella Chiesa cattolica più grandi che mai.

Tradizione, magistero, teologia e impurità rituale

242 d.C. ~ Le donne mestruate non devono venire all'altare, o toccare il Santo dei Santi, né venire in chiesa, ma
                  pregare altrove (Dioniso, arcivescovo di Allessandria)

345 d.C. ~ Il Concilio di Cartagine introduce severe regole di astinenza per i vescovi, i sacerdoti e i diaconi.

441 e 517 d.C. ~ I Concili francesi di Orange e di  Epaon, decretano che nella loro regione nessuna donna potrà
                           essere ordinata diacono, in quanto durante le mestruazioni potrebbero profanare la chiesa.

494 d.C ~ Papa Gelasio I vietò che le donne servissero all'altare.

588 d.C. ~ Il Sinodo diocesano di Auxerre decreta che le donne devono coprirsi le mani con un panno nel
                  momento di ricevere la comunione.

650 d.C ~ Il Sinodo di Rouen proibisce ai sacerdoti di consegnare il calice nelle mani delle donne e di farsi da
                 esse aiutare nella distribuzione della comunione.
               
680 d.C. ~ Il vescovo Timoteo di Alessandria dispone che i coniugi devono astenersi dai rapporti sessuali il
                  sabato e la domenica e, in ogni caso, il giorno antecedente la comunione. Stabilisce, inoltre, che le
                  donne, durante il periodo delle mestruazioni, non possono ricevere il battesimo, la comunione ed è
                  fatto loro divieto di entrare in chiesa nel giorno di Pasqua.

690 d.C. ~ Il vescovo Teodoro di Canterbury proibisce alle donne mestruate di entrare in chiesa e di ricevere
                  la comunione. Le madri sono considerate impure per quaranta giorni dopo il parto.

820 d.C. ~ Il vescovo Teodolfo di Orléans vieta alle donne di entrare nel santuario, precisando che “Le donne dovrebbero
                  ricordare la loro debolezza, e l'inferiorità del loro sesso, quindi dovrebbero aver paura di toccare qualsiasi
                  cosa sacra che sia nel ministero della Chiesa.


Paucapalea, Summa, Dist. 5, p. § 1 v. ~      “Alle donne non è permesso visitare la chiesa durante le mestruazioni o dopo la
 1114-1148 d.C                                          nascita di un figlio. Perché la donna è un animale mestruato. Attraverso il contatto
                                                                   col suo sangue i frutti non matureranno. Il mosto degenera, l'erba si secca e gli
                                                                   alberi perdono i loro frutti anzi tempo. Il ferro arrugginisce e l'aria diventa scura.
                                                                   Quando i cani lo assaggiano, diventano rabbiosi.”

Rufinus, Summa Decretorum, passim. ~ Una donna non può distribuire la comunione agli infermi e deve rimanere fuori dalla
 1157~1159 d.C.                                 chiesa dopo il parto. E infatti “Quel sangue è così esecrabile ed impuro che, come ha
                                                            scritto Giulio Solinus nel libro 'i miracoli del mondo', al suo contatto i frutti non
                                                            maturano, le piante seccano, l'erba muore, gli alberi perdono i loro frutti, l'aria diventa
                                                            scura, i cani diventano rabbiosi.... Ed i rapporti al tempo del periodo mestruale
                                                            diventano molto rischiosi. Non solo a causa dell'impurità del sangue devono essere
                                                            evitati i contatti con una donna mestruata; da tali rapporti vengono generati feti alterati.”

Sicardo di Cremona, Mitrale V, cap. 11. ~ Le donne non possono toccare alcun oggetto sacro. La nascita di un bambino
 1179~1181 d.C.                                       porta con sé una duplice maledizione: “C'erano due comandamenti nella Legge ( il
                                                                  vecchio Testamento), il primo relativo alla madre che dà la nascita, il secondo a
                                                                  colui che nasce. Riguardo alla madre , se dava alla luce un figlio maschio, essa
                                                                  doveva guardarsi dall'entrare nel Tempio per quaranta giorni come una persona
                                                                  impura: perché il feto, concepito nell'impurità, pare che rimanga informe per
                                                                  quaranta giorni. Ma se nasce una femmina, lo spazio di tempo veniva raddoppiato
                                                                  per il sangue mestruale, che accompagna la nascita, considerato particolarmente
                                                                  impuro perché al suo contatto, come afferma Solinus, i frutti e le erbe
                                                                  appassiscono. Ma perché il tempo per una bambina femmina è stato raddoppiato?
                                                                  Questa è la soluzione: perché una duplice maledizione grava sulla donna. Perché su
                                                                  di lei grava la maledizione di Adamo e per la punizione ' tu partorirai con dolore '.
                                                                  O, forse, perché, come la scienza medica rivela, durante il concepimento le figlie
                                                                   femmine restano informi per un tempo doppio rispetto ai maschi .”

1140 d.C. ~   La presunta 'impurità rituale ' delle donne entrò nella Legge Ecclesiastica attraverso il Decretum Gratiani che
                     divenne legge ufficiale della Chiesa nel 1234, come parte vitale del Corpus Iuris Canonici che restò in vigore
                      fino al 1916.

Pascal ha scritto nei suoi Pensieri che "la vera morale non considera la morale".
Infatti, mentre la morale mondana ha per criterio il giudizio degli uomini, la morale cristiana, rifiutando ogni legalismo, non ha altri imperativi che quelli della coscienza.
Il Vangelo insiste sovente sui pericoli di tale moralismo farisaico, della lettera che uccide, che riporta tutto al livello di una psicologia infantile: ...E' permesso... Non è permesso...
Secondo l'insegnamento di San Paolo, infatti, i precetti, quali "non prendere", "non toccare", "non gustare" sono fondati su disposizioni e dottrine umane e diventano dannosi solo con l'abuso.
La Chiesa di Roma, tuttavia, allorché conquistò la sua posizione egemonica nell'ambito della Cristianità, instaurò la sua dottrina sessuale, curioso miscuglio di manicheismo e giudaismo: celibato dei preti, divieto di ogni rapporto sessuale prima del matrimonio, restrizione dei rapporti matrimoniali ai soli fini procreativi, idea del peccato legato all'atto sessuale...
(Jean Charpentier, della Chiesa Gallicana)

In tutte le cose il peccato è l'abuso. 
(Massimo il Confessore, della Chiesa Ortodossa)

Sullo stesso tema:

Catholicisme & sexualité 
[Maurice Weitlauff] (in lingua francese)
Chiesa, la sessualità e l'autotortura (Raffaele Garofalo)


            Ikthys