L'appello del popolo cristiano "Anche noi siamo Chiesa"


Questa iniziativa è nata in Austria e ha riscosso un grande successo in Germania e in numerosi altri paesi europei ed ha portato alla costituzione di un organismo internazionale, l'IMWAC (International Movement We Are Church). Per l'Italia, vi aderiscono i siti Noi siamo Chiesa e Partenia.
L'appello sottoscritto da due milioni e mezzo di cattolici è stato trasmesso al Vaticano l'11 ottobre 1997, giorno del 35° anniversario dell'apertura del Concilio Vaticano II, dai rappresentanti del movimento europeo "Noi siamo Chiesa".
Poiché in Italia il documento è stato assolutamente ignorato dalla stampa se ne riporta di seguito il testo integrale.
Non si tratta di un testo teologico. Non ha la pretesa di affrontare tutte le questioni riguardanti la chiesa cattolica, né tantomeno quella universale. Non si esprime, per esempio, in merito alla questione dell'infallibilità o del governo della Chiesa cattolica, né riguardo all'ecumenismo o alle relazioni con le altre Chiese.
Anche se alcuni suoi punti potranno sembrare discutibili, ciò che, però, ci appare significativo è lo stesso titolo "Noi siamo Chiesa" che esprime l'esigenza di molti cristiani adulti, legittimata dal loro battesimo e della loro fede in Gesù Cristo, di esprimersi in merito a tutto ciò che riguarda la Chiesa e i suoi rapporti con gli uomini d'oggi. Il contenuto della petizione richiama quello dei "cahiers de doléances". Come quelli tradisce un disagio latente,  una presa di coscienza e un fermento rivoluzionario in atto contro l'autoritarismo presuntuoso e arrogante di una parte dei vertici ecclesiastici, contro cui l'inveterata arma della censura, della scomunica e della paura appare ormai spuntata. Ci si duole della disaffezione dei giovani che disertano sempre più numerosi le chiese e i sacramenti, della crisi delle vocazioni, mentre bisognerebbe invocare Dio per una Chiesa più spirituale e meno temporale, più misericordiosa e meno austera, più orientata all'insegnamento del Vangelo che a quello del Magistero, una Chiesa nella quale l'umiltà, l'amore e la sincera considerazione del prossimo sostituiscano la presunzione di infallibilità, la sete di potere e il rigore inquisitoriale di infausta memoria. Una Chiesa che non guardi solo agli effetti, ma si batta il petto per le cause.Una Chiesa che comprenda che se Pietro è importante, Gesù lo è incommensurabilmente di più. L'intendimento della petizione non è quello di distruggere, ma quello di rinnovare. Il fuoco brucia, ma purifica. Essa si rivolge a tutti i cristiani di buona volontà che si trovano non solo al di fuori, ma soprattutto, al di dentro dei "ranghi". Si rivolge a quelli che vedono e sopportano, che soffrono per una Chiesa che vorrebbero diversa, invitandoli a non anestetizzare la paura della "censura" con un malinteso dovere di "obbedienza", ma facciano coraggiosamente e responsabilmente sentire, con amore e senza livore, la voce del loro malcontento come fece quel Gesù, meno edulcorato e biondo di quello proposto da una stucchevole iconografia, nei confronti della classe clericale del tempo (Mt 23...). Nulla di nuovo sotto il sole. Paradossalmente, nel Vangelo, quando Gesù dice a qualcuno "la tua fede ti ha salvato", non si rivolge mai ai farisei, quei buoni "praticanti" della sua epoca, guardiani della legge e dell'ortodossia morale e politica, convinti di detenere la verità, ma a persone molto lontane dalla pratica assidua della religione ebraica: ad un centurione romano, ad un esattore delle imposte truffatore, a una prostituta, a delle donne straniere, ad un lebbroso samaritano...

Petizione

Unitamente a "Noi siamo Chiesa" dell'Austria e a tutte le altre iniziative similari di altri paesi, chiamiamo il popolo cristiano ad impegnarsi a favore della riforma della Chiesa cattolica. Lo invitiamo ad una discussione cui deve far seguito la realizzazione progressiva delle misure corrispondenti alle attese del popolo cristiano, per consentire agli uomini dei secoli futuri di giungere al cuore della Buona Novella.
Nello spirito del Vaticano II, "Noi siamo Chiesa" intende raccogliere, sostenere e promuovere ogni forma di dialogo e di iniziativa in grado di indicare alla Chiesa i compiti ecumenici che deve assumere nel mondo.

Finalità ed esigenze

1- Costruire una Chiesa fraterna.Chiediamo: l'uguaglianza di tutti i credenti. L'abolizione della frattura religiosi/laici, che esclude il riconoscimento delle loro vere competenze; la partecipazione delle Chiese locali alla scelta dei loro vescovi. Può diventare vescovo soltanto chi gode della fiducia del popolo.

2- L'uguaglianza totale delle donne con la loro partecipazione alle discussioni e alle decisioni ad ogni livello della Chiesa; con il loro accesso al diaconato permanente; con la loro ammissione al sacerdozio ed alla guida della Chiesa. L'esclusione delle donne dai ministeri ecclesiastici non ha fondamento biblico. La Chiesa non può più fare a meno della ricchezza delle loro capacità e delle loro esperienze.

3- La libera scelta fra la vita di celibato e la vita coniugale. Né la Bibbia, né alcun dogma hanno mai stabilito la ricorrenza di un nesso necessario tra il ministero sacerdotale e il celibato: è solo il frutto di un orientamento che fa capo a una parte della Chiesa romana. Il celibato obbligatorio, invero, che riveste sempre meno significato nella nostra società, allontana dal sacerdozio moltissimi cristiani che sarebbero in grado di presiedere l'Eucaristia. Il diritto delle comunità all'Eucaristia e ad essere dirette è più importante della regolamentazione ecclesiastica in materia: si rende necessario sottoporla a revisione.

4- La valorizzazione positiva della sessualità, elemento importante dell'umanità, voluta da Dio. Restiamo in attesa del riconoscimento della capacità degli esseri umani di assumersi le loro responsabilità in materia di morale sessuale (per esempio a proposito della regolamentazione delle nascite), dell'abolizione dell'equivalenza stabilita tra la regolamentazione delle nascite e l'aborto, della comprensione in luogo delle continue esasperanti condanne (per esempio in materia di relazioni prematrimoniali o omosessuali), la valorizzazione di alcuni temi morali (pace, giustizia sociale, conservazione della natura, ecc.) e non più una fissazione ostinata sulla morale sessuale.

5- Buona Novella, e non più minacce. Aspettiamo dalla Chiesa: la solidarietà e l'assistenza delle persone in difficoltà, e non solo richiami angosciati a norme superate, una maggiore comprensione e disponibilità alla riconciliazione nei confronti di tutti coloro che si trovano in una situazione di afflizione, per aiutarli a risollevarsi (divorziati, preti sposati allontanati dal ministero, ecc.), e non rigida severità.

Sottoscrivendo questa petizione, aderisco all'appello per un rinnovamento della Chiesa nello spirito di Gesù, in solidarietà con gli obiettivi di "Noi siamo Chiesa".

Quali sono le tue reazioni? scrivici: busta.gif (4196 bytes)IKTHYS

Siti cattolici riformatori all'estero:

We are Church (Gran Bretagna)
Wir sind Kirche (Germania)
Catholics of vision (Canada)
Call to action (USA)
Croyants en liberté Sarthe (Francia)


La stampa

APPELLO DAL POPOLO DI DIO ( L'UNITA', 17 gennaio 1996)

Sull'esempio dei cattolici austriaci e tedeschi, ai quali si sono aggiunti quelli francesi e belgi nel raccogliere le firme in calce alla "Petizione della Chiesa Popolo" per chiedere al Papa ed ai vescovi di contare di più nella vita della Chiesa, alcuni comitati italiani, formatisi nel frattempo, hanno illustrato, ieri in una conferenza stampa, la loro iniziativa che va nella stessa direzione. L'iniziativa del Comitati di base italiani ha presentato già un'esperienza che è stata realizzata nella diocesi di Bolzano-Bressanone, dove la petizione è stata sottoscritta in breve tempo da 18.000 persone come segno di una esigenza molto sentita dal cosiddetto "Popolo di Dio". Il fatto nuovo, rispetto alle comunità di base degli anni postconciliari, che si ponevano come Chiesa alternativa rispetto a quella istituzionale, è che i Comitati si pongono in dialogo con i vescovi e con il Papa a cui, anzi, hanno annunciato di consegnare il loro documento con le firme raccolte. I cattolici austriaci hanno raccolto più di 500.000 firme, i tedeschi 1.800.000 e gli italiani si propongono di raccoglierne più di mezzo milione attraverso i Comitati che operano in ogni diocesi e nell'ambito delle parrocchie. Nella prospettiva di un dialogo ecumenico sempre stringente - ha detto Luigi De Paoli, uno dei coordinatori - i cattolici che hanno dato vita a questa iniziativa non possono prescindere da questo spirito ecumenico. La "petizione" consta di sei punti in cui si chiede che la base deve essere consultata per essere coinvolta in decisioni riguardanti sia la nomina dei vescovi, sia le norme che continuano ad escludere dall'eucarestia i divorziati risposati come la partecipazione delle donne ai ministeri ecclesiali, sia le iniziative per la pace, la giustizia e la salvaguardia del creato. Aprire, da parte della Chiesa istituzionale, un dialogo con tutte le sue componenti, e non soltanto con le associazioni ufficiali riconosciute e controllate dall'alto, significa anche "mettere in pratica" alcuni "impegni di apertura e di dialogo" che sono stati assunti al recente Convegno ecclesiale di Palermo . In Francia, l'appello per "un nuovo stile ecclesiale di apertura e corresponsabilità " è stato fatto proprio dalla prestigiosa rivista cattolica Temoignage chretien e in Belgio dalla nota rivista Golias. In Italia hanno raccolto l'appello Il Regno dei dehoniani di Bologna e riviste, che negli ultimi anni hanno sempre portato avanti un discorso di rinnovamento ecclesiale anche nei suoi rapporti con la società civile, come Testimonianze, Il Tetto, Confronti, Il Gallo, l'agenzia Adista. Ed a riprova che il problema è largamente sentito, va segnalato che proprio Il Regno ha pubblicato, nell'ultimo anno, inchieste ed interventi autorevoli per sottolineare l'urgenza di far precedere la nomina di un vescovo da parte del Papa da un'ampia consultazione onde evitare, per esempio, le reazioni critiche che hanno suscitato le nomine di alcuni vescovi nei Paesi Baschi come in Austria (va ricordato lo scandalo attorno al vescovo di Vienna, costretto alle dimissioni, perché accusato di omosessualità) in Svizzera, in Canada, negli U.S.A. Lo stesso cardinale Joseph Ratzinger nel 1970, prima di essere nominato prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, ammetteva che la designazione dei candidati a vescovo non doveva essere un'operazione "esclusivamente dall'alto". Di recente la rivista dei gesuiti spagnoli Razon y Fe è tornata sull'argomento sostenendo che non bastano le segnalazioni dei nunzi apostolici e delle Conferenze episcopali nazionali per indicare i candidati possibili e credibili, ma occorre una consultazione molto più ampia della base. Insomma, la partecipazione deve prendere il posto della burocrazia ecclesiastica nel processo di elezione di colui che diventerà vescovo.

APPELLO DAL POLOPO DI DIO (Adista, 20 gennaio 1996)

In Austria, Belgio, Francia e Germania, donne e uomini cattolici hanno già espresso il loro disagio e la loro sofferenza perché le speranze aperte nella Chiesa dal Vaticano II sono andate in gran parte deluse a causa del tentativo di imprigionare lo Spirito rinnovatore. Proprio per attuare il Concilio, per essere più fedeli al Vangelo e per favorire la riconciliazione ecumenica con le altre Chiese, anche noi, sulla scia aperta dalla nostre sorelle e dai nostri fratelli, lanciamo questo Appello chiedendo di appoggiarlo con una firma che diventi segno dell'impegno personale per il rinnovamento della Chiesa, in obbedienza del messaggio liberante di Gesù:

1) "CIO' CHE RIGUARDA TUTTI, DA TUTTI DEVE ESSERE DISCUSSO"

Questo antico principio ecclesiale è disatteso. Perciò noi chiediamo:

* l'istituzione di strutture di comunicazione e di dialogo permanenti, a livello diocesano, nazionale ed internazionale, dove le varie componenti del Popolo di Dio, senza preclusioni, possano discutere, con libertà e in ascolto della Parola del Signore, tutti i problemi che riguardano la Chiesa:

* il reale coinvolgimento di ogni Chiesa locale (Diocesi) nella scelta del proprio vescovo.

2) "UNO SOLO E' IL VOSTRO MAESTRO E VOI SIETE TUTTI FRATELLI"

Alla luce di questo annuncio chiediamo:

* il superamento della separazione strutturale tra "Chierici" e "Laici" per una corresponsabilità nella Chiesa;

* un aperto confronto sulla Sacra Scrittura per raggiungere la piena partecipazione delle Donne ai ministeri ecclesiali.

3) "VOI SIETE UN POPOLO SANTO"

In questa prospettiva:

* si riconosca alle comunità il diritto a celebrare l'eucarestia e ad animare la propria fede in una pluralità non delimitata da regole e canoni storicamente condizionati;

* si valorizzi il celibato per il Regno di Dio lasciando ai preti la libertà di scelta, dato che il vincolo tra ministero sacerdotale e celibato, imposto dall'attuale legge ecclesiastica, non ha fondamento, né biblico né dogmatico.

4) "SIATE MISERICORDIOSI COME E' IL PADRE VOSTRO"

In coerenza con questo invito, che privilegia accoglienza e rispetto piuttosto che emarginazione e giudizio, ci sembra giusto:

* rivedere la prassi e la norma che escludono i divorziati risposati dall'Eucarestia;

* restituire al servizio della comunità i preti sposati.

5) "MASCHI E FEMMINE DIO LI CREO' , E VIDE CHE ERA COSA BUONA"

Questo giudizio sulla creazione fonda una valutazione positiva della sessualità come dono di Dio ad ogni persona e il primato dell'amore sulla "legge naturale". Da ciò, tra l'altro, scaturisce:

* la rivendicazione della libertà di coscienza nel campo della regolazione delle nascite;

* il superamento di ogni discriminazione nei confronti delle persone omosessuali.

6) "AVEVO FAME E MI AVETE DATO DA MANGIARE".

La fedeltà al Vangelo richiede un coerente impegno della Chiesa cattolica, ad ogni livello, per lavorare in fraternità ecumenica con tutte le Chiese, per la pace, per la giustizia e la salvaguardia del creato, dando in questi campi un contributo concreto come Chiesa umile, povera e pellegrina, a fianco di chi lotta per un mondo umano e solidale.

OLTRE TRE MILIONI DI FIRME CHIEDONO MAGGIORE DIALOGO

(Il Manifesto,12 ottobre 1997)

Ieri sono state simbolicamente consegnate al Papa le firme (circa tre milioni) raccolte dal Movimento "Noi Siamo Chiesa" in Austria, dove il movimento era nato, Belgio, Francia, Germania, Italia, e in altri paesi sia europei che americani. La data era stata scelta per ricordare il 35°anniversario dell'apertura del Concilio Vaticano II. Le richieste (ne abbiamo già parlato più volte su queste pagine): una Chiesa aperta al dialogo e al pubblico dibattito; la piena uguaglianza di donne e uomini in tutti i ministeri ecclesiali; un sempre maggiore impegno a favore degli "ultimi" in tutti gli angoli della terra. L'appello insiste soprattutto sulla necessità di una maggiore democrazia, di un maggiore dialogo nella Chiesa e fra le Chiese. Chiede perciò: "L'istituzione di strutture di comunicazione e di dialogo permanenti, a livello diocesano, nazionale e internazionale dove le varie componenti del popolo di Dio, senza preclusioni, possano discutere, in libertà e in ascolto della Parola del Signore, tutti i problemi che riguardano la Chiesa. Chiede anche il reale coinvolgimento di ogni Chiesa locale nella scelta del proprio vescovo e il superamento della separazione tra chierici e laici per una corresponsabilità nella Chiesa". E così si conclude: "La fedeltà al Vangelo richiede un coerente impegno della Chiesa cattolica, ad ogni livello, per lavorare (in fraternità ecumenica con tutte le Chiese) per la pace, la giustizia e la salvaguardia del creato, dando in questi campi un contributo concreto come Chiesa umile, povera e pellegrina, a fianco degli emarginati, degli oppressi e di chi lotta per un mondo umano e solidale".

LA SECOLARIZZAZIONE E IL FUTURO DELLA CHIESA

Intervista a NORBERT GREINACHER (estratto da "Il Tetto" - luglio/agosto 1997)

Norbert Greinacher, titolare della cattedra di teologia pastorale della facoltà di teologia cattolica dell’Università di Tubingen è molto noto in Germania a causa delle sue chiare posizioni a favore di una profonda riforma della Chiesa cattolica. Il discorso ha toccato molto presto il tema dell’Appello del Popolo di Dio. Secondo Greinacher, che può essere considerato uno dei padri dell’Appello in Germania, questa voce della base cristiana non è ne referendum, ne una corsa per raggiungere la maggioranza numerica; è soprattutto una delle più grandi chance della chiesa per rendere credibile la sua presenza nella società secolarizzata. Nel suo saggio Ist die Katholische Kirche noch zu retten? (Si può salvare ancora la Chiesa Cattolica?), inserito nel volume Das Neue wachst (Kosel, Munchen 1995) già in primavera del 1995 li presentava le proposte delle riforme che sotto la forma dell’Appello, pochi mesi dopo, hanno svegliato le coscienze di più di due milioni di cattolici dando inizio a un’azione a livello mondiale che non è ancora terminata.[...]

1)- D. Come intendere bene il senso della parola secolarizzazione, usata così frequentemente e nei contesti che spesso non coincidono tra di loro?

- R. Con secolarizzazione intendo un fenomeno sociologico - risponde Greinacher - nel corso del quale sempre più settori della vita sociale si staccano dalla determinazione del sistema di valori delle chiese cristiane e delle religioni, si emancipano e si danno un loro proprio sistema di valori.

2)- D. Però la secolarizzazione intesa così può essere considerata la più grande minaccia per il cristianesimo e proprio con questa minaccia Giovanni Paolo II cerca di giustificare una svolta fondamentalista e integralista nella chiesa cattolica.

- R. Per me è chiaro che questo non rappresenta una risposta adeguata società secolarizzata -sostiene nella sua posizione il teologo di Tubingen. Questa ricaduta fondamentalista in un mondo distaccato dal resto dell’università sociale si lascia però spiegare con il fatto che all’interno del proprio mondo un fondamentalismo garantisce un alto livello di sicurezza negli orientamenti in contrasto con gli spazi di manovra al di fuori di questo universo sovraccaricato in modo tale da creare delle patologie.

3)- D. Sorge allora il dilemma di un Associazione impegnata a promuovere il libero arbitrio e la libertà da tutti i fondamentalismi ed integralismi anche nella chiesa cattolica - come deve porsi una comunità di questo tipo? -

- R. Ogni comunità che in qualche modo si dice cristiana deve essere una "Comunità simpatetica", e cioè deve avere compassione. Secondo la tradizione evangelica e nel contesto di questa società deve avere compassione per i poveri e gli svantaggiati. In Germania, ad esempio, dobbiamo cominciare dal fatto che circa il dieci per cento della popolazione è costituita da poveri strutturati, cioè persone nate povere, cresciute povere e che con molta probabilità moriranno poveri. Non si ha l’impressione che la Chiesa ufficiale avesse decisamente preso posizione a favore di questo dieci per cento della popolazione che vive povera - ribadisce Greinacher -.

4)- D. E se in questo contesto bisogna schierarsi contro le istituzioni?

- R. Nella lettera agli Efesini leggiamo: "Siete stati edificati sul fondamento degli apostoli e dei profeti." I profeti non sono - al contrario del significato nella nostra lingua corrente - principalmente persone che vedono il futuro. Parlare profeticamente nel senso biblico - coincidenza con il significato nel greco profano - significa dapprima chiarire pubblicamente, avvisare pubblicamente, annunziare (analogo al significato originale di professore). Per il profeta si tratta di un "hic et nunc", di ora e qui. Il profeta è per sua costituzione, un riformatore rivoluzionario. Con tutto il suo passionale impegno vuole riformare l’istituzione. Vuole portare la gente alla riflessione, vuole portarla alla conversione, al ritorno all’origine. Vuole mettere l’istituzione al servizio dell’uomo, superare l’alienazione dell’uomo causata dall’istituzione. Per questo il profeta è un critico per eccellenza.


A CHE COSA SERVONO I VIAGGI DEL PAPA?
(Croyants en liberté Sarthe, settembre 1996)

A che cosa servono i viaggi di Giovanni Paolo II? Sono l'occasione per uno scambio e un dibattito fraterno tra cristiani sul modo di tradurre il Vangelo in una lingua adatta al mondo attuale? Permettono veramente un vero dialogo con la società moderna?

Nel corso di questi viaggi costosi e ipermediatizzati, nessun dialogo può aver luogo, nessun vero incontro con la gente è possibile, nessuna domanda dei cristiani della base alla gerarchia cattolica può essere intesa (democratizzazione della sua struttura, accesso delle donne ai ministeri, libera scelta del celibato da parte dei preti, cessazione del discorso surrealista riguardante la sessualità, attitudine all'ascolto e non alla condanna).

Cristiani adulti, noi lamentiamo l'infantilizzazione del comportamento dei cattolici trascinati da queste manifestazioni. Non vogliamo essere ridotti al ruolo di "mandria" guidata incondizionatamente da un papa "infallibile".

Poiché anche noi siamo la Chiesa per il solo fatto del nostro battesimo e della nostra fede in Gesù Cristo, invitiamo tutti i cristiani a parlare e ad esprimersi apertamente e liberamente su tutto ciò che riguarda il funzionamento della Chiesa e i suoi contatti con il mondo attuale.


Le divisioni nella Chiesa Cattolica
Documento di lavoro per
l'Assemblea di IMWAC del 7-10 ottobre a S.Severa -Roma
International Movement "We Are Church" (IMWAC)
Associazione italiana "Noi Siamo Chiesa" (NSC)
Casella Postale 244 Acilia, 00125 Roma Sito Internet : www.rcl/ jp/ noisiamochiesa
Riflessioni sul Sinodo dei Vescovi europei


In occasione del Sinodo dei Vescovi dell’Europa (Roma, ottobre 99) ci sembra utile offrire alcune riflessioni sulla divisione della Chiesa cattolica, nella consapevolezza che esse evidenziano solo alcuni aspetti della realtà ecclesiale. Tali osservazioni traggono spunto anche dalla lettura attenta dell’Instrumentum Laboris, che la Segreteria generale del Sinodo dei Vescovi ha pubblicato nel Luglio 99, a conclusione di un lungo lavoro di consultazione all’interno degli episcopati europei, e nel quale si trovano molte considerazioni stimolanti e, in alcuni casi, coraggiose, perché mettono a nudo problemi reali nella Chiesa, spesso occultati.

1.1 La divisione nella Chiesa cattolica

Le ricerche socio-religiose sono concordi nel segnalare che i cattolici molto spesso non seguono il Magistero in modo consensuale: soprattutto quelle transculturali e internazionali ( ad esempio quella di Greeley) mostrano come anche su temi ritenuti indiscutibili dal Magistero papale (ovverosia "quasi dogmi"), come l’ordinazione di donne o uomini sposati, i cattolici abbiano opinioni diametralmente opposte, con una maggioranza di credenti, in molti paesi, che pensano e agiscono in modo ritenuto "erroneo" dal Magistero.

La materia nella quale prevale questa contrapposizione è quella familiare-sessuale:

? non solo la maggioranza dei cattolici ritiene erroneo l’insegnamento del magistero papale in ordine alla regolazione delle nascite al punto da non farne più un problema di "colpa", ma anche in tema di relazioni prematrimoniali, coppie di fatto, fecondazione assistita, depenalizzazione dell’aborto e del divorzio, ecc.

In campo politico e sociale la spaccatura non potrebbe essere più evidente:

? cattolici a favore di atteggiamenti pacifisti-non violenti a fronte di altri favorevoli alla guerra (p.e. ai bombardamenti NATO nella guerra dei Balcani);

? cattolici che vedono con favore l’integrazione etnico-razziale e cattolici che si oppongono a tale scelta;

? cattolici che appoggiano le teorie neoliberiste (centralità del mercato e del profitto) e cattolici che militano a favore di movimenti che considerano il capitalismo e il neoliberismo il "Mammona" da combattere;

? cattolici che reputano la scuola "privata-cattolica" un fermento di libertà e cattolici che la ritengono una scuola per i ricchi e una palestra antidemocratica;

? cattolici che si battono per "lo stato etico" (o confessionale) e cattolici che si battono per uno "stato di diritto" (laico);

? cattolici sostenitori della difesa dell’ordine sociale attraverso la repressione (leggi punitive, carcere, pena di morte, autodifesa con armi, ecc.), contro cattolici che privilegiano misure educative e riabilitative (comunità terapeutiche, scuole di formazione, comitati di autodifesa, campagne di pubblicità, ecc).

In ordine alle tematiche ecumeniche la contrapposizione è, seppure sfumata, consistente:

? a fronte di cattolici che promuovono marce, veglie, preghiere, convegni con altre confessioni cristiane alla ricerca di una effettiva riconciliazione e di soluzioni comuni ai gravi problemi posti dall’ingiustizia e dalla guerra e dalla salvaguardia del creato,vi sono cattolici che in nome di quella che essi ritengono l’unica e vera Chiesa, quella cattolica", evitano ogni rapporto o confronto con i fratelli "separati", considerandolo un "cedimento".

Anche nel dialogo con le religioni non cristiane, che coinvolgono i tre quarti dell’umanità, il disaccordo è quasi totale:

? da un lato vi sono cattolici (compresi vescovi e teologi) che considerano fondamentale una nuova evangelizzazione che parta da una effettiva inculturazione e, quindi, dall’abbandono di quelle categorie occidentali che da due millenni condizionano il messaggio evangelico; dall’altro vi sono cattolici che ritengono irrinunciabile difendere e diffondere il cristianesimo con tutta la sua tradizione occidentale.

Non meno forte è il contrasto in campo teologico:

? i fautori della Teologia della Liberazione, delle Teologie Indigene, della Teologia Asiatica, delle Teologie delle realtà terrene (pace, politica, ecologia, ecc.) negli ultimi decenni hanno teorizzato interpretazioni di Dio, dell’inferno, del castigo eterno, della missione di Gesù, della struttura della Chiesa, dei sacramenti, del culto alla Madonna e ai santi, del Giubileo, che hanno scavato abissi di differenze rispetto alla "tradizione" e con i tradizionalisti, fino a configurare un modo di pensare e fare Chiesa che è antinomico a quello "conservatore".

Anche il modo di operare delle Conferenze episcopali presenta caratteristiche contrastanti:

? mentre alcuni episcopati nazionali procedono secondo un metodo "sinodale", ponendo domande e convocando il popolo cattolico secondo livelli differenziati, senza eludere "questioni" ritenute intoccabili dal magistero papale, altri procedono in modo opposto, negando ogni forma di consultazione del "popolo di Dio".

Particolarmente acuta è la divisione che si registra tra il Papa e gran parte della Chiesa: essa emerge sotto forma di dichiarazioni, prese di posizione o comportamenti apertamente e consapevolmente contrastanti, ma più spesso camuffate da indifferenza, noncuranza, e distacco.

? Il caso del "Catechismo della Chiesa Cattolica", tenacemente voluto dalla Curia Romana, è emblematico: comprato in milioni di copie è praticamente "ignorato" dalla quasi totalità di vescovi, parroci, teologi e dirigenti di movimenti laicali.

? Per non parlare del fatto che se il Papa afferma che l’uso degli anticoncezionali è contro natura e causa di peccato mortale, l’apparato ecclesiastico nel suo insieme "finge" di non sapere e omette deliberatamente tale insegnamento.

? Se poi il Papa dichiara solennemente chiuso il capitolo dei ministeri alle donne e ai preti sposati, i vescovi e i parroci, spesso sprovvisti di clero "celibe", assegnano ai primi compiti pastorali quasi "sacerdotali, a tal punto che la S. Sede si vede obbligata a emettere una "Istruzione", per richiamare i vescovi a vigilare su "abusi" che contravvengono le decisioni del Magistero.

? Le "encicliche" papali, se non fossero sintetizzate dalla stampa internazionale, rimarrebbero ignote alla quasi totalità dei cattolici. Vescovi, parroci, movimenti laicali e stampa cattolica, salvo eccezioni, evitano di studiarle, commentarle e, persino, di diffonderle, isolando così il papa dalla comunità cattolica.

Anche lo spinoso problema del "celibato" dei preti è elegantemente bypassato: molti di essi, di fronte alle gravi conseguenze che comporterebbe la riduzione allo stato laicale (senza lavoro, senza casa, senza pensione, ecc.), risolvono il problema sessuale ricorrendo alle più svariate soluzioni (masturbazione, amante, convivente, pedofilia, omosessualità, ecc.), non raramente con la "complicità" del vescovo, in bilico tra la possibilità di perdere un "funzionario di Dio" o di promuovere uno scandalo.

I movimenti e le associazioni laicali non si sottraggono alla scissione che aleggia nella Chiesa Cattolica. Tutti conoscono l’esistenza di movimenti tradizionalisti, anti-comunisti, difensori della "vita" fetale, fautori della Chiesa "trionfante", paladini della scuola "cattolica", dotati, spesso, di imponenti risorse finanziarie e di seminari per i propri aderenti.

Questi movimenti sono pubblicamente privilegiati dalla Curia Vaticana, che organizza persino, per vescovi "simpatizzanti", convegni ai quali hanno accesso unicamente i leader dei suddetti movimenti nel ruolo di informatori-formatori (Roma, Pontificio dei Ateneo Legionari di Cristo, 16-19 giugno 99).

Ben diversa è la condizione di altri gruppi o movimenti laicali, difficilmente riconoscibili perché non possiedono seminari, case editrici, imprese o capitali. Pur riconoscendo l’autorità, non lesinano critiche; privilegiano la visione di una Chiesa-comunità che si perfeziona nella storia; si sentono più coinvolti nella difesa dei diritti umani, della giustizia, della pace; leggono la Bibbia alla luce di una moderna esegesi e degli avvenimenti presenti.

1.2 La divisione ecclesiale secondo l’INSTRUMENTUM LABORIS

Tale divisione ecclesiale ci pare sostanzialmente confermata dall’Instrumentum Laboris, che la Segreteria generale del Sinodo dei vescovi ha recentemente pubblicato e che rappresenta il testo base per la discussione sinodale che si terrà in ottobre 99.

Il testo vaticano riconosce che "è in atto il passaggio da una religiosità sacrale e di tradizione a una religione di convinzione e di coinvolgimento personale" (capitolo 43) , per cui "ciò che è necessario è un profondo cambiamento di mentalità...che richiede tempo, pazienza e formazione da parte di tutti gli interessati (49), anche perché "é venuta meno la possibilità di una pastorale basata su <uno stato diffuso di cristianità> (15). Anche secondo l’Instrumentum vi sarebbero almeno due modi molto diversi di concepire e organizzare la Chiesa.

? Infatti se da un lato"la Chiesa.. manifesta una nuova vitalità, specialmente nel rinnovamento biblico e liturgico, nell’attiva partecipazione dei fedeli alla vita parrocchiale, nelle nuove esperienze di vita comunitaria.. nel moltiplicarsi di generose forme di servizio ai più poveri e agli emarginati" (7), dall’altro "vi è il pericolo di continuare a impostare una pastorale che, pur non potendo più avere le caratteristiche di una pastorale tipica di una cristianità dominante, non è capace psicologicamente di accettare una diminuzione della stima e del riconoscimento sociale e cerca di salvare le strutture e l’influenza della Chiesa ad ogni costo, fino anche a forme di compromesso.. a scapito di scelte più nette e radicali" (15).

? Nel campo della collaborazione tra presbiteri e laici l’Instrumentum laboris segnala che "ci si trova di fronte a situazioni diversificate e, a volte di segno contrario..": infatti, da un lato "grazie anche all’esistenza dei vari consigli e organismi di partecipazione... si assiste a un positivo sviluppo della collaborazione , e spesso della corresponsabilità, sul piano di una riconosciuta parità..", dall’altro "Continuano... a sussistere situazioni nelle quali i preti mantengono una mentalità piuttosto dominatrice e autoritaria, che non consente adeguatamente né il rispetto della maturità dei fedeli laici...né di valorizzare il prezioso contributo che essi possono offrire..", senza contare che vi sono "Chiese nelle quali la collaborazione sacerdoti-laici non viene avvertita come una priorità da perseguire" (49).

? Di fronte al sempre più diffuso pluralismo di fede e di cultura, da un lato vi sono "comunità ecclesiali, centri di vita consacrata, gruppi e movimenti che sembrano porsi positivamente di fronte a tale pluralismo", dall’altro "c’é chi, formato in una sorta di monocultura cristiana occidentale, guarda ad esso con sospetto, si ritrova impreparato a leggerlo e a interpretarlo..."(20). In un altro capitolo si elencano i frutti di tale monocultura cristiana: "la tentazione del potere temporale e di appoggiarsi sulla forza delle finanze e di una organizzazione ben funzionante... una forma, seppur latente di clericalismo... il fascino subdolo di servirsi di maniere forti nelle proposte.. il rischio di cedere a forme raffinate di paternalismo.." (39).

? Persino in campo liturgico la situazione si presenta problematica, perché, da un lato "si creano e si improvvisano celebrazioni liturgiche e incontri di preghiera che disattendono la normativa vigente e danno origine a una sorta di inaccettabile creatività liturgica selvaggia"; dall’altro vi sono "esperienze nelle quali la preoccupazione di essere attraenti mette in ombra la dimensione del mistero..." e "esperienze di celebrazioni liturgiche e di pratiche devozionali molto preoccupate del rubricismo: il che contribuisce a renderle di fatto aride e scoraggianti per tante persone..": senza dimenticare quei "gruppi tradizionalisti che, accentuando alcune forme liturgiche esteriori, le fanno assurgere a criterio di ortodossia". La conclusione è la seguente: "Non c’è dubbio che questi modi diversi, e a volte contrapposti, di intendere e di vivere le celebrazioni liturgiche conducano spesso al crearsi di polarizzazioni nelle quali si coagulano anche altri aspetti che concorrono a delineare un quadro nel quale sono in realtà due diversi modi di concepire e di vivere la Chiesa a confrontarsi e, purtroppo, a contrapporsi" (69).

Anche la consultazione pre-sinodale delle Conferenze episcopali europee, di cui l’Instrumentum è portavoce, giunge, a riconoscere che sono "due diversi modi di concepire e di vivere la Chiesa a confrontarsi e, purtroppo, a contrapporsi".

2. Due cosmovisioni

Se a prima vista la situazione della Chiesa cattolica assomiglia ad una miscela di uniformità militarizzata (tutti mostrano una formale obbedienza al capo) e di sostanziale anarchia (ognuno compra e vende al "supermarket cattolico" quanto gli aggrada), ad una osservazione più meticolosa si osserva che la "crisi" odierna della cattolicità è determinata da un fatto inoppugnabile: in essa convivono due "cosmovisioni" che non solo sono diverse, ma "contrapposte" (secondo l’Instrumentum), senza che vi sia una "agenzia" autorevole che sappia "conciliare" le differenze e promuovere una "con-versione" dell’insieme.

2.1 La cosmovisione patriarcale

L’ideologia che sostiene coerentemente un settore della cattolicità è sostanzialmente: patriarcale (il Padre comanda sull’intera famiglia, che gli deve obbedienza assoluta); maschilista (il maschio è superiore alla donna); monarchico-teocratica (tende a dotarsi di un proprio stato, di una propria banca, di una propria lingua, di propri edifici, di propri dirigenti); clericale ( tutte le funzioni direttive sono svolte da personale "sacro" e, quindi, celibe); dogmatica (tutta la dottrina è di origina divina e immutabile).

Tale cosmovisione si attualizza attraverso il potere, la proprietà privata, la ricchezza, la legge, la disciplina, il timore e, quando necessario, attraverso la costrizione e la violenza. Ogni attentato al potere è considerato un "sacrilegio" ed è passibile di esclusione dalla comunità (scomunica).

All’interno di tale cosmovisione i "fedeli" considerano loro dovere primario aderire al corpo dottrinale-rituale, rappresentato dalla gerarchia, e reso "infallibile" nella persona del "Santo Padre" che

? è "l’amministratore unico" di tutti i beni materiali della Chiesa;

? è giudice supremo, al punto che le cui decisioni sono inappellabili;

? è legislatore assoluto, l’unico titolato ad emanare leggi e norme della Chiesa;

? nomina tutti i responsabili della Chiesa (vescovi, cardinali, nunzi, ecc.) e li rimuove a suo insindacabile giudizio quando lo ritiene opportuno;

? convoca, legittima o delegittima sinodi e concili;

? svolge attività politica con organizzazioni internazionali e capi di Stato con cui stabilisce relazioni "diplomatiche", che spesso si traducono in "Concordati";

? non risponde a nessuno del suo operato.

Il criterio per riconoscere il vero credente è dato dal grado della sua "ortodossia", cioè della sua sottomissione alla cosmovisione dell’autorità infallibile: di qui lo sforzo della gerarchia della Chiesa nel distinguere l’ortodossia dall’eresia, il consenso dal dissenso. La salvezza sta nella rigorosa applicazione delle norme e del rito previsti e gestiti dall’autorità ecclesiastica.

 

2.2 La cosmovisione fraterna

L’altra concezione che anima la Chiesa è diametralmente opposta, in quanto fraterna (tutti sono figli dello stesso Dio e, dunque, fratelli); egualitaria (parità sessuale, etnica, religiosa, ecc); democratica ("ciò che riguarda tutti, deve essere deciso da tutti"); laica (indipendente da poteri religiosi-sacrali) e carismatica (tutti sono titolari di doni dello Spirito che contribuiscono a generare verità, dottrine e norme utili per la crescita comunitaria, ma sempre relative e passibili di ulteriori cambiamenti. Secondo tale cosmovisione

? la Chiesa si attualizza in una "comunità" di persone, in cui si condividono i beni spirituali e materiali, attraverso il servizio, il dialogo, l’amore fraterno, la fiducia reciproca e in Dio.

? Lo Spirito è il suo vincolo e la sua forza. Il fine primario è "cercare il Regno di Dio e la sua giustizia".

? Sono banditi i "capi", i "maestri" e i "padroni": chi ha i doni per essere il primo, deve farsi ultimo.

? La Chiesa non possiede beni (né stati, né banche, né scuole, ecc.), né ricchezze, perché essa é povera a somiglianza del suo fondatore.

? Le sentenze di esclusione, da adottarsi in casi rarrissimi, non possono essere emesse che dalla comunità; le norme di quest’ultima sono frutto di un consenso.

? L’infallibilità è di tutta la Chiesa, quando "dai vescovi fino agli ultimi fedeli laici mostra l’universale suo consenso in cose di fede e di morale" (L. G. n12).

? I credenti sono rispettosi dei poteri civili, pur conservando una autonomia critica.

L’ortodossia si accoppia con l’ortoprassi: le dispute teologiche su Dio-Cristo-Chiesa sono secondarie rispetto all’attenzione per i poveri e i fratelli in difficoltà. La salvezza eterna non si raggiunge adorando astrattamente Dio, ma aiutando concretamente chi "ha fame, chi ha sete, chi è carcerato, chi è malato".

3. Due metodi di formazione

Ognuna della due cosmovisioni si alimenta di un processo formativo che è essenziale per la propria conservazione. Di qui la coesistenza di due ottiche formative profondamente diverse.

3.1. La formazione secondo la cosmovisione patriarcale

L’attività pedagogica della Chiesa che si ispira ad una mentalità patriarcale-dogmatico-clericale-monarchica tende, necessariamente e coerentemente, a sviluppare nei propri fedeli, siano essi bambini o adulti, un tipo di apprendimento che

? che è rivolto alla nozione teorica (le verità scritte e sintetizzate nel Catechismo);

? è prevalentemente passivo (lezioni senza esercitazioni);

? non è ispirato alla logica sperimentale e non conferisce spirito critico;

? non sfrutta l’errore come fonte di conoscenza;

? non sviluppa capacità operative e decisionali;

? non ha un contenuto emotivo;

? non favorisce l’introspezione e l’autosservazione;

? non conta sul gruppo come fonte di apprendimento.

Il sapere che i cattolici acquisiscono è di tipo astratto, classificatorio e tramandato, con prevalenza assoluta di testi scritti autorizzati dalla Gerarchia. Ma è soprattutto individualistico: importante è "salvare la propria anima".

 

3.2. La formazione secondo la cosmovisione fraterna

I fedeli che vengono formati secondo la cosmovisione fraterna (comunità di base, gruppi ecumenici, gruppi biblici, catechesi sperimentali, famiglie, parrocchie "conciliari", ecc.) tendono ad un apprendimento delle verità di fede che

? stimola l’interesse per i problemi reali;

? è prevalentemente attivo e vissuto sul campo;

? conferisce esperienza, spirito critico, competenza e mentalità olistica (l’insieme);

? presuppone il diritto all’errore e ne sfrutta le potenzialità cognitive;

? il confronto tra teoria e realtà avviene per verifiche successive;

? favorisce l’introspezione, l’autovalutazione e la partecipazione emotiva;

? sviluppa la propensione verso le sinergie con gli altri, con cui si impegna emotivamente.

Il tipo di sapere che conforma i credenti che vivono l’esperienza comunitaria è eminentemente pratico, contestualizzato e fondato sulla prevalenza della comunicazione orale. La cosa importante è "cercare il Regno di Dio e la sua giustizia". (Ci si salva insieme).

4. Due organizzazioni

I modi di interpretare Dio, la Chiesa e la realtà propri delle due cosmovisioni sono germinativi di strutture organizzative completamente diverse nella loro impostazione.

4.1. La Chiesa clerico-centrica

Dalla cosmovisione patriarcale-monarchica-maschilista-sacrale procede una organizzazione che è centrata su di un apparato centralizzato e burocratico, rigidamente gerarchizzato (con carriere che vanno aumentando di potere quanto più si avanza verso l’alto), e che è dotato di un’aura sacrale, come si conviene ad una monarchia di origine divina. I membri di tale apparato

? sono esenti dal servizio militare e dal lavoro materiale in quanto collegati con il "sacro";

? hanno un lungo curriculum di studi teologici;

? non possono sposarsi (il sacro è incompatibile con il sesso);

? amministrano tutti i sacramenti, indirizzano e controllano la dottrine e la formazione dei fedeli;

? sono nominati dal "superiore", al quale sono sottomessi e dal quale dipendono per il vitto, l’alloggio, il lavoro;

? gestiscono il patrimonio immobilare e finanziario della Chiesa;

? hanno potere di veto nelle assemblee di laici.

Il popolo dei fedeli (laici) non può godere dei privilegi dell’apparato clericale, né svolgere alcuna funzione ad esso riservato. Giuridicamente e sociologicamente parlando, i laici non appartengono all’organizzazione, in quanto sono "consumatori", aventi la sola possibilità di accettare o rifiutare quanto viene loro offerto dal "produttore" (Gerarchia-clero).

4.2 La Chiesa demo-centrica

Il modello "fraterno" che ispira, fin dai primi secoli dell’era cristiana, l’organizzazione ecclesiale è quello che vede l’assemblea (ecclesia) dei cristiani totalmente corresponsabile delle scelte spirituali e materiali, in quanto "partecipi della natura di Dio" e "dello Spirito di Cristo". Secondo tale modello, che è stato alla base dei movimenti pauperistici e di rinnovamento ecclesiale, e attualmente delle moderne "comunità o gruppi di base" (in parte condiviso dagli ordini religiosi):

? nessun membro gode di privilegi (di status, lavoro, ecc.);

? tutti partecipano alla elaborazione delle linee dottrinali (teologia, liturgia, ecc.) e organizzative;

? non esiste alcuna discriminazione sessuale tra uomo-donna e tra celibi-sposati;

? gli incarichi sono aperti a tutti e comportano un atteggiamento di servizio. Non vi sono persone sacre;

? i rapporti sono fondati sulla comunione, sulla reciprocità e sull’uguaglianza;

? nessuno ha il potere di mettere veti.

In tale organizzazione il potere si diffonde verso la "base", che ha il diritto di nominare i propri "presidenti", alla quale essi ritornano come normali membri quando sono sostituiti.

 

5. Due paradigmi

Le due cosmovisioni che si fronteggiano attualmente nella Chiesa cattolica, e che danno origine a tipologie contrapposte di formazione e di organizzazione, ovviamente costituiscono solo "modelli" ispiratori, polarità influenti; la realtà è più complessa e anche contradditoria. A loro volta esse sono connesse a due tipi completamente diversi di premesse metafisiche ed epistemologiche (o "paradigmi"), riducibili, secondo Norgaard, a cinque.

5.1. Il paradigma determinisitico

Le premesse del paradigma monarchico-patriarcale-maschilista-burocratico sono state in larga misura responsabili dello sviluppo tecnico-scientifico-sociale dell’Occidente e ne sostengono in gran parte tutto l’impianto filosofico-religioso-politico. Le cinque premesse sono:

1. l’atomismo: il sistema (sia esso sociale, religioso o naturale) consiste di parti immutabili ed è la semplice somma delle parti costituenti.

2. il meccanicismo: le relazioni tra le parti sono prefissate e immutabili; il cambiamento avviene in modo uniforme, reversibile e prevedibile.

3. l’universalismo: le parti del sistema e le relazioni tra di esse hanno una natura che è la stessa in ogni luogo e tempo.

4. oggettivismo: il sistema può essere compreso e controllato in modo oggettivo senza esserne parte. E’ possibile capire la realtà a prescindere dai valori personali.

5. il monismo: i modi diversi di conoscere un sistema si possono ridurre ad uno. C’è un modo ottimale e superiore per conoscere l’oggetto. Non vi sono molteplicità di risposte corrette.

Questo "paradigma" è sostanzialmente fatalistico-deterministico, pur favorendo la certezza che sia possibile prevedere e gestire lo sviluppo di eventi futuri conoscendo e controllando lo stato iniziale.

Tale prevedibilità abbraccia anche eventi di carattere disastroso che vengono vissuti come irrimediabili e, quindi, non implicano alcuna responsabilità.

Di questo paradigma si alimenta la Chiesa patriarcale-clericale-dogmatica. Infatti essa ritiene che una volta che le singole parti del sistema ecclesiale siano state rese immutabili e irreformabili (dogmi, liturgie, dottrine etico-sociali), integrate meccanicamente nella pastorale attraverso la burocrazia (clero), e trapiantate in tutto l’universo, essa potrà guardare indisturbata al futuro, pura estrapolazione del presente.

5.2 Il paradigma sistemico

Il fatto nuovo è che il "paradigma patriarcale-occidentale", a seguito di una simultanea co-evoluzione della scienza, della tecnologia e della società, si è andato progressivamente indebolendo fino a mostrare la propria inapplicabilità universale. Si è osservato che regole e leggi perfettamente deterministiche possono produrre un moto caotico e imprevedibile, indicato paradossalmente come "caos deterministico". Di qui l’emergere, negli ultimi decenni, di un nuovo "paradigma sistemico", caratterizzato da cinque premesse metafisiche ed epistemologiche, completamente diverse da quelle del "paradigma deterministico". Esse sono:

1. Olismo (versus atomismo): le parti non sono comprensibili separate dalla totalità di cui fanno parte e la totalità è differente dalla pura somma delle parti.

2. Evoluzionismo (versus meccanicismo): i sistemi possono essere meccanici, ma anche caotici, non prevedibili e con alto grado di discontinuità;

3. Contestualismo (versus universalismo): i fenomeni dipendono da un grande numero di fattori contingenti spazio-temporali. Fenomeni analoghi possono verificarsi in tempi e luoghi diversi pur essendo generati da fattori differenti.

4. Soggettivismo (versus oggettivismo): i sistemi non possono essere compresi separatamente da noi. L’osservazione modifica quanto viene osservato.

5. Pluralismo (versus monismo): i sistemi complessi possono essere conosciuti solo attraverso modelli di pensiero alternativi. Modelli diversi non sono comparabili ne riducibili ad uno.

La crisi del "paradigma deterministico" si è presentata quando, a seguito delle straordinarie accelerazioni scientifico-tecnologiche, l’uomo si è messo ad osservare la realtà non visibile (dell’atomo, dei geni, dell’inconscio, dell’atmosfera, ecc.), e ad intervenire su di essa, scoprendo e promuovendo l’infinita complessità evolutiva del sistema cosmico.

Sul piano sociale, basti pensare a quali sconvolgimenti è andata incontro la società quando la donna, anche a seguito dei suddetti processi transpersonali, si è posta il problema del proprio posto nella creazione e nella storia: con un pesante riflesso all’interno della Chiesa, che si è vista obbligata, per la prima volta nella sua storia, ad ammettere pubblicamente che Dio non è solo "Padre" ma anche "Madre", e a porsi l’inquietante problema dell’accesso delle donne ai "ministeri ordinati", tradizionalmente aperti ai soli maschi.

Tutto ciò significa passare da un paradigma "deterministico", vigente da millenni, ad uno "sistemico-probabilistico", in base al quale le definizioni dogmatiche, le disposizioni liturgiche e canoniche, l’organizzazione ecclesiale e le norme etiche possono esser configurate in modo approssimativo, prudente, contestualizzato, intelligente (intus legere=leggere dentro): non possono essere rigidamente sezionate, programmate, definite, applicate universalmente e controllate centralmente, pena la loro implosione e inapplicabilità, esattamente come se uno Stato volesse oggi rigidamente programmare e definire, una volta per tutte, l’intera vita dei cittadini, cosa possibile in una società non-complessa.

6. Il superamento della divisione

La mutazione in atto del paradigma metafisico-epistemologico esige certamente una "metanoia", che significa una generosa disposizione non a cambiare idee, ma il modo di osservare e pensare la "realtà" nel suo insieme.

6.1 Il pensiero sistemico

Pensare ed agire in termini "olistici", equivale a pensare in modo sistemico, cioè integrato, complesso, d’insieme per cui

? la vita è un fenomeno di auto-eco-organizzazione straordinariamente complesso. L’essere umano non è "il" centro della creazione, ma "un" punto di arrivo della trama della vita;

? l’organizzazione vitale non può essere compresa secondo la logica della macchina, dove basta che uno dei componenti si alteri perché si blocchi. Questi componenti combinano, infatti, un grande numero di unità e di interazioni che sono incalcolabili e indeterminabili;

? i sistemi viventi sono totalità integrate, in cui non esistono delle parti isolate ma gli elementi sono "reti di relazione" inserite in reti più grandi, con la funzione di aiutare a produrre e trasformare altri componenti, mantenendo una circolarità globale della rete;

? il mondo vivente si compone di livelli di complessità variabile, per cui i fenomeni mostrano proprietà che non esistono a livelli inferiori;

? la struttura coesiste con il cambiamento; il non-equilibrio è fonte di ordine, di bellezza e di varietà.

 

6.2 Il pensiero complesso

Ne consegue che il pensiero sistemico è implicitamente complesso perché accetta di non poter dominare l’imprecisione, l’ambiguità, e la contraddizione; tanto meno può rimuovere la tragedia, come quando lo scienziato si trova davanti a scoperte sconcertanti che contrastano con il quadro teorico tradizionale.

Il pensiero complesso è sostanzialmente dialogico, ci ricorda E. Morin, per cui l’ordine e il disordine non sono nemici ma collaborano, mantenendo la dualità in seno all’unità. Ma anche la causa e l’effetto si scambiano i ruoli, come la parte e il tutto, per cui non si può concepire il tutto senza concepire le parti (Pascal).

In sostanza il pensiero complesso congiunge l’Uno e il Molteplice, senza che l’Uno si dissolva nel Molteplice e viceversa.

Ritiene impossibile una conoscenza completa, perfetta, infallibile, universalizzabile e superiore, come aveva realisticamente avvertito due mila anni fa Paolo: "Ora la nostra visione è confusa come in uno specchio antico" (1Cor 13,12).

Non rifiuta l’ordine, il determinismo o la logica, ma riconosce che la realtà contempla anche il loro contrario.

Il pensiero sistemico-complesso induce a valorizzare anche il più minuscolo essere vivente, dato che esso è molto più ricco di organizzazione di una centrale atomica, in quanto è in grado di auto-ripararsi, auto-organizzarsi e di auto-riprodursi; inoltre esso contiene dentro di sé l’organizzazione cosmica persino della rotazione della terra, indicata dall’alternanza giorno-notte.

Tale visione sistemica ci appare prefigurata in molte parti del messaggio biblico e meglio sistematizzata in Paolo, allorquando pensa, ad esempio, la Chiesa come il "corpo del Signore"(1 Cor, cap.12), un corpo le cui cellule, organi e apparati sono in una relazione l’uno con l’altro, e con l’intero cosmo.

Per Paolo i discepoli del Signore sono individui che esprimono carismi di "guarigione", di" direzione", di "profezia" per costruire la comunità-corpo del Signore, vera rete di relazioni e di flussi "circolari", non controllabili, né codificabili. La comunità, a sua volta, riproduce al suo interno il mondo del Dio Trinitario e l’intera Chiesa.

Per Paolo tutte le relazioni sono fondate sulla reciprocità. Egli pensa la comunità come una casa della solidarietà "degli uni verso gli altri", dove

"gareggiare nello stimarsi a vicenda", "accogliersi a vicenda", "correggersi", aver cura gli uni degli altri", "portare i pesi gli uni degli altri", "confortarsi", "sopportarsi", "perdonarsi a vicenda", "confessarsi i peccati", "praticare l’ospitalità", essere al servizio".

In virtù di tale "rete relazionale", dotata di un certo ordine, ma non esente da squilibri e turbolenze, ogni comunità mobilita un "pensiero e un agire collettivo", ("degli uni verso gli altri"), che le consente di autorganizzarsi, differenziarsi dalle altre e co-generare, altre più complesse "reti relazionali", senza bisogno di "centrali" direttive.

All’interno di tale rete "relazionale" ogni singolo elemento acquisisce un ruolo di "attivatore", di "referente valoriale interpretativo" e di "co-gestore", contribuendo a mantenere una solidarietà organizzativa circolare, analoga a quella che si attribuisce ad un modello "trinitario".

E’ su questa base che acquisisce senso il concetto della "sussidiarietà", per cui la parte dominante cede potere affinché gli altri possano assumere una funzione di animazione del corpo sociale.

Accogliere il pensiero e l’agire "sistemico" significa, quindi, ritrovare la fonte non solo del pensare ed agire biblico, ma anche quella straordinaria intuizione di un Dio relazionale, del Dio Uni-Trino (primo dogma della fede cristiana): rigettarlo, invece, espone la Chiesa a collocarsi fuori persino del paradigma democratico-probabilistico-pluralistico-ecologico che rappresenta il "segno dei tempi", cui tutto il mondo (religioni, partiti, istituzioni, imprese, ecc.) è chiamato a "convertirsi", pena non la "distruzione di Gerusalemme", ma della stessa terra.

7. Aprire spazi "pentecostali"

Di fronte al problema della divisione "nella" Chiesa cattolica, che certamente ha i caratteri della complessità, non c’è che un operare complesso, quindi "sistemico", che metta concretamente in "comunione" tutti con il tutto e il tutto con ogni elemento.

I cristiani possono ritrovare il loro modello ispirativo nell’evento "pentecostale", nel quale pochi e timorosi discepoli del Signore, "mentre erano riuniti nello stesso luogo... furono riempiti di Spirito Santo e si misero a parlare in altre lingue, come lo Spirito Santo concedeva loro di esprimersi." Nonostante le considerevoli differenze di razza, sesso e religione essi potevano parlare la "lingua" degli "stranieri", dei "diversi", dei "pagani", al punto da riempirli "di meraviglia e di stupore". Cosa era successo? Che si realizzava, come spiega Pietro agli attoniti spettatori, la promessa di Dio, annunziata dal profeta Giole e cioè: "manderò il mio Spirito su tutti gli uomini: i vostri figli e le vostre figlie saranno profeti, i vostri giovani avranno visioni, i vostri anziani avranno sogni"(Atti, cap.2). L’evento pentecostale travalica gli argini eretti dall’assetto patriarcale-maschilista-dogmatico-sacerdotale. Lo Spirito "concede a tutti di esprimersi": non conosce poteri infallibili e assoluti, burocrazie sacerdotali, riti divini: né tantomeno si fa recintare da confessioni religiose. Lo Spirito crea consenso, solidarietà, creatività; fa sognare e profetizzare; fa "cose straordinarie", compie prodigi: in una parola sottrae la storia al determinismo e la orienta in senso evolutivo-probabilistico.

7.1 Dinamica pentecostale

La dinamica pentecostale è analoga a quella dei sistemi aperti, dialogici, auto-organizzantisi, dove:

? "non ci sono "né capi, né maestri, né signori", ma solo comunicanti che adattano la loro concettualizzazione a quella degli altri in una succesione di esperienze interattive (Von Glaserssfeld)

? si entra in una soglia de-ideologgizata, in cui il confronto con l’altro prescinde dalla differenza (di sesso, razza, religione, ecc.) e dove si impara a parlare la lingua degli "estranei e dei "poveri";

? tutti sono chiamati ad una con-versione, la sola che può liberamente indurre una mutazione empatica dei comunicanti.

Di fronte al grande problema delle divisioni, tanto nella Chiesa come nella società, Paolo aveva avvertito molto realisticamente: "Fratelli, in nome di Gesù Cristo, nostro Signore, vi chiedo di mettervi d’accordo. Non vi siano contrasti e divisioni tra voi, ma siate uniti: abbiate gli stessi pensieri e le stesse convinzioni"(1Cor 1,10). Qualsiasi strada che non preveda "il mettersi d’accordo" è destinata all’insuccesso: l’accordo vero e’ quello che accomuna i "comunicanti" in modo che essi abbiano "gli stessi pensieri e le stesse convinzioni". Ma si possono avere "gli stessi pensieri e le stesse convinzioni" se non ci si mette d’accordo"?

In questo contesto é auspicabile che, con il fine di superare frammentazioni e contrapposizioni tra i credenti nel Signore, il Sinodo dei Vescovi europei si attivi per aprire "spazi pentecostali" di discernimento sia a livello locale, favorendo esperienze di collegialità, sinodalità e dialogo (soprattutto con gli ultimi e i non praticanti), sia promuovendo quei processi che consentano di celebrare un "Concilio Ecumenico", come auspicato da molti cattolici e dal Segretario del Consiglio Mondiale delle Chiese.

Ci piace chiudere questo contributo, certamente parziale e limitato, sottolineando quel passo dell’Instrumentum Laboris in cui si afferma che la Chiesa "è chiamata a muoversi credendo e testimoniando che lo Spirito è capace di superare le divisioni e le frammentazioni", favorendo "quella rete di relazioni di amore che lo Spirito stesso sta formando anche oggi in Europa e che sono riflesso di quella rete di relazioni di amore che è la Trinità Santa" (40)

Roma, Agosto 1999 


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