IL SUO DIO NON È IL MIO DIO, SIGNOR BUSH

José Luis Andavert
(Teologo, biblista e pastore evangelico)


Dice un proverbio ebraico: "non giudicare un uomo finche non hai camminato per tre giorni nelle sue scarpe". Naturalmente io non ho calzato neanche un millesimo di secondo le scarpe del signor Bush. E non mi piacerebbe nemmeno. Non si tratta di una questione di estetica ma di igiene totale.
Scarpe a parte, il pasticcio in cui si e infilato e in cui ha infilato tutti noi si ingigantisce. E la cosa peggiore è che fanno partecipare tutti noi a questo peccato strutturale per gli interessi economici, e per quelli geostrategici che quella zona possiede per l'economia dei Paesi industrializzati, specialmente e prioritariamente di quelli occidentali.
Già molto inchiostro è stato versato, e altro se ne verserà, sul tema della guerra e possiamo dirlo forse in modo più forte ma non certo in modo più chiaro: non vogliamo la guerra. Non vogliamo un "attacco preventivo". E questo lo diciamo a Bush e a tutti coloro che gli reggono il gioco, fra cui Aznar.
Detto questo e di fronte alle palesi intenzioni belliciste del presidente degli Stati Uniti tutti ci sentiamo provocati a giudicare ciò che Bush è o non è. D'accordo che il compito di essere presidenti non deve essere facile e le pressioni dei capi di Stato le conoscono solo loro. Ed inoltre, e senza cercare di giustificare nessuno, ho l'impressione che in certe occasioni non possono fare quello che a loro piacerebbe fare. Ma in questo caso credo che potrebbe fare più di quello che fa e ho l'impressione che Bush sia l'iscritto numero uno della crociata americana.
Di questo terribile contesto prebellico molte cose mi danno fastidio. Sono indignato. Tra queste numerose cose ce n'è una che non voglio tralasciare di dire ad alta voce: mi indigna che si usi il nome di Dio invano e che, in nome di Dio, chiese e collettivi cristiani cerchino di giustificare un massacro che ucciderà migliaia di innocenti. Mi indigna che si continui a dire quanto "pietoso" è il signor Bush e quanto preghi ogni giorno. Pregherà per la pace del mondo?
Naturalmente non pretendo di banalizzare il tema con un sermone "facilone", ma come cristiano sono obbligato a chiedermi, a partire dai principi etici del Vangelo, se non sia possibile trovare altre vie d'uscita al problema. E chiaro che Saddam è un dittatore che tiene il suo popolo oppresso e che minaccia distruzione. Però mi è difficile credere che l'unica soluzione sia quella che propone il governo Usa. Non c'è altro modo di farla finita con il dittatore e aiutare il popolo iracheno a trovare il proprio cammino verso la democrazia, la giustizia e la pace? O per caso non si tratta solo di rimuovere Saddam ma di ottenere il controllo del petrolio e della zona?
Il mio Dio mi insegna che non solo dobbiamo optare per la pace ma anche procurarla; che la violenza causa solo più violenza. Nella mia Bibbia leggo che devo amare il prossimo e procurare il suo bene. Risveglia la mia audizione il fatto che il cattolico Aznar dica al metodista Bush quello che Ruth dice a Noemi: "Il tuo Dio sarà il mio Dio". Ma guardate, stando così le cose, ho l'impressione che il dio del signor Bush non è il mio Dio e che la sua bibbia non è la mia Bibbia.


(Articolo tratto da Imagen y comunicación protestante, settimanale digitale spagnolo, tradotto e pubblicato da "Adista", 8 marzo 2003)

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