IL SILENZIO DEGLI INNOCENTI
ISABEL GOMEZ ACEBO (*)
(In Concilium,
rivista internazionale di teologia, © www.queriniana.it)
" A noi spetta guidare le pecore soltanto a quei pascoli che siano per
esse salubri e scevri d'ogni anche leggero sospetto d'essere nocivi
"
(GREGORIO XVI, Mirari vos, 15 agosto 1832).
Il titolo di questo articolo sulla pratica del silenzio che la chiesa impone a coloro che dissentono dai suoi orientamenti è preso a prestito da un recente e famoso film, infatti la metafora del gregge riferita alla chiesa nel suo complesso è rimasta attuale per secoli. Anche se a un cristiano il pastore suggerisce immediatamente l'idea di aiuto, disponibilità a dare la vita per le pecore, non dobbiamo dimenticare che i pastori debbono pure vigilare sulla salvezza del gregge, sacrificando le pecore malate per evitare il contagio del resto. Il fatto è che la storia ecclesiastica ha scorto questo pericolo con eccessiva frequenza e quindi ha affidato il peso della responsabilità ai soli capi relegando gli agnelli in una massa passiva e senza alcun ruolo. Il testo di Gregorio XVI è esemplare di questa tendenza anche se probabilmente sono più note le parole di Pio X che si collocano sulla stessa linea: "La moltitudine non ha altro dovere che lasciarsi guidare e di seguire, come un docile gregge, i suoi pastori". Sono testi per i quali la semplice possibilità dell'esistenza di voci diverse da quella ufficiale è impensabile.
La pratica del silenzio all'interno della nostra chiesa è divenuta un
denominatore comune di tutti i secoli e si è accentuata nei momenti di maggiore
insicurezza, nelle situazioni in cui l'istituzione si è vista accerchiata. È noto che
coloro che godono della certezza del proprio potere non hanno bisogno di far ricorso alla
forza, mentre la mancanza di argomenti viene compensata dal dogmatismo e dall'imposizione.
Il problema è grave perché si tende a tacciare come opposizione o, peggio, eterodossia
tutto ciò che non nasce dall'alto. Si giunge persino alla conclusione che l'esodo di
molti gruppi dalla chiesa sia per questa un bene perché ha come effetto la purificazione
del gregge e l'eliminazione della zizzania.
Dietro questo atteggiamento c'è la negazione del diritto alla differenza, il non vedere
che essere diverso può non essere una minaccia all'unità ma un arricchimento. Una
cecità che è iniziata quando il particolarismo romano è riuscito a soppiantare tutte le
altre chiese, pretendendone la romanizzazione; quando l'occidentalizzazione della missione
ha eliminato i tratti specifici di ogni cultura; quando non si è stati in grado di
comporre i conflitti e i seguaci di Cristo si sono trovati dispersi in varie chiese.
La proibizione di parlare non costituisce le pagine più belle della storia della chiesa e
se oggi queste si riportano alla luce è per la speranza di non cadere nella tentazione di
far ricorso a questi metodi. La nostalgia di una cristianità uniforme di fronte a un
mondo globalizzato e diverso può farne desiderare l'imposizione. E, tuttavia, i conflitti
si risolvono meglio accogliendo le differenze, quando non sono fondamentali, dialogando e
coltivando la pazienza; un atteggiamento che può avere la certezza che se si riesce a
superare gli ostacoli si darà origine a una società che si ristrutturerà a livelli
superiori di appartenenza e di consenso.
I/ MODI E PRATICHE PER FAR TACERE
"Diotrefe, che ambisce il primo posto tra loro, non ci vuole
accogliere. Per questo, se verrò, gli rinfaccerò le cose che va facendo, sparlando
contro di noi con voci maligne. Non contento di questo, non riceve personalmente i
fratelli e impedisce di farlo a quelli che lo vorrebbero e li scaccia dalla chiesa.
Carissimo, non imitare il male, ma il bene" (3 Gv 9-11).
Questo testo ci mette sull'avviso che il problema è sorto fin dai primi anni della chiesa
perché l'atteggiamento autoritario di chi comanda è una tentazione in cui cade la
maggior parte dei governanti, anche coloro che sono spinti da buone intenzioni.
1/ La caratteristica di coloro che non hanno voce
Non c'è bisogno di ridurre al silenzio coloro che non hanno potere
nella società perché le loro parole e azioni non vengono presi in considerazione in
quanto non hanno la forza di attentare all'ordine costituito; pertanto, semplicemente non
esistono. Neppure la chiesa, sebbene sia forse l'istituzione che più si è schierata a
difesa del debole, è stata estranea alla pratica di ignorare i gruppi meno favoriti della
società. Già nella Bibbia si colgono numerose omissioni, tra queste i possibili racconti
di vocazione delle donne che hanno seguito Gesù di Nazaret. Inoltre, laddove appaiono, si
è avuta la tendenza a togliere loro importanza. Da qui la resistenza ad ammettere che
Giunia, apostolo, sia una donna o che le lapidi funerarie di donne con la dicitura presbytera
possano riguardare donne che avevano nella comunità primitiva ruoli di guida.
Nell'ambito dell'oblio dei meno fortunati una delle più grandi pecche della chiesa è
quella di non avere prestato la sua voce agli schiavi. Certamente si sono levate le
proteste di vari papi, come quella di Paolo III nella Pastorale officium del 1537
in cui minacciava di scomunica coloro che avessero ridotto in schiavitù gli indios americani;
ma non meno rilevante è la risposta che il Sant'Offizio diede nel 1866 a un quesito:
"Non è contro la legge divina né contro la legge naturale vendere o scambiare
schiavi; pertanto i cristiani possono farlo con tranquilla coscienza". Qualche
anno prima, nel 1858, i vescovi nordamericani avevano dichiarato a Baltimora e rispetto
allo stesso argomento che "il nostro clero si è astenuto da qualsiasi
interferenza con il giudizio dei fedeli che deve essere libero in materia di politica e
ordine morale, all'interno dei limiti segnati dalla dottrina e dalla legge di Cristo".
Forse che tali limiti non erano evidenti rispetto alla schiavitù?
Persino un papa santo, san Pio V, è caduto nel razzismo. Gli Stati pontifici avevano
bisogno di rematori per la galee, un mestiere tanto duro da essere riservato ai
delinquenti. In mancanza di questi, e per ordine del papa, la polizia romana fece una
retata di tutti gli zingari che trovò per strada per spedirli nelle galee; essere zingaro
equivaleva a essere colpevole.
Molte persone di buona fede firmarono una petizione rivolta al papa in cui chiedevano la
libertà per gli innocenti; la reazione di Pio V non si fece attendere: egli intimò che
venissero espulsi da Roma tutti i firmatari, eccetto san Filippo Neri data la sua enorme
popolarità. Ciononostante la storia ebbe un lieto fine: le voci dei dissidenti riuscirono
a convincere il papa che liberò gli zingari prima del loro invio alle galee.
La chiesa si è sempre lamentata degli ostacoli che le altre confessioni le hanno
frapposto nei luoghi dove si trovava in minoranza, dimentica del fatto che neppure essa
rispettato la voce e il diritto degli altri laddove la sua posizione era egemone. Così
abbiamo nel Syllabus di Pio IX la condanna alla proposizione: "In modo
lodevole quindi, alcune regioni cattoliche, è stato stabilito per legge che lecito, agli
uomini che lì sono andati ad abitare, avere il pubblico esercizio del culto proprio di
ciascuno" (DS 2978) [trad. it., Enchiridion
Symbolorum, a cura di P. Hunermann, Dehoniane, Bologna 1995, 1041]. Gli altri,
i diversi, come zingari, le donne e i bambini non hanno diritto a far sei re la loro voce.
Alle donne, oltre alla voce, è stata negata anche la possibilità di scegliere il modo di
vivere il loro cristianesimo. Esse avevano solo due strade: il matrimonio o il convento.
Il caso più rappresentativo della loro condanna è stato quello di Mary Ward che ha
intrapreso uno stile di vita apostolica senza regole, abiti né clausura e con il governo
di una superiora generale. Tanta novità finì con un decreto che sopprimeva tutte le sue
case ed ella stessa finì in carcere come "eretica, scismatica e ribelle alla
Chiesa". In questo caso non si faceva tacere la sua voce ma il suo stile di vita.
2/ Pressioni
Chiunque osi proporre orientamenti diversi da quelli ufficiali può
rischiare che la sua posizione gli procuri una cattiva coscienza perché gli verrà
attribuita mancanza di fedeltà al papato e persino a Cristo stesso. "Lascia stare
la tua coscienza, fra Martino: l'unica cosa sicura è sottomettersi all'autorità
ecclesiastica" sono state le parole che Lutero udì nella dieta di Worms del
1521. L'esortazione viene ripetuta nel 1832 da Gregorio XVI nell'enciclica Mirari vos: "Assurda
ed erronea sentenza, o piuttosto delirio, che si debba ammettere e garantire per ciascuno
la libertà di coscienza" [in Enchiridion delle encicliclie 2,
cit., 41]. Una libertà che infine sostiene senza remore il concilio Vaticano II.
Intanto e per creare una cattiva coscienza è stata escogitata una serie di pratiche volte
a ottenere il piegamento della volontà della persona colpita. Una decretale di Innocenzo
III raccomanda di negare assistenza e medicine a un ammalato se non acconsente a ricevere
i sacramenti, anche nel caso in cui ciò può portare alla morte. E Paolo IV, a sua volta,
ha messo in carcere il cardinal Morone per una presunta colpa mai provata, proibendo che
gli si permettesse di celebrare l'eucaristia e persino di assistere alla messa; egli
infatti era cosciente di ciò che questo significava per il cardinale e sperava di
ottenere con questi metodi una confessione. Ma uno dei processi che merita il primato
dell'irregolarità e delle pressioni è quello a Giovanna d'Arco che venne anche ingannata
quando le si mise accanto un sacerdote "amico" il cui unico fine era
quello di guadagnarne la fiducia per poter utilizzare le sue debolezze nel processo.
Le pressioni vengono esercitate anche sul mondo dei non cristiani. "Stabiliamo che
questa gente [gli ebrei] dell'uno e dell'altro sesso, in tutte le province cristiane e per
sempre, debba distinguersi in pubblico dal resto della popolazione a causa
dell'abito". L'impossibilità di passare inosservati, l'intenzione che vengano
ridicolizzati... tutto un atteggiamento antisemita che non è cambiato, ancora una volta,
fino al concilio Vaticano II.
3/ L'arma della scomunica e dell'Indice dei libri
La scomunica è una misura che si applica ai ribelli e comporta
l'esclusione totale dalla comunione con la chiesa, nel codice attuale la più grave delle
pene ecclesiastiche. La cosiddetta latae sententiae comprende le situazioni in cui
la persona vi incorre automaticamente, mentre la ferendae sententiae viene
comunicata dal giudice. Sebbene oggigiorno le scomuniche siano molto rare, l'elenco degli
scomunicati è lungo e penoso.
E celeberrima quella comminata dai vescovi nordamericani alla fine del secolo scorso ai
cattolici risposatisi dopo il divorzio. Più recente è il caso dell'arcivescovo Marcel
Lefebvre (+ 1991) infine scomunicato dopo essere stato trattato, a parere di molti
commentatori, con i guanti bianchi; un atteggiamento più blando di quello adottato nei
confronti dei suo contemporanei, i teologi della liberazione. Infatti è provato che sono
visti più di buon occhio coloro che fomentano una papilatria o esaltano l'autorità che
coloro, come Leonardo Boff che promuovono ecclesiologie di comunione o di maggior
partecipazione del laicato.
Nell'ambito della scomunica vi sono gradi minori come la sospensione e l'interdetto che
comportano la collocazione della persona a gradi diversi di distanza dalla vita della
comunità e dai sacramenti. Non possiamo minimizzare l'importanza di queste pene, il peso
dei loro effetti può comportare la perdita di onori e di cariche ma esso è
essenzialmente di ordine spirituale, infatti allo scomunicato viene chiusa la porta
dei sacramenti. Oggi vi è la tendenza a ritenere che sia la persona ad autoescludersi
dalla comunione ecclesiale nel momento in cui non accetta determinate regole e principi,
parole che fanno sì che la coscienza del pastore resti pulita ed egli venga esonerato da
ogni responsabilità.
È un momento delicato: vi sono persone che ritengono che la chiesa abbia diritto
all'esplicitazione della sua dottrina senza interferenze estranee, mentre altre ritengono
che le opposizioni che si verificano siano frutto dei segni dei tempi e perciò non devono
essere spente facendosi scudo con canoni e motu propri.
Se mediante la scomunica venivano poste fuori dalla chiesa le persone, con l'Indice dei
libri proibiti si mettevano fuori dalla portata dei cattolici molti libri. Questo elenco
di pubblicazioni vietate venne istituito nel 1557 da Paolo IV ed è stato soppresso solo
nel 1966 quando si ritenne che la sua esistenza contraddicesse la libertà di studio e di
ricerca sollecitata dal Vaticano II. Il motivo della sua istituzione faceva leva sul
diritto della chiesa di vigilare sulla purezza della fede e dei costumi, il diritto a
fermare il danno prima che si verifichi.
Era un diritto che si estendeva ai vescovi nelle proprie diocesi e che comminava la
scomunica a tutti coloro che leggevano, stampavano, scrivevano, traducevano, vendevano,
custodivano, prestavano, ecc. qualcuna delle opere proibite. La stessa Sacra Scrittura
stava in quest'Indice proibito se in lingua volgare e senza note e non fosse pubblicata, o
la sua pubblicazione non autorizzata, dalla chiesa.
4/ La violenza fisica
Allorché le pressioni di altro tipo non erano sufficienti la chiesa
non ebbe dubbi nel far ricorso alla violenza fisica per ottenere ritrattazioni. Sono ben
noti a tutti il ruolo dell'Inquisizione e i suoi metodi di tortura che portarono molte
persone alla morte e la chiesa alla richiesta di perdono per i propri errori. Il via venne
dato al concilio Lateranense IV (1215) [in Conciliorum Oecumenicorurn
Decreta, cit., 234 (cost. 3)]: "I cattolici che, presa la croce, si
armeranno per sterminare gli eretici, godano delle indulgenze e dei santi privilegi, che
sono concessi a quelli che vanno in aiuto della Terra Santa". Lo spirito di
crociata è servito a estendere il suo zelo alle nazioni cristiane e, prendendo il
sopravvento, ha dato origine a una vera caccia all'eretico.
Può darsi che qualcuno degli inquisitori fosse in buona fede, ma in alcuni casi dubito
delle loro motivazioni: catari valdesi, begardi, ecc. furono movimenti che cercarono di
tornare alla purezza delle origini, soprattutto in alcuni momenti in cui la gerarchia era
corrotta. I sospetti contro le beghine originano dal fatto che esse non si reggevano su
alcuna regola, usavano la lingua vernacolare e non dipendevano da uomini per la loro vita
comunitaria non racchiusa in regole; una via analoga a quella di Mary Ward. Era una
libertà eccessiva, per questo nel decreto Ad nostrum (concilio di Vienne, 1311) si
afferma: "Abbiamo creduto bene di proibire per sempre il loro stato di vita e di
sopprimerlo del tutto dalla chiesa di Dio" [in Conciliorum
Oecumenicorum Decreta, cit., 274(decreto 16)].
Le stragi dell'Inquisizione sono assai note e non c'è bisogno di ricordarle, ma come
donna non voglio tacere su le numerose donne bruciate per stregoneria tra il 1470 e 1700.
In maggioranza povere, incolte e vedove, cosa che non le faceva dipendere da alcun uomo.
Le accuse di commercio carnale con il demonio mi sembrano troppo fantasiose per dare
credibilità a questi processi. Non posso non pensare che alla base della loro condanna vi
siano stati elementi estranei, di natura economica, politica o di semplice imposizione
d'autorità.
5/ Il disprezzo per la scienza
Per secoli la scienza è stata nelle mani della chiesa che non ha avuto
dubbi nel tramandare l'intero patrimonio dell'antichità grazie ai copisti e agli
amanuensi. Questo fatto le ha procurato un legittimo orgoglio come pioniera e avanguardia
che si scontrava con coloro che osavano mettere in discussione i suoi principi. Non si
trattava più di questioni teologiche, bisognava avventurarsi in altri campi che avevano i
loro scienziati.
Uno degli scontri più famosi fu quello con Galilei che venne dichiarato sospetto di
eresia per avere affermato che il sole è il centro immobile dell'universo. Lo scienziato
colpì nel segno quando nel 1615 in una lettera alla duchessa di Toscana affermava che
"la teologia non deve abbassarsi fino alle umili speculazioni delle scienze
inferiori. Perciò i suoi ministri e professori non devono attribuirsi il diritto di
decidere su discipline che non hanno studiato né esercitano".
Sfortunatamente i consigli del saggio non vennero ascoltati e le ire della chiesa caddero
su Darwin e le sue teorie sull'evoluzione delle specie un anno dopo la pubblicazione della
sua opera. Caddero anche sorprendentemente sui vaccini, soppressi negli Stati pontifici a
partire dal 1815, e su altri progressi scientifici come l'illuminazione delle strade. Pare
inoltre che Leone XII si vide costretto nel 1829 a fare alcune dichiarazioni in cui
affermava che "chiunque ricorre al vaccino non è più figlio di Dio [...]. Il
vaiolo è un giudizio di Dio [...] e il vaccino una sfida lanciata contro il cielo".
Ovviamente quando le scienze bibliche cercarono di applicare i metodi storico-scientifici
alla Sacra Scrittura si sono sollevate, ancora una volta, le obiezioni di Roma volte a
negare molte delle tesi sostenute dai biblisti rispetto all'autorità dei libri sacri. Nel
1907 Praestantia Scripturae [DS 3503 (Enchiridion Symbolorum, cit.,1223)]
affermò che "tutti sono tenuti in coscienza a sottomettersi alle decisioni del
Pontificio Consiglio Biblico" e aggiungeva la pena della scomunica nei confronti
dei dissidenti. Il fatto curioso è che come osservava p. Lagrange: "Oggi mi
castigano per le cose che verranno studiate domani", e così è stato.
La teologia per sua stessa essenza ha l'obbligo di prospettare nuovi problemi, rivisitare
i vecchi e aprirsi ai tempi nuovi; mentre la gerarchia tende a trincerarsi e a diffidare
di tutto ciò che costituisce novità: il conflitto è pertanto in qualche modo scontato.
In questo secolo la figura del gesuita Teilhard de Chardin è un paradigma di questo tipo
di discorso. Inizialmente venne soppressa la sua cattedra e poi, poco a poco, tutte le sue
opere. Inoltre, cosa ancor più crudele, gli venne proibito di accettare di essere
proposto per il Collegio di Francia e di prendere parte al Congresso internazionale di
paleontologia che si sarebbe celebrato nel 1955 a New York. Nel 1962 era già morto e le
sue opere si erano diffuse per il mondo intero: il Sant'Offizio pubblicò un decreto in
cui esortava "tutti i vescovi e i superiori delle congregazioni religiose e i
rettori dei seminari e delle università a proteggere efficacemente gli animi (soprattutto
quelli dei giovani) contro pericoli delle opere di Teilhard de Chardin e dei suoi seguaci".
Il recente discredito nei confronti dell'opera di Anthony de Mello, che come quella di
Teilhard si è diffusa per tutto l'orbe cristiano, segue la stessa strada e questo è
sorprendente perché essa costituisce un tentativo di coniugare il messaggio di Cristo con
culture diverse da quella occidentale.
Al discredito nei confronti degli scienziati si accompagna spesso la mancanza di
considerazione nei loro confronti. Rahner racconta che 9 teologi della Commissione per la
fede in Germania si riunirono a Essen e scrissero a 52 vescovi inviando loro li proprie
conclusioni sul celibato. Solo due di costoro si degnarono di rispondere allo scritto.
L'atteggiamento degli altri fu, secondo lo stesso Rahner, feudale, scortese e
paternalistico.
6/ La denuncia anonima
I tribunali di giustizia esigono che le querele contro le persone si
facciano nominativamente e non ammettono cause anonime; una prassi che persino i giornali
esigono per pubblicare le famose "Lettere al direttore". La maggior parte
dei teologi messi a tacere in questo secolo lamentano di non avere mai conosciuto la fonte
della denuncia e quindi di non aver avuto la possibilità di confronto a viso aperto.
Rosmini, il famoso autore delle Cinque piaghe della Santa Chiesa, annota nel suo
diario: "Mi venne nascosto del tutto questo lavoro [di investigazione contro
di lui]. E non mi si diedero a conoscere motivo alcuno di questa proibizione. Io ho
comunicato la mia piena sottomissione". Si riferisce all'inserimento del suo
libro nell'indice.
Rahner si lamentò con amarezza di aver ricevuto tutti i divieti di pubblicare attraverso
il Generale del suo ordine, senza giustificazione scritta. Commentò con una certa ironia
che "questi dettagli di cortesia nei confronti di un povero religioso non erano, a
quanto pare, usuali nella Roma di allora". Ritengo che se le denunce non fossero
state anonime probabilmente il loro numero si sarebbe ristretto perché dietro di esse
spesso si celavano problemi di rapporti personali.
II/ BALLANDO CON I LUPI
La maggior parte degli esempi delle pratiche volte a far tacere sono,
grazie a Dio, precedenti il concilio Vaticano Il in cui la chiesa ha fatto una nuova
lettura della sua essenza conferendo un ruolo da protagonista al laicato. È probabile che
vi siano casi inevitabili in cui l'eterodossia sia evidente e manifesta su temi vitali per
la fede; casi in cui con grande dolore e dopo il maggior numero di conversazioni e di
dialoghi si palesi la necessità di prendere decisioni traumatiche essi, tuttavia, devono
essere il minor numero possibile.
Oggi viviamo in una società che si caratterizza per il fatto che tutto procede così in
fretta che le più grandi scoperte invecchiano in breve tempo. Bisogna dare risposte
rapide a problemi nuovi formalizzando nuove ipotesi ancora da di mostrare. La sfida della
chiesa è l'evangelizzazione di questo mondo e ciò comporta ballare con i lupi - ancora
il titolo di un recente film - perché alla velocità del percorso aggiunge la
materializzazione del mezzo. Gli operai sono pochi e la loro scarsità aumenta perché
molti hanno abbandonato l'ovile. Secondo un classico della letteratura economico-politica
gli uomini inquieti rimangono nelle istituzioni nella misura in cui credono che la
loro voce verrà alla fine ascoltata; diversamente se ne andranno silenziosamente come
hanno fatto i maccabei. Fuggiranno dalla città perché non vedono la possibilità di
essere fedeli all'alleanza (I Mac 2, 27-28). La fuga è già una realtà tangibile
nella chiesa: opera intellettuali, teologi, donne, ecc. sono andati via quando hanno
perduto la speranza di vedere accolte le loro rivendicazioni. Il nostro compito attuale è
recuperarli.
Un altro problema è costituito da coloro che rimangono all'interno del gregge. C'è un
piccolo gruppo di santi per quali le costrizioni non fanno breccia nel loro cristianesimo
e, insieme a essi, un grande numero di persone che sono cadute in un mortale masochismo.
Ancora una volta mi avvalgo di un esperto (Benno Rosemberg), questa volta in
psicologia, che osserva che le persone sono disposte a rinunciare ad alcuni loro diritti
in vista del bene comune perché ciò si riverbera sul proprio; ma, quando si esige una
rinuncia eccessiva, cadono in ciò che egli definisce masochismo mortale. Rinunciano al
loro responsabilità, si affidano ai loro superiori e comunicano con la massa; ciò dà
loro una impressione di potenza, ma che nessuno chieda loro di essere protagonisti. Sono
la massa apatica dei laici di cui la gerarchia si lamenta. Non ci si può attendere da
loro che aggiungano il lievito e il sale di cui la società ha bisogno!
Afferma Machiavelli che, se si vuole conservare una città che è abituata a vivere
libera, è meglio governarla con l'appoggio dei suoi stessi abitanti. Nel mondo del XX
secolo la maggioranza dei cittadini vive in regimi democratici che hanno sistemi tali che
le voci possano essere ascoltate e una chiesa che si chiude alla partecipazione laicale è
uno scandalo che allontana molti dalla fede. Ritengo che la gerarchia non debba
addomesticare coloro che le si ribellano, ma ascoltarli perché di solito sono i più
creativi; cercare di convivere con essi esercitando la pazienza e la misericordia.
Ma la colpa non è solo dei capi, infatti vi sono persone che cercano di accelerare
eccessivamente il cammino senza tenere conto che la chiesa è un collettivo molto grande
in cui non tutti possono seguire il loro ritmo.
Per questo ritengo che pastori e gregge debbano proporsi di camminare, insieme, per un
sentiero di comunione e fraternità con la speranza di avere giorno dopo giorno una chiesa
migliore e più integrata. In essa non può mancare la parola e la missione profetica
perché a ciò siamo spinti dallo stesso vangelo. "Maestro, rimprovera i tuoi
discepoli. Ma egli rispose: Vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre"
(Lc 19,39-40).
(traduzione dallo spagnolo di Mauro Nicolosi)
(*) ISABEL GOMEZ ACEBO è sposata e madre di sei
figli. Laureata in scienze politiche e in teologia, insegna teologia all'Università
Comillas di Madrid (Spagna).
Tra le sue pubblicazioni: Dios tambien es madre, San Pablo, Madrid 1994 [trad. it.,
Dio è anche madre, San Paolo, Milano 1996]. Ha collaborato al volume di Mercedes
Navarro (ed.), 10 Mujeres escriben teologia, Estella 1993; EI cuerpo de la
mujer, Estella 1996. Dirige una collana di teologia dedicata alle donne pubblicata da
Desclée de Brouwer.
(Indirizzo: Universidad Pontificia Comillas, Hoyos del Espino 14, Madrid, Spagna).