TALEBANI E TALEBUSH 

Leonardo Boff

[Tratto da Adista del 23 settembre 2002]


Se tracciamo un bilancio sommario ad un anno dal triste 11 settembre 2001, dobbiamo concludere: hanno vinto. Sì, i Talebani hanno vinto, perché hanno occupato le menti degli statunitensi con una paura generalizzata di nuovi attentati che sfiora la paranoia collettiva. 
Più che abbattendo le Torri Gemelle, simbolo del potere economico globalizzato, hanno abbattuto altre due torri-simbolo dell'utopia nordamericana: la democrazia e la legalità.
Con la distruzione delle due Torri, i terroristi hanno umiliato materialmente gli Stati Uniti nella loro invulnerabilità. Con l'abbattimento delle altre due torri, hanno umiliato moralmente la cultura politica nordamericana davanti a se stessa e davanti a tutti noi che ci incaponiamo a credere nella democrazia e nei diritti umani. Si è dimostrata tutta la fragilità delle tanto decantate democrazia e legalità nordamericane. Resistono male alle crisi. E in ragione di una "moralità più alta", e in nome delle libertà e dei diritti umani contro la "barbarie" dei terroristi, si è mossa una guerra tecnologica sproporzionata contro un popolo già in rovina per interrotti anni di conflitto. 
Su questa guerra fino ad oggi poco sappiamo a causa della censura sulle informazioni. Ma anche così è venuto alla luce quello che il prof. Marc Harold dell'Università del New Hampshire ha denunciato: fino al 10 dicembre 2001 - dunque, appena un mese dall'inizio della guerra - sono stati uccisi in Afghanistan 3.767 civili morti, più di quanti sono periti sotto le Torri Gemelle. 
Non si piange la morte di questi innocenti. Come se non fossero della stessa famiglia umana, come se le loro vite non avessero lo stesso valore sacro.
Più grave ancora è stato il fatto che, in nome della lotta ai terroristi, si sono sacrificati i principi dello Stato di diritto e della democrazia, fondamento del legittimo orgoglio nordamericano. Lo ha denunciato giorni Jimmy Carter. Quello che era evidente non lo è più. Una persona sospetta può
rimanere incarcerata per un tempo indeterminato all'insaputa di tutti, il che equivale ad un sequestro. Un terrorista può essere giudicato segretamente da tribunali militari, in una caverna dell'Afghanistan o su una nave nel Pacifico, senza che gli sia riconosciuto il diritto ad un avvocato. Può essere condannato a morte se due o tre ufficiali-giudici lo ritengono colpevole, senza possibilità di appello. Non vale il principio di uguaglianza davanti alla legge né il dubbio a favore del reo. Il presidente Bush, che ha approvato tutto questo, si è trasformato in un Talebush e il ministro della Giustizia, il reazionario John Aschcroft, ha introdotto una variante della sharia musulmana, trasformandosi in un Mullah.
Con i suoi pochi lumi, Bush impone la geopolitica della
vendetta implacabile, legittimando l'attacco preventivo e l'ammissione dell'uso "di tutte le armi". 
Qui c'è la novità. Finora, era d'obbligo dire che tutte le armi, biologiche, chimiche e nucleari, erano solo di dissuasione. Adesso sono di aggressione. Non sappiamo chi sia più demente: se quelli che hanno lanciato gli aerei contro le Torri o quelli che propongono di usare "tutte le armi". 
Questo atto comporterebbe un genocidio mostruoso di civili, un terrorismo peggiore di quello dei terroristi, oltre a tradire i valori in nome dei quali si muove guerra al terrorismo. 
Né i Talebani né i Talebush devono determinare i destini dell'umanità. 
Se ci mancano altri mezzi, ci restano sempre quelli di Gandhi, ispirati a Gesù di Nazaret, predicatore pellegrino: la preghiera, il digiuno e la penitenza.


                        Ikthys