LA VITA E LA MORTE DELL'UOMO
NELLA BIBBIA
Riflessioni teologiche
Se chiedete ad un cristiano, protestante o cattolico, intellettuale
o no, che cosa insegna il Nuovo Testamento sulla sorte individuale dell'uomo dopo
la morte - con pochissime eccezioni - vi risponderà sempre: l'immortalità dell'anima.
Eppure, per quanto diffusa, tale opinione e uno dei più gravi malintesi sul cristianesimo
(Oscar Cullmann, protestante).
Qualsiasi tentativo di interpretare con successo la Bibbia deve tener conto del fatto che
il pensiero israelita, è prevalentemente sintetico e globale. L'uomo, unità
di forza vitale integrale di corpo, anima e spirito, viene considerato un tutt'uno in un
contesto psicologico e fisico globale.
Non lo si divide in corpo e anima, o in corpo, anima e spirito. Porre una divisione
all'interno dell'essere umano è platonismo puro, non mai il pensiero della rivelazione.
(Aubrev Johnson).
Non si tratta, quindi. di tre co-principi, ognuna delle espressioni esprime il sospetto
nella sua totalità, in una prospettiva psicosomatica. e non sostanze indipendenti, come
la 'psyche' e il 'soma' di Platone. Si tratta di manifestazioni di un'unica
realtà. Le facce di una stessa medaglia.
Nella Bibbia si usano tre termini per indicare l'essere umano:
'BASHAR' = 'sarx' = 'soma' (N.T) = carne, corpo. Esprime l'aspetto materiale della persona considerato come sostanza percettibile e tangibile.
'NEPHESH' - "psyche" (N.T.) = anima. Esprime l'aspetto vitale della
persona. L'essere vivente, centro della personalità, della volontà responsabile e
dell'attività razionale. E' l'Io, la soggettività,
sede dell'attività emotiva e affettiva. La nephesh (anima) è ciò che risulta
quando il bashar (corpo) é animato dalla ruach (spirito) (Jacob).
Il bashar (corpo) è la nephesh (anima) nella sua forma esteriore
(Pedersen).
'RUACH' = "pneuma" (N.T.) = spirito. E' lo Spirito di Dio presente
nell'uomo. Se la nephesh è la vitalità, la ruach - il soffio di Dio
come potenza generatrice della vita - è l'energia che la produce. E' la vita, l'amore, la
verità, la libertà, in una parola, l'immagine di Dio che si comunica all'uomo ("Dio
creo l'uomo a sua immagine [Gen. 1,26]). La ruach dell'uomo e la stessa ruach
di Dio, così come i raggi del sole che risplendono in una stanza sono il sole stesso. Sia
l'anima che lo spirito (psyche e ruach) concernono la vita più intima
dell'uomo, rispettivamente, i suoi due aspetti naturale e soprannaturale.
Il luogo di incontro, il terreno comune tra l'uomo e Dio, è, quindi, solo lo spirito (ruach)
(D. S. Russel)
Benché lo spirito (ruach umano) sia presente potenzialmente in ogni uomo, esso e
in condizioni così imperfette e depravate che è necessario un suo completo
rinnovamento, se non una sua creazione ex novo per opera dello Spirito Santo (Ruach
divino), che, infatti, non solo è creazione, ma anche ri-creazione, nel senso che rinnova
la vita. Lo spirito umano e come soffocato dalle false quanto effimere illusioni del
mondo, ma, qualora l'uomo lo voglia esso viene risvegliato e rinnovato dallo Spirito di
Dio. Lo spirito nuovo che ne deriva è, perciò, frutto non solo dell'intervento di Dio -
una sua 'grazia' ma anche della cooperazione dell'uomo. [2°Cor. 5:17] (Barclav
Swete).
Quando l'uomo muore, la ruach, l'energia vitale, torna a Dio, la nephesh
(anima) si spegne, il bashar (corpo) torna alla terra. La linea di divisione è
qui: uomo e carne da una parte, Dio e ruach dall'altra. (Norman Snaith)
L'uomo in quanto bashar e nephesh, è persona umana piena di vita
terrena; in quanto ruach, è persona umana piena di vita divina."Dio
ritira il suo soffio: l'uomo, morendo, ritorna nella polvere (Gb. 34:14 - Is. 2:5);
non resta più nulla. Nella Bibbia si parla, di un soggiorno dei morti: lo 'Sheol'
nel quale, pero, non c'è vita (Is. 38:18 - Sal. 6:6) Questa contraddizione evidenzia una
speranza di sopravvivenza che va progressivamente affermandosi nel resto della Scrittura
(Dn. 12:2 - Sap. 3:1 - Mc. 7:9, Mc.12:4:3): la 'Geenna' , dimora temporanea per i
giusti e luogo di tormento eterno per i reprobi, sostituisce l'amorfo e oscuro Sheol.
Poiché il pensiero ebraico non poteva in alcun modo concepire la nephesh come vivente se
separata dalla bashar, i morti venivano ritenuti dei 'rephaim', cioè ombre prive
di vitalità.
Gesù difende la fede nella resurrezione dei morti ed espressamente nella resurrezione dei
giusti, ma critica chiaramente ogni interpretazione grossolana, di tipo materiale:
"la carne e il sangue non possono ereditare il regno di Dio". Risurrezione dei
morti non significa ripristino della vita terrena, bensì rinnovamento per una forma di
vita sovraterrena.
Con Gesù, i confini tra la vita, la morte e la risurrezione cadono: Cristo è "la
resurrezione e la vita: chi crede in me, anche se muore vivrà" (Gv.
11:25) I termini: vita, morte, resurrezione non coincidono più con i dati biologici.
La resurrezione costituisce un particolare dono gratuito di Dio che non è necessario
ritenere rinviato alla fine dei tempi.
Risorgendo ritroveremo noi stessi la nostra individualità ma saremo trasfigurati
purificati e glorificati in Cristo: "si semina un corpo animale [soma psychikon],
risorge un corpo spirituale (soma pneumatikon]" (1°Cor 15:43). C'è la speranza per
l'uomo che Dio che lo ha creato gli concederà di vivere aldilà della morte biologica. I
risorti vengono trasfigurati nello splendore degli angeli.
Il cristiano accetta la morte come estrema forma di purificazione e sa che essa e un
consegnarsi al Padre e un risorgere definitivamente in Cristo. Alla resurrezione così
concepita non si devono assimilare le resurrezioni operate da Gesù che in sostanza non
sono altro che 'rianimazioni', quei 'risuscitati' dovranno morire e resuscitare di nuovo
perché essi sono stati risuscitati con un corpo ancora mortale 'soma psychi kon'
e non con un 'soma pneumatikon' spirituale (Enciclopedia di spiritualità, cattolica).
Il corpo animale (soma psychikon) è la vita terrena, che perisce, il corpo
spirituale (soma pneumatikon) è quello creato dalla potenza vitale di Dio.
Paolo non insegna un'immortalità dell'anima, che con la morte si separerebbe dal corpo
terreno e continuerebbe a sopravvivere senza di esso. L'uomo è sempre un esistenza
corporea e rimane tale anche nel mondo della resurrezione. L'uomo entra nella morte
passando attraverso il mistero di una tramutazione nella vita nuova, interamente creata da
Dio. (K.H. Schelkle, cattolico)
Secondo il teologo protestante Oscar Cullmann, la morte è realmente quale si presenta:
uno scheletro. Se la vita deve scaturire da questa morte integrale, è necessario un nuovo
atto creatore di Dio che richiami alla vita non solo una parte dell'uomo, ma l'essere
umano integrale. L'uomo intero, che è realmente morto, e richiamato alla vita da un nuovo
atto creatore di Dio.
Dopo la morte si entra in uno 'stato intermedio' imperfetto, di sonno, di attesa della
risurrezione del corpo. In tale stato i morti vivono già vicino a Cristo e il tempo ha
per essi un ritmo diverso di quello dei vivi.
Per il teologo protestante Karl Barth, invece, la trasformazione del corpo carnale nel
corpo spirituale avviene già al momento della morte.
Il tempo e lo spazio al di là della dimensione terrena sono un nonsenso. I morti sono al
di fuori del tempo, il verbo 'dormire' usato nella Bibbia, deve essere inteso in senso
figurato e riproduce "l'impressione" che fanno ai
sopravvissuti quanti muoiono e non la loro condizione dopo la morte. L'uomo in quanto tale
non ha un aldilà, e non ne ha nemmeno bisogno, poiché Dio è il suo aldilà.
Anche per Hans Kung, teologo cattolico, l'uomo muore come totalità con il corpo e
l'anima, come unità psicosomatica.
La fede cristiana parla non "dell'immortalita dell'anima, ma dell'immortalità
come insopprimilbilità del rapporto personale con Dio. Se il V Concilio Lateranense
(1511) diede rilievo all'immortalità dell'anima lo fece per affermare 1'individualità
dell'uomo contro il neoaristotelismo che sosteneva la dottrina di un anima collettiva. Il
Concilio, in realtà ebbe, prima di tutto, a cuore l'immortalità del singolo e con ciò
quella di tutto l'uomo e non solo 1'immortalità puramente "naturale"
dell'anima. (Fiorenza-Metz, cattolico).
La vita non viene tolta, ma trasformata. Perdendosi nel la realtà di Dio 1'uomo acquista
se stesso. Morire in Dio, non significa affatto separazione, in senso platonico e
aristotelico-tomista, dell'anima dal corpo, ma è, piuttosto, un atto di perfezionamento
salvitico per il quale l'uomo, in virtù di Dio, diviene pienamente uomo.
Si tratta di un morire nelle dimensioni di Dio, in cui lo spazio e il tempo sono assorbiti
nell'eternità e non hanno più alcuna rilevanza. Non si deve, perciò pensare
ad un annientamento totale dell'essere, in quanto, egli muore, non nel nulla ma in Dio e
quindi in quella eternità del 'nunc' divino, che rende irrilevante per il defunto la
distanza temporale di questo mondo tra morte personale e giudizio finale.
Non ci si deve immaginare - come tentano di fare singoli teologi cattolici e evangelici
(Ratzinger-Cullmann) - un regno intermedio o una fase intermedia collegata direttamente
alla morte: ciò è in contrasto con la Scrittura e le moderne conoscenze fisiologiche.
Non c'è soltanto una vita dopo la morte, ma anche una vita prima della morte, cosi non
c'è soltanto la morte alla fine della vita, ma anche la morte di uomini nel mezzo della
vita. E' la morte dell'assenza di rapporto dell'uomo con gli altri uomini, la morte
dell'impotenza e della mancanza di parola, la morte dell'anonimato e dell'apatia, la morte
dei deperimento e della deformazione spirituale, la morte dello stordimento e del consumo.
La risurrezione alla vita, la resurrezione a una vita prima della morte non è una
speranza vuota, illusoria, soltanto quando sia fondata e sostenuta da una resurrezione a
una vita dopo 1a morte. Resurrezioneione nell'al di qua come anticipazione della
resurrezione nell'al di là.
Per i cattolici Fiorenza e Metz, come il corpo non è semplice materia, ma una materia
informata da spirito, così l'anima non è puro spirito, ma uno spirito che informa la
materia. Per cui, non è dato di sezionare l'uomo in anima e corpo come se fossero,
rispettivamente, 'puro spirito' o 'pura materia'.
Benché la testimonianza biblica metta in rilievo innanzitutto e direttamente
1'immortalità dell'uomo nella resurrezione della carne alla fine della storia, essa non
esclude l'essere immediatamente con Cristo dopo la morte (Fil 1:23). Come ciò si possa
spiegare teologicamente rimane un mistero.
In realtà, l'uomo non può comprendere, né anticipare nella sua esistenza attuale,
terrena, attraverso una pura contemplazione intellettuale o una pura intuizione il suo
futuro escatologico.
Il cattolico, Claude Tresmontant, sostiene che, nella prospettiva cristiana, l'anima umana
non è divina per natura. E' divinizzabile per grazia, il che, egli dice, e assai diverso.
Un'anima può sussistere, non essere annientata, e tuttavia non avere parte alla vita
divina. Tale condizione e peggiore del nulla. Nella concezione cristiana si parla, non di
immortalità dell'anima (Platone), ma di nuova nascita, per cui l'anima creata diviene una
creatura nuova, se lo consente; tale nuova nascita è una condizione necessaria per il suo
ingresso nell'economia della vita divina. (Gv. 3:3)
Non si tratta, dunque, soltanto di sapere se all'anima viene riservato un destino
ultraterreno, ma se ha consentito a questa nuova nascita che rinsalda e rende definitiva
Ia sua partecipazione alla natura e alla vita divina.
Nulla permette di stabilire oggi che la morte equivalga ad annichilimento. E' una
petizione di principio, un sofisma.
Quando risusciteranno dai morti gli uomini saranno come gli angeli nei cieli; Dio è Dio
dei vivi non dei morti: questo dice Gesù. (Mt 22:30) E' il Dio che ha creato, vivificato,
santificato, uomini che sono, ora e sempre vivi. Gesù è venuto ad insegnare le
condizioni e i mezzi per entrare nel Regno dei cieli.
Questo ingresso nel1a vita non è automatico, non avviene da solo. Occorre che 1'uomo vi
consenta e vi cooperi.
Questo regno non è un luogo, ma un essere, un partecipare dell'esistenza di Dio, oggi e
domani. "Il regno di Dio e dentro di voi" (Lc. 17:20). Chi
custodisce la mia parola non vedra la morte in eterno (Gv. 8: 51). Colui che
accoglie il suo insegnamento ha la vita eterna (Gv. 6:47 - 5:24).
Gesù non dice che 1'avrà più tardi, ma che l'ha ora, in modo attuale e per sempre.
"Io sono il pane della vita...affinche chi ne mangia non muoia". (Gv.
6:48). Si tratta di una seconda nascita, di una seconda creazione, mediante la quale
rinasciamo "creature nuove". "Io sono la resurrezione..." (Gv.
11:23).
Non c'è, dunque periodo intermedio. Per Gesù è 'oggi' che l'uomo giustificato
entra nella vita divina. Ciascuno di noi entra oggi, morendo, nell'eternita, se ne
è degno.
Gesù non promise al ladrone che, alla fine dei tempi, la sua anima avrebbe reinformato
una materia per ricostruire un corpo. Insegnò, piuttosto, che l'uomo passa da un
tipo di esistenza biologica ad un altro tipo non più biologico.
Il Nuovo Testamento greco parla non di resurrezione dei 'corpi', ma di
resurrezione dei 'morti'. (Mc.12:25).
L'insegnamento fondamentale di Gesù non riguardava la resurrezione secondo la dottrina
del giudaismo fariseo, ma la intendeva come ingresso attuale nella vita eterna. L'anima
non è divina per natura, l'esistenza è per essa un dono ricevuto quando lo si
voglia accogliere.
Il teologo domenicano francese Narie-Joseph Nicolas, si chiede. come concepire l'anima
separata? Quando il corpo manca, quando il cervello non funziona più, dov'è
l'anima, dov'è la coscienza? Che cosa può essere e fare da sola? Non e più attuale
essere 'dualisti', tant'è che saranno moltissimi quelli che diranno che l'uomo muore
nella sua interezza. In verità, dopo la morte che tutto distrugge,
il Creatore ri-creerà l'uomo dal nulla, così' come dal nulla l'ha fatto, conservandogli
la sua insostituibile identità, anche se sotto una forma diversa, La vita
immortale, la vita eterna e il ritorno al Padre, l'incontro con Dio. "E così saremo
sempre col Signore" (1°Tm 4:17).
Tutto questo per quanto riguarda coloro che accettano Cristo, per gli altri che lo
rifiutano, Paolo non ne fa parola, l'inferno? Certo, ma non inteso come un
luogo di torture.
Dio non è un torturatore e l'inferno non è un 'luogo', ma, piuttosto, come uno stato
interiore la coscienza della Sua assenza, la consapevolezza dolorosa di essere senza Lui.
L'entità di questa sofferenza - non voluta da Dio, ma dall'uomo che non ha voluto 'amare'
- e l'esatto riflesso negativo della infinita gioia della salvezza. Gli uomini che
ignorano il Cristo, ricevono la Sua Grazia nelle ombre della loro coscienza e possono
accettarla o rifiutarla.
Molti uomini fanno della loro morte la distruzione della loro individualità provvisoria
ostinandosi a non vedere in questa il punto di collegamento con ciò che dura: sono gli
esseri senza pensiero, senza libertà e senza amore (Gv. 14:21). Essi non possono unirsi a
Dio perché non si sono fatti simili a Lui ((Mt. 5:48): lo Spirito non è in essi (1°Cor.
2:14). Con la morte viene meno il tempo.
Dire che un anima aspetta il giorno della resurrezione, non significa nulla. Fuori
del tempo non c'è né prima, né dopo, ma incontro con quello che per noi terrestri è,
ancora, l'Ultimo Giorno, situato in avanti nel tempo.
Se poi aggiungiamo l'abolizione dello spazio, l'idea del corpo glorioso nell'altra
dimensione si pone al di là della nostra comprensione.
Dopo aver preso atto dell'opinione di tanti teologi cattolici e protestanti di chiara
fama, disponiamoci all'ascolto della voce di un galileo, nostro unico e vero Maestro,
Gesù Cristo.
"Voi sbagliate tutto... (Mc. 12:27) perché avete tanti dubbi dentro di voi? (Lc. 24:38) Io sono la risurrezione e la vita. Chi crede im me, anche se muore, vivrà; anzi chi vive e crede in me non morirà mai. Cedi tu questo? (Gv. 11:25) Dopo la risurrezione gli uomini... saranno come gli angeli del Cielo. (Mt. 22:30) La vita eterna è questo: conoscere tr, l'unico vero Dio, e conoscere colui che tu hai mandato, Gesù Cristo. (Gv. 17:3) Io vi dichiaro: chi ascolta la mia parola e crede nel Padre che mi ha mandato ha la vita eterna... E' già passato dalla vita alla morte. (Gv. 5:24) Ve lo assicuro: che crede ha la vita eterna. (Gv. 6:47) Quel che nessuno ha mai visto e udito, quel che nessuno ha mai immaginato, Dio lo ha preparato per quelli che lo amano. (1°Cor 2:9) Io vi dichiaro solennemente che chi ubbidisce alla mia parola non vedrà mai la morte. (Gv. 8:51)