L'articolo



E la contrada riscoprì il tesoro del ghetto,

Progetto di Torre e sinagoga per il recupero della memoria,

di Gabriela Jacomella

da Corriere.it, 2004



<<DAL NOSTRO INVIATO
SIENA - Si potrebbe cominciare, per una volta, dalla fine. L’ora è quella del tramonto, quando i boschi si tingono di un verde cupo intriso di pagliuzze dorate; il fianco della collina, tagliato dalle curve di via del Linaiolo, è scosceso e fitto di noccioli e rovi striscianti. Tra l’erba alta occhieggiano una, dieci, cento lapidi smozzicate dal tempo. Le iscrizioni in caratteri ebraici si alternano a nomi in alfabeto latino, gli anni si rincorrono a ritroso fino ai primi del Seicento. Si scende a piedi, lungo una stradina immersa nell’ombra blu dei cipressi. Sullo sfondo il profilo di Siena è acceso di rosso dall’ultimo sole. Il cimitero ebraico e la città si guardano da lontano. Ma è appena sotto il cuore pulsante di Piazza del Campo che si cela il segreto di quei nomi intagliati nella pietra. Una storia quasi dimenticata, quella del ghetto del rione di Salicotto, contrada della Torre. E di cui oggi ebrei e contradaioli, insieme, tentano con fatica di ricostruire la memoria.


IDENTITA' PARALLELE - «Io me li ricordo, eccome, i ragazzi ebrei. Quelli della mia generazione, del ’37». La voce di Mario Savelli, storico barbaresco della Torre, segue pensieri lontani. «Un giorno ci si salutò con le lacrime agli occhi: andavano a combattere in una delle prime guerre arabo-israeliane. Non ci s’è più rivisti». I ricordi sembrano annodarsi l’un l’altro, piccoli frammenti che testimoniano la presenza, in questo quadrato di mattoni cotti dall’ultimo caldo d’estate, di due identità fortissime: l’ebraica e la contradaiola. L’una legata a etnia e religione, l’altra «a un concetto di cittadinanza unico, rimasto immutato nei secoli», sintetizza Aurora, figlia di Mario, che all’Istituto universitario europeo di Fiesole si dedica a ricostruire la storia della sua città e delle contrade che la compongono, completandosi a vicenda. Due strade parallele che corrono affiancate, «una convivenza armoniosa», così la descrive Massimo Brogi, priore della Torre, nato e cresciuto nel ghetto. «Anche se la loro è sempre stata una comunità riservata. Nei nostri archivi dell’800 ci sono tracce di contradaioli ebrei segnati come protettori, ma non è mai stato un legame istituzionale». Nel rione le vie sono dedicate alla Manna, alla Fortuna. E in fondo a vicolo delle Scotte (dal Sukkot, la «festa della capanna») si svela la sintesi perfetta di questa convivenza: da un lato la sinagoga, a pochi metri la Stalla della Torre. E’ in quello spazio angusto che il cavallo del Palio viene fatto «girare» dopo le prove. «Una volta venne la Fallaci - è Mario, ancora, che pesca nei suoi ricordi - e rimase colpita da questa vicinanza. Io ci penso sempre. E per rispetto sarei anche disposto a cambiare». Difficilmente succederà. Anche per Lamberto Piperno Corcos, consigliere della comunità ebraica, questo spicchio di storia condivisa potrà continuare a vivere.


RICORDO E MEMORIA - A Siena gli ebrei arrivano nel Trecento, «chiamati per gestire il prestito a pegno», spiega Piperno Corcos. I quattro cancelli del ghetto si chiudono per la prima volta solo nel 1571: la scelta cade sulla zona più malsana e malfrequentata, ma centralissima e facile da controllare. Nel Settecento viene costruita la sinagoga attuale, una facciata anonima che nasconde un interno maestoso (visitabile tutte le domeniche e su prenotazione allo 055/2346654). A fianco, l’edificio con il forno delle azzime e il macello kasher, spazzato via dalla «bonifica» del 1930, quando il quartiere venne sventrato e ricostruito praticamente ex novo. Di tutto questo ormai restano solo memorie sbiadite, fili sul punto di spezzarsi. Bisogna andare a stanarle, le tracce lasciate dagli ebrei senesi. Come l’inferriata anonima in vicolo delle Scotte. Le sue volute di ferro arrugginito sono un frammento del cancello che separava il ghetto dalla Siena dei «gentili». Oggi è seminascosta dietro una grata nuova di zecca. O come la foto ingiallita che Fabio Castelnuovo custodisce nel suo negozio di sartoria a pochi passi dalla sede austera del Monte dei Paschi: un uomo dai baffi bianchi a manubrio, due monelli con la coppola, tagli di stoffa sovrastati da un’insegna, «Abramo Castelnuovo». Anno di fondazione: 1848. «Dopo il Monte siamo la ditta più antica di Siena per continuità». Ora il negozio è lontano dal ghetto: dopo il 1859 chi ha potuto se ne è fuggito da quel quartiere dove le case si addossavano l’una sull’altra. Poi, il dramma della Shoah, l’emigrazione verso Eretz Israel. Oggi in città restano una dozzina di famiglie. «A inizio secolo - racconta Renzo Castelnuovo, classe ’38, docente di economia all’ateneo senese - eravamo diverse centinaia. Ma adesso il senso di identità si è un po’ perduto. Da decenni ormai non abbiamo un rabbino: la comunità di riferimento è Firenze».


IL FUTURO - «Una cosa è certa - riflette il priore Brogi -. In qualche modo la presenza della comunità ha influito sulla contrada, e viceversa». Nella sede della Torre, sotto le insegne rosso amaranto (non a caso i contradaioli erano soprannominati «sangue de’ giudei»), c’è il plastico realizzato nel 1929, prima della «bonifica», e restaurato nel ’99. Una testimonianza straordinaria «che racconta un’esperienza comune di sradicamento - commenta Andrea Brogi -. Furono quasi 200 le famiglie, ebree e non, costrette a trasferirsi nei rioni di Valli e Ravacciano. Operai, gente politicamente scomoda, soppiantata dal ceto impiegatizio. Anche la Torre ha vissuto la sua piccola diaspora». Per questo la memoria è così importante. Per questo la Torre e la comunità ebraica stanno pensando a un progetto comune di recupero di archivi, fotografie, testimonianze anche orali, di un mondo che ha rischiato di sparire per sempre. Un lavoro delicato da affrontare, per la prima volta, insieme. «Il mio sogno - confida Anna Di Castro, vera forza motrice della Giornata europea (che a Siena si inaugurerà stasera alle 21.15 in piazza del Mercato, con un viaggio musicale e poetico nel mondo ebraico, per proseguire domani con la mostra «Ebraismo ed educazione», visite guidate alla sinagoga e altre iniziative ancora) - è che questo patrimonio possa diventare parte dell’itinerario europeo auspicato dal consigliere dell’Ucei Annie Sacerdoti. Confido molto nella sensibilità della città e nel lavoro congiunto con i contradaioli. E forse anche la nostra comunità potrà rinascere a nuova vita».
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