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Cupido, dio
dell'amore, il cui nome deriva dal verbo latino cupere, "bramare", era
considerato nella mitologia romana il figlio di Venere e Vulcano.
Lo scrittore latino Apuleio racconta nell'Asino d'oro che il giovane dio
si innamorò della bellissima fanciulla Psiche.
In altre storie viene descritto come ragazzo dispettoso che si diverte a colpire
uomini e dei con le proprie frecce d'argento per farli innamorare perdutamente.
A Cupido corrisponde Eros nella mitologia greca ed in origine egli è figlio del
Caos, l'abisso buio e silenzioso da cui nacquero tutte le cose, e
personificazione dell'armonia.
In seguito viene visto come giovane bello ed affascinante accompagnato da Imero,
"desiderio", e Foto, "bramosia", ed in epoca più tarda è descritto sempre vicino
alla madre Afrodite.
Nelle raffigurazioni artistiche il dio viene rappresentato come giovane
fanciullo nudo e alato con spesso in mano arco e frecce magiche, a volte bendato
per ricordare la cecità dell'amore.
Psiche
Psiche è una figura della
mitologia romana.Il suo nome significa "anima".Era una eroina, protagonista
dell'Asino d'oro di Apuleio (libri IV-VI).
La dea Venere era gelosa della bellezza di Psiche, chiese quindi a Cupido di fa
innamorare la ragazza dell'uomo più brutto che esistesse. Ma fu proprio il dio
dell'amore ad innamorarsi di lei.
I greci la chiamavano Afrodite, perché era nata
dalla spuma (aphròs) del mare. Era figlia del Cielo e del Mare: divinità più
mediterranea di così…!
Ed era bella, bellissima, anzi la raffigurazione divina della bellezza assoluta:
e fu sùbito annoverata fra i vip dell’Olimpo, perché una bellezza così
folgorante non poteva essere mortale.
Venere vive, si può dire, ancora oggi, perché è la dea dell’amore e della
seduzione: persino dèi rozzi come il brutto Vulcano, che ne fu il marito, o
“rambo” nerboruti come Marte, che ne fu uno degli amanti, ne subirono il fascino
( godendone ovviamente anche delle… generose prestazioni ). Mentre altre dèe
nutrivano verso di lei un forse giustificabile risentimento.
Fu una dea capricciosa e volubile, e molti guai combinò ai mortali suscitando o
sciogliendo vincoli e passioni amorose. Capricci di cui essa stessa fu poi a sua
volta vittima, quando il suo malizioso figlio, Amore (Eros), le scagliò una
delle sue frecce e la fece invaghire di Adone: un giovane e bellissimo
cacciatore, la cui prematura morte gettò l’innamorata dea nella disperazione. Il
burbero-benefico Giove, che di amori e amorazzi se ne intendeva, se ne impietosì
e consentì che ogni anno il bell’Adone tornasse fra i vivi e trascorresse
quattro mesi con l’amata dea. Ed è in questa resurrezione che gli antichi videro
l’eterno rifiorire della natura e il risorgere di ogni tenace amore.