NUOVE SCOPERTE SULLA BEATA OSANNA DEGLI ANDREASI,
MISTICA MANTOVANA DEL '400 NATIVA DI CARBONAROLA
 di Roberta Ghirardini 

 

 

La Beata Osanna Andreasi portava davvero scritto nel suo nome il destino e il senso di un’intera vita: dall’ebraico Hosci-anna, (colei che fa salvare), la salvatrice che con il suo esempio di fede e di carità costituì un monito per fedeli mantovani del XV secolo. E la prima precisazione è relativa proprio a questa sorta di nomen -omen, di nome con valenze emblematiche: l’Olivetano Padre Girolamo Scolari nella sua biografia della Beata del 1507 definisce tale nome «inusitato et novo», ma pare che già la sorella del nonno Giovanni Buono lo portasse, e un’altra Osanna sempre Andreasi è presente in un atto costitutivo di dote stipulato a Mantova nel 1477. La seconda e più importante precisazione riguarda il luogo di nascita: Osanna nacque il 17gennaio 1449 a Carbonarola in provincia di Mantova, come in precedenza era stato affermato dai suoi biografi; lo provano le registrazioni notarili riguardanti per lo più atti di compravendita di terreni presenti in Archivio di Stato a Mantova, nelle quali compare menzionato il padre della Beata, Nicola Andreasi, figlio di Giovanni Buono Cappa degli Andreasi da Carbonara, che vi figura 

sempre come abitante a Carbonarola. Nicola infatti aveva casa in Mantova, nell’attuale Via Frattini n. 9, allora Contrada di S.Lucia nel quartiere del Cervo al n°1919, ma tale abitazione, come è attestato anche dal Marchese Carlo D’Arco in «Famiglie Mantovane», gli era venuta forse in eredità dopo che l’Andreasi nel 1447 si era sposato con Agnese Mazzoni, figlia di Terigi o Terzo Mazzoni di Sermide o forse « per acquisto fattane dagli altri Andreasi»; tale casa è ancora ammirabile in tutta la sua bellezza, e presenta «il motivo delle finestre incorniciate e non appoggiate a segnapiani », sorta di segno distintivo dell’architetto Luca Fancelli. Ma se qui la Beata Osanna si trasferì con ogni probabilità intorno al 1470, precedentemente la famiglia nobiliare degli Andreasi, antichi feudatari del Castello di Rivalta sul Mincio, aveva sempre vissuto a Carbonarola, in quella casa che nel ‘900 venne adibita a scuola pubblica. Lo attestano appunto tali documenti: tre registrazioni del 1459 (investitura di un feudo a titolo di «Nicolaus filius quidam Zaniboni Cape de Andreaxis»; un atto di acquisto o «emptio» da Antoniolo Germano e un altro da Guglielmo Rogulo); una registrazione del 1463 (acquisto di un terreno da Giovanni Filippo Grignani); e ancora, 1467 e 1469 (varie acquisizioni di feudi da Matteo e Albertino Gualfredi a da Zaneto Landreghini); si termina con il 1470, col documento riguardante un’acquisitio di Nicola da Giovanni Alberto Andreasi; in tutti questi documenti Nicola compare sempre come «habitator Carbonarole dicte Potestarie castri Sermidi». Poi nei documenti c’è un vuoto di IO anni, fino al 1480, anno in cui la Beata scrisse una lettera al Marchese di Mantova Federico I° riguardante la donazione di una veste ad una povera vedova, e tale epistola viene da Mantova, dalla bella casa situata vicino alla chiesa di S. Egidio: dunque Osanna si era già trasferita a Mantova e qui iniziava il suo proficuo rapporto di collaborazione con i Gonzaga, che la portò a divenire una delle figure di spicco della spiritualità dell’epoca. Ma, tornando alla questione della nascita, va considerato che da secoli gli Andreasi erano proprietari di terreni a Carbonara e Carbonarola: già nel 1194 a causa dell’allagamento di alcune terre a Rivalta (terre di cui la famiglia era proprietaria) causati dai lavori dell’ingegnere idraulico Alberto Pitentino, gli Andreasi vennero risarciti con la donazione di terreni situati nelle due suddette località, e venne anche concessa loro la torre dello Zucchero; dunque da molto tempo gli Andreasi potrebbero aver avuto residenza qui, in quella Carbonarola definita da Vittorio Matteucci «piccolo paese solitario e quieto, che par che dorma placidi sonni nella valle confinante col Po». Osanna cominciò ad avere le prime visioni a soli 6 anni: mentre passeggiava da sola sulla riva del Po a Carbonarola, le apparve un angelo che la esortò ad amare Dio e la sollevò nel cielo, fino a farle contemplare le gerarchie angeliche. Seguirono altri episodi estatici , durante i quali la giovane ebbe modo di incontrare Gesù Bambino, «splendido e bianco più che neve», e poi ancora lo stesso Bambino bagnato di sangue, immolatosi come agnello sacrificale sull’altare dell’intera umanità. Vinte le resistenze dei genitori che avrebbero voluto vederla sposa, Osanna nei 1463 vesti l’abito delle Terziarie di S. Domenico. Manifestò sempre un ammirazione particolare verso Santa Caterina da Siena e Frate Girolamo Savonarola, simboli di abnegazione ed intransigenza morale; nel frattempo la giovane non smetteva mai di mortificare la propria carne con il flagello, il digiuno e le veglie.
Nel 1467 Osanna durante una visione potè bere il sangue dal costato aperto di Gesù, spazio fruibile e aperto ai mistici, e nello stesso anno Cristo la sposò ponendole l’anello al dito, sigillo di amore eterno invisibile agli altri. Nel 1477 le sue mani, il costato, i piedi e la fronte vennero segnati dalle stigmate, comparse miracolosamente come «ferita d’amore» segnate dal «talamo divino»; allora i Gonzaga cominciarono ad interessarsi a questa donna straordinaria, tanto che Federico I° le affidò la moglie Margherita di Baviera e i figli in sua assenza, e la buona suora fu anche in grado di predire a Margherita la morte che l’avrebbe colta nel 1479. Francesco Il, successore di Federico e marito dì Isabella d’Este, tenne uno stretto rapporto epistolare con Osanna, poiché quest’ultima lo supplicava sovente di aiutare povere vedove, fanciulle senza dote, condannati e prigionieri. I suoi miracoli si susseguirono: salvò una barca nel Po dal naufragio; munse latte da una capretta che non aveva mai partorito; fu vista a Gerusalemme da due frati Francescani (dono dell’ubiquità, topos così frequente in agiografia) e risanò uomini afflitti da varie malattie, anche in punto di morte. Dotata di facoltà profetiche, protesse con le sue preghiere il Marchese Francesco nella battaglia di Fornovo del 1495, predisse la sconfitta di Cesare Borgia e neI 1500 la nascita del tanto sospirato primo figlio maschio a Isabella d’Este: Federico Il, «figliolo d’orazione»; parlò anche di un flagello che avrebbe colpito l’Italia corrotta e disunita, profetizzando forse il sacco di Roma ad opera dei Lanzichenecchi nel 1527.
Raggiunse infine l’amato sposo Gesù il 18 giugno del 1505, circondata dall’affetto dei Gonzaga e dei Mantovani: tutti i religiosi parteciparono alla sua cerimonia funebre, e mentre la salma veniva trasportata su un catafalco circondato da ceri bianchi, la folla la venerava come una santa. Molteplici miracoli di guarigione si susseguirono anche dopo la sua morte, finché Papa Leone X nel 1515 ne autorizzò il culto promosso e incentivato dalla Marchesa Isabella durante il suo viaggio a Roma.
Nel 1689 Mantova venne minacciata da un’inondazione del Po, e in tal frangente il corpo della Beata Osanna venne portato in processione per le vie della città; poco dopo il livello delle acque si abbassò, e i Mantovani gridarono al miracolo.
La salma trovò riposo dapprima nella chiesa di S. Domenico, in una cappella ricolma di ex voto, tra cui anche una testa in argento fatta forgiare dalla Marchesa Isabella, dopo che grazie alle preghiere rivolte a Osanna ella era guarita dall’emicrania; poi nel 1813 il corpo venne trasferito nella Cattedrale di Mantova, in una cappella a sinistra dell’altar maggiore, ove tuttora riposa
In una lettera del 1871 presente nell’archivio del Vescovado scritta dal Marchese Rolando Dalla Valle si attesta che una commissione di medici e farmacisti aveva rilevato il perfetto stato di conservazione del corpo di Osanna, e anche ai giorni nostri suddetta salma appare in ottime condizioni.
 

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