ultimo aggiornamento    
novembre 2012    

 


IPSE DIXIT

“Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell’ammassare senza fine beni terreni.
Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell’indice Dow-Jones, né i successi del paese sulla base del prodotto interno lordo (PIL).
Il PIL comprende anche l’inquinamento dell’aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana.
Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari.
Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia, la solidità dei valori familiari, l’intelligenza del nostro dibattere. Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve,
eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta.
Può dirci tutto sull’America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani”.
Robert Kennedy
Discorso tenuto all’Università del Kansas, 18/03/1968

L’America? Gli americani? Cosa hanno a che fare con noi: ci chiamiamo
”Italia Nostra”!!!
Non dell’America né degli americani si vuol parlare ma di Robert Kennedy, senatore e candidato alla Presidenza USA; anzi, del suo pensiero.
Lo scorso 6 giugno ricorreva il quarantennale dalla sua morte per omicidio. Anno incredibile il ’68 anche per chi, come me, non l’ha vissuto e lo conosce soltanto attraverso il filtro della musica, della TV, del cinema o di chi, il’68, l’ha visto coi propri occhi. Anno di dolci melodie ed esplosioni di rabbia, anno di fiori e di fiumi di sangue. La rivoluzione culturale in tutto il mondo, qualche esagerazione
(a volte violenta altre volte soltanto folkloristica), la guerra (per citarne soltanto una) in Vietnam, la morte, anche quella per mano di un
assassino, di Martin Luther King.
Il pensiero di Robert (tralasciando il cognome altisonante forse lo sentiamo più vicino) ci piace perché parla in modo chiaro, incontrovertibile e diretto di un valore che ci sta a cuore: la qualità della vita.
Francesco Pepe


 
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