ultimo aggiornamento    
novembre 2012    

 


SAN MINIATO > PRIMI RISULTATI DELLE CAMPAGNE DI SCAVO 2001-2006

Lo scavo della pieve e del borgo di San Genesio

Lo scavo archeologico del sito di San Genesio ha avuto inizio nel giugno 2001 ed E' stato realizzato da un Equipe coordinata da chi scrive per conto della cattedra di Archeologia Medievale del Dipartimento di Archeologia e Storia delle Arti dell’UniversitA' di Siena, del Comune di San Miniato e del Museo Archeologico e della Ceramica di Montelupo Fiorentino, in accordo con la Soprintendenza Archeologica della Toscana e in collaborazione con il Gruppo Archeologico di Montelupo Fiorentino. Il progetto ha poi coinvolto anche l’Università di Pisa, con il Prof. Gino Fornaciari, e l’UniversitA' di Lecce, con il Prof. Pier Francesco Fabbri, per lo studio paleopatologico e antropologico delle sepolture.

L’indagine ha interessato l’area immediatamente a nord della piccola cappella intitolata a San Genesio, posta nel territorio del comune di San Miniato, all’incrocio fra la via Tosco Romagnola Est e Via Capocavallo, che le fonti indicavano come il luogo dove era ubicata la pieve di vicus Uualari, poi borgo San Genesio.
Quest’ultimo, posto lungo la via Francigena, ebbe un ruolo decisivo non solo per la storia del territorio sanminiatese, in quanto sede della pieve antica, attestata già dal 715 d.C., ma anche per quella toscana, perché fu eletto a luogo privilegiato per diete e concili indetti dai rappresentanti del potere regio, costituendo poi anche un avamposto lucchese di primaria importanza per il controllo del territorio e delle vie di comunicazione poste sulla riva meridionale dell’Arno.

Risultati preliminari delle campagne di scavo 2001-2006.
Se le fonti scritte lasciavano supporre l’esistenza nel piano di San Miniato, vicino alla chiesa di San Lazzaro e al fiume Elsa, perlomeno dal VII secolo, di un vico e di un’importante pieve, nata all’incrocio delle principali vie di comunicazione dell’epoca, lo scavo archeologico ha consentito di chiarire le dinamiche ed i processi che portarono alla formazione di uno dei più importanti centri religiosi del Valdarno, chiarendone le forme assunte dalla sua nascita al suo abbandono.
Sempre attraverso lo scavo è stato possibile retrodatare la prima frequentazione di quest’area ad un periodo molto più antico del medioevo: tra la fine del IV e il III a.C. è infatti costruita, poco più a nord dell’attuale strada Tosco Romagnola, una piccola capanna con pareti fatte di ramaglie incannicciate. La struttura presentava una pianta circolare, con diametro di 2,80 m, e conservava al suo interno frammenti di vernice nera, olle da cucina e i resti di un grande dolium da conserva.
Nessuna traccia di edifici è invece, fino ad ora, emersa per l’età repubblicana, durante la quale sembra comunque che continuasse la frequentazione dell’area, che ha restituito numerosi frammenti di sigillate italiche, anfore e alcune monete.
I primi resti di strutture in muratura iniziano a comparire con la media età imperiale: si tratta di resti di fondazioni di un edificio che ancora rimane di incerta funzione, ma che probabilmente potrebbe rivelarsi, con il proseguimento dello scavo, una villa o una mansio. Questa struttura, in base ai dati elaborati con lo studio dei reperti ceramici sembra inserita in una vasta rete di traffici marittimi che legano questo centro del Valdarno alla Spagna, alla Gallia, all’Africa e a partire dal V secolo anche alla parte orientale dell’Impero. Particolarmente cospicuo è anche il numero di monete rinvenute che si datano dalla fine dell’età repubblicana fino al VII secolo.
Ma se i reperti non sembrano indicare una cesura nella frequentazione della struttura romana, lo scavo ha mostrato come a partire dal V secolo il nucleo insediativo antico inizi ad essere abbandonato per far posto ad una grande necropoli di tombe a cappuccina. In questa necropoli, probabilmente nel corso della prima metà del VI secolo, viene poi inserita una struttura muraria di pianta quadrangolare (5,8 X 5,2 m), che può essere interpretata come mausoleo.
La destinazione funeraria dell’area sembra poi cessare nel corso della seconda metà del VI secolo, quando vengono costruite due strutture lignee: una di grandi dimensioni, probabilmente ad uso abitativo (struttura A), ed una più piccola che accoglieva un dolium per la conservazione dei cereali (struttura B). Il rinvenimento di reperti in oro o in bronzo dorato (una capocchia di spillone, una borchia ed alcune applicazioni che dovevano decorare uno scudo da parata) fa pensare che tali edifici rientrassero nelle proprietà di un ricco personaggio, forse longobardo, a cui probabilmente si deve anche la trasformazione in cappella privata del vecchio mausoleo, che viene allungato verso est e dotato di un abside semicircolare.
Nella seconda metà del VII secolo poi qualcosa cambia: probabilmente il ricco personaggio dona la sua proprietà alla chiesa di Lucca che sfrutta l’area per impiantarvi una grande chiesa a tre navate terminanti in tre absidi semicircolari. Si tratta della pieve di San Genesio, un edificio imponente per l’epoca, largo 17,5 m e lungo 36,33 m. La vecchia chiesetta privata viene invece forse riutilizzata come battistero. L’importanza del nuovo nucleo religioso è ulteriormente confermata dall’istallazione nelle sue immediate vicinanze di una struttura artigianale per la produzione di brocche decorate a colature di ingobbio rosso, che al momento possiamo datare tra VIII e X secolo.
Nel corso del X secolo assistiamo poi all’escavazione di un profondo fossato che va a delimitare la pieve ed il cimitero.
Ma la topografia di questo sito era destinata a cambiare poco tempo dopo. Nella prima metà dell’XI secolo si torna infatti ad investire risorse nello sviluppo del centro religioso.
Si interviene prima di tutto sulla chiesa, che viene ampliata di una campata in facciata, si ricostruiscono le fondazioni dei sostegni delle arcate che scandiscono le navate, realizzando dei grandi pilastri cruciformi legati da fondazioni continue, e si realizza una cripta ad oratorio, affrescata, con pavimento in cocciopesto e volte a crocera sorrette da 16 colonne in areanaria, a cui si accede da scalinate poste in corrispondenza delle navate laterali. In questa nuova redazione dell’edificio sacro il presbiterio risulta sopraelevato. In un momento collocabile probabilmente nel corso del XII secolo, ai due accessi laterali si aggiunge un accesso centrale alla cripta, con la costruzione di una nuova rampa di scale in arenaria, probabilmente in risposta al successo del culto delle reliquie che si conservavano nella stessa cripta.
Ad impreziosire la facciata della chiesa sono inoltre posti, già all’inizio dell’XI secolo, alcuni bacini ceramici di produzione tunisina.
Sempre all’inizio dell’XI secolo si interviene non solo sulla chiesa, ma anche nell’area che si apriva a nord dell’edificio religioso, dove sono costruiti un chiostro, con pozzo centrale, e la canonica.
Questo nuovo complesso religioso aveva intorno a sé un borgo fatto di case con pareti in terra e copertura in coppi, che si sviluppava nei campi che tuttora si affacciano sull’incrocio tra la strada Tosco Romagnola e via Capocavallo.
Ma la storia della pieve di San Genesio e del suo borgo erano destinati ben presto a finire. Nel 1248, come ci racconta il Villani il borgo fu incendiato e raso al suolo dagli abitanti del castello di San Miniato, che finalmente riuscirono ad estromettere Lucca dal controllo di questa importante area del Valdarno.

Federico CantinI

 
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