ultimo aggiornamento    
novembre 2012    

 


PADULE DI FUCECCHIO > IL PUNTO SULLE EMERGENZE AMBIENTALI

Tubone, area protetta
e paesaggio agrario

Dovendo fornire un contributo sul Padule di Fucecchio per il notiziario della sezione Medio Valdarno di Italia Nostra - opportunità della quale ringrazio Giovanni e tutti gli amici dell’associazione - ho ritenuto di focalizzare l’attenzione su tre questioni, che a mio avviso sono fondamentali per il futuro del Padule: il cosiddetto progetto tubone, l’ampliamento della superficie protetta ed il recupero del paesaggio agrario.

Tubone seconda fase: cogliere le opportunità, scongiurare sprechi di denaro pubblico e interventi inopportuni.
Concepito una quindicina di anni fa per risolvere i problemi della depurazione delle acque in Valdinievole, nell’Empolese e in Val D’Era e per trasferire risorse idriche nel Comprensorio Industriale del Cuoio, questo progetto, nei suoi contenuti di massima, è sul punto di ottenere un nulla osta a tutti i livelli istituzionali.
Se la filosofia di fondo resta quella della grande opera finalizzata a gestire una risorsa sottraendola alla disponibilità di ecosistemi e territori, va dato atto alle pubbliche amministrazioni e a tutti gli altri soggetti coinvolti del fatto che, rispetto al progetto iniziale, sono stati introdotti importanti elementi di compensazione e mitigazione degli effetti negativi prevedibili a danno del Padule.
Come è noto una piccola, ma significativa, quota di risorsa idrica sarà depurata a monte dell’area umida ed utilizzata per alimentare il Padule con acque di buona qualità. A tale scopo è stato stralciato il ramo ovest del progetto - la cui realizzazione, come sottolineato anche in un documento di Italia Nostra e di altre associazioni ambientaliste, avrebbe anche danneggiato aree di particolare pregio ambientale e paesaggistico – ed è stata prevista la costruzione di un nuovo depuratore nel Comune di Ponte Buggianese, che dovrebbe trattare due dei circa 11 milioni di metri cubi di acqua utilizzata in Valdinievole.
Inoltre sono state destinate risorse importanti per effettuare opere idrauliche volte a migliorare la gestione del deflusso delle acque del bacino palustre ed implementare il regime di tutela del Padule di Fucecchio.
A dire il vero manca ancora una scelta definitiva sull’ubicazione del depuratore in territorio pontigiano, ma sembra vi sia da parte di tutti la determinazione a superare questo empasse con una soluzione tecnicamente soddisfacente; mentre la bozza del documento avente valenza di integrazione all’accordo di programma generale sottoscritto dai promotori del progetto, oltre a contenere le modifiche sostanziali introdotte, prevede una tempistica che concede priorità alle opere di compensazione (depuratore) e mitigazione (interventi in sito, ed altre misure di tutela).
Molti sono insoddisfatti della soluzione di compromesso raggiunta, ed io stesso non sono certo entusiasta, ma occorre riconoscere che anche questo risultato non è stato cosa da poco e tutto sommato dimostra che in presenza di determinazione e buone argomentazioni è ancora possibile ottenere ascolto e strappare faticosamente qualcosa.
D’altra parte con l’approssimarsi della fase attuativa l’attenzione ed il contributo di chi ha a cuore le sorti del Padule (e del Pianeta) è essenziale e deve, se possibile, aumentare, perché se da un lato ritengo sia possibile massimizzare le opportunità offerte dal progetto (ed anche strappare nuove modifiche strada facendo, in sede di progettazione di dettaglio); dall’altro esiste senz’altro anche il rischio concreto di assistere a grandi sprechi di risorse e ad opere che poco o niente hanno a che vedere con la mitigazione del danno o la tutela del Padule.

Ampliare l’area protetta interprovinciale delle Morette
Fra le misure di tutela inserite nell’accordo integrativo di programma la più significativa riguarda l’ampliamento della superficie protetta del Padule.
Tale indicazione non è riportata in maniera generica, ma sottoforma di un impegno a carico del Circondario, di intesa con la Provincia di Firenze, ad ampliare la Riserva Naturale secondo quanto prescritto da tempo dalla Regione Toscana. Vale a dire a portare l’attuale area protetta fiorentina da 25 a circa 100 ettari, facendo coincidere i confini a sud e ad ovest rispettivamente con il Fosso del Ministro ed il Fosso del Canaletto.
Da parte della Provincia di Firenze e del Circondario sono state manifestate recentemente delle aperture rispetto ad un adeguamento della superficie protetta anche se a dire il vero la sola misura al momento concretamente in cantiere riguarda la drastica riduzione delle dimensioni dell’area contigua alla Riserva Naturale.
In verità la strada che le istituzioni fiorentine intendono perseguire prevede l’acquisto di aree disaggregate e distanti dalla riserva naturale e la realizzazione di una ulteriore frammentazione della superficie protetta del Padule.
Questo è un esempio emblematico di come da un’opportunità (o meglio dalla concretizzazione di un impegno che ci è richiesto dall’Unione Europea e dalla Regione Toscana), possa discendere un’inutile spreco di risorse.
Oggi deve essere chiaro a tutti che le aree protette non rappresentano un “vezzo ideologico” di una parte, bensì un mezzo per conservare la vita selvatica a beneficio di tutta la collettività. La conservazione della diversità biologica (delle specie e degli habitat) è una disciplina complessa e deve fondarsi su elementi tecnici, non certo ideologici.
D’altra parte se nessuno ricorda così tanti uccelli in Padule - le oche svernanti e nidificanti, gli aironi (ben 7 specie diverse) nidificanti a migliaia, le cicogne, le gru, le spatole, i fenicotteri; gli svassi, i falchi di palude… - il merito è in parte da attribuire ai criteri tecnici con i quali si è scelto di gestire l’area protetta pistoiese.
Più volte è stata sottolineata da soggetti autorevoli, come l’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, l’urgenza di ampliare la superficie protetta del Padule e contestualmente l’importanza di evitare ulteriori frammentazioni della stessa.

Un’alternativa credibile al dilagare delle attività floro-vivaistiche nei territori della bonifica storica
A prescindere dal tipo di approccio - estetico, storico o naturalistico – è sentire comune che il Padule non sia solo una palude, ma un complesso mosaico di ambienti diversi, in varia misura plasmati dall’azione dell’uomo. Pertanto l’area agricola che fa da cornice alla Palude vera e propria e che contiene le vestigia delle grandi fattorie medicee sorte in epoca rinascimentale è a tutti gli effetti parte integrante del Padule di Fucecchio e come tale deve essere tutelata nella sua destinazione e nella sua architettura.
Quest’anno in molti avranno notato che l’estetica dei seminativi del Padule è migliorata di colpo. All’origine di questo repentino cambiamento vi è stato un calo inatteso delle riserve mondiali di cereali destinati all’alimentazione umana ed un conseguente aumento del prezzo del grano che ha indotto molte aziende a seminarlo.
È a tutti evidente che quanto accaduto non ha solo implicazioni estetiche (lo si è capito bene in molti paesi asiatici e africani dove è tornato a farsi sentire lo spetto della denutrizione), ma induce ad un ripensamento del ruolo del settore primario, in un contesto che sia a livello globale che locale sta rapidamente cambiando. Le grandi estensioni di colture di scarso significato, come mais e girasole, che sono state sostenute da una politica comunitaria di corte vedute, sono destinate a perdere ulteriore convenienza economica.
Purtroppo la risposta di alcuni settori del territorio della Valdinievole è stata quella di favorire l’avanzata selvaggia delle attività floro-vivaistiche, che pregiudicano profondamente l’assetto paesaggistico tradizionale e introducono problematiche ambientali molto pesanti, che vanno dal forte consumo di risorse idriche, all’impatto di diserbanti, fitofarmaci, fertilizzanti ecc. Senza contare che la perdita degli agroecosistemi tradizionali rappresenta uno dei fattori di maggior perdita di biodiversità a livello europeo.
Faremmo probabilmente poca strada se ci limitassimo ad opporci a questo fenomeno, anche se in nome di sacrosante ragioni ambientaliste e paesaggistiche, senza essere propositivi e prospettare scenari alternativi. Da qui l’idea di puntare sul grano e sulle altre colture essenziali; l’idea di puntare sulle produzioni di qualità, sull’agricoltura biologica e sulle filiere corte. Non solo campi di grano (destinato ad essere lavorato chissà dove), ma anche mulini e pastifici artigianali; non solo stalle e latte inviato altrove, ma anche pascolo tradizionale e piccoli caseifici; veri agriturismi e fattorie didattiche. Il tutto con la certificazione di un marchio di qualità legato all’area protetta del Padule.
Fino a qualche anno fa, dinanzi ad una situazione che sembrava ingessata, poteva apparire una proposta velleitaria, ma oggi, con la rapida ascesa dei gruppi di acquisto solidale, del biologico, dello slow food e più in generale della ricerca di genuinità e tipicità dei prodotti e dei luoghi, questa può concretamente rappresentare una svolta per l’economia della Valdinievole. Ed inoltre un’azione locale frutto di un pensare globale.

Alessio Bartolini

 
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