IL FRUTTO CHE DERIVA DALLA PREGHIERA E DALLA MEDITAZIONE

Poiché questo breve trattato parla di preghiera e di meditazione, sarà bene dire in poche parole il frutto che si può trarre da questo santo esercizio perché gli uomini vi si dedichino con cuore più lieto.

È noto che fra i più gravi impedimenti dell'uomo al conseguimento della sua piena felicità e beatitudine vi sono la cattiva inclinazione del cuore e la difficoltà e la pesantezza con cui si muove a bene operare; se non ci fossero queste di mezzo, infatti, gli sarebbe facilissimo percorrere il cammino delle virtù e raggiungere il fine per cui fu creato.

Per questo, dice l'apostolo: “Approvo con compiacimento la legge di Dio, secondo l'uomo interiore, ma vedo una legge diversa nelle mie membra che contraddice la legge del mio spirito e mi conduce prigioniero con sé alla legge del peccato" (Rm 7, 23).

Questa dunque è la causa più frequente di ogni nostro male.

Per togliere quindi questa pesantezza e difficoltà e facilitare questa azione, una delle cose che portano maggiore vantaggio è la devozione.

Infatti, come dice san Tommaso, la devozione altro non è che una sollecitudine e leggerezza nel compiere il bene (II Quest., 82, art. 10; II Quest., 85, 3, I.), che elimina dalla nostra anima ogni difficoltà e pesantezza e ci rende solleciti e leggeri per ogni bene. È infatti un alimento spirituale, un refrigerio, una rugiada del cielo, un soffio e un alito dello Spirito Santo e un soprannaturale sentimento, che in tal modo regola, sforza e trasforma il cuore dell'uomo da dargli nuovo piacere e respiro per le cose dello spirito e nuova noia e ripugnanza per quelle dei sensi. Il che ci è provato dall'esperienza di ogni giorno, poiché, quando una persona spirituale esce da qualche devota e profonda preghiera, si rinnovano in lui tutti i buoni propositi, le inclinazioni e le determinazioni di operare il bene, il desiderio di compiacere ed amare un Signore tanto buono e dolce come gli si è mostrato e di soffrire nuove tribolazioni e sacrifici e persino di spargere il sangue per lui, ed infine rinverdisce e si rinnova tutta la freschezza dell'anima.

Se mi domandi poi in che modo si attinge questo così forte desiderio di devozione, a ciò risponde lo stesso santo dottore dicendo che lo si consegue dalla meditazione e contemplazione delle cose divine, perché meditandole e considerandole profondamente, trabocca nella volontà quel desiderio e sentimento che chiamiamo devozione, che ci incita e muove ad ogni bene. E per questo tanto si loda questo religioso esercizio da parte di tutti i santi, perché è il mezzo di attingere la devozione, che pur essendo una sola virtù, ci rende capaci e solleciti in tutte le altre virtù e ne è come lo stimolo generale. Se vuoi persuaderti della verità di ciò, guarda quanto esplicitamente dice san Bonaventura (in La vita di Cristo) con queste parole:

"Se vuoi sopportare con pazienta le avversità e le miserie di questa vita, sii uomo di preghiera. Se vuoi conseguire virtù e forze per vincere le tentazioni del nemico, sii uomo di preghiera. Se vuoi mortificare la tua volontà con tutte le sue passioni e i suoi desideri, sii uomo di preghiera. Se vuoi conoscere le astuzie di Satana e difenderti dai suoi inganni, sii uomo di preghiera. Se vuoi vivere lietamente e procedere dolcemente per la strada della penitenza e dell'affanno, sii uomo di preghiera. Se vuoi allontanare dalla tua anima le mosche importune di vani pensieri e sollecitudini, sii uomo di preghiera. Se vuoi sostentare la tua anima con la pienezza della devozione e tenerla sempre piena di buoni pensieri e desideri, sii uomo di preghiera. Se vuoi rafforzare e rinsaldare il tuo cuore sulla strada di Dio, sii uomo di preghiera. Infine, se vuoi sradicare dalla tua anima tutti i vizi e piantare al loro posto la virtù, sii uomo di preghiera, poiché nella preghiera si riceve l'unzione e la grazia dello Spirito Santo, che insegna ogni cosa. Inoltre, se vuoi salire alle altezze della contemplazione e godere dei dolci abbracci, dello sposo, impegnati nella preghiera, perché questa è la strada per cui l'anima sale alla contemplazione e al piacere delle cose celesti. Vedi dunque quanto grandi siano le virtù e il potere della preghiera? A comprovare tutto ciò (a parte la testimonianza delle Sacre Scritture) basta per ora la prova dell'aver visto e sentito ogni giorno molte persone semplici, che hanno raggiunto tutte le cose che abbiamo detto e altre ancora più grandi, mediante l'esercizio della preghiera".

Fin qui le parole di san Bonaventura. Quale tesoro, dunque, quale riserva si può trovare più ricca e più piena di questa?

Ascolta anche ciò che dice, a questo proposito, un altro dottore (San Lorenzo Giustiniani, In ligno vitae: De oratione, cap. 2) molto pio e santo, parlando della stessa virtù:

"Nella preghiera, egli dice, si purifica l'anima dai peccati, si alimenta la carità, si conferma la fede, si rafforza la speranza, si rallegra lo spirito, si struggono le viscere, si purifica il cuore, si scopre la verità, si vince la tentazione, fugge la tristezza, si rinnovano i sensi, si vivifica la virtù infiacchita, si allontana la tiepidezza, si consuma la ruggine dei vizi; in essa non mancano scintille vive di desiderio del ciclo, tra le quali arde la fiamma del divino amore. Grandi sono i meriti della preghiera! Grandi i suoi privilegi! A essa sono aperti i cieli. A essa si scoprono i segreti, a essa è sempre attento l'orecchio di Dio".

Questo basta per ora a vedere in qualche modo il frutto di questo santo esercizio.