STORIA

TUTTI I TESTI QUI RIPORTATI SONO TRATTI DAL LIBRO"STORIA DEL CASTELLO DI COSTANO"DEL PROF. EMILIO VETTURINI AL QUALE VA UN RINGRAZIAMENTO PER L'OTTIMO LAVORO SVOLTO.

1. Le remote origini

In tempi remoti, quando Costano non esisteva, il Chiascio scorreva un po' più ad est e la sua riva era segnata da quella scarpata Che, ancor oggi, si vede al margine dell'abitato uscendo dal paese per andare verso il fiume.

La popòlazione, che abitava sparsamente il territorio, coltivava le ampie radure che si aprivano tra i querceti, mentre il corso del fiume era segnato da una vegetazione foltissima di pioppi e salici. Questa gente di agricoltori e di pastori era discesa dalle vicine colline dopo che la pianura, svuotatosi l'antico lago che la sommergeva, si era offerta tentatrice agli occhi di coloro che abitavano sulle alture.

2. Una terra antica 

Nel Quaternario anche recente, la nostra valle aveva un aspetto assai diverso da quello attuale: essa era sommersa dalle acque di un antico lago che occupava anche l'attigua Vai Tiberina. Il suo specchio lambiva le secolari foreste che coprivano le alture, si addentrava nelle sinuosità dei monti, risaliva le gole e le valli dei torrenti formando coste assai movimentate. Sulle sue rive la fauna trovava un habitat ideale: cervi, caprioli, daini, lupi, volpi, uccelli acquatici ed altri volatili di vario genere pullulavano in ogni stagione.

Il lago, come diversi altri dell'italia centrale, si era formato in conseguenza di uno degli ultimi episodi che fecero seguito all'orogenesi appenninica, quando tra la catena montana e il mare venne a formarsi, parallelamente alla costa, una serie di quinte collinari che si interposero bruscamente tra i fiumi e il Tirreno provocando l'inondazione di alcune valli, che si trasformarono in laghi. Il mare stesso, che fino ad allora lambiva l'Umbria occidentale, fu costretto, anche con la complicità dell'attività vulcanica, ad una regressione verso ovest che lo fece arretrare fin quasi agli attuali confini. Questi avvenimenti avrebbero preso le mosse durante il Quaternario medio-inferiore oltre un milione di anni fa.

Col passare del tempo, il lago geologico subì un duplice fenomeno di svuotamento e di colmata che ne segnò l'estinzione. Infatti, da un lato le piene dei fiumi riempivano la conca di detriti e sedimenti, dall'altro il livello dell'emissario si veniva abbassando continuamente a causa dell'erosione regressiva esercitata dalla corrente e, soprattutto, dai materiali che essa trasportava in sospensione. Si giunse così alle soglie della storia, con il lago ormai scomparso e con una pianura costellati però di paludi e specchi d'acqua, che costituivano i relitti dell'antica inondazione.

In un quadro siffatto, i primi insediamenti preistorici non poterono che verificarsi sulle alture. Solo in un secondo momento, dai terrazzi fluviali del Chiascio e dalle circostanti colline, gruppi di primitivi cacciatori, allevatori e agricoltori scesero a stanziarsi nelle aree più ospitali della pianura, attratti dalla fertilità della terra, dall'abbondanza del pascolo, dalla diffusa disponibilità di acqua e dalla gran quantità di selvaggina che pullulava attorno ai laghetti.

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Molto probabilmente furono gli Etruschi, stanziati sul colle di Bettona, ad iniziare la bonifica della valle, dal suo lato occidentale. Essi, maestri di idraulica agraria, dovettero ben comprendere quale ricchezza, si celava in quelle terre anfibie che si estendevano sotto i loro occhi.Forse la loro azione, oltre ad un certo numero di interventi locali, si esplicò intensamente presso la soglia di Torgiano, al fine di rendere più spedito il deflusso delle acque stagnanti, attraverso l'emissario.Sicuramente, una volta bonificata la campagna, qualcuno dovette stanziarvisi, almeno in ordine sparso. Per cui è lecito far risalire il popolamento originario dell'area costanese non solo a gente discesa da nord, lungo il corso del fiume ma, molto probabilmente, anche da altra gente venuta dalla vicina collina bettonese.

Ad ogni modo, le testimonianze archeologiche esistenti risalgono al primo e secondo secolo Av. Cristo, cioè alla fase repubblicana di Roma antica. E questo il senso che si ricava dall'esame dei reperti venuti alla luce, alcuni anni fa, in località Sterpaticcio mentre un mezzo meccanico livellava la superficie di un campo. Il materiale, che in quell'occasione venne recuperato, si rivelò di particolare interesse storico-artistico. Fra i pezzi ritrovati, figuravano un'urna cineraria in travertino, due coperchi di urna a doppio spiovente, due anfore a punta ed una terza a base piana, quattro balsamari, vasi diversi, braccialetti e due orecchini d'oro. Questo materiale, unitamente a tutto quello andato perduto o disperso, testimonia di un cospicuo insediamento agricolo-pastorale nel nostro territorio.

La zona di Costano, quindi, era già civilmente organizzata fin dal secondo secolo Av. Cristo, con una base economica fondata sull'agricoltura, integrata dall'allevamento e dall'utilizzazione del Chiascio, sia come direttrice di scambio, sia come fonte di risorse ittiche.

3. L'origine del nome

Il termine Costano significa "terra lungo la scarpata" oppure "podere lungo il declivio del fiume". Esso deriva dalla parola latina "costa" che, tra l'al-tro, significa anche "clivus", cioè piccolo declivio, soprattutto longitudinale, che, nel nostro caso, era costituito dalla vecchia scarpata fluviale lungo la quale, ancor oggi, si erge il paese. Si tratta di uno di quei toponimi detti prediali, in virtù della loro origine agricola (praedium = podere), simili nella desinenza e comunissimi in tutta l'Umbria. Basterà ricordarne alcuni: Marsciano, Petrignano, Biagiano, Porziano, Nottiano, Sellano, Armenzano ecc. Per spiegare la loro origine occorre rifarsi indietro nel tempo, ai secoli di Roma antica, o almeno all'alto Medio Evo.

Allora, quando era necessario designare un podere o un terreno, si usava il nome del proprietario trasformandolo in aggettivo e facendolo seguire alla parola "praedium" che significa podere. Così, ad esempio, se il proprietario si chiamava Marzio, il terreno era designato con l'espressione "praediurii martianum", cioè "podere di Marzio". Quando la gente usava queste espressioni colloquialmente, tralasciava di pronunciare la parola praedium e si serviva solo dell'aggettivo, per cui "praedium martianum" rimaneva soltanto "martianum che, italianizzandosi, sarebbe poi diventato Marsciano.

E' per6 necessario osservare che non tutti questi toponimi derivano dal nome del proprietario terriero. Alcuni potevano avere come matrice qualche particolarità ambientale o geografica. Tale è il caso di Costano, il cui terreno, per il fatto di trovarsi lungo la vecchia scarpata fluviale, cioè lungo una costal), fu detto inizialmente "praedium costanum" e, colloquialmente, soltanto "Costanum". Ed è questa la forma in cui vediamo espresso per la prima volta, in una pergamena del 1019, il nome del paese.

E' facile comprendere come la parola latina "costa" si prestasse egregiamente, in forma aggettivata, a designare quel piccolo declivio longitudinale che limitava ad est la bassa valle del fiume. Fu così che il luogo in cui prese a formarsi il modesto insediamento venne a chiamarsi Costano. E siccome tale terreno si estendeva alquanto lungo il corso del fiume, durante il Medio Evo si farà distinzione tra Costano Inferiore, dov'è ora il paese, e Costano Superiore cioè piu' a monte. 

i> L)u Cange, Gloasanum mediae et infimae lanniratia, Venetiis 1739.

Un contributo allo studio dei prediali umbri è contenuto negli .4tti del V convegno di Studi Umbri, Perugia 1970. Ne è autore G. 13. Pellegrini, il quale ritiene poco probabile l'origine prediale del toponimo Costanum. Senonchè tale studioso, come egli stesso afferma, ha condotto una ricerca esclusivamente onomastica, non esistendo alcuna pubblicazione di geografia storica atta ad indirizzare la sua indagine in tal senso. Per tali ragioni non poteva aver presenti i presupposti di morfologia territoriale che condussero alla formazione del toponimo

 

4. Martirio e culto di S. Rufino in Costano

Un'antica pergamena della cattedrale di Assisi2, risalente al 1038, nell'indicare il luogo ove si svolse un atto pubblico, specifica che esso si tenne nel contado di Assisi, in un posto detto Costano, ed esattamente "dove prende nome da S. Rufino" (infra comitatum Asisinatum in /OCUS qui dicitur COSTANUM ubi dicitur a Sanctum RUFINUM) L'importanza di questa antica carta è innegabile: essa viene a confermare un'antichissima tradizione che indicava Costano come teatro del martirio del primo vescovo di Assisi, e del ritrovamento del suo corpo.

Come è noto, al tempo delle persecuzioni contro i primi cristiani in Umbria, kufino, giunto qui di lontano, aveva preso a diffondere nel territorio di Assisi la nuova religione ed era divenuto primo vescovo della città. Ma in Assisi risiedeva un importante magistrato romano, il corrector Tuscae et Umbriae, che esercitava per conto dell'imperatore il controllo di una vasta regione. Costui, sebbene I(ufino agisse segretamente, lo fece chiamare sottoponendolo ad incessanti interrogatori, senza ottenere risposta alcuna. Nè miglior risultato diedero i vari tormenti che il santo dovette subire, perchè si piegasse al volere degli inquirenti. Fu allora deciso di eliminarlo: sarebbe stato annegato in acque profonde , in un luogo lontano afiinchè i cristiani non lo ritrovassero.

E così avvenne. I soldati romani lo condussero al Chiascio, nella zona ove il fiume bagnava il praedium costanum e, dopo avergli legata una pietra al collo, lo precipitarono nel gorgo che si apriva sotto la "costa", cioè ai piedi della scarpata fluviale dove poi sarebbe sorto il paese.

Ma, ad onta delle precauzioni, il fatto non passa sotto silenzio. Qualcuno ha visto il mesto corteo sfilare lungo il sentiero che, da allora in poi, si chiamerà "passo di 5. Rufino", e la notizia del martirio si diffonde in un baleno. Trascorrono alcuni giorni nel silenzio e nella mestizia, poi sopraggiunge il fatto nuovo: sulla superficie del fiume emerge il corpo. Qualcuno se ne accorge e ravvisa in esso le sembianze del martire. Accorrono i cristiani della zona e traggono a riva le sacre spoglie. Bisogna però agire segretamente perchè i persecutori vigilano. Allora, occultamente, si effettua una sepoltura provvisoria ed inizia così, in segreto, il primitivo culto di S. Rufino, che sarà il motivo principale perchè gli insediamenti sparsi della zona si coagulassero in quel punto della costa fluviale, dando origine ad un vicinato che, dal nome del podere rivierasco in cui si trovava, avrebbe preso il nome di Costano. 

2) La pergamena è pubblicata da G. Di Ccstanzc nella sua Disamina degli scrittori e dei monumenti menti riguardanti S. Rufinonume Pescava e martire di Assisi. Assisi 1797, pag. 378.

Trascorre molto tempo in questo culto segreto e si giunge così all'editto di Costantino (313). In virtù di esso cessano le persecuzioni ed il Cristianesimo diviene religione ufficiale dell'impero. Finalmente è possibile dare più degna sepoltura alle spoglie del martire. Allora si recupera da una vecchia tomba pagana un sontuoso sarcofago; vi si colloca il corpo del santo e si erige in suo onore un sacello. Trascorre così altro tempo durante il quale la pace regna in tutta la contrada. Ma sopraggiungono però gli anni bui, quelli delle invasioni barbariche, tra il Basso Impero e l'Alto Medio Evo. I Longobardi, scesi da nord, si stabiliscono a Spoleto e vi creano un ducato, del quale Assisi diviene un capoluogo comprensoriale (gastaldato). Ma a Perugia sono insediati i Bizantini acerrimi rivali dei barbari. Il confine tra i due ducati corre sul Chiascio e Costano è nell'occhio del ciclone. Comunque il culto di S. Rufino e il suo sacello non subiscono danni. Infatti entrambi i contendenti sono cristiani ed inoltre la guerra si accamsce soprattutto contro l'altra sponda, poichè sono i Longobardi che attaccano, mentre i Bizantini si difendono. Anzi, il rumore delle armi rafforza la fede e la popolazione atterrita innalza con maggior fervore la propria invocazione al martire.

Con l'avvento di Carlo Magno e la sua vittoria sui Longobardi a Pavia, torna la pace anche lungo il Chiascio ed il fiume cessa di essere frontiera tra due stati belligeranti Passa così poco meno di un secolo ed altre nubi si addensano all'orizzonte: sono i Saraceni3 che, attorno all'850, compiono una serie di incursioni in Umbria, seminando ovunque devastazione e terrore.

Anche la Valle Umbra ne è sconvolta e molti suoi centri sono messi a ferro c a fuoco. Fin dalle prime avvisaglie del ciclone, i fedeli del Santo si rendono conto che le sacre spoglie non sono più sicure nel sacello di Costano: èindispensabile trasferirle in città, entro le mura, dove troveranno maggiore protezione.

Così viene fatto, e Costano perde allora, dopo parecchi secoli, la venerata reliquia che aveva dato, per tanto tempo, una identità al suo territorio, divenendone quasi il simbolo e fornendo occasione e motivo all'agglomerarsi delle poche capanne che, traendo il nome dalla scarpata fluviale, avrebbero costituito poi, in seguito alle costruzioni medioevali, il futuro castello. 

3) Cfr. G. Sigismondi, Nuceria in Umbria, op. cit. pag. 329 e segg.

Circa le incursioni dei Saraceni in Umbria e le devastazioni che provocarono, una fonte medioevale asserisce che varie citta', dopo la distruzione, non furono più ricostruite. La precisazione è contenuta nella cosiddetta Cranaca Umbra che si conserva nella biblioteca comunale di Assisi <codice 341, f 92 della vecchia numerazione>. Ed ecco il passo: "In planitie, quae Umbria antiquitus dicebatur et Ducatus nune dicitur Sp'letantis, plures civitates destructae nunquam restauratae fuerunt" Cristofani, stranamente, non fa alcun cenno a questi fatti.Se le spoglie del Santo prendono la via di Assisi, altrettanto non avviene perilsarcofago:esso, troppo pesante,  viene lasciato dov'è. Non c'è, infatti, tempo per un suo trasferimento in città, che si presenta laborioso mentre gli infedeli incalzano e bisogna far presto. Così la sontuosa urna marmorea rimane dov'era, mentre la reliquia del martire è sistemata in città, in una nuova modesta basilica.Trascorre così un secolo e mezzo e, varcato l'anno Mille che tanto timore aveva diffuso tra gli uomini con le sue leggende sulla fine del mondo, la vita ed il lavoro riprendono con nuovo slancio.È il tempo del vescovo Ugo e la città di Assisi è in piena ripresa economica, civile e religiosa. In questa atmosfera di rinnovato fervore, si decide di costruire una basilica maggiore per onorare più degnamente le spoglie del Santo.E in . questo momento - l'anno Mille non è passato da molto - che gli Assisani decidono di trasferire in città anche il sarcofago lasciato in Costano.

Sorge però un'accesa disputa tra il vescovo Ugo e parte del popolo, circa il luogo dove sistemare l'urna. Il primo asserisce che essa deve ornare la chiesa vescovile, anche per compensarla del fatto che il corpo del martire si trova nella parte alta della città. Il popolo, invece, sostiene che l'urna non può essere separata dalle sacre spoglie, perchè ciò avrebbe contraddetto la volontà di Dio, manifestatasi non solo nella gloria del Santo, ma anche nel reperimento del raro e sontuoso sarcofago per conservarne degnamente le reliquie.In questa atmosfera carica di tensione, si svolge il difficile trasporto dell'urna sepolcrale da Costano alla città.Con notevole sforzo essa viene trainata lungo l'erta scoscesa che mena alla porta di Assisi Varcate le mura, bisogna ora decidere dove portarla, perchè c'è innanzi un bivio. Esplode il disaccordo e si dà mano alle spade. I partigiani del vescovo sembrano avere la meglio, anche se non c'è gran spargimento di sangue. Allora si accorda ad essi il diritto di portare il sarcofago nel luogo da loro preteso, cioè il Vescovato. Ma - cosa incredibile - l'urna rimane immobile sotto i loro sforzi e, per quanto si ingegnino con ogni mezzo, non riescono a farla avanzare di un passo. Provano allora i partigiani del popolo, indirizzando il cammino verso la basilica del Santo, nella parte alta della città. E, cosa veramente strana, solo sette uomini riescono nell'impresa.Allora il vescovo Ugo, considerato l'entusiasmo accesosi nel popolo e preso atto di altri fatti straordinari, decide di trasformare la modesta chiesa di Assisi in un'ampia basilica che, nel giorno della solennne inaugurazione, vede ac-correre gente da tutta la diocesi, compreso il territorio di Costano che per tanti secoli aveva custodito gelosamente la preziosa reliquia del primo vescovo.

 

 

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