FOIBE: MARTIRI DIAFANI

    

 

Il termine " Foiba " è una corruzione dialettale del latino " fovea ", che significa " fossa "; le Foibe – infatti – sono voragini rocciose, a forma di imbuto rovesciato, create dall’erosione di corsi d’acqua; possono raggiungere i 200 metri di profondità. Agghiacciante è l’affermazione del prof. R. Battaglia, che scrive in proposito: << Il sottosuolo dei vasti altipiani carsici nasconde un mondo di tenebre: abissi verticali e cupi cunicoli che si perdono nel silenzio delle profondità terrestri, caverne immense, tortuose gallerie percorse da fiumane urlanti, sale incantate rivestite di cristalli, antri selvaggi che la fantasia del volgo popolò di paurose leggende >>. In Istria sono state registrate più di 1.700 Foibe.

 

IL CONTESTO STORICO

" In tutto il territorio in questione gli italiani avevano avuto il predominio politico ed economico ed avevano dato il tono culturale, non solo sin dai tempi del dominio di Venezia, ma anche dove gli Asburgo dominavano dal primo Medio Evo. E questo predominio rimase intatto sino al 1918. " ( T. Veiter). Infatti nel 1914, sotto l'Austria, c'erano in Istria 50 Comuni, dei quali 13 con amministrazione slava e 37 con amministrazione italiana; tra questi ultimi figurano tutti i centri più importanti per numero di abitanti e per attività economiche e culturali: Trieste, Pola, Fiume, Capodistria, Rovigno, Cherso, Lussino, Albona, Dignano, etc.
Dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, la frontiera nord - est dell'Italia viene stabilita sulla << linea Wilson >>, attribuendo alla Jugoslavia una parte minore dell'Istria, da questo momento comincia l'antitesi, che contrapporrà il popolo italiano a quello jugoslavo. Durante la Seconda Guerra Mondiale, nel goriziano, soldati e civili italiani passano nel IX Corpus jugoslavo , si dice loro che l'obiettivo è sconfiggere i nazisti per poi - a fine guerra - stabilire la nuova linea della frontiera orientale; intanto i croati istriani, comunisti, che da sempre avevano combattuto per l'annessione della Venezia Giulia alla Jugoslavia, vengono inquadrati nel battaglione " Pino Budicin ", agitando bandiere e stelle rosse, al grido di: " Trst, Gorica, Rijeka sloboda vas ceka " ( " Trieste, Gorizia, Fiume, la libertà vi aspetta ! " ), esaltati dalla crisi italiana e tedesca . Assaporano già la vittoria, si esaltano al pensiero dei ricchi bottini delle città istriane, si buttano allo sbaraglio in massacranti guerriglie, sparano contro le finestre delle case per far notare la loro presenza: " fonti jugoslave affermano che la Venezia Giulia ( escluso il Friuli ) ha avuto nella lotta di liberazione 42.800 morti fra italiani e slavi, 7.000 invalidi, 95.460 deportati, 19.357 case bruciate, 16.837 case distrutte " riporta il Pacor. Dalle diverse Foibe, cosparse su tutto il territorio della Venezia Giulia, corrono terrificanti grida che annunciano morte, rese - però - vane dall'assordante rombo dei bombardieri angloamericani che si intrecciano fra Trieste, Pola, Fiume e Zara. L'8 settembre 1943 scompaiono tutte le autorità italiane, civili e militari. Nel maggio - giugno del 1945 i tedeschi vengono sconfitti, dalle truppe neozelandesi del generale Freyberg, ma ben presto sopraggiungono i reparti jugoslavi, che - con estrema facilità - occupano i territori giuliani, accolti dal CLN come forze liberatrici alla pari di inglesi, americani e truppe alleate. L'intento degli jugoslavi - però - era ben diverso: forti dell'appoggio da parte della popolazione di origine slava, in loro già si manifestano le mire espansionistiche. Il primo maggio 1945 - infatti - essi disarmano i Volontari italiani della Libertà, dando libero sfogo a feroci assassinii e saccheggi; appena giunti nelle città della Venezia Giulia, i partigiani sloveni procedono al disarmo e all'internamento degli avversari, a partire dai soldati di Salò. Maltrattamenti, internamenti in campi di concentramento, eliminazione lungo le strade che portano ai luoghi di detenzione, sono tutti trattamenti destinati non soltanto ai militari, ma anche alle forze di polizia ( Questura, Carabinieri ) e ai semplici civili, tutto ciò per l'unica " colpa " di essere italiani; ogni italiano che osa ribellarsi alla dominazione slava è un << fascista >>, con questo titolo si massacrano migliaia di innocenti, rendendo d'obbligo un intervento alleato. Il 9 giugno le forze jugoslave sono costrette ad abbandonare Trieste e la parte occidentale dell'Istria, in cui si insediano truppe inglesi e americane, ma la loro presenza nel resto del territorio viene dichiarata provvisoria e senza influenza per quanto riguarda le decisioni finali. Il nuovo confine prende il nome di << linea Morgan >>, dal nome del generale americano che aveva trattato la questione a Belgrado col governo del maresciallo Tito; nonostante la protesta italiana, che chiede di ristabilire il confine sulla << linea Wilson >>, il governo titino pretende - invece - che esso venga stabilito sull'Isonzo. Il 15 giugno del 1946 il Bollettino Ufficiale slavo pubblica l'ordinanza N. 29 secondo la quale deve essere considerato " nemico " e " fascista ", quindi da epurare, colui che " contro il popolo " si oppone al passaggio dell'Istria alla Jugoslavia o si rifiuta di dichiararsi di nazionalità slava; con le ordinanze N. 42, del 20 febbraio 1946, e N. 71, del 20 maggio 1946, si conferisce al Comitato Popolare locale " il diritto di disporre delle case e di cederle ai croati " e di porre sotto sequestro tutti i beni " del nemico e degli assenti " del distretto di Capodistria. Gli abitanti vengono costretti a cercare rifugio altrove ( " La Voce Libera " 15 febbraio 1946 ), dato che numerose case vengono assegnate ai partigiani slavi; vengono espropriati 9.621 ettari di terreni appartenenti a 937 agricoltori e vengono distribuiti a 3.393 slavi ( circa 3 ettari di terreno per famiglia ). I giuliani propagatori della civiltà latina e veneziana vengono sfrattati da quella jugoslava, la quale li aggredisce nel nome e per il trionfo del comunismo. Nel trattato di pace firmato il 15 settembre 1947 si creerà il cosiddetto " territorio libero " di Trieste, diviso in una zona A di presidio angloamericano e in una zona B affidata agli jugoslavi, divisione diventata definitiva - salvo piccole rettifiche - nel 1954, con zona A e B affidate << in amministrazione >> all'Italia e alla Jugoslavia, comportando un esodo di duecentocinquantamila italiani dal territorio jugoslavo.
Gli infoibamenti italiani - dunque - hanno avuto luogo in due periodi distinti: dal 9 settembre al 13 ottobre 1943, subito dopo l’armistizio italiano, quando gran parte dell’Istria era caduta in balia dei partigiani slavi, e dopo il ritorno degli stessi dal 1 maggio 1945 fino al 1947, perciò ben oltre la fine della guerra.

Secondo il sito www.lefoibe.net:<< Il dramma delle Foibe istriane e triestine ha origini fin dal 1918 quando l'Italia riceve a seguito della vittoria nella guerra del '15-'18 tutta l'Istria con circa 500 mila slavi e senza il loro consenso. Questo creerà negli anni seguenti un movimento irredentista slavo al quale l'Italia non saprà opporre una intelligente politica di coinvolgimento.

Gli errori italiani, in sintesi, sono i seguenti:

a ) arrivo di una amministrazione pasticciona, con la nostra solita burocrazia di stampo borbonico-piemontese che sarà considerata una autentica iattura in quelle zone. Teniamo presente che eravamo stati preceduti da una amministrazione austro-ungarica efficiente, elastica ed onestissima, con una secolare tradizione di amministrazione su popoli diversi nel composito impero asburgico;

b ) compressione degli usi e costumi slavi con ostacoli anche all'uso della stessa lingua: un fatto eclatante è quello narrato in un libro in cui si racconta che ai tempi dei bombardamenti "alleati" fu colpita Muggia e gli abitanti dovettero chiedere alle autorità della RSI il permesso di cantare, durante i funerali in chiesa, i canti religiosi in sloveno dato che tale lingua non era ammessa; in sostanza la nostra presenza dopo il 1918 fu vista dai locali piuttosto male.

c )  La situazione economica generale risentiva delle difficoltà dell'epoca ( crisi del '29 ) sulle quali l'Italia aveva responsabilità relative. Non dimentichiamo che fino al 1918 alle spalle di Trieste e di Fiume c'era un grande impero di cui Trieste e Fiume erano i porti principali. L'arrivo dell'Italia coincise con la decadenza sopratutto di Trieste come del resto è noto.

Nel complesso gli istriani e giuliani di lingua slovena si sentirono degli occupati e rimpiangevano l'Austria-Ungheria. Non parliamo poi della toponomastica e dei nomi dei paesi e città dove le tradizioni locali vennero piuttosto ignorate. Gli eventi della Seconda Guerra Mondiale acuirono ancora la situazione specie con lo sviluppo delle resistenza armata degli slavi contro gli italiani ed tedeschi, con conseguenti rappresaglie. Da tenere presente che in sostanza gli slavi o almeno la parte preponderante dei loro combattenti erano comunisti il che condizionò ancora di più le scelte degli italiani residenti colà. E' certamente vero che la fuga degli italiani avvenne proprio anche per non cadere sotto un regime comunista. Ne esce male anche il CLN italiano che, benché avvisato di quello che poteva succedere ed invitato dai tedeschi e dai fascisti a fare fronte comune contro il calare delle bande slave, non accettò, finendo, così, in parte nelle Foibe, ma i più scapparono a Venezia per sfuggire alla mattanza. 

E' chiaro che mai gli italiani fecero ai danni degli slavi neppure una minima parte di quello che poi dovettero subire ma è certo che la politica italiana tra il 1918 ed il 1945 non brillò certo per lungimiranza. Tra l'altro la quasi totalità delle condanne a morte comminate dal Tribunale Speciale negli anni '25-'41 in Italia, riguardò al 90% irredentisti slavi. Si tratta, in sostanza, di vicende disgraziate, frutto molto delle sistemazioni territoriali seguite alla Prima Guerra Mondiale, dove il nostro intervento a fianco degli alleati fu compensato regalandoci nient'altro che dei contenziosi con mezzo mondo mentre gli alleati si prendevano le colonie tedesche e si spartivano il bottino.>>

Ovviamente questo sito è a disposizione di chi voglia comunicare il proprio punto di vista.

 

LE FOIBE

Per le popolazioni slovene e croate del retroterra triestino e istriano la foiba è il luogo ove si era solito gettare quanto non serviva più e di cui era difficile liberarsi altrimenti: vi si gettavano carcasse di animali, vecchie suppellettili, residui di lavorazioni e così via. Gettare un uomo in una foiba significa quindi trattarlo alla stregua di un rifiuto. Nella Venezia Giulia e nella Dalmazia il disprezzo, le lesioni della dignità e dei diritti degli esseri umani, lo spargimento di sangue e le torture si ripetono con impressionante frequenza, generata da una paurosa tendenza verso uno stadio di barbarie tale da disgregare famiglie, demolire parrocchie, rendere impossibile qualsiasi attività economica e civile.
Il 23 giugno 1945 Winston Churchill, che è stato il primo a fornire aiuti militari a Tito e che ha fatto paracadutare il proprio figlio Randolph fra i partigiani jugoslavi, scrive a Stalin: << grandi crudeltà sono state commesse in quella zona dagli slavi contro gli italiani, specialmente a Trieste e a Fiume. Le pretese aggressive del maresciallo Tito devono essere stroncate >>. L'orrore delle Foibe, in cui hanno perso la vita migliaia di connazionali, gettati dai soldati titini con un colpo alla nuca ( a volte neanche quello ), è la documentazione di un cumulo di rancori, odi, vendette e rappresaglie su " fascisti ", che la maggior parte delle volte erano soltanto italiani, ai quali bisognava far finalmente pagare la colpa della loro nazionalità. Il primo maggio, alla vigilia della cessazione ufficiale delle ostilità sul territorio italiano, Trieste viene occupata dai partigiani slavi del IX Corpus, molti giovani della X Mas di Borghese si sacrificarono per difendere fino alla morte l'italianità delle terre di confine, anche se inutilmente.

L'INFOIBAMENTO

I soldati di Tito facevano irruzione - spesso di notte - nelle case dei civili inermi, i quali poi venivano caricati su dei camion e, con le mani straziate dal filo di ferro e avvinti tra loro a catena, venivano portati verso l'orlo dell'abisso; una scarica di mitra faceva cadere i primi, che trascinavano con loro tutti gli altri verso il crudele destino. Certi avevano la " fortuna " di morire sull'istante, certi altri - invece - dopo esser precipitati per centinaia di metri, continuavano ad agonizzare, sentendo accrescere in loro l'atroce dolore provocato dagli spuntoni delle rocce; vi erano anche persone che - prima di essere uccise - venivano cinicamente spogliate e seviziate, sono stati ritrovati - infatti - cadaveri di donne stuprate o gravide, alle quali veniva reciso il ventre per estrarre il feto; uomini evirati o castrati, a cui venivano messi i testicoli in bocca; teschi, ai quali erano stati estirpati denti d'oro e cittadini decapitati e con la testa dei quali si improvvisavano partite di pallone tra commilitoni; molti venivano lapidati dopo aver portato sulle spalle le pietre per la loro esecuzione; altri arsi vivi; … innumerevoli erano le modalità di esecuzione delle vittime: " il mondo civile dovrà inorridire quando sarà possibile far luce su tutti gli orrori e i delitti di cui si macchiarono senza giustificato motivo i partigiani jugoslavi. E' vero che torturavano. E' vero che fucilavano senza ragione. Il supplizio di legare i pazienti per le braccia ai pali e tenerli così sospesi per delle ore era all'ordine del giorno. Delle volte le grida di dolore dei torturati facevano impazzire noi poveretti che eravamo obbligati ad assistere al supplizio " ( Antonio Cau, Appuntato della Guardia di Finanza - Maggio 1945 ). Si tentava con la violenza di capovolgere i date anagrafici della regione, deportando o uccidendo italiani, convogliando sloveni e croati sul luogo e manomettendo le anagrafi, lo stesso metodo che usava la Russia nei paesi baltici.

 

LA FOIBA DI BASOVIZZA

La Foiba di Basovizza può essere considerata l'emblema dell'eccidio del Carso, dell'Istria e di tutti i luoghi che videro il martirio e l'atroce morte degli italiani, sia per l'elevato numero di vittime, sia per la tragicità delle violenze della strage colà perpetrata. Occorre subito precisare che essa non è una foiba naturale, bensì ciò che rimane di un pozzo di una miniera, scavato all'inizio del secolo fino alla profondità di 256 metri, nella speranza di trovarvi carbone, ma la speranza andò tradita, così gli scavi furono continuati fino ad una profondità di 700 metri, pur avendo un esito nuovamente negativo; nel 1939, alcuni speleologi constatarono che il fondo si era innalzato fino ad un livello di 226 metri, a causa dei detriti delle strutture di legno della cava e dei residuati bellici della prima guerra mondiale.
Dal primo maggio al 15 giugno 1945 furono infoibate 2.500 vittime tra civili, militari italiani, carabinieri e finanzieri. Una signora - ormai anziana - fatta cadere nella foiba, rimase impigliata in uno dei tanti arbusti che crescono orizzontalmente nelle voragini rocciose, i contadini - pur avendola udita urlare per ore - non riuscirono ad aiutarla, fino a quando, tra un viaggio e l'altro dei camion pieni di prigionieri, un contadino riuscì a gettare sull'anziana signora una bracciata di paglia infuocata, facendo precipitare la donna sulla catasta dei cadaveri. Nel 1945, il livello della foiba era salito a 198 metri, 500 metri cubi di cadaveri, cifra spaventosa considerando che in 1 metro cubo possono starci quattro salme.
Analizzando un documento delle truppe jugoslave, risalente al periodo di occupazione della Venezia Giulia, si può trovare la descrizione della tremenda via -Crucis dei morituri, destinati a precipitare nella grande Foiba di Basovizza, dopo essere stati prelevati dalle loro case triestine, durante alcuni giorni di rigido coprifuoco, e poi portati sul luogo ove il destino li attendeva. E' importante ricordare che le atrocità perpetrate dai partigiani titini non si limitano agli infoibamenti, ma sono "degni di menzione" anche gli affogamenti, soprattutto a Zara; le vittime venivano gettate in mare con una pietra al collo, sprofondando nei tenebrosi ed impenetrabili abissi.

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LE PERSECUZIONI RELIGIOSE

Lo scontro col comunismo dei partigiani titini è impressionante anche sul piano religioso. Dopo il totale annullamento di ogni organo civile e militare in Venezia Giulia e Dalmazia, erano rimasti sul posto soltanto vescovi e sacerdoti; la popolazione italiana di tutto il litorale adriatico era profondamente credente e religiosa, duro fu il contrasto contro la furia comunista, che intraprese una dura lotta al Cristianesimo: splendide Chiese e Cattedrali romaniche, bizantine e di origine veneziana vennero abbandonate dagli slavi, distrutte o trasformate in autorimesse; " Il veleno viene inoculato lentamente ed a piccole dosi. Contro il clero bisogna ingaggiare una lotta senza quartiere, non però aperta, ma subdola. Creare il distacco fra parroco e parrocchiani, impedire che la chiesa diventi un punto di riferimento per una popolazione minacciata e abbandonata da tutti " ( " Vita Nuova ", 15 giugno 1946 " ). Si ricorda soprattutto un sacerdote evirato ed ucciso con una corona di spine in testa per aver celebrato << una festa chiamata Pasqua >>.

  


I MARTIRI DIMENTICATI

Il comunismo non ha mai avuto fortuna nella Venezia Giulia; innumerevoli furono le giustificazioni per un tale avanzamento di confine: storiche, etniche, culturali, ma l'ultima e decisiva giustificazione fu quella del diritto assoluto e preminente del trionfo del Comunismo, dinanzi al quale devono cadere tutte le frontiere e tutte le ragioni etniche e storiche. I cittadini si accorgono che dietro la scusa della lotta al Fascismo, si nasconde una vera e propria caccia all'Italiano. Uno degli obiettivi che gli esponenti slavi vogliono conseguire è la distruzione della classe dirigente istriana, quasi tutta di origine italiana, oltre alla depredazione dei possedimenti terrieri, in modo tale da assicurarsi il controllo totale del potere. Ma quella slava non fu una lotta di classe, non era una rivolta dei poveri contadini contro i padroni italiani, un contadino si ribella, uccide sul posto, non incarcera, non processa sommariamente, non infoiba il padrone. Le Foibe furono il frutto di un massacro preordinato, al quale nessuno - pur consapevole - si oppose, di un progetto che impegna il mondo comunista nella pretesa di creare un " uomo nuovo " e che si traduce nel bisogno di sottoporre le aree italiane della regione a un bagno rigeneratore, che assume il volto di una pulizia etnica. " Sì, figli miei (…) siate senza pietà, colpite, figli miei, fratelli, compagni … colpite ! Ripulite il mondo da questa banda di assassini degeneri. ", è la voce di una madre, che incita nella finzione giornalistica di regime.Nessuno è in grado di dire con sicurezza quante furono le vittime delle Foibe: ufficialmente sarebbero 5 mila, prendendo come fonte i dati degli angloamericani e gli elenchi delle anagrafi, ma - come è noto - sono elenchi manipolati e, soprattutto, non tengono conto di coloro che furono affogati in mare. A tale numero di vittime, poi, va aggiunto quello delle migliaia di deportati nei gulag jugoslavi, dei quali la maggior parte non fece più ritorno; perciò il numero complessivo dovrebbe essere di circa 15 - 20 mila deceduti. Sui carnefici non si hanno molte notizie, sicuramente si trattava di individui che facevano capo all'OZNA, la polizia segreta del regime titino, i cui agenti giunsero a Trieste con liste di proscrizione, trovando ausilio nella manovalanza locale. Il Pm Giuseppe Pititto, che si occupa del caso " Foibe ", ha chiesto l'estradizione per due criminali jugoslavi, Ivan Motika, conosciuto come il " boia di Pisino " ed Oskar Piskulic, detto " Zuti ", capo della polizia titina a Fiume, responsabili dell'assassinio di centinaia di italiani a guerra finita; il Pm dichiara di aver ben poca fiducia nella risoluzione del caso: il rifiuto del permesso di estradizione per Motika e Piskulic da parte del giudice per le indagini preliminari - secondo il quale la richiesta non poteva essere accolta, poiché l'inchiesta riguarda reati commessi in territori che ora sono fuori la giurisdizione italiana - complica e rallenta la risoluzione del caso, anche se ora si attende la decisione del Tribunale del riesame di Roma, che deciderà sul ricorso in appello di Pititto. In concomitanza con l'udienza, il Pm ha anche reso noto di aver ricevuto delle telefonate intimidatorie e minacce di morte. Figurano con loro nell'inchiesta altri ottanta criminali di guerra, autori del genocidio degli italiani in Istria; a Roma - intanto - veniva arrestato il Capitano delle SS Erich Priebke accusato di crimini di guerra per la strage delle Fosse Ardeatine. Allorché si è parlato di Foibe subito si sono posti paragoni tra i due avvenimenti ( Foibe - Fosse Ardeatine ) pensando che si potessero equiparare, ma non è così. Se le Fosse Ardeatine sono state la manifestazione di crudeltà raffinata e rappresentano uno dei volti più terrificanti della II A Guerra Mondiale, le Foibe sono ancora più crudeli e macabre. Le 335 vittime romane del 24 marzo 1944 sono state uccise e il loro sacrificio è stato provocato dalla mancata presentazione di coloro che, tramite un attentato, il giorno precedente avevano causato la morte di 32 Tedeschi. In Istria sono morti migliaia di civili e non, ben oltre la fine della guerra. Molti sono stati gettati nella Foiba ancora vivi o feriti e il loro martirio era frutto di una sola " provocazione ": l'essere italiani. Gli episodi di violenza si sono protratti fino al 1947, dunque si tratta di crimini civili e i parenti delle vittime lamentano che mai nessuno da Roma si è degnato di porre un fiore sulla loro tomba. La " sfida " maggiore - però - è un'altra: ricomporre la storia delle periferie entro quella della Nazione ed entrambe in un disegno etico - politico, da ciò si potrebbe capire se esista ancora in Italia una "coscienza nazionale", che non sia fine a se stessa, ma sia capace di assumere al suo interno tutte le componenti di una Nazione, anche le periferie.


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